Il "referendum! Abrogativo nella forma italiana di governo
Pur potendo colpire la generalità delle leggi statali e degli atti
normativi equiparati, il referendum è stato indubbiamente concepito
dall'assemblea costituente come uno strumento utilizzabile solo in circostanza
eccezionali, avendo pertanto rilievo secondario ed un carattere complementare
rispetto agli istituti della democrazia rappresentativa. Tuttavia sta di fatto
che i ritmi di ricorso all'arma del referendum sono improvvisamente e
notevolmente cresciuti. Nella prima metà degli anni settanta, a partire
dall'entrata in vigore della legge regolante le "modalità di attuazione del
referendum", le richieste erano rimaste del tutto specifiche sebbene molto
importanti, avendo per oggetto dapprima il divorzio e poi l'aborto. Sul finire
di quel decennio, per contro, tali iniziative sono sopraggiunte "a pioggia",
soprattutto ad opera di un vero e proprio "partito del referendum", come quello
radicale. Del resto è certo che i referendum abrogativi richiesti ed indetti
negli anni settanta ed ottanta non hanno mancato di incidere sulle sorti stesse
delle coalizioni di maggioranza, fino al punto di rappresentare la concausa di
vari scioglimenti anticipati delle camere. Ma il sistematico ricorso al
referendum non ha perseguito il solo intento di delegittimare il sistema
politico in atto; bensì ha determinato una sorta di uso molteplice delle
consultazioni referendarie. A fianco dei tradizionali referendum "di rottura",
si sono avuti svariati referendum "di stimolo", tendenti a sollecitare il
parlamento all'approvazione di nuove leggi. Del pari, alle richieste meramente
abrogative si sono affiancate le richieste manipolative, volte a rinnovare
certi settori dell'ordinamento mediante l'abrogazione di parti di disposizioni
legislative o addirittura di singole parole contenute nei testi di legge in
questione. Ancora, la crescente varietà e complessità delle richieste
referendarie ha messo in luce lo scarto che spesso sussiste fra quesiti
formali, ufficialmente prospettati dalle richieste medesime, e i quesiti
"impliciti" riguardanti il significato politico delle rispettive votazioni. In
altre parole, si è riscontrato che la cosiddetta valenza politica dei
referendum può trascendere di molto la portata delle norme delle quali di
chiede l'abrogazione: come nel tipico caso dei referendum "sul nucleare", che
hanno finito per porre in questione la sopravvivenza in Italia delle relative
centrali, ben oltre gli specifici interrogativi trascritti nelle schede. Per
contro la Corte ha dato via libera ai referendum manipolativi, malgrado i dubbi
espressi da quanti contestano la conformità di tali richiesta al modello
costituzionale: dal momento che essi sarebbero miranti a generare discipline
legislative nuove, difformi da quelle che il parlamento aveva previsto e
voluto.