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I soggetti internazionali ( Sezione I)




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I soggetti internazionali ( Sezione I)


1 Gli Stati: generalità.


Nell'Ordinamento Internazionale si definisce soggetto internazionale l'Ente che sia destinatario di almeno una norma dell'Ordinamento considerato.

Lo Stato è, infatti, destinatario di norme di diritto internazionale a carattere consuetudinario e di norme pattizie contenute nei trattati.

Mentre negli ordinamenti statali si distingue tra capacità di agire ( produrre effetti giuridici) e capacità di diritto (destinatario di diritti e obblighi), nel diritto internazionale tale distinzione non esiste in quanto lo Stato è titolare effettivo e potenziale di tutte le situazioni giuridiche derivanti dalle norme consuetudinarie. E' inoltre titolare delle altre situazioni giuridiche che dipendono dalla sua partecipazione ad accordi internazionali vertenti su qualsiasi oggetto.

Altrettanto non può dirsi di altri enti quali la Santa Sede, le Org. Internazionali, i partiti insurrezionali. Gruppi sociali, movimenti di liberazione che, pur essendo destinatari della norma "pacta sunt servanda" partecipano solo alla conclusione di accordi compatibili con la loro natura. Si discute se questi enti abbiano o meno la soggettività internazionale.


La soggettività internazionale degli Stati. Gli elementi costitutivi dello Stato : Popolo, territorio e sovranità.


Gli Stati sono, quindi, i principali creatori e destinatari al tempo stesso, delle norme dell'ordinamento internazionale nel quale agiscono su basi di uguaglianza.

Gli elementi distintivi e costitutivi dello Stato sono tre:

il popolo, su cui si esercita il potere;

la sovranità, caratterizzata dall'indipendenza;

il territorio sul quale è insediato il popolo;

Questi elementi fanno si che ove ne manchi anche uno come avviene nel caso delle organiz.internazioinali, l'ente può aspirare a possedere la soggettività internazionale, ma non si identifica con lo Stato. ( vedi Antartide che non può avere la qualifica di Stato per la mancanza di un popolo).

Diversamente, enti di piccole dimensioni territoriali ma nei quali i tre elementi costitutivi sono contemporaneamente presenti, sono configurabili come Stati, talora definiti "Ministati"( San Marino - Monaco ) etc.

La partecipazione di uno Stato ad accordi internazionali, per molto tempo, ha significato il possesso della soggettività giuridica internazionale: secondo questa teoria il riconoscimento di un nuovo soggetto di diritto internazionale troverebbe il suo fondamento su un accordo fra Stati di vecchia formazione e Stati di nuova formazione riconosciuti attraverso un accordo bilaterale.

Questa teoria, che ha subito numerose critiche per la quantità notevole di accordi bilaterali che andrebbero stipulati, visto il numero degli stati esistenti, ha poi subito una modifica , nel senso che alcuni autori si sono riferiti alla possibilità di un riconoscimento costitutivo unilaterale nel senso che, sorgendo un nuovo Stato ed ammettendosi la esistenza nell'ordinamento internazionale di norme consuetudinarie, la soggettività di tale stato sarebbe legata al riconoscimento che, con un atto unilaterale e con effetti costitutivi sarebbe compiuto dagli stati preesistenti.

Anche questa teoria non è esente da critiche ammettendosi che uno stato è soggetto giuridico anche se non è stato riconosciuto, purché possegga i requisiti sopra enunciati.



3 .La sovranità.

Se tra gli elementi costitutivi dello Stato il territorio è quello di più facile identificazione trattandosi di un dato oggettivo di immediata individuazione, il concetto di popolo ha dato luogo a qualche problema ai fini della sua determinazione. Si è molto discusso se il concetto di popolo deve essere limitato ad un gruppo di persone aventi la stessa lingua ed appartenenti allo stesso gruppo etnico o può ammettersi anche l'esistenza di gruppi minoritari.

In effetti è di tutta evidenza che alcuni Stati hanno popoli costituiti da più gruppi etnico-linguistici (es. la Svizzera, il Belgio, il Canada, ecc.) e non può negarsi che altri Stati, come l'Italia, presentino le cosiddette minoranze etniche.

Ne consegue che l'elemento popolo considerato da solo, senza il territorio e soprattutto senza la sovranità, stenta ad identificarsi e ad identificare lo Stato.

