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Il segreto come strumento di tutela della privacy, e la dottrina che distingue tra segretezza e riservatezza




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Il segreto come strumento di tutela della privacy, e la dottrina che distingue tra segretezza e riservatezza


L'esercizio del diritto di cronaca, nel nostro ordinamento, é potenzialmente lesivo di diversi interessi pubblici e privati, come per esempio l'interesse alla corretta amministrazione della giustizia, l'interesse alla sicurezza nazionale, l'onore, la reputazione, la riservatezza ecc.

Pur riconosciuto e garantito dalla Costituzione il diritto di cronaca "non integra una tutela incondizionata e illimitata", poiché limiti scaturiscono tanto dalle esigenze di protezione del buon costume, quanto dall'esigenza di tutela di altri beni ugualmente garantiti dalla Costituzione . Il segreto é appunto lo strumento utilizzato dal legislatore per tutelare quegli interessi ritenuti prevalenti e meritevoli di tutela rispetto alla libertà di informazione, esso pone un limite alla altrimenti libera circolazione delle notizie, crea un obbligo, in primo luogo in capo agli operatori dell'informazione, di astenersi dal riferirle. Nel nostro ordinamento, il segreto, in quanto posto a tutela di determinati interessi in conflitto con il diritto di cronaca, si pone esso stesso in contrasto con quest'ultimo, ma nonostante la libertà di informazione trovi tutela direttamente nell'art. 21 Cost., il segreto in sé non si pone in contrasto con la Costituzione che ne prevede essa stessa alcune ipotesi, ne é un esempio l'art. 15 Cost. che tutela la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione.

Sebbene esistano nel nostro ordinamento numerose disposizioni che regolano molteplici figure di segreto: la l. 24 ottobre 1977 n. 801 che disciplina il segreto di Stato, gli artt. 114 e 329 c.p.p sul segreto istruttorio, l'art. 622 c.p. che regola il segreto professionale ecc., il legislatore non ne fornisce una definizione precisa; a tal fine può essere utile un' indagine sulla origine del termine. "Segreto" deriva dal verbo secernere, composto di se e di cernere, dove cerno esprime il separare, il dividere, il distinguere e il se ha funzione rafforzativa. Cerno nel suo significato più arcaico, nel mondo rurale romano, indicava il "setacciare", operazione preliminare e necessaria per la selezione delle sementa per poi procedere alla semina. Avvenuta la semina seguiva l'operire, che consisteva nel coprire il seminato con terra o concime. Il significato attuale del temine risente della sua origine storica, esprime infatti sempre la separazione e l'occultamento di un bene prezioso rappresentato da un determinato sapere. Il segreto é il risultato finale di una operazione che da un lato separa e seleziona le informazioni, dall'altro opera anche una scelta tra i soggetti ammessi alla conoscenza e quelli esclusi; operazione non fine a se stessa ma finalizzata a proteggere un determinato interesse attraverso la limitazione della circolazione di informazioni potenzialmente lesiva dello stesso. Si potrebbe anche dire, utilizzando una diversa terminologia, che si configura come uno strumento di scelta di informazioni che devono rimanere segrete e di soggetti ammessi alla conoscenza di ciò che per altri rimarrà segreto.

Come accennato il segreto può essere utilizzato come strumento di contenimento della libertà di informazione in funzione della tutela di un qualche interesse pubblico o a garanzia di altre libertà. Sotto questo secondo punto di vista é mezzo di difesa della propria sfera privata dalla intrusione e diffusione di informazioni riservate soprattutto da parte dei mezzi di informazione.

L'attenzione al desiderio di riserbo della persona risale, circa, agli anni 50, come riflesso di due casi giudiziari, incentrati rispettivamente sulla divulgazione cinematografica e sulla pubblicazione a puntate della vita di due personaggi noti, ma nell'ultimo decennio é divenuta maggiore in seguito a trasformazioni profonde della società contemporanea. Soprattutto il passaggio da una conservazione e circolazione di informazioni basata su documenti scritti a sistemi informatici basati su apparecchiature elettroniche, ha moltiplicato il numero delle informazioni raccolte, spesso relative ad aspetti intimi della persona e di conseguenza anche aumentato e reso più gravi le aggressioni della privacy, tanto da parlarsi del segreto posto a tutela della vita privata in termini di una vera e propria crisi .

