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Intervista: enrico




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Intervista: Enrico


Siena, 15 dicembre 1998



Anche questa intervista è avvenuta al di fuori dell'istituto di San Gimignano in occasione di un permesso premio ottenuto dal detenuto intervistato. L'incontro è avvenuto a Siena dove lui si è recato per motivi di lavoro, in compagnia di sua moglie.


Come primo approccio gli ho chiesto di parlarmi della sua vicenda dal punto di vista delle generalità del reato, del tipo di pena e di eventuali riti abbreviati.


- Vuoi che ti parli di questa pena o di tutto il mio percorso?

- Come vuoi, anche di tutto il percorso.

-(Interviene la moglie, ridendo) Di tutto il percorso? Ci vuole un secolo, è lunga!

- Parliamo soprattutto dei reati gravi. Adesso sto pagando una rapina con tentato omicidio. C'è stato uno scontro a fuoco con le forze dell'ordine, dopo la rapina, in precedenza avevo pagato un reato identico.

- Ti hanno condannato a..?

- Per due rapine mi hanno dato 14 anni e sei mesi, in totale. Ne ho fatti quasi 7, a fine mese ne faccio sette. Adesso sto usufruendo di permessi.

- Hai usufruito di riti speciali, di sconti di pena?

- No. L'avevo chiesto per una rapina, che mi hanno imputato successivamente a questa, avevo chiesto il rito abbreviato, ma però il p.m., ritenendo che potessi andare assolto, in base alle testimonianze .. sai, il rito abbreviato, le testimonianze sono verbalizzate non più con il contraddittorio in aula, riteneva che potessi andare assolto e quindi mi ha respinto. Di una rapina di cui mi professavo innocente. Che poi successivamente ho dovuto confessare per ottenere il continuato, ma obbiettivamente io non l'ho fatta, però l'ho dovuta confessare per ottenere il continuato. Le condizioni per ottenere il rito abbreviato c'erano .. se io non avessi confessato la rapina però non mi avrebbero riconosciuto il continuato.

- (cambio argomento, introducendo il rapporto con la famiglia che, da quanto ho visto, non si è incrinato, nonostante le condanne.)

-(si inserisce sua moglie) Devo dire che si è non rafforzato, ma continua ad essere molto forte, come sempre. Per me mio marito è mio marito in assoluto. I miei figli hanno la sua importanza.

- Al di la del fatto che mia moglie sa come io sono, anche se diciamo a livello giuridico vengo definito una persona ad alta pericolosità sociale, io sono d'accordo. Non sono esattamente la persona che appare sulle carte, perché mi hanno dichiarato delinquente abituale al processo semplicemente perché .. per via di questa rapina che non ho commesso e che ho dovuto confessare per ottenere il continuato.

- Quindi tu ti dichiari innocente.

- Non l'ho fatta. Un momento, io sto pagando una rapina che ho fatto e che ho confessato, con tentato omicidio. Loro dicono che io, dieci giorni prima (della rapina che confessa) ne ho commessa un'altra, in un altro posto. Perché viene fuori che dal mio abbigliamento e da un paio di occhiali, e non da un riconoscimento, sono stati riconosciuti come indossati da uno dei rapinatori di quella rapina. Anzi, ti dirò di più. I testimoni dicono che noi siamo rapinatori di quella rapina perché ci vedono al telegiornale, quando ci hanno arrestato per la rapina che noi abbiamo confessato. Nei passaggi del telegiornale si vedono un paio di rapinatori, meno me. Si vedono gli altri rapinatori, ma io non ci sono (si riferisce alla prima rapina) e i testimoni dicono di avermi riconosciuto attraverso le immagini del telegiornale. Ma io non c'ero e questo avrebbe dovuto scagionarmi, invece è stata ritenuta una prova irrilevante. Io non ci sono, non appaio sul telegiornale.

- Va bene, senti. Parliamo d'altro. Il carcere ti aiutato ad elaborare la prima delle vicende, cioè il primo reato che hai commesso?(Stiamo parlando dell'ultima rapina, ma lui è recidivo e ne ha commessa un'altra della stessa specie, molti anni prima.)