Si è verificato, al riguardo, il passaggio da una posizione conservatrice ad una posizione più moderna. Per la prima, infatti, il popolo era costituito da sudditi cioè sottoposti allo Stato, per la seconda prevale certo il concetto di cittadinanza che nei tempi più recenti tende a trasformarsi in cittadinanza europea.

Anche l'integrazione tra sovranità e territorio è complessa. Se in passato, difatti, il territorio di uno Stato si identificava facilmente nello spazio di terra e di mare compresi nei confini dello Stato, l'evoluzione della scienza e della tecnologia hanno indotto a modificare in parte questa concezione, con riferimento soprattutto, sia al mare sia allo spazio aereo sovrastante lo Stato.

Con riferimento al primo, il mare, l'indeterminatezza dell'estensione del mare territoriale, oggetto per secoli di discussioni, è stata finalmente superata dalla Convenzione delle Nazioni Unite di Montego Bay sul diritto del mare, che definisce mare territoriale la striscia di mare adiacente alle coste di uno Stato su cui si estende la sovranità che quest'ultimo esercita nel proprio territorio: l'estensione del mare territoriale può giungere fino a 12 miglia.

Dopo gli iniziali problemi legati al criterio da seguire per la misurazione delle 12 miglia, si è giunti ad un accordo a seguito dell'intervento della Corte Internaz.( controversia tra Gran Bretagna e Norvegia) ricorrendo al sistema delle linee rette, congiungenti le estremità degli scogli ( due punti naturali esterni) e senza tener conto delle sinuosità della costa.

Se due Stati si fronteggiano con una distanza inferiore alle 12 miglia, la delimitazione del rispettivo mare territoriale avviene sulla base di criteri di equidistanza, salvo contrario accordo tra le parti.

Con riferimento alle baie, devono distinguersi le cosiddette baie storiche, sulle quali lo Stato costiero può vantare diritti esclusivi. Il problema non si pone allorché la distanza tra le baie e lo Stato superi le 24 miglia: in questo caso si traccia una linea retta di 24 miglia in modo da lasciare all'interno più superficie marina possibile.

Lo Stato costiero è tenuto a consentire però il passaggio inoffensivo delle navi anche da guerra straniere, passaggio che, per i sottomarini, deve avvenire in superficie.

La piattaforma continentale è quella parte del fondale marino, naturale prolungamento della terraferma, a scarsa pendenza, che forma una fascia di larghezza variabile al margine dei continenti giungendo fino all'inizio della scarpata continentale.

Alla piattaforma è dedicata una delle Convenzioni di Ginevra del 1958 prevedendo limite fino a 200 metri di profondità oltre il mare territoriale ed oltre questo limite ove lo Stato sia in grado di sfruttare le risorse naturali dei fondi marini. Anche per la piattaforma, nel caso in cui si fronteggino due Stati, deve ricorrersi al criterio dell'equidistanza tracciando una linea retta, sempre che gli Stati non concludano appositi accordi al riguardo.

Le risorse minerarie del fondo marino, essendo esauribili, sono state dichiarate dall'Assemblea Generale dell'ONU con risoluzione del 17/12/1970 n.2749 patrimonio comune dell'umanità, termine riprodotto anche nella Convenzione di Montego Bay e propugnato dai Paesi in Via di Sviluppo. La citata convenzione contiene la previsione dell'istituzione della cosiddetta Autorità Internazionale dei Fondi Marini, competente a regolare lo sfruttamento delle risorse del fondo e del sottosuolo dell'alto mare in funzione dell'interesse dell'umanità anche in considerazione del dislivello in termini di economia, di sviluppo, di risorse finanziarie e tecnologiche dei vari Stati nel mondo.


la sovranità e il problema dello spazio atmosferico e cosmico.

L'affermarsi del mezzo di trasporto aereo negli anni successivi alla fine del primo conflitto mondiale ha promosso la formulazione delle prime norme internazionali relative al regime giuridico dello spazio aereo in quanto ambiente utilizzato dall'aviazione civile e militare.

Lo stesso principio della sovranità completa ed esclusiva dello Stato sullo spazio aereo sovrastante il proprio territorio è stato costantemente riaffermato dalla prassi internazionale.