Da un esame delle norme di diritto positivo emerge che all'estensione dei segreti posti a tutela di interessi pubblici sta a fronte l'insufficienza dei segreti posti a tutela di interessi privati, insufficienza non solo quantitativa ma anche legata alla circostanza per cui la normativa sui segreti privati si limita alla tutela di aspetti specifici e settoriali della sfera personale dei singoli. Tra queste norme spiccano quelle del codice penale che tutelano la segretezza della corrispondenza, delle comunicazioni o conversazioni telegrafiche o telefoniche e di qualunque altra trasmissione di suoni, immagini o dati effettuata con collegamenti su fili o ad onde guidate (artt. 616 ss.), la norma che incrimina le interferenze illecite nella vita privata (art. 615 bis.), vi é poi il segreto professionale (art. 622 c.p.) che é collegato alla tutela della riservatezza dei soggetti che per ottenere prestazioni tecnicamente complesse, si trovano nella necessità di rivelare aspetti particolari della loro vita privata. Negli anni '90 si aggiungono la l. 7 agosto 1990 n. 241 che regola il diritto di accesso ai documenti della P.A. nel rispetto della riservatezza di terzi, e la legge 8 giugno 1990 n. 142 sugli enti locali, infine la recente l. n. 675 del 1996 sulla protezione dei dati personali.

In relazione al cosiddetto segreto giuridico, quello espressamente previsto dal legislatore, si pone all'interprete il problema della verifica, in relazione alla singola figura di segreto, della sussistenza di almeno due condizioni che ne giustifichino la previsione legislativa; in primo luogo é necessario che attraverso il parametro degli interessi costituzionalmente protetti il segreto risulti tutelare beni, diversi dalla libertà di informazione, ma parimenti garantiti dalla Costituzione, così che la mancanza di un rapporto di strumentalità tra il segreto e un interesse costituzionale ne determinerebbe la illegittimità.

Tale condizione é tuttavia necessaria ma non sufficiente; se qualsiasi diritto costituzionalmente rilevante potesse limitare la libertà di informazione quest'ultima risulterebbe sostanzialmente negata. Nella valutazione del segreto è pertanto sempre necessario anche il bilanciamento degli interessi in conflitto attuato con il parametro della ragionevolezza ; il segreto dovrebbe cioè essere previsto e disciplinato in modo che il sacrificio imposto alla libertà di informazione sia soltanto quello "ragionevolmente" necessario alla tutela dell'interesse sotteso al segreto. Parametro, quello della ragionevolezza, la cui elasticità lascia alla Corte eventualmente chiamata a verificare la legittimità del segreto una certa discrezionalità nel determinare quando l'interesse sottostante di cui é lamentata la lesione, abbia un peso tale da giustificare la compressione seppure non totale della libertà di informazione.

Dalla insufficienza del segreto posto a tutela della vita privata, nasceva in passato e soprattutto in dottrina il problema della ricerca di un autonomo fondamento normativo del diritto alla riservatezza, che consentisse di affermare il riconoscimento di un diritto generale la cui tutela non fosse cioè limitata ai soli profili specificatamente presi in considerazione dal legislatore, ma estesa a tutti gli aspetti della personalità e avente fondamento costituzionale. Diritto che potesse essere invocato e che avesse qualche "chance" di prevalere sulla sempre più penetrante e invasiva attività di raccolta e diffusione di notizie da parte dei mezzi di informazione. Solo dando una risposta positiva all'interrogativo, infatti, la cronaca avrebbe potuto cedere, a determinate condizioni, di fronte alla esigenza di tutela anche di aspetti della vita privata non espressamente protetti dalle ingerenze altrui ma parimenti meritevoli di tutela.

Attualmente il problema è superato: il diritto alla riservatezza é riconosciuto e garantito dall'art. 2 Cost. così che ogniqualvolta viene invocato il riserbo a tutela della propria sfera privata si pone un problema di demarcazione tra valori entrambi di rilevanza costituzionale; la libertà di espressione da un lato e la riservatezza dall'altro, problema che presuppone un bilanciamento da operarsi caso per caso non essendo stato risolto una volta per tutte dal nostro legislatore.

