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IL RAPPORTO INDIVIDUALE
1.
1. Il problema della definizione del lavoro subordinato
a) Prestazione di lavoro e varietà di tipi contrattuali (contratti di scambio, contratti associativi, attività di lavoro senza corrispettivo): necessità di individuare i criteri di distinzione
- lavoro e scambio (contrapposizione di interessi): lavoro subordinato, autonomo
- possibile rilevanza di interessi comuni anche nei contratti di scambio (distinzione fra interessi finali e strumentali)
- la contrapposizione più antica: lavoro subordinato (locatio operarum) e lavoro autonomo (locatio operis)
- il problema della subordinazione: conseguenze sul piano "culturale" e conseguenze pratiche (quale disciplina applicare al rapporto)
b) Il lavoro subordinato è quello nell'impresa: è il modello del codice (ma art. 2239 c.c. ed estensione al di fuori dell'impresa, con la verifica di compatibilità con la specialità del rapporto)
- contrapposizione storica fra lavoro e impresa; ma ora ci sono elementi che la attenuano (socializzazione del rischio di impresa, separazione fra proprietà e gestione; partecipazione dei lavoratori alla gestione)
c) Il modello sociale di lavoratore subordinato (debolezza socio-economica) e modello legale (vincolo assunto liberamente, subordinazione solo tecnica e funzionale): possibile sfasatura. La corrispondenza fattispecie/effetti
2. La distinzione fra lavoro subordinato e lavoro autonomo
a) Criteri tradizionali:
- oggetto dell'obbligazione (di mezzi o di risultato): attività (subordinazione) e risultato (autonomia); ma può esserci rilievo del risultato anche nel lavoro subordinato (lavoro per obiettivi) e nel lavoro autonomo l'obbligazione essere di mezzi (es.: il libero professionaista)
- rischio: nel lavoro subordinato il rischio è a carico del datore di lavoro (rischio esterno verso i terzi danneggiati, rischio della utilità della prestazione e rischio talora anche dell'esistenza della prestazione)
- eterodirezione: il lavoro subordinato è eterodiretto, nel senso che è il datore di lavoro a stabilire le modalità di esecuzione della prestazione; nel lavoro autonomo c'è autorganizzazione
b) l'art. 2094 c.c.
- collaborazione: è elemento non qualificante
- dipendenza: varie accezioni
- - accezione socio-economica (estranea alla norma, può esserne solo la ratio)
- - accezione "organizzativa": vi è dipendenza quando vi è inserimento in una organizzazione altrui, sulla quale il lavoratore non ha alcun potere di intervento e decisione e quando il prodotto del lavoro appartiene al datore di lavoro
- direzione del datore di lavoro: il potere direttivo come strumento per "governare" la prestazione secondo gli obiettivi dell'impresa; incidenza sulla fase di esecuzione, non sull'oggetto (che deve essere stabilito sulla base del consenso)
c) la critica: insufficienza definitoria dell'art. 2094 c.c. e in particolare del criterio della eterodirezione, posto che ci sono molte prestazioni di lavoro subordinato nelle quali il lavoratore gode di larga autonomia (es.: i dirigenti)
d) La giurisprudenza: sembra affermare la sussistenza di una fattispecie unica e autosufficiente (basata sulla eterodirezione); in concreto, però, essa utilizza anche diversi altri indici, o elementi rivelatori della subordinazione dedotti dalla realtà concreta (c.d. metodo tipologico): si costruisce un "tipo" di lavoratore subordinato sulla base di tutti questi indici (il modello) e si giudica della esistenza o meno della subordinazione in basa alla maggiore o minore approssimazione del caso concreto al modello, anche avuto riguardo alla possibile diversa rilevanza dei diversi indici nelle diverse fattispecie (es.: l'osservanza di un orario può essere assai significativa in certi contesti, in altri addirittura insignificante).
