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Il superamento delle "disposizioni sulla legge in generale" nel periodo repubblicano
La Costituzione del '47 non è più equiparata alle leggi dello Stato, ma sovrapposta ad esse in virtù della sua rigidità. Quale necessaria conseguenza di ciò, sta la previsione di apposite leggi costituzionali e di revisione costituzionale,che rappresentano gli unici atti normativi abilitati a modificare la Costituzione. Con tutto ciò, l'ordinaria legislazione dello Stato, dotata pur sempre di una competenza generale, rimane la colonna portante del complessivo ordinamento giuridico. Tale è il caso delle cosiddette leggi rinforzate, ciascuna delle quali è il frutto di un procedimento legislativo aggravato rispetto a quello normale, che tuttavia non si confonde con l'iter formativo delle leggi costituzionali. Ciò che più conta, nella Costituzione repubblicana consiste la base di un'eterogenea serie di fonti-atto, mediante le quali si concretano altrettante autonomie normative costituzionalmente garantite a favore di organi supremi dello Stato ovvero di minori enti pubblici. Nel primo senso, l'esempio principale sembra essere fornito dai regolamenti parlamentari. Nel secondo senso, spiccano le varie specie delle leggi regionali; ma sostanzialmente sono il frutto dell'autonomia normativa regionale anche altre fonti-atto, comunque inquadrate, quali gli statuti ordinari delle Regioni di diritto comune o i regolamenti interni dei Consigli regionali.
Ma l'attuale costituzione ha inciso sulle stesse fonti-atto, con particolare riguardo alle consuetudini: sia dotando le consuetudini costituzionali di un rango ben più elevato di quello spettante agli usi previsti dalle preleggi, sia prevedendo le consuetudini internazionali e garantendo il rispetto di esse, mediante il richiamo delle norme "generalmente riconosciute". Quanto ai fatti normativi, basti qui ricordare le fonti costitutive di altri ordinamenti, esterni rispetto a quello italiano, che a vari effetti rilevano nel nostro stesso diritto: come si verifica nel notevolissimo caso dei regolamenti delle Comunità europee.
Gerarchia e competenza quali criteri concorrenti di sistemazione della attuali fonti normative (pagina 151)
Dal 1948 in poi, i primi tentativi dottrinali di sistemazione tendono pur sempre a mettere in luce i tradizionali "rapporti di parità e gerarchia". Ed effettivamente alcune tra le nuove fonti sono ancora sistemabili per mezzo del criterio gerarchico. In sintesi si avverte che la Costituzione repubblicana configura un vasto ed eterogeneo complesso di fonti rette dal criterio della competenza piuttosto che dal criterio gerarchico: giacché specialmente, varie norme costituzionali sottraggono materie od oggetti o rapporti del più vario genere alla competenza della legge statale ordinaria, configurando in tal modo altrettante fonti normative che non sono né inferiori né parificate né superiori al confronto con la legge medesima, bensì differenziate per l'ambito di attività normativa spettante ad ognuna di esse.
Più in generale, sul criterio della competenza si fondano le fondi atipiche: ravvisabili ogniqualvolta si registri una "scissione" tra la forza attiva e la forza passiva. Si pensi alle leggi dei Patti Lateranensi, che appunto in vista delle intervenute intese fra l'Italia e la Santa Sede "non richiedono procedimento di revisione Costituzionale"
La Carta Costituzionale continua comunque a servirsi di espressioni che comportano il permanere d'un qualche rapporto gerarchico: quali sono la "forza di legge" e il "valore di legge", che nel linguaggio costituzionale formano una vera e propria endiadi. In secondo luogo, una gerarchia delle fonti suole tuttora venire presupposta non solamente allorché sono poste a confronto la Costituzione e tutte le fonti "costituite" da essa, ma anche quando si ragiona dei rapporti fra le leggi ed i regolamenti.
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