In tal senso dispone l'art.1 della convenzione di Parigi sulla navigazione aerea al quale si sono ispirate le legislazioni interne e il principio della sovranità completa ed esclusiva dello stato sullo spazio sovrastante il proprio territorio è costantemente riaffermato dalla prassi internazionale e costituisce una norma generale di diritto internazionale.

Uno degli aspetti più interessanti del fenomeno connesso ai più recenti progressi dell'attività dell'uomo nello spazio è costituito dal fatto che, da un lato, nessuno degli Stati sorvolati dai mezzi spaziali ha ritenuto tale conseguenza come una violazione della propria sovranità né ha ritenuto opportuno riservarsi, esplicitamente, la facoltà di assumere in futuro un diverso atteggiamento in proposito, al fine di lasciare impregiudicato il diritto sulla legittimità internazionale di siffatto sorvolo e, dall'altro, nessuno degli Stati che ha effettuato il lancio di veicoli spaziali destinati a sorvolare il territorio altrui, ha mai ritenuto necessario chiedere la preventiva autorizzazione agli Stati sorvolati.

Tale atteggiamento dei soggetti internazionali ha indotto a ritenere che si sia affermato un principio secondo il quale il sorvolo, da parte di veicoli spaziali, del territorio di Stati diversi da quello che ha effettuato il lancio o ne controlla il volo, è lecito e non può essere impedito dagli Stati sorvolati.

Il trattato sui princìpi distingue, esplicitamente, l'atmosfera e lo spazio cosmico, considerandoli come ambiti spaziali diversi, sebbene è assai vario ed incerto l'atteggiamento assunto a proposito dei criteri da utilizzare. Tale situazione si riflette nella temporanea impossibilità di addivenire ad un accordo sulla definizione dello spazio cosmico, nonostante i tentativi esperiti dal Comitato delle Nazioni Unite per l'utilizzo pacifico degli spazi cosmici. La conclusione che può trarsi è che, pur non essendosi manifestato un atteggiamento univoco e generalizzato degli Stati circa i criteri in base ai quali  possa procedere alla limitazione tra la sovranità statale la libertà di utilizzazione dello spazio sovrastante, detta libertà è certamente un principio affermato nell'ambito della Comunità internazionale. La sovranità dello stato, nello spazio sovrastante il proprio territorio, è limitata, in senso verticale, solo dall'esaurirsi della funzione di governo intesa come esclusiva, pertanto, la delimitazione tra spazio atmosferico e spazio cosmico deve essere individuata in corrispondenza dell'impossibilità per lo Stato sottostante di disciplinare e controllare, in maniera esclusiva, le attività che si possono svolgere in esso.


Segue: la sovranità e l'ambiente.

Fino agli anni 60 non si ponevano problemi di sorta sul carattere esclusivo della sovranità degli stati in materia di tutela ambientale e cioè fino all'incidente della petroliera liberiana che determinò un disastro ecologico di proporzioni enormi. Gli incidenti di Bhopal e di Chernobyl hanno poi reso ancora più pressante la questione legata al fenomeno dell'inquinamento ambientale al punto da indurre le Nazioni Unite ha definire l'ambiente come patrimonio comune dell'umanità ed hanno considerato il deterioramento dello stesso come lesione degli interessi fondamentali dell'umanità.

Queste considerazioni hanno portato ad una dichiarazione non vincolante e ad un programma d'azione per l'ambiente conclusasi il 13 novembre a Ginevra con l'adozione della convenzione sull'inquinamento atmosferico attraverso le frontiere a lunga distanza, cui è seguita la Convenzione per la protezione della fascia di ozono di Vienna del 22 marzo1985 e il Protocollo di Montreal del 1987 riguardante una progressiva riduzione delle emissioni di clorofluorocarburi.

Infine si è andato sempre più affermandosi il concetto di sviluppo sostenibile inteso come sviluppo che uno stato può realizzare in considerazione equilibrata delle proprie risorse finanziarie, del proprio ambiente naturale e delle proprie necessità.


6. La sovranità e la non ingerenza.

La sovranità di uno Stato coincide con il rispetto del principio della c.d. giurisdizione domestica (che dovrebbe garantire la non ingerenza di uno Stato negli affari di un altro Stato) la cui inviolabilità è enunciata al n.7 dell'art.2 della Carta delle Nazioni Unite.

Uno Stato è sovrano in quanto non tollera e non subisce ingerenza nei suoi affari interni. Al contrario, uno Stato non sovrano o uno Stato che è diventato parte di un altro, subisce integralmente l'ingerenza di quest'ultimo.