- In tutto quel periodo, io avevo maturato un certo cambiamento. Mi sentivo pronto, diciamo. All'epoca non c'era la legge Gozzini: dentro il carcere sei abbastanza assistito, è fuori che le istituzioni vengono a mancare. In quanto sorvegliato sono andato dagli assistenti sociali, presso il CSSA. Io gli ho chiesto, finito il colloquio: mi volete dire che prospettive ho? Ris.: sembra che la sua situazione sia abbastanza consolidata, ha una famiglia che la segue, si può arrangiare anche da solo. In questo caso vedi che ti trovi, da detenuto seguito e poi e quando esci non ti trovi più nessuno. Io mi sono poi inserito nell'ambiente dell'edilizia, in un'impresa, avevo venti operai, poi è cresciuta a dismisura, non me l'aspettavo neanche. Diciamo che come esborso finanziario mi ha preso alla sprovvista. In ogni caso avevo contatti di lavoro con una grossa ditta di Milano, una grossa ditta di Aosta e la sorveglianza mi impediva di andare, perché io potevo stare solo in Torino. Quando mi rivolgevo al magistrato di sorveglianza per avere permessi per andare a discutere, o un contratto o un preventivo, o un mancato pagamento, presso queste ditte o a Milano o a Aosta, mi hanno sempre negato queste possibilità. Otre tutto mi hanno anche ritirato la patente. Quindi non potevo neanche muovermi adeguatamente, tra un cantiere e l'altro. Con il risultato che io, con certe ditte, con quella di Milano che era una SPA, ho dovuto fare dei contratti non proprio regolari, dei contratti fittizi. Quando hanno avuto dei problemi all'interno della loro ditta e hanno cominciato a non pagarmi, io mi sono trovato in difficoltà. Allora, che strada mi rimaneva da fare? Per vie legali non potevo agire, perché i contratti non erano regolarissimi. Anche il mio non era in nero, ma non era regolare, perché, come pregiudicato, non potevo operare in appalti pubblici, e io per loro stavo facendo un ospedale in Torino. Andare lì, manifestare brutte intenzioni dopo tutto quello che avevo fatto per crearmi un'immagine, sarebbe stato controproducente. Poi devi aggiungere che .. il solito bar, il solito amico ti dice: sai che c'è questo. Un giorno rifiuti, un giorno lasci perdere. Poi, quando ti trovi con problemi economici, che devi pagare anche gli operai, problemi economici anche in casa, e allora prendi la decisione: ci provo. C'ho riprovato ed eccomi qua.

- Dove c'hai riprovato?

- Eh, sempre in provincia di Torino, in una banca. Il discorso è questo qua: mentre tu ti aspetti che le istituzioni ti diano una mano, invece, non solo non ti danno una mano, ma ti negano anche la possibilità di operare tranquillamente. Per esempio: è un controsenso, in quel momento, in cui avevo bisogno di girare per i vari cantieri, non darmi la patente. Quando, nell'ambito dell'edilizia l'80% dei contratti che mi venivano proposti erano in ambito pubblico: asili, scuole, ospedali e via dicendo, perché negarmi di operare con l'autorizzazione antimafia? Perché nonostante io non sia uno stinco di santo non ho mai commesso reati associativi, non ho mai avuto niente a che fare con la mafia. Quando sono stato arrestato, il giudice fece un'indagine finanziaria, per vedere i nostri soldi, il giro d'affari e alla fine mi ha concesso l'autorizzazione per girare gli assegni che io incassavo dalle ditte a lei (la moglie). Ha visto un giro di soldi di 100-200 milioni, e ha capito che il mio lavoro, non era una copertura, ma era un lavoro serio. Se n'è resa conto dopo, però (il magistrato di sorveglianza).

- Quindi, sicuramente fuori dal carcere la proposta è, non ostacolare, come minimo, il reinserimento. Se tu invece dovessi fare una proposta per il periodo di detenzione, cosa cambieresti?

