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IL NEGOZIO GIURIDICO
A)Il negozio giuridico e l'autonomia privata
AUTONOMIA PRIVATA
L'autonomia privata è lo spazio di libertà lasciato ai soggetti dall'ordinamento ed entro il quale possono regolare da sé i propri interessi. Si configura quindi come la capacità di autodeterminarsi ponendo in essere negozi giuridici, nel rispetto dei limiti posti dall'ordinamento
NEGOZIO GIURIDICO
Il negozio giuridico è una dichiarazione di volontà con la quale si intende produrre un effetto giuridico ed alla quale l'ordinamento ricollega gli effetti voluti nell'ambito dell'autonomia da lui riconosciuta ai consociati.
Per NEC OTIUM si intende quindi la particolare attività umana cosciente e volontaria che si concreta in una dichiarazione di volontà rivolta ad un risultato giuridicamente rilevante. Scopo di tale manifestazione di volontà è la COSTITUZIONE, MODIFICAZIONE O ESTINZIONE DI UNA SITUAZIONE GIURIDICAMENTE RILEVANTE
INTEGRAZIONE DEL REGOLAMENTO NEGOZIALE PRIVATO
Solitamente accade che le parti non dispongono nulla circa le condizioni "patologiche"(cosa difettosa, danneggiata o distrutta durante il trasporto). In questi casi detta lacuna del regolamento negoziale è colmata da disposizioni di legge.
Il codice e le altre leggi civili contengono un complesso imponente di REGOLE INTEGRATIVE di negozi incompleti. È necessario, affinché il negozio sia integrato, che le parti abbiano raggiunto l'accordo almeno sugli elementi essenziali, l'ordinamento in detto caso colmerà solo lacune, le norme utilizzate a integrazione saranno quindi DISPOSITIVE (SUPPLETIVE), cioè applicabili solo in mancanza di una diversa pattuizione delle parti.
Inoltre l'autonomia privata incontra dei limiti, posti dall'ordinamento, fissati da norme non derogabili(NORME E PRINCIPI IMPERATIVI). Talvolta la contrarietà a dette norme rende nulla il negozio stesso, o la nullità ne colpisce solo una parte che viene sostituita automaticamente e necessariamente dalla norma imperativa.
B) Gli elementi essenziali del negozio giuridico
Gli elementi essenziali del negozio giuridico si desumono da un'interpretazione sistematica degli art. 1321 e 1325 c.c., sulla base di quanto prescritto dall'art. 1324 c.c., il quale enuncia che le norme che si osservano per i contratti regolano anche gli atti unilaterali tra vivi aventi contenuto patrimoniale. Da ciò si evince che, detti elementi essenziali possono essere così determinati:
MANIFESTAZIONE DI VOLONTA'. Estrinsecazione della volontà interna del soggetto nel mondo dei fatti.
CAUSA. Ragione del negozio giuridico.
OGGETTO. Prestazioni negoziali.
FORMA. Modo in cui si manifesta la volontà
MANIFESTAZIONE DI VOLONTA'
Quando si argomenta sulla volontà appare evidente che deve essere voluta SIA LA DICHIARAZIONE che GLI EFFETTI derivanti dal negozio. La mancanza di tale volontà produrrà la nullità del negozio. In tale elemento si coglie l'essenza del principio di autonomia negoziale.
Per quanto riguarda la dichiarazione, questa può essere:
RICETTIZIA, se il negozio inizia a produrre i suoi effetti solo quando essa giunga a conoscenza della persona alla quale è destinata; si reputa inoltre conosciuta nel momento in cui giunge all'indirizzo del destinatario, salvo il caso in cui il destinatario dimostri di essere stato nell'impossibilità di averne notizia senza sua colpa.
NON RICETTIZIA, quando la sua efficacia giuridica non è subordinata alla ricezione nella sfera di particolari soggetti
la dichiarazione può essere inoltre:
ESPRESSA, cioè portata a conoscenza dell'altra parte per mezzo della parola, scritta o parlata, e secondo qualunque segno che, secondo l'uso comune, si considerato come modo di comunicare un messaggio;
TACITA. Quanto come espressione di essa si adotta un COMPORTAMENTO CONCLUDENTE o, in casi particolari espressamente previsti per legge, col SILENZIO.
COMPORTAMENTO CONCLUDENTE. Comportamento che non costituisce direttamente un mezzo comunicazione, ma che presuppone una volontà e così la manifesta..
Vi sono ipotesi in cui il significato di tale comportamento sia desumibile dalla legge (ex. Il creditore restituisce al debitore il titolo di credito; il soggetto che poteva esercitare l'azione di annullamento del negozio, pur essendo a conoscenza di ciò, lo convalida). In altri casi ci sono circostanze concrete che gli attribuiscono un significato negoziale(ex. Valersi di una prestazione offerta al pubblico per un corrispettivo, cioè per esempio salire su un autobus).
SILENZIO. Solo nei casi espressamente previsti per legge o dall'accordo delle parti il silenzio assume valore di dichiarazione.
INTERPRETAZIONE DEL CONTRATTO
Le norme sull'interpretazione dei negozi giuridici, applicabili quindi anche al negozio giuridico contrattuale, hanno come scopo quello di ricercare il contenuto giuridicamente rilevante dell'atto. Esse possono essere distinte in due categorie, la prima riguardante l'interpretazione soggettiva e la seconda quella oggettiva.
INTERPRETAZIONE SOGGETTIVA Il contratto deve essere interpretato cercando di definire la comune intenzione delle parti che appare dall'atto, senza limitarsi al semplice significato letterale delle parole (art. 1362 c.c.). Per ricercare la comune intenzione è necessario:
Valutare il comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla conclusione del contratto (art. 1362 c.c.);
Procedere all'interpretazione delle singole clausole per mezzo delle altre clausole contrattuali, attribuendo ad ognuna il significato che risulta dall'atto (art. 1363 c.c. interpretazione sistematica);
Presumere che le espressioni generali usate nel contratto siano in realtà rivolte agli oggetti del contratto (art. 1364 c.c.)