- indici essenziali: "interni" (potere direttivo più o meno intenso, disciplinare, di controllo) ed "esterni" (continuità della prestazione, inserimento)
- indici sussidiari: orario, pagamento della retribuzione, esclusività, volontà delle parti e qualificazione (la questione della qualificazione: spetta solo al giudice, ma se le parti hanno qualificato in un certo modo il rapporto, occorre una robusta prova contraria)
e) L'art. 2094 e la formula datore di lavoro=utilizzatore della prestazione. La crisi di questa corrispondenza: il lavoro somministrato (rinvio)
3. Il lavoro parasubordinato in generale
a) Origini
- si affermano, nei fatti, rapporti di lavoro di carattere autonomo, nei quali tuttavia il collaboratore si trova in situazione di debolezza socio-economica (il caso della monocommittenza) e si trova ad essere in qualche modo inserito nell'organizzazione aziendale: questa situazione è il motivo dell'intervento del legislatore, ma non serve per definire la fattispecie
- gli accordi economici collettivi per gli agenti e rappresentanti di commercio e la loro recezione nei decreti presidenziali ex lege n. 741/59 (con conseguente efficacia erga omnes)
- varietà di nozioni: fiscale
(redditi assimilati a quelli da lavoro dipendente), previdenziale (che si rifà
a quella fiscale;
b) L'art. 409 c.p.c. e i requisiti ivi previsti (co.co.co.):
- continuatività: occorre un bisogno durevole del committente
- - una prestazione di durata anche non predeterminata (o una durata apprezzabile)
- - una serie di singole prestazioni collegate (es.: attività di consulenza)
- coordinazione: inserimento nell'organizzazione, pur restando l'autonomia; la coordinazione è realizzata dal collaboratore stesso o dal committente? La tesi più diffusa è la seconda: intervento del committente nella fase esecutiva, un potere direttivo più attenuato; ma la coordinazione non può diventare eterodirezione (il criterio quantitativo è inaffidabile); varietà di forme di coordinazione (tempo, luogo, strumenti di lavoro, collegamento con altri lavoratori)
- prevalente personalità: la prevalenza si misura rispetto ad altri elementi (capitale, organizzazione)
c) La disciplina: normativa processuale, art. 2113 c.c., rivalutazione automatica dei crediti di lavoro, tutela contro gli infortuni, maternità, assegni familiari. Per il resto non è ammissibile l'interpretazione analogica
4. Il lavoro a progetto (art. da
a) La finalità antielusiva nei confronti di un diffuso abuso del co.co.co.
b) Campo di applicazione (art. 61) e normativa transitoria (art. 86):
- il lavoro a progetto non riguarda: la pubblica amministrazione, gli agenti e rappresentanti di commercio, le attività con iscrizione obbligatoria ad albi, gli amministratori di società, i pensionati di vecchiaia, i lavori occasionali
- i co.co.co. in essere continuano fino alla scadenza, ma non oltre 1 anno (salvo accordi aziendali di transizione)
c) La nozione di lavoro a progetto
c1. La conservazione dei precedenti requisiti: questione discutibile
- la personalità resta invariata
- la continuatività viene ridimensionata, nel senso che con il progetto il rapporto ha una sua durata determinata o determinabile (non più possibili contratti a tempo indeterminato; possibile un contratto quadro e poi tanti lavori a progetto?)
- la coordinazione viene anch'essa ridimensionata, nel senso che non si può più parlare di un potere di coordinamento del committente, posto che le "forme di coordinazione" sono stabilite nel contratto e dunque sulla base di una volontà comune; c'è un maggior rilievo dell'autonomia: art. 61: gestione autonoma in funzione del risultato e nel rispetto dell'organizzazione del committente
c2. La nozione di progetto
- espressione ampia (progetto, programma, fase) e difficilmente identificabile; anche nel lavoro subordinato si lavora "per obiettivi" o "progetti"; la rilevanza della semplice "fase" fa sì che la fattispecie normativa risulti del tutto indeterminata; due possibili accezioni:
- - accezione restrittiva (solo ideazione, quasi invenzione per un lavoro solo intellettuale; contenuto creativo ed eccezionale; ma la norma non lo dice)
accezione più ampia: il riferimento è a qualsiasi attività, anche a quella ordinaria dell'impresa; occorre solo che essa sia ben identificata a priori; in tal modo si predetermina il contenuto dell'obbligazione; ma così la novità normativa si riduce di molto (e la funzione antielusiva quasi viene meno); rilevanza del semplice programma o fase: argomenti alla nozione più ampia
le circolari ministeriali: la n. 1 del 2004 (nozione ampia: attività principale o accessoria, produzione di risultato anche solo parziale da integrare con altre lavorazioni o risultati parziali; programma: non necessario un risultato finale); la n. 17 del 2006 sui call center (la semplice risposta al telefono non può essere progetto)
- determinazione del progetto da parte del committente e sua specificità
- il ruolo del risultato: determina il contenuto dell'obbligazione (che sarebbe perciò obbligazione di risultato), o serve solo per definire l'ambito nel quale il collaboratore è tenuto a prestare (con diligenza) la sua attività? Preferenza per la seconda ipotesi
- irrilevanza del fattore tempo, ma il progetto deve comunque concludersi (art. 67. 1°c.)