- Dentro il carcere già esiste parecchio, ci sono corsi di formazione, di ceramica, di pittura. A Livorno ho fatto un corso di riparazione reti e attrezzature da pesca. A Salluzzo ho fatto un corso di cucina. Ho anche fatto il falegname. Qui (a San Gimignano) sto studiando per geometra. Ci sono. Ma alla fine, con quali prospettive? Una volta che ho preso il diploma da geometra o un altro da ceramista, dopo cosa se ne fa, dove lo usa, a cosa gli serve? Comunque, queste iniziative variano da carcere a carcere, dipendono dal direttore e dalla sua apertura mentale. Ci sono carceri migliori e peggiori. Ci sono carceri che sono sprovviste di queste iniziative. San Gimignano è abbastanza è abbastanza fornito, e non da molto. San Gimignano è fondamentalmente piuttosto chiuso, in confronto ad altre carceri, per esempio non avevamo un apertura di un penale per quello che riguarda le celle. Perché un penale prevede l'apertura delle celle per molte più ore di quanto non siano aperte adesso. Perché mancava quell'incontro interno esterno e che è difficile anche adesso. Una squadra di pallone che deve venire a giocare una partita all'interno dell'istituto, ci mette un anno per ottenere i permessi. Quando abbiamo preso l'iniziativa, perché è stata nostra, di creare un corso di privatisti per geometri, siamo andati avanti con un professore solo per parecchi mesi, perché gli altri non riuscivano ad ottenere il permesso. Adesso è diventato più semplice entrare a San Gimignano. Penso che, se una professoressa vuole entrare in carcere per fare delle lezioni, in un paio di mesi ottiene il permesso. Si è aperto molto di più il carcere, rispetto a prima.

- Che significato pensi che abbia questo isolamento dal mondo esterno?

- Essere isolati in un posto ad espiare la propria pena, con il rifiuto degli altri di volerti dare una mano.

- Come si vive questa consapevolezza?

- Non tutti ce l'hanno. Chi ha la consapevolezza di sentirsi rifiutati reagisce spesso nel modo sbagliato, ti mette contro. Oggi tu stai in carcere, non riesci a fare niente, a sviluppare nulla. Domani ne esci e hai uno spirito di rivincita, di vendetta. Non hai la possibilità di rientrare nel mondo.

- Quello che è successo anche a te.

- Quando ti trovi le porte chiuse reagisci nella maniera più sbagliata.

- Adesso reagiresti allo stesso modo?

- Ora devo dire di no, credo che sia anche questione di maturità. A 30 anni avevo delle speranza e delle idee ben precise, che si sono rivelate illusioni. Oggi so cosa mi aspetta dopo quell'esperienza, se mi ritrovassi nella stessa situazione a non poter essere agevolato dalle istituzioni, so come reagire, come pormi prima che si presenti un problema. Prima prendevo gli appalti, accettavo qualsiasi lavoro, non pensavo alle conseguenze, oggi so che devo andare più con calma. Se dovrò rifiutare un contratto lo rifiuterò. Non posso ritrovarmi con le spalle al muro. Mi dovrò autolimitare, anche se spero di non essere ostacolato, non voglio che qualcuno mi aiuti.

- Quindi il carcere macchia in modo indelebile. Solo coloro che hanno scontato una pena lunga oppure anche quello che ne hanno subita una breve?

- Macchia allo stesso modo. Anche perché c'è da dire che nell'idea comune della gente, chi nasce delinquente muore delinquente. Sembra un'assurdità, ma si riscontra. Se per esempio un ragazzo entra in carcere per aver rubato uno stereo, rimane macchiato. Per lui non è più facile tornare fuori, di quanto lo sia stato per me. Inoltre, con una pena breve, non si ha il tempo di maturare la convinzione di ricaderci, non è rieducativo. Per una pena breve ti ritrovi in una casa circondariale con 2000 altri detenuti, rimani un anonimo che ha scontato una pena, rimane quindi solo una punizione che hai scontato. E un ragazzo di 20 anni che si trova in una situazione del genere dal carcere ne esce più rovinato che altro. Non ci dimentichiamo dei suicidi o tentati suicidi che molto spesso sono proprio di questi ragazzi incensurati. Ti faccio un esempio: un carcere come le Vallette. La' c'è una sezione che si chiama "nuovi giunti", a Torino. Tu arrivi per la prima volta nel carcere e vieni messo in questa sezione, in attesa che si liberi un posto in un'altra, perché il carcere è sovraffollato. Allora: questa sezione si divide in stanze di tre metri per due in sei o sette, fra cui ci sono: tossicodipendenti con crisi d'astinenza, parecchi extracomunitari, sporcizia. Ti dico: quando tornammo a fare processi a Torino, per me era già scioccante e io conosco la galera in tutti i suoi aspetti. Figurati un ragazzo di 20 anni che non è mai entrato in carcere e si trova in quella situazione, ne esce sicuramente segnato. Parecchi suicidi o tentati suicidi, se poi vai a vedere, non sono di quelli che hanno avuto 30 anni o più, ma proprio quelli appena entrati.