Se nel contratto sono indicati casi pratici al fine di spiegare un patto, si presume che siano inclusi nel patto anche altri casi non espressi ai quali può estendersi lo stesso patto (art. 1365 c.c.)
Art. 1366 c.c. - INTERPRETAZIONE DI BUONA FEDE. Il contratto deve essere interpretato secondo buona fede
INTERPRETAZIONE OGGETTIVA. È volta a dare un significato al contratto nel caso in cui non si sia riusciti ad individuare la comune intenzione delle parti:
PRINCIPIO DI CONSERVAZIONE. Nel dubbio il contratto o le sue singole clausole, devono interpretarsi in modo che producano qualche effetto piuttosto che nel modo in cui non ne produrrebbero nessuno (art. 1367 c.c.);
INTERPRETAZIONE CONFORME A CIO' CHE SI PRATICA GENERALMENTE. Le clausole contrattuali devono essere interpretate secondo le pratiche generali in uso nel luogo di conclusione del contratto (art. 1368 c.c.);
INTERPRETAZIONE CONVENIENTE A NATURA E OGGETTO DEL CONTRATTO. Le espressioni con più sensi devono interpretarsi, nel dubbio, nel senso più consono alla natura e all'oggetto del contratto (art. 1369 c.c.);
Se si tratta di una clausola inserita nelle condizioni generali di contratti o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti, essa nel dubbio va interpretata a favore dell'altro (art. 1370 c.c. si applica solo ai contratti di predisposizione e non a quelli stipulati individualmente);
Se infine il negozio resti oscuro nonostante l'applicazione di detti criteri, esso deve essere interpretato se a titolo gratuito nel senso meno gravoso per l'obbligato, se a titolo oneroso, nel senso che realizzi un equo contemperamento degli interessi delle parti.
Detto ciò è necessario evidenziare che detti criteri sono applicati secondo un principio gerarchico, graduato secondo quanto sopra disposto.
LA SIMULAZIONE
Nella simulazione le parti di un contratto fingono di stipularlo ma in realtà, o non ne stipulano nessuno (SIMULAZIONE ASSOLUTA) o ne pongono in essere un tipo diverso rispetto a quello che appare (SIMULAZIONE RELATIVA). In quest'ultimo caso il negozio effettivamente voluto dalle parti risulta dalla controdichiarazione occulta, che esprime la vera volontà delle parti. La diversità tra il negozio apparente (SIMULATO) e quello effettivo (DISSIMULATO), può riguardare la natura del negozio, l'oggetto, oppure i soggetti (INTERPOSIZIONE FITTIZIA DI PERSONA.
La simulazione è possibile nei contratti e nei negozi unilaterali ricettizi.
Art. 1414 c.c. - EFFETTI DELLA SIMULAZIONE TRA LE PARTI. Il contratto simulato non produce effetti tra le parti. Se le parti hanno voluto concludere un contratto diverso da quello apparente, ha effetto tra di esse il contratto dissimulato, purché ne sussistano tutti i requisiti di sostanza e forma. Le precedenti disposizioni si applicano anche agli atti unilaterali destinanti a una persona determinata, che siano simulati per accordo tra dichiarante e destinatario
Appare quindi evidente che nel caso di SIMULAZIONE ASSOLUTA, il contratto simulato non produrrà effetto tra le parti, mentre nel caso di SIMULAZIONE RELATIVA, produrrà effetto, purché presenti tutti i requisiti essenziali di sostanza e forma, il contratto dissimulato.
Art. 1415 c.c. - EFFETTI DELLA STIPULAZIONE RISPETTO AI TERZI. La simulazione non può essere opposta né dalle parti contraenti, né dagli eventi causa o dai creditori del simulato alienante, ai terzi che in buona fede hanno acquistato dal titolare apparente, salvo gli effetti di trascrizione della domanda di simulazione. I terzi possono far valere la stipulazione in confronto alle parti, quando essa pregiudica i loro diritti.
I terzi pregiudicati dalla simulazione sono gli aventi causa e gli eredi del simulato alienante (finto venditore), questi, senza limitazione di mezzi di prova, possono far valere la realtà sulla finzione che appare dal contratto simulato.
La simulazione non può essere opposta:
ai terzi che in buona fede (tutela dell'affidamento) hanno acquistato diritti dal titolare apparente. In questo caso, se si tratta di beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri, e il simulato alinante tema un comportamento scorretto del simulato acquirente, può fare richiesta di trascrizione della simulazione;
ai terzi di buona fede aventi causa del simulato acquirente
Per quanto riguarda i creditori di entrambe le parti, un'eventuale alienazione può pregiudicare o salvaguardare i crediti che essi vantano nei confronti delle parti stesse. In base a ciò è necessario operare una distinzione:
se il credito è sorto PRIMA del contratto simulato, prevalgono i creditori chirografari del simulato alienante, in quanto prevale la realtà sulla finzione;
se il credito è sorto DOPO del contratto simulato, prevarranno i creditori chirografari del simulato acquirente poiché questi hanno fatto affidamento sul patrimonio del debitore che, al momento della nascita del credito, appariva privo del bene oggetto del contratto simulato.
PROVA DELLA SIMULAZIONE
Le parti potranno far valere la simulazione solo con atto scritto, che si identifica di solito con la controdichiarazione o ricorrendo al giuramento. I terzi o i creditori invece possono far valere la simulazione con ogni mezzo di prova.
SIMULAZIONE E ALTRE FIGURE: IL NEGOZIO FIDUCIARIO.