- la gestione autonoma da parte del collaboratore: maggiore rilevanza dell'autonomia, non c'è più il potere di coordinamento (art. 61 e 62, lettera d)
c3. I profili sanzionatori (art. 69)
- 1°comma: due interpretazioni:
- - divieto di collaborazioni autonome atipiche; non c'è una conversione in senso proprio, c'è una sanzione (o una presunzione assoluta che se non c'è il progetto, c'è subordinazione); problemi di costituzionalità
- - presunzione solo relativa, suscettibile di prova contraria
- 2°comma: concerne il caso in cui vi sia il progetto, ma nella sostanza il rapporto è subordinato (è una ipotesi di simulazione)
d) La disciplina
- la forma (art. 62): due tesi
è forma scritta ad substantiam per il contratto e ad probationem per i singoli elementi; la questione rilevante è quella che concerne l'individuazione del progetto: se manca la forma scritta non se ne può dare prova altrimenti e ciò porta alla insussistenza del progetto (con applicazione dell'art. 69, 1°c.).
- - è sempre forma ad probationem, niente conversione
- corrispettivo: principio di proporzionalità oggettiva
- tutela della maternità, malattia e infortunio: sospensione del rapporto senza proroga del termine (salvo il caso della gravidanza)
- tutela della sicurezza e contro gli infortuni
- estinzione; possibilità di un recesso con varie modalità, ivi compreso il preavviso
5. Lavoro occasionale e accessorio
a) Lavoro occasionale: delimita il lavoro a progetto mediante una tipizzazione (art. 61, comma 2): durata non superiore a 30 giorni nell'anno con lo stesso committente, salvo il superamento di un limite di reddito
b) Lavoro accessorio
- nel d.lgs. n. 276 è una tipologia di rapporti riservati a soggetti a rischio di esclusione sociale
- con la l. n. 133/2008 è generalizzato e qualificato solo dal tipo di attività svolta
- il sistema dei buoni (art. 72)
- non si chiarisce la natura autonoma o subordinata del rapporto: la sistemazione e la disciplina previdenziale (gestione separata Inps) portano all'autonomia; per altri il sistema dei buoni è mera modalità di pagamento cui accede una disciplina fiscale e previdenziale diversa da quella propria del lavoro autonomo o subordinato, mentre per gli altri profili la questione sarebbe da risolvere in base alla situazione di fatto.
6. Lavoro e rapporti associativi
a) In generale: nel rapporto associativo vi è comunanza di interessi finali
- art. 2247 c.c.: in società possono essere oggetto di conferimento beni o servizi, dunque anche attività lavorativa, tranne che per le società di capitali, per le quali il lavoro può essere conferito solo come prestazione accessoria
- il conferimento costituisce adempimento del contratto sociale; inconfigurabilità di un rapporto di lavoro subordinato;
- criteri di distinzione: non è significativo quello della eterodirezione (anche nel rapporto associativo occorre "dirigere" le prestazioni), ma quello del rischio, che grava sul lavoratore-socio
- altro problema è quello del cumulo fra rapporto associativo e rapporto di lavoro subordinato:
- - i dipendenti che sono anche azionisti della società
gli amministratori di società: rapporto gestorio e rapporto di lavoro come direttore generale (cumulo escluso per l'amministratore unico; negli altri casi si guarda alla soggezione del direttore generale alle direttive del consiglio di amministrazione
b) Associazione in partecipazione (art. 2549 ss. c.c.)
- apporto di lavoro e partecipazione agli utili dell'impresa: l'associato non si inserisce in un'azienda a lui estranea, deve prestare lavoro nei limiti del valore (quota associativa) attribuito al suo apporto eseguendo le direttive
- elementi che aiutano la distinzione con il lavoro subordinato: il controllo dell'associato e il diritto al rendiconto, la partecipazione alle perdite (sia pure nel limite dell'apporto)
- elementi che la rendono difficile: possibile esclusione del controllo; direttive sul lavoro assimilabili al potere direttivo; esclusione dalla perdite e anche possibile garanzia di un guadagno minimo
- art. 86, 2°c., d.lgs. n. 276/03
- - finalità antielusiva, ma non è chiaro se si applicano le regole della simulazione: ove risulti che non c'è una effettiva partecipazione e che le erogazioni non sono adeguate (è un giudizio nuovo, il valore della prestazione, prima, era solo un limite alle perdite) c'è una diversa regolamentazione del rapporto o c'è trasformazione in un rapporto subordinato?
la diversa regolamentazione, che si sostituisce a quella delle parti: applicazione dei trattamenti retributivi, economici e normativi del lavoro subordinato
prova da parte del datore di lavoro circa la sussistenza di un tipo diverso dal normale rapporto di lavoro
b) Il lavoro in cooperativa (legge n. 142/2001)
- la situazione precedente: il rapporto è associativo; è possibile il cumulo con un contratto di lavoro subordinato solo se l'oggeto del contratto è estraneo all'attività della cooperativa (applicazioni distorte: per es., l'impiegato amministrativo di una cooperativa di facchini); applicazione di talune norme previdenziali, non dell'art. 36 Cost.