- Quindi il carcere a che serve, secondo te, se non rieduca?

- Perché la società vuole stare tranquilla e si vuole vendicare. Se questa pena non fosse solo per punire ma anche per tentare di recuperare avrebbe un senso. Ma quale volontà c'è da parte della società di farlo? Si dice tanto che la gente ha paura di uscire di casa perchè viene scippata, perchè gli rifanno l'alloggio. Chiudere i delinquenti in carcere non risolve nulla, perchè non si tenta di fare nulla. E la gente continuerà ad avere paura, continuerà a subire gli scippi, continuerà a subire i furti.

Un altro aspetto molto importante per il problema della criminalità è la prevenzione. Per esempio la scuola dell'obbligo. Io non l'ho frequentata la scuola dell'obbligo, però nessuno è venuto da mio padre a dirgli che mi ci doveva portare . Adesso hanno innalzato l'età della scuola dell'obbligo, ma se le istituzioni, quando un ragazzo smette di andare a scuola, non si interessano di andare a vedere il perchè, il percome, a non obbligare il genitore a mandare il ragazzo a scuola, allora a che serve! Io oggi sto studiando e mi rendo conto che l'istruzione ha la sua importanza. A tredici anni, anzi prima a dodici, non ce l'avevo questa consapevolezza.Per me studiare o lavorare era lo stesso; mio padre che forse non è stato abbastanza fermo, non mi ha fatto terminare. Però nessuno è venuto da me a spiegarmelo.Chi è andato da mio padre a dirgli : 'Perchè non hai mandato tuo figlio a scuola ?'

- ( interviene la moglie che ha ascoltato attentamente tutta la nostra discussione, con piglio decisamente animato ) Il carcere è un posto dove si mette una persona che ha sbagliato e dove deve marcire. Quello che poi sarà quando esce non frega niente a nessuno. Poi c'è un'altra cosa, mi chiedo: ma tutti questi giovani che si drogano, perchè si drogano? E' inutile che andiamo a dire che ha dei problemi a casa. I problemi li abbiamo tutti, allora ci droghiamo tutti?Giusto? Allora la droga, non c'è lavoroma nessuno che fa niente per aiutare questi ragazzi.Quindi cosa fanno? Oziano.Si buttano nella droga, perchè così vedono tutto bello, tutto diverso, lavoro non ce n'è. Quindi stanno nei barchiaro che oggi, domani, dopodomani non imparano le cose positive, imparano le cose negative. Quando poi hai sbagliato, sono tutti pronti a metterti il marchio addosso : sei un delinquente! Ma non si sono posti il problema prima di dire come mai questo ragazzo è diventato così. E' una piaga che non smetterà mai di esistere!

-La prevenzione costa troppo?

Rispondono in coro di sì.

-(di nuovo la moglie) Poi dopo, quando sono in carcere non li segue proprio più nessuno.Di lui a me interessa tutto, voglio sapere tutto, anche la stupidata.Ma io sono un caso particolare.Nella maggior parte dei casi non è così, sono soli.

Interviene Enrico :- In uno stato di diritto alla mentalità della famiglia dovrebbe sopperire in qualche modo lo stato stesso-

- Certo. Senti ti voglio fare una domanda, decisamente scontata, ma la devo fare. Il rapporto con il personale carcerario, in particolare con gli agenti è di qualche aiuto per voi(non mi fa neppure terminare la domanda. Sa già cosa dire probabilmente, così mi interrompe ed inizia a spiegarmi)

- No, assolutamente no.Il rapporto fra noi e le guardie carcerarie è un rapporto conflittuale. Loro vengono lì a fare il loro lavoro, per le loro otto ore e basta.