Nel negozio fiduciario il fiduciante trasferisce al fiduciario la proprietà di una cosa o un altro diritto, imponendogli però il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto, o di trasferirlo a un terzo, o di farne comunque un uso determinato. La caratteristica essenziale del negozio fiduciario sta in questa obbligazione (e dunque efficace solo tra le parti) di un più ampio effetto reale (rilevante nei confronti di terzi).
Nel negozio fiduciario, al contrario che con la simulazione, le parti voglio effettivamente ciò che hanno dichiarato.
VIZI DELLA VOLONTA'
Sono elementi perturbatori che agiscono in maniera tale da formare una volontà diversa da quella che si sarebbe formata nel caso in cui non avessero agito. Un negozio affetto da vizi della volontà sarà sempre annullabile.
ERRORE
L'errore consiste in una falsa rappresentazione della realtà che concorre a determinare la volontà di un soggetto, ad esso è parificata l'ignoranza. Il negozio viziato da errore giuridicamente rilevante è annullabile. La parte in errore non può domandare tuttavia l'annullamento del contratto se l'altra offre di eseguirlo in modo conforme al contenuto e alle modalità del contratto che quella intendeva concludere(art. 1432 c.c.)
Affinché l'errore sia causa di invalidità del negozio giuridico esso deve essere:
DETERMINANTE DEL CONSENSO; quando tale convinzione sia stata l'unica ragione che ha portato alla conclusione del contratto. Nei negozi a titolo gratuito tale requisito, anche in mancanza dei seguenti, può garantire l'annullamento del negozio. La legge richiede che tale errore sia stato il solo che abbia portato il donante a compiere la liberalità
ESSENZIALE (art. 1429 c.c); si considera essenziale quando cade:
Sulla natura o oggetto del contratto;
Sull'identità dell'oggetto o su una qualità dello stesso;
Sull'identità o qualità dell'altro contraente;
Quando, trattandosi di errore di diritto, è stato la ragione unica o principale del contratto.
RICONOSCIBILE; ossia quando, in relazione al contenuto, alle circostanze del contratto o alle qualità dei contraenti, una persona di normale diligenza avrebbe potuto rilevarlo. La legge impone a carico di ciascun contraente un onere di attenzione all'esistenza di eventuali vizi della volontà
ERRORE OSTATIVO
Art. 1433 c.c. - ERRORE NELLA DICHIARAZIONE O NELLA SUA TRASMISSIONE. Le disposizioni degli art. precedenti si applicano anche nel caso in cui l'errore cade sulla dichiarazione, o in cui la dichiarazione è stata inesattamente trasmessa dalla persona o dall'ufficio che ne era stato incaricato
In questo caso la difformità tra volontà e dichiarazione è determinata da un lapsus del dichiarante, che emette una dichiarazione non conforme alla volontà che voleva esprimere.
ERRORE VIZIO
ERRORE DI FATTO. Quando cade su una circostanza materiale del negozio (art 1429 c.c. Primi 3 punti);
ERRORE DI DIRITTO. Consiste nell'ignoranza o falsa conoscenza circa l'esistenza o l'interpretazione di una norma di legge
In questo caso non vi è discordanza tra volontà e dichiarazione, ma la volontà stessa non si forma correttamente a causa di un'errata valutazione delle circostanze.
DOLO
Art. 1439 c.c. - IL DOLO. Il dolo è causa di annullamento del contratto quando i raggiri usati da uno dei contraenti sono stati tali che, senza di essi, l'altra parte non avrebbe contratto. Quando i raggiri sono stati usati da un terzo, il contratto è annullabile se essi erano noti al contraente che ne ha tratto vantaggio
Il dolo quindi costituisce una violazione del dovere di correttezza, previsto dall'art. 1337 c.c., anche nel caso di silenzio, qualora esso si configuri come sleale reticenza.
Affinché il contratto sia annullabile è necessario che vi sia un nesso di casualità tra comportamento doloso ed errore in cui cade il deceptus.
Il cod. civ. distingue tra due tipi di dolo:
DOLO DETERMINANTE. Quando senza il comportamento doloso la parte ingannata non avrebbe stipulato il negozio. Trattandosi di contratto occorre che il dolo provenga dall'altro contraente; se esso invece proviene da un terzo, il contratto sarà annullabile sono nel caso in cui la controparte sia stata in collusione con il terzo, o quantomeno a conoscenza dell'inganno.
La maggior intensità nella tutela contro il dolo sta nel fatto che il dolo rende invalido il contratto a titolo oneroso anche se ha provocato un errore non essenziale (ma determinante), e rende invalido il negozio a titolo gratuito anche se ha provocato errore su un motivo non risultante dall'atto. All'invalidità del negozio si aggiunge inoltre la responsabilità dell'autore del dolo stesso, tenuto quindi al risarcimento del danno.
DOLO INCIDENTE. Quando il comportamento doloso non influisce sulla stipulazione del negozio, ma sul suo contenuto. In sua assenza la parte ingannata avrebbe comunque stipulato il negozio ma a condizioni più favorevoli
Art. 1440 c.c. - DOLO INCIDENTE. Se i raggiri non sono stati tali da determinare il consenso, il contratto è valido, benché senza di essi sarebbe stato concluso a condizioni diverse; ma il contraente in mala fede risponde dei danni
Per quanto riguarda la pubblicità ingannevole, una tutela specifica si realizza mediante l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale, su ricorso di concorrenti, di consumatori, di associazioni di consumatori o di organi competenti della Pubblica Amministrazione, vieta la pubblicità di cui accerti il carattere ingannevole e può ordinare la pubblicazione della propria decisione ed eventualmente una dichiarazione rettificativa. Altra forma di tutela è considerare tale pubblicità ingannevole come forma di concorrenza sleale.
VIOLENZA
Consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole volta ad ottenere una dichiarazione negoziale dal minacciato.