- La legge n. 142/01: unicità di posizione (socio lavoratore) ma cumulo di rapporti; problemi di costituzionalità (art. 45 Cost. e tutela della cooperazione: perché imporre anche un rapporto di scambio?); cooperazione autentica e fenomeni di simulazione (difficoltà di accertare la simulazione, che va provata per lo più sul fronte del rapporto associativo)
- - rapporto associativo e ulteriore rapporto di lavoro (subordinato, autonomo, parasubordinato o di altro tipo), con il quale il socio lavoratore contribuisce al raggiungimento degli scopi sociali: questo secondo rapporto è strumentale al primo? è un rapporto di lavoro speciale?
- - comunanza di interessi
contrapposizione di interessi: spettanza dei diritti sindacali, salva però la compatibilità con lo stato di socio lavoratore
inscindibilità fra i due rapporti: se cessa il rapporto associativo (per recesso o esclusione) cessa anche quello di lavoro (art. 5, 2°c.)
trattamenti retributivi non inferiori a quelli previsti dai contratti collettivi
c) Impresa familiare (art. 230-bis c.c.)
- salvezza di un diverso rapporto di lavoro subordinato
- particolare tipo di società (nei rapporti interni, in quelli esterni l'impresa familiare rimane impresa individuale)
d) Rapporti associativi agricoli
- riforma del 1964, regime di divisione degli utili, poi la conversione in contratti di affitto
- applicazione della tutela previdenziale e collettiva
7. Lavoro gratuito e volontariato
a) Il lavoro gratuito: viene esclusa la retribuzione dal contratto
- casi ammessi: il lavoro prestato nella famiglia (presunzione di gratuità in relazione al rapporto affettivo e al correlativo mantenimento; è presunzione relativa); il lavoro del convivente more uxorio; il lavoro nelle comunità religiose (non il lavoro esterno dei religiosi, che è oneroso)
- diversamente, il lavoro gratuito (nel senso di una obbligazione di lavorare gratuitamente) non è ammesso (si ricava a fortori dall'art. 36 Cost.)
b) Il volontariato (legge n. 266/91)
- la prestazione è svolta in modo spontaneo, per fini di solidarietà
- La disciplina: rimborso spese, assicurazione infortuni, responsabilità civile verso terzi
8. Attività dei "senza lavoro"
Lavori socialmente utili (per opere e fornitura di servizi di pubblica utilità), tirocini formativi, piani per l'inserimento professionale dei giovani
- l'attività lavorativa è eterodiretta, ma non dà luogo ad un rapporto di lavoro subordinato:
- - manca la causa di scambio con una retribuzione erogata dal soggetto utilizzatore
- - erogazione di un trattamento di tipo assistenziale da parte dell'Inps o altri enti pubblici
lo svolgimento dell'attività è onere per la conservazione di un trattamento previdenziale o assistenziale o per realizzare una esperienza formativa
9. La certificazione dei rapporti di lavoro
a) Finalità dell'istituto (art. 75 ss., d.lgs. n. 276/03): riduzione del contenzioso in materia di qualificazione del rapporto (legame originario con l'introduzione di nuove tipologie di contratti di lavoro; poi si parla solo di certificazione dei rapporti di lavoro in genere); ma il contenzioso non può essere eliminato perché non si può sottrarre al giudice la competenza in materia di qualificazione dei rapporti
- certificazione: certum facere (si tratta di un atto amministrativo), ma è una certezza che non può essere definitiva; distinguere fra l'atto da certificare e l'atto amministrativo di certificazione
b) carattere volontario della procedura di certificazione: solo sulla base della volontà di entrambe le parti (il datore può forzare il lavoratore, ma sarà problema di volontà genuina); dalla richiesta sorge l'obbligo di procedere alla certificazione
b) Gli organi di certificazione (enti bilaterali, Direzione provinciale del lavoro, Province, università, consigli provinciali dei consulenti del lavoro
c) procedure di certificazione (il codice di buone pratiche, i termini, la motivazione, l'indicazione degli effetti)
d) Quando la certificazione? Solo prima dell'instaurazione del vincolo o anche in corso di svolgimento?
e) l'efficacia della certificazione (art. 79):
- efficacia piena e vincolante (fino alla eventuale pronunzia del giudice) nei confronti delle parti e dei terzi interessati (enti previdenziali, fisco, altri soggetti possibili)
- rimedi contro la certificazione (art. 80):
- - nel caso di qualificazione erronea
- - nel caso di difformità tra il programma negoziale posto a base della certificazione e l'effettivo svolgimento del rapporto
- retroattività della pronunzia del giudice e possibili limiti fondati sull'affidamento delle parti
- altri casi di impugnazione: art. 80, 1°c. 2^parte, per vizi del consenso dell'atto di certificazione (è l'atto amministrativo? è il contratto certificato? è ciò che hanno dichiarato le parti in sede di certificazione?): art. 80, 5°c.: impugnazione davanti al giudice amministrativo per violazione del procedimento o eccesso di potere
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