- La legge Gozzini aveva cercato di dare un'altra impronta al loro lavoro, no?

- Con la legge Gozzini dovrebbero essere le prime persone preposte alla rieducazione, ma di fatto non lo sono. Prima di tutto perchè probabilmente non hanno la preparazione giusta. Seconda cosa perchè, come dicono loro, sono sotto organico, fanno dei turni massacranti e forse non hanno nè la volontà nè il tempo di dedicarsi ad altri scopi piuttosto che la sicurezza. Anche loro hanno i loro problemi. Noi abbiamo i nostri. Ognuno fa il suo. Molto spesso nascono delle discussioni, per una volta che lo chiami in più o per una volta che lo chiami in meno.Loro hanno il loro lavoro da fare, hanno delle regole che devono rispettare. Molte volte il fatto che hanno degli ORDINI di servizio da far rispettare non lascia neanche a loro lo spazio di un minimo di comprensione. Gli ordini arrivano dal maresciallo che non è lì in sezione e gli agenti devono eseguirli anche se sono loro ad essere in diretto contatto con i detenuti. Ma loro non possono decidere , devono eseguire solo gli ordini. In questo modo è evidente che non c'è elasticità.

Cambio argomento, dato che sembra aver finito le parole . Cambio piano di discussione tentando di introdurne uno più personale, più intimo.

- Qual'è la sensazione più ricorrente in carcere?

-(ci pensa un poco, inspirando profondamente)- Sai le sensazioni sono tante, poi in un ambiente di restrizione come il carcere, qualsiasi cosa viene ingigantita, ne perdi la misura. Anche la più piccola sciocchezza ti può pesare enormemente. La privazione della libertà. La sensazione di non essere più una persona fisica : diventi il detenuto Tizio, della sezione X, del numero di cella Yla sensazione di non essere più una persona da considerare come tale. Capisci?

- La noia, la solitudine

- La noia c'è, ma si cerca di sfuggirle. La solitudine è un problema grave. Quella la devi superare interiormente, o non c'è niente da fare. La mia situazione, come dicevo prima, è differente perchè so che là fuori c'è sempre qualcuno che mi aspetta, che mi pensa, che se ho necessità c'è. Nella maggior parte dei casi non è così e allora la solitudine diventa un problema grave. Poi ci sono delle persone che hanno dei problemi diversi, come ci sono anche fuori, dagli extracomunitari alle persone che non comunicano facilmente.E se uno non comunica è difficile che altri si preoccupino di lui.

- Non c'è altruismo tra i detenuti?

- No, altruismo no. Una volta c'era più solidarietà, soldarietà comunque in senso materiale, nel senso se hai bisogno di un paio di calzini e ce li hai, li dai volentieri. Se però una persona ha dei problemi interiori io non vado a chiedergli cosa ha, di quale aiuto morale ha bisogno, perchè i problemi ce li ho anch'io. Se un ragazzo ha dei problemi psicologici convive con gli altri detenuti finchè non compie degli atti anormali, come demolire la cella. A questo punto viene mandato all' O.P.G. per il tempo necessario (30-40 giorni) e quando si è per così dire, normalizzato, lo riportano in carcere, scusa la parola, rincoglionito dai farmaci fino alla crisi successiva, fino a quando non arriva nuovamente all'eccesso e allora lo rimandano all' O.P.G..Questo è tutto quello che gli fanno.

- Per finire.Secondo te , visto che il carcere costa, visto che non rieduca come dovrebbe, perché la società continua a scegliere il carcere come unica risposta al problema della criminalità invece di elaborare un sistema di pena diverso?

- Un sistema di pena diverso? La società ha già delle strutture, che ci sono e che non devono essere create. Se si elaborasse un sistema di pena diverso dovrebbero esserne create delle nuove che implicherebbero nuove spese e licenziamenti. E poi il carcere rappresenta per la società la sicurezza di sapere che mentre il detenuto è lì non delinque. Ma è un'illusione. Ce lo dicono le statistiche che il 70% dei detenuti quando escono tornano a delinquere. Il carcere è un fallimento, quindi, ma è troppo più comodo lasciare le cose così come stanno.


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