La violenza MORALE provoca l'annullabilità del negozio, mentre quella FISICA provoca la nullità del negozio.
Art. 1435 c.c. - CARATTERI DELLA VIOLENZA. La violenza deve essere di tal natura da far impressione sopra una persona sensata e da farle temere di esporre sé o i suoi beni a un male ingiusto e notevole. Si ha riguardo in questa materia all'età, al sesso e alla condizione delle persone
Appare quindi chiaro che debba esserci:
MALE INGIUSTO. Ossia il male minacciato deve essere contrario a norme di legge;
MALE NOTEVOLE. La minaccia deve essere vera o comunque apparire seria in modo da far impressione su di una persona normale. La valutazione di tale minaccia, oltre a far riferimento a parametri oggettivi, farà riferimento anche alle condizioni personali di chi la riceve.
Inoltre la minaccia, affinchè il negozio sia annullabile, deve essere rivolta alla persona, ai suoi beni ovvero alla persona o ai beni del coniuge o ai suoi discendenti e ascendenti.
Art. 1438 c.c. - MINACCIA DI FAR VALERE UN DIRITTO. La minaccia di far valere un diritto può essere causa di annullamento del contratto solo quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti
Se la minaccia eccede ciò che è effettivamente dovuto, quando detta azione non costituisca un mero rafforzamento del diritto, o un giusto compenso per la dilazione o la rinuncia allo stesso, allora essa è ingiusta e determina l'annullamento del contratto.
Non è causa di annullamento il TIMORE REVERENZIALE, salvo nel caso in cui detto timore sia consapevolmente usato per svolgere un'attività intimidatoria volta alla conclusione di un contratto
OGGETTO, CAUSA e MOTIVI
OGGETTO
Consiste nelle prestazioni negoziali, affinché il negozio sia valido è necessario che esso sia:
LECITO; le prestazioni contrattuali non devono essere contrarie a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume;
POSSIBILE; in quanto l'impossibilità iniziale dell'oggetto rende il negozio nullo. Si deve trattare di un'impossibilità assoluta e oggettiva, nel senso che la prestazione convenuta non possa essere eseguita da nessuno.
DETERMINATO o DETERMINABILE; ossia definito direttamente dalle parti. Determinabile quando le parti si siano limitate a definire il criterio per la sua determinazione, o hanno rimesso la determinazione stessa a un terzo. Il quale goda della fiducia di entrambe le parti, egli viene detto arbitratore e di regola deve procedere con equo apprezzamento
L'illiceità dell'oggetto (quindi delle prestazioni contrattuali) si ripercuote sulla causa rendendola a sua volta illecita.
CAUSA
Consiste nello scopo immediato, rilevante dal punto di vista sociale e/o economico e per questo tutelato dall'ordinamento giuridico, che s'intende conseguire attraverso il negozio giuridico. La sua definizione non è pacifica in dottrina, secondo i sostenitori della TEORIA DELLA CAUSA CONCRETA, essa è la ragione pratica che ha spinto i soggetti a compiere il negozio, secondo altri invece essa si presenta come la SINTESI DEGLI EFFETTI ESSENZIALI del negozio stesso. Essa si considera anche come la ragione giustificatrice del negozio, sia dal punto di vista delle parti sia da quello dell'ordinamento.
Ogni singolo effetto negoziale trova giustificazione negli altri, così nei contratti a prestazioni corrispettive, ciascuna prestazione trova giustificazione nella mera esistenza di un corrispettivo e non nell'adeguatezza economica di questo. Solitamente il negozio prevede e regola un'operazione economico-giuridica autonoma e completa. Altre volte, invece, il negozio trova un proprio presupposto in un'obbligazione preesistente, l'obbligazione alla quale il negozio fa riferimento va considerata come elemento integrativo della causa (ex. Fideiussione, concessione di pegno o ipoteca). Infine può capitare che il negozio si limiti ad operare una disposizione patrimoniale in esecuzione di un obbligazione preesistente, che ne costituisce la causa (ex. DATIO IN SOLUTIUM, conferimento di una cosa al creditore in luogo all'adempimento pecuniario).
Si avrà MANCANZA DI CAUSA ogni volta che sia inesistente l'obbligazione che il negozio intende eseguire, garantire o modificare.
Art. 1343 c.c. - CAUSA ILLECITA. La causa è illecita quando è contraria a norme imperative, all'ordine pubblico o al buon costume
Alla mancanza di una causa degna di tutela l'ordinamento reagisce sempre. Si vengono così a delineare due profili di negozi, quelli:
CAUSALI. Ai quali l'ordinamento giuridico nega ogni effetto giuridico nei casi di mancanza della causa (ex. Trasferimenti di proprietà, costituzioni di diritti reali, negozi obbligazionari)
ASTRATTI. In questo caso la reazione giuridica colpisce alcune delle conseguenze che derivano dalla stipulazione di questi negozi, come arricchimenti o impoverimenti ingiusti, che devono essere eliminate mediante opportuni aggiustamenti. Questi negozi producono effetto indipendentemente dalla validità della causa (ex. Promessa cambiaria).
La mancanza o illiceità della causa può essere riscontrata solo nei negozi atipici (o innominati) in quanto non espressamente previsti dall'ordinamento e nascenti per autonomia privata/contrattuale delle parti.
Fuori dalle ipotesi di negozi astratti, previsti per legge, le promesse astratte non hanno alcun effetto. La legge tuttavia ammette che il promissario possa farle valere in giudizio senza necessità di provare anche la causa, in quanto l'esistenza di essa si presume se il promittente non da la prova del contrario. Questa deroga al principio secondo cui chi vuol far valere un proprio diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento viene chiamata ASTRAZIONE PROCESSUALE.