Anche nei casi di protettorato c'era, e c'è tuttora, ingerenza. Il protettorato nasce da un trattato bilaterale, il quale prevede che uno Stato, quello che assume la situazione giuridica soggettiva del protetto, avrà diritto alla protezione di un altro Stato ma, dall'altra, subirà l'ingerenza nei propri affari esteri. Lo Stato che assume la situazione giuridica soggettiva di protettore, a sua volta avrà il diritto di ingerirsi negli affari esterni dello Stato protetto, ma avrà anche il dovere di proteggerlo.

L'aspetto negativo è che, in molti casi, lo Stato protettore non si limita ad interferire negli affari esterni dello Stato protetto, ma riesce ad interferire nella stessa politica interna addirittura influendo sull'attività legislativa.

Le Nazioni Unite hanno affrontato il problema delle ingerenze ed hanno previsto all'art.2 n.7 la inviolabilità del principio di sovranità e quindi il divieto di ingerenza tranne per la tutela dei diritti umani, unico caso in cui le N.U. possono ingerirsi negli affari interni di uno Stato, anche se questa previsione non è condivisa dal Prof. Ago, il quale sostiene la parità di grado tra la norma che tutela i diritti dell'uomo e la norma che vieta l'ingerenza negli affari interni di uno stato.

Contrariamente, la dottrina prevalente ritiene che l'ingerenza della Comunità internazionale all'interno degli Stati, è giustificata da episodi di efferata violenza che i Capi di Stato, o comunque, soggetti interni agli Stati stessi, hanno procurato alla stessa popolazione degli Stati ed è questo il concetto che consente di affermare l'ingerenza della comunità internazionale per la tutela dei diritti umani.


7. Nascita, mutamenti ed estinzione dello Stato.

Il fenomeno della decolonizzazione, nel periodo degli anni 60, ha rappresentato il fattore determinante della nascita di un gran numero di Stati

L'acquisizione dell'indipendenza da parte delle colonie in cui si sostanzia la decolonizzazione, è avvenuta in vario modo: talora in modo autonomo da parte della colonia, talvolta su sollecitazione della cosiddetta madre patria, vale a dire della Potenza coloniale.

In alcuni casi, poi, c'è stata una guerra civile o contro lo Stato coloniale, in altri, ancora, il passaggio dal regime coloniale all'indipendenza è avvenuto in modo incruento anche a seguito dell'azione delle Nazioni Unite. È anche possibile che uno Stato si formi attraverso l'unificazione o la fusione di due Stati preesistenti( Yemen del Nord e del Sud) anche in ossequio al principio di autodeterminazione dei popoli e l'applicazione di tale principio ha spesso favorito la nascita di Stati di modeste dimensioni.

Dal novembre del 1989 ( caduta del muro) la creazione di nuovi stati è avvenuta per smembramento o dissoluzione  dell'Unione delle Rep. Socialiste Sovietiche ( URSS) della Iugoslavia della Cecoslovacchia. La riunificazione della Germania è avvenuta sulla base di un complesso processo di annessione dei Lander attualmente in n.di 16 ( 10 RTF + 5 RDT + 1 Berlino).

I mutamenti costituzionali si verificano perché la norma base dell'ordinamento statale muta, e si passa ad es. da uno stato democratico ad uno totalitario, sebbene per il diritto internazionale anche il nuovo Stato, sempre che sia sovrano, acquisisca immediatamente la qualità di soggetto internazionale. In passato si riteneva che il mutamento costituzionale dava vita ad un nuovo soggetto internazionale, determinando la estinzione del vecchio stato: celebre è il caso della Russia che, per non onorare i debiti contratti dal regime zarista, sostenne che la rivoluzione aveva dato vita ad un nuovo soggetto senza alcun obbligo con il passato, mentre il protocollo di Londra del 1931 stabilì che gli obblighi contratti con i trattati non vengono meno qualunque sia il regime politico o i mutamenti costituzionali successivamente intervenuti all'interno degli Stati.

L'estinzione di uno Stato è correlata alla nascita di un nuovo Stato nel senso che lo smembramento o la dissoluzione di uno stato può determinarne la nascita di uno nuovo.

Tuttavia, uno Stato può estinguersi nel caso venga meno la sovranità o un popolo decida per