Infine é necessaria una precisazione: come per il segreto la legge non offre la nozione di riservatezza sebbene il termine si trovi in diverse disposizioni di legge, tuttavia i due termini si equivalgono , anche la riservatezza esprime il concetto della limitazione soggettiva in ordine alla conoscibilità di determinate informazioni. E' vero che il segreto sembra implicare un concetto più forte rispetto al riserbo, ciò ha indotto alcuni a sostenere l'esistenza di una differenza di intensità, il segreto presenterebbe, cioè, una gamma piuttosto ricca di gradazioni, nella quale da questa figura si perviene, attraverso passaggi successivi al semplice riserbo; solo gli interessi pubblici sarebbero tendenzialmente sottesi al segreto, quelli privati polarizzati verso il riserbo. Ma é altrettanto vero che il diritto positivo non offre valide argomentazioni a sostegno di questa tesi, anzi l'art. 615 bis c.p ., che configura un delitto contro la riservatezza commina una pena più severa rispetto all'art. 616 c.p . che prevede una tipica violazione del segreto. Né si può fare riferimento, a proposito del segreto, ad un più ristretto ambito soggettivo di conoscenza, in quanto il numero delle persone, alla cui vita privata si fa riferimento nell'art. 615 bis c.p. può essere minore rispetto a quello dei destinatari della corrispondenza di cui all'art. 616 primo comma c.p.

In definitiva quindi la riservatezza é al pari del segreto un mezzo di tutela di determinati interessi, é lo strumento di tutela della propria sfera privata rispetto principalmente all'esercizio del diritto di cronaca.






La dottrina oggi pressoché unanime e la giurisprudenza considerano il diritto di cronaca ricompreso e garantito dall'art. 21 Cost. In proposito vd. il paragrafo precedente.

Vd. Corte Cost. sent. n.86 del 1974 in Giur. cost. 1974.

Orestano R., Sulla problematica del segreto nel mondo romano, in A.A.V.V. Il segreto nella realtà giuridica italiana, 1983 cit. p.100

Pitruzzella G., Segreto (diritto costituzionale) in Enciclopedia Giuridica Treccani. 1992

Le problematiche relative al segreto pubblico non costituiscono oggetto del presente lavoro.

Corasaniti A., Intervento in A.A.V.V. Il segreto nella realtà giuridica italiana. Padova 1983. cit. p. 580.

Scarpelli U., La democrazia e il segreto, in A.A.V.V. Il segreto nella realtà giuridica italiana. Padova 1983 cit. pp. 543-544.

Pitruzzella G., Segreto (diritto costituzionale), in Enc. Giur. Treccani, 1992, cit. p 2. Vd anche Corte Cost., sent. n. 53 del 3 giugno 1966, in Giur. cost. 1966.

Vd. Corte Cost. sent. n.1/1981 in Giur. cost. 1981

Sulla riconducibilità del diritto alla riservatezza all'art. 2 Cost, oramai riconosciuta dalla giurisprudenza, vd. par. 3.1 cap.I.

Sulla problematica del bilanciamento della riservatezza con la cronaca vd. par.4 cap. I.

Grisolia G., Libertà di manifestazione del pensiero e tutela penale dell'onore e della riservatezza, Padova CEDAM 1994, cit. pp. 111-112

Pugliatti S., La trascrizione. Milano Giuffré 1957, cit. p. 8.

L'art. 615 bis c.p. rubricato "Interferenze illecite nella vita privata", prevede che chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nell'abitazione altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, é punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

L'art. 616 c.p. che apre la sezione V relativa ai delitti contro la inviolabilità dei segreti prevede che chiunque prende cognizione del contenuto di una corrispondenza chiusa, a lui non diretta, ovvero sottrae o distrae, al fine di prendere o di farne da altri prendere cognizione, una corrispondenza chiusa o aperta, a lui non diretta, ovvero in tutto o in parte, la distrugge o sopprime, é punito, se il fatto non é previsto come reato da altra disposizione di legge, con la reclusione fino a un anno o con la multa da lire sessantamila a un milione.

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