MOTIVI
Si configurano come lo "scopo ulteriore" del negozio e sono estrinseci rispetto all'operazione negoziale, vengono definiti "motivi in senso tecnico". Talvolta può accadere che un motivo sia comune a entrambe le parti, anche il motivo comune resta tuttavia distinto dalla causa, perché sempre si configura come scopo ulteriore.
FORMA
Per forma si intende il mezzo attraverso cui la dichiarazione (volontà negoziale) si manifesta all'esterno. In linea generale vige il principio di LIBERTA' DELLE FORME, tuttavia la legge, per determinati tipi di negozi giuridici, può richiedere una forma particolare.
Possiamo così distinguere tra:
NEGOZI FORMALI o A FORMA VINCOLATA, nei quali è richiesta la forma scritta AD SUBSTANTIAM, ossia per la validità stessa nel negozio. Nel caso in cui esso non sia redatto nella forma prescritta (solitamente scrittura privata o atto pubblico), il negozio sarà nullo e quindi improduttivo di effetti. Talvolta inoltre vengono imposti determinati requisiti di FORMA-CONTENUTO, come l'uso di formule particolari.
È necessaria la forma scritta nei negozi che trasferiscono la proprietà di immobili, che costituiscono diritti personali di godimento di durata superiore ai nove anni, per i contratti con banche e assicurazioni, per i titoli di credito, per i contratti con enti pubblici.
La DONAZIONE deve essere fatta per atto pubblico con la presenza di due testimoni.
Il TESTAMENTO può essere redatto nella forma OLOGRAFA, per ATTO PUBBLICO o infine in forma SEGRETA.
FORME CONVENZIONALI
Un'esigenza di chiarezza e certezza induce le parti talvolta ad accordarsi nel senso di considerare vincolanti, nei loro rapporti, solo le dichiarazioni negoziali espresse in una determinata forma, detta per questo CONVENZIONALE.
LA FORMA AD SUBSTANTIAM ed AD PROBATIONEM.
La forma "ad substantiam" è quella espressamente prevista dalla legge per la validità del negozio, in assenza della quale il negozio è improduttivo di effetti giuridici.
La forma "ad probationem" è invece quella richiesta per far eventualmente valere più agevolmente un proprio diritto in giudizio. Il negozio che non presenta la forma scritta ad probationem è comunque valido, e quindi produttivo di effetti; in caso di conflitto tra le parti tuttavia risulterà più complesso far valere le proprie ragioni (si considera come una LIMITAZIONE DEI MEZZI DIPROVA). In tal caso sarà necessario ricorrere ad altri mezzi di prova, tra i cui:
CONFESSIONE DEL DEBITORE. Art. 2730 c.c.
DEFERIMENTO AL DEBITORE DEL GIURAMENTO DECISORIO. Art. 2736 c.c.
B.1) Illiceità della causa che rendono nullo il negozio giuridico
Il negozio giuridico si dice illecito quanto tende a realizzare un risultato vietato da norme o principi inderogabili. Si può trattare di norme imperative di legge, di principi fondamentali e inderogabili dell'ordinamento giuridico (ordine pubblico) o anche di concezioni morali comunemente accolte (buon costume).
Il negozio è illecito quindi quando esso sia contrario a:
NORME IMPERATIVE. Sono contenute nel codice civile, penale e nelle leggi speciali. La norma imperativa limita l'autonomia del privato per realizzare interessi generali e talvolta anche per proteggerlo. Essa esclude in determinate circostanze la possibilità di disporre del proprio diritto, quando ciò contrasta con convinzioni etiche fondamentali. Si definiscono imperative le norme che dichiarano nulli i negozi stipulati in loro violazione (se invece fanno salva la volontà delle parti prendono il nome di dispositive).
ORDINE PUBBLICO. Per quanto concerne la contrarietà a norme e principi dell'ordine pubblico è necessario distinguere tra:
ORDINE PUBBLICO POLITICO, attinente alla difesa della struttura dello Stato, della famiglia, delle libertà e dell'integrità dell'individuo (tra cui atti di disposizione del proprio corpo tali da cagionare una diminuzione permanente dell'integrità fisica)
ORDINE PUBBLICO ECONOMICO, nel quale si può distinguere:
ORDINE PUBBLICO DI PROTEZIONE. Ha lo scopo di proteggere in certi rapporti contrattuali la parte economicamente debole o che abbia stipulato condizioni inique (ex. Norme in favore dei piccoli imprenditori, dei consumatori, degli utenti e dei risparmiatori)
ORDINE PUBBLICO DI STRUTTURA E DIREZIONE ECONOMICA. Criteri aventi lo scopo di disciplinare l'attività economica, garantendo la concorrenza e la libera circolazione dei beni (ex. Divieti concessi con la disciplina urbanistica per la tutela del paesaggio).
BUON COSTUME. Ossia contrario all'insieme di regole di comportamento sociale, la cui violazione è ritenuta immorale e scandalosa dalla generalità dei consociati.
Di regola chi ha eseguito la prestazione in base a un negozio nulla ha diritto a ottenere la restituzione di quanto eseguito, secondo le regole della ripetizione d'indebito
Art. 1345 c.c. - MOTIVO ILLECITO. Il contratto è illecito quando le parti si sono determinate a concluderlo esclusivamente per un motivo illecito comune a entrambe
Dalla norma si evince che dall'illiceità del motivo di una sola parte non deriva la nullità del negozio giuridico, in quanto se si adottasse tale regola ogni contraente verrebbe trasformato in un guardiano della moralità dell'altro.
Nelle DONAZIONI invece il motivo illecito è causa di nullità quando risulta dall'atto ed è il solo che abbia determinato il donante a disporre.
Art. 1344 c.c. - NEGOZIO IN FRODE ALLA LEGGE. Si reputa altresì lecita la causa quando il contratto costituisce il mezzo per eludere l'applicazione di una norma imperativa
Accade sovente che, allo scopo di raggiungere un risultato vietato, l'ostacolo costituito dal divieto di legge venga aggirato.
Ex. Se la legge vieta la vendita da A a B, interviene un terzo C, incaricato di acquistare da A e ritrasferire il diritto così acquisito a B
C) Gli elementi accidentali del negozio giuridico
Gli elementi essenziali del negozio sono:
CONDIZIONE
TERMINE
MODO
Attraverso queste clausole si permette ai motivi, che normalmente sono irrilevanti, di entrare a far parte del regolamento negoziale.
CONDIZIONE
Art. 1353 c.c. - CONTRATTO CONDIZIONALE. Le parti possono subordinare l'efficacia (condizione sospensiva) o la risoluzione (condizione risolutiva) del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto
Vi sono negozi che non tollerano l'apposizione di condizioni, esse se apposte possono rendere nullo il negozio (ex. Accettazione o rinuncia dell'eredità) ovvero si considerano come non apposte (girata del titolo di credito); tra queste ricordiamo:
Negozi del diritto di famiglia;
Emissione, girata e accettazione cambiale;
Emissione, girata e accettazione assegni;
Girata dei titoli di credito;
Accettazione o rinuncia all'eredità.
La condizione produce i suoi effetti sull'efficacia del negozio e non sulla sua validità, la condizione si identifica nello stesso evento, che per essere considerato tale deve essere futuro e incerto.
Le condizioni possono essere classificate in:
CAUSALI. Indipendenti dalla volontà del soggetto;
MISTA. Per il suo verificarsi vi è concorso di volontà di una parte e di circostanze indipendenti da tale volontà;
POTESTATIVE. Il verificarsi della condizione dipende dalla volontà di una solo parte:
ORDINARIE. Dipende dal comportamento di una delle parti, indipendentemente dai vantaggi, svantaggi del negozio;
MERAMENTE POTESTATIVA. Dipende dal mero arbitrio di una sola delle due parti.
Art. 1355 c.c. - CONDIZIONE MERAMENTE POTESTATIVA. È nulla l'alienazione di un diritto o l'assunzione di un obbligo subordinata a una condizione sospensiva che la faccia dipendere dalla mera volontà dell'alienante o, rispettivamente, da quella del debitore
Inoltre ulteriore argomentazione può riguardare le:
CONDIZIONI ILLECITA. È tale qualora rende illecita l'operazione negoziale o tende a remunerare, incoraggiare il compimento di illeciti o quando influenza con incentivi l'esercizio di libertà fondamentali dell'individuo;
CONDIZIONE IMPOSSIBILE. Se si tratta di condizione sospensiva il negozio è nullo, se invece si tratta di condizione risolutiva si considera come non apposta.
Art. 1456 c.c. - PENDENZA DELLA CONDIZIONE. In pendenza della condizione sospensiva, l'acquirente di un diritto può compiere atti conservativi. L'acquirente di un diritto sotto condizione risolutiva può, in pendenza di questa, esercitarlo, ma l'altro contraente può compiere atti conservativi
È implicito pertanto un dovere di correttezza, volto a non ledere l'aspettativa della cosa e non impedire l'avverarsi della condizione, oltre che alla conservazione dell'oggetto di diritto. Nel caso di violazione di tale criterio di correttezza si avrà una FINZIONE DI AVVERAMENTO DELLA CONDIZIONE, volta a garantire l'interesse del soggetto acquirente del diritto.
Art. 1359 c.c. - AVVERAMENTO DELLA CONDIZIONE. La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all'avveramento di essa
Art. 1360 c.c. - RETROATTIVITA' DELLA CONDIZIONE. Gli effetti dell'avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto, salvo che, per volontà delle parti o per la natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati
In ragione di ciò gli atti di disposizione compiuti durante la pendenza dal titolare dell'aspettativa si consolidano, mentre si caducano quelli compiuti dal titolare del diritto condizionato.
Poiché questa retroattività opera anche contro i terzi, essa viene detta reale e assoluta.
TERMINE
Limita nel tempo l'efficacia del negozio subordinandola a un vento futuro ma certo. Distinguiamo tra un termine iniziale, il quale stabilisce il principio dell'effetto negoziale, e un termine finale, il quale ne determina la fine.
Il termine può riferirsi anche a uno solo degli effetti negoziali, tale per esempio il TERMINE DI INADEMPIMENTO, o di scadenza, che determina il momento in cui l'obbligazione deve essere eseguita. Solitamente tale termine è stabilito a favore del debitore, ma quest'ultimo ne decade nel caso in cui sia divenuto insolvente, o abbia diminuito le garanzie date o promesse per fatto proprio.
MODO o ONERE
È una disposizione che può essere APPOSTA SOLO A NEGOZI A TITOLO GRATUITO. Essa limita il vantaggio economico del beneficiario, imponendogli un obbligo. L'onere differisce dalla controprestazione, perché non costituisce un corrispettivo, piuttosto un limite all'attribuzione, la quale resta perciò gratuita.
E) La rappresentanza
Istituto giuridico per il quale la volontà negoziale è formata e dichiarata da un soggetto (rappresentante), mentre gli effetti del negozio fanno capo ad un altro soggetto, detto rappresentato.
Il connotato essenziale della rappresentanza consiste solo nella stipulazione del negozio giuridico in nome altrui, con la conseguenza che gli effetti negoziali si producono direttamente sul patrimonio del rappresentato.
Essa è ammissibile per tutti i negozi patrimoniali tra vivi e per i contratti.
È necessario operare una distinzione tra:
RAPPRESENTANZA VOLONTARIA. In questo caso la rappresentanza è conferita dal rappresentato e il rappresentante dovrà attenersi alle disposizioni di quest'ultimo, dal quale può venire revocato in qualsiasi momento; talvolta tale rappresentanza è concessa nell'interesse del rappresentante stesso o di terzi. La procura in questi casi conferita è irrevocabile.
RAPPRESENTANZA LEGALE. A un soggetto viene dato di gestire un patrimonio altrui per realizzare interessi che non sono, o non sono esclusivamente, quelli del titolare del patrimonio stesso (ex. Curatore fallimentare).
DISTINZIONE DA ALTRE FIGURE
NUNCIUS e RAPPRESENTANTE. Il rappresentante ha un potere decisionale più o meno ampio nella stipula del negozio, egli pertanto dichiara una volontà propria. Il NUNCIUS invece si configura come un semplice messaggero, incaricato di trasmettere la dichiarazione altrui. Non interviene nessuna decisione del nuncius, non è quindi necessario che egli abbia capacità di agire.
INTERPOSIZIONE GESTORIA (o RAPPRESENTANZA INDIRETTA). Forma di cooperazione giuridica nella quale il gestore agisce per conto altrui, ma stipula in negozio in nome proprio. Gli effetti del negozio si produrranno quindi in capo al gestore, il quale dovrà poi trasmettere il risultato economico nel matrimonio di colui per contro del quale ha agito (ex. Mandato senza rappresentanza).
AGENTI SENZA RAPPRESENTANZA (o PROCACCIATORI DI AFFARI). Sono collaboratori dell'imprenditore che non stipulano il contratto ma si limitano a promuoverne la conclusione cercando clienti (ex. Agenti di commercio).
FONTI DELLA RAPPRESENTANZA
Si ha RAPPRESENTANZA VOLONTARIA quando il potere di rappresentanza viene conferito mediante PROCURA;
Le persone giuridiche designano una persona fisica avente il compito di rappresentarle attraverso la NOMINA ALLA CARICA SOCIALE;
La RAPPRESENTANZA LEGALE IN SENSO STRETTO prevede che il rappresentante sia scelto e imposto dalla legge o dal giudice;
GESTIONE DI AFFARI ALTRUI.
PROCURA
Negozio unilaterale con il quale una persona attribuisce ad altri il potere di rappresentarla. La rappresentanza volontaria deriva da un RAPPORTO DI BASE (inteso come relazione tra i soggetti, ex. Rapporto tra lavoratore e dipendente)che si configura talvolta come CONTRATTO DI BASE (ex. Contratto di lavoro subordinato).
La procura va completamente distinta dal contratto che è fonte del rapporto di base, infatti essa può essere revocata unilateralmente anche quanto non vi sia possibilità di sciogliere unilateralmente il contratto di base generatore della stessa. Al contrario lo scioglimento del contratto di base determina solitamente la cessazione anche della procura.
Altra distinzione rilevante è tra procura e mandato. Il mandato crea obbligazioni a carico di entrambe le parti, per tale ragione è necessaria l'accettazione del mandatario, e quindi è una figura contrattuale. La procura invece non impone nessun obbligo al rappresentante e non incide sulla sua sfera patrimoniale, resta quindi un negozio unilaterale.
Possiamo distinguere tra:
PROCURA SPECIALE. Riguarda uno o più affari determinati;
PROCURA GENERALE. Concerne la totalità dei rapporti del rappresentato;
Essa può inoltre contenere prescrizioni che valgano come limiti ai poteri del rappresentante, se tuttavia le istruzioni impartite al rappresentante non si traducono in LIMITI ALLA PROCURA, esse conservano valore puramente interno, la loro inosservanza non determinerà quindi l'invalidità del negozio eventualmente stipulato, ma semplicemente la responsabilità del rappresentante nei confronti del rappresentato.
CONFERIMENTO DELLA PROCURA. Non si richiedono forme particolari a meno che non sia conferita per la stipulazione di un negozio formale, in tal caso essa deve seguire la forma ad substantiam del negozio da stipularsi
ESTINZIONE DELLA PROCURA. Per decadenza del termine, verificarsi di condizioni risolutive, per il compimento dell'affare per il quale è conferita, per revoca, per rinuncia del rappresentante, per estinzione del rapporto di base, per morte del rappresentato (tranne che per gli atti conferiti per l'esercizio d'impresa),con il fallimento del rappresentato (salvo il caso in cui sia nell'interesse del rappresentante o di terzi)
REVOCA. Negozio unilaterale che non richiede forme particolari, può essere manifestato anche mediante comportamento concludente. Non può essere revocata la procura conferita nell'interesse del rappresentante o dei terzi se non per giusta causa.
PROCURA APPARENTE E TUTELA DELL'AFFIDAMENTO
Le modificazioni e la revoca della procura devono essere portate a conoscenza dei terzi con mezzi idonei. Se il rappresentante non provvede a ciò, la legge tutela l'affidamento di quei terzi i quali, ignorando la modificazione o la revoca, abbiano continuato a trattare con il rappresentante
Nel campo delle società per azioni la tutela dell'affidamento dei terzi è ancora più intensa, difatti le limitazioni al potere di rappresentanza degli amministratori, anche se pubblicate, non sono opponibili ai terzi, salvo che si provi che questi abbaino agito intenzionalmente a danno della società.
AGIRE IN NOME DEL RAPPRESENTATO E PER CONTO DI CHI SPETTA
Affiché operi il meccanismo della rappresentanza è necessario che sia palese, o per dichiarazione o perché risulta dalle circostanze, che il rappresentante operi per conto del rappresentato. Non è tuttavia necessario che il rappresentato venga identificato col suo nome, il rappresentante può anche dichiarare di agire per una persona che desidera restare provvisoriamente sconosciuta, oppure per una persona che verrà successivamente determinata (CONTRATTO PER CONTO DI CHI SPETTA).
CONFLITTO DI INTERESSI E CONTRATTO CON SE STESSO
Il diritto tutela il rappresentato contro il pericolo che il rappresentante approfitti del potere conferitogli pregiudicando gli interessi del rappresentato stesso.
Art. 1394 c.c. - CONFLITTO DI INTERESSI. Il contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi con rappresentato può essere annullato su richiesta del rappresentato, se il conflitto sia riconosciuto o riconoscibile da un terzo
Art. 1395 c.c. - CONTRATTO CON SE STESSO. È annullabile il contratto che il rappresentante conclude con se stesso, in proprio o come rappresentante di un'altra parte, a meno che il rappresentato lo abbia autorizzato specificatamente ovvero che il contenuto del contratto sia determinato in modo da escludere la possibilità di conflitto d'interessi. L'impugnazione può essere proposta solo dal rappresentato
RAPPRESENTANZA SENZA POTERE
Può accadere che taluno ecceda i limiti del potere conferitogli mediante procura, o che non sia del tutto titolare di questo potere.
Nel caso in cui il rappresentante concluda affari vantaggiosi, senza averne procura o eccedendo ad essa, il rappresentato che ne riconosca il vantaggio patrimoniale derivante può ratificare.
Art. 1399 c.c. - RATIFICA. Il contratto può essere ratificato dall'interessato con l'osservanza delle forme prescritte per la conclusione di esso. La ratifica ha effetto retroattivo, ma sono salvi i diritti dei terzi. Il terzo e colui che ha contratto come rappresentante possono d'accordo sciogliere il contratto prima della ratifica. Il terzo contraente può invitare l'interessato a pronunciarsi sulla ratifica assegnandogli un termine, scaduto il quale, nel silenzio, la ratifica s'intende negata. La facoltà di ratifica si trasmette agli eredi
Dalla mancata ratifica del contratto può derivare un danno al terzo, al cui risarcimento è tenuto il rappresentante che ha ecceduto i limiti della procura o colui che ha agito in qualità di rappresentante senza esserlo realmente.
F) Patologia del negozio giuridico
NULLITA' E ANNULLABILITA' DEL NEGOZIO GIURIDICO
NEGOZIO NULLO
Art. 1421 c.c. - LEGITTIMARI DELL'AZIONE DI NULLITA' Salvo diverse disposizioni di legge la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse e può essere rilevata d'ufficio dal giudice
Si prospetta una sorta di NULLITA' ASSOLUTA, che può essere fatta valere anche dai terzi, solo nel caso in cui ne abbiano interesse
Vi è tuttavia una deroga a questo principio, che stabilisce che la nullità possa essere fatta valere solo da una parte, quella a protezione della quale la nullità è disposta (NULLITA' PARZIALE). Si verificano infatti situazioni, come quelle di errore, violenza, dolo, incapacità di agire, conflitto di interesse, nelle quali il soggetto potrebbe avere qualche interesse al mantenimento del contratto. Sta a lui essere arbitro quindi del mantenimento o del suo annullamento. Inoltre la nullità può riguardare l'intero negozio o solo una parte di esso, in quest'ultimo caso il negozio sarà nullo solo nel caso in cui la parte nulla è stata determinante sulla volontà delle parti per la conclusione del negozio, la legge, può intervenire quindi a modificazione o integrazione degli elementi non essenziali(art. 1419 c.c.).
RINNOVAZIONE DEL NEGOZIO NULLO.
Si articola nel trasfondere il contenuto di un negozio nullo in un nuovo negozio esente da nullità. Si tratta di un negozio nuovo che prende data dal momento della rinnovazione. Le parti possono convenire che esso abbia effetto retroattivo dalla data del primo, senza tuttavia ledere i diritti dei terzi, che in tal caso prevalgono sulla volontà delle parti.
CONVERSIONE DEL NEGOZIO NULLO
Art. 1424 c.c. - CONVERSIONE DEL CONTRATTO NULLO. Il contratto nullo può produrre gli effetti di un altro contratto, di cui contenga i requisiti di sostanza e forma, qualora, avuto riguardo allo scopo perseguito dalle parti, debba ritenersi che lo avrebbero voluto se avessero conosciuto la nullità
PESCRIZIONE
Colui al quale sia richiesta l'esecuzione di un negozio nullo può sempre rifiutarla. Se il negozio nulla ha avuto esecuzione, le prestazioni, essendo prive di causa, vanno restituite secondo le norme relative alla ripetizione d'indebito (art. 2033 c.c.)
OPPONIBILITA' AI TERZI
L'azione di nullità è opponibile ai terzi.
NEGOZIO ANNULLABILE
Art. 1441 c.c. - LEGITTIMAZIONE. L'annullamento del contratto può essere domandato solo dalla parte nel cui interesse è stabilito dalla legge. L'incapacità del condannato in stato di interdizione legale può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse
Il soggetto tutelato può successivamente convalidare il negozio, rinunciando alla possibilità di annullamento.
CONVALIDA DEL NEGOZIO ANNULLABILE.
La convalida è un negozio unilaterale, che può farsi in MODO ESPRESSO (con un atto che contenga menzione della causa di annullabilità e della volontà di convalidarlo) o in MODO TACITO (dando esecuzione al contratto).
PRESCRIZIONE
L'azione di annullamento è soggetta a un termine di prescrizione di cinque anni, decorrente dalla data del negozio annullabile. Se il negozio annullabile non è stato eseguito, la parte in favore della quale l'annullabilità è disposta potrà sempre rifiutarne l'esecuzione, senza limiti nel tempo. Tale situazione si esprime dicendo che si prescrive l'azione ma non l'eccezione di annullamento.
OPPONIBILITA' AI TERZI
L'azione di annullamento non è opponibile ai terzi che hanno acquistato a titolo oneroso e in buona fede. Tale tutela non opera nel caso in cui la nullità dipenda da incapacità legale, in quanto secondo il criterio di ordinaria diligenza il terzo avrebbe potuto prendere coscienza di tale circostanza attraverso la consultazione dei registri dello stato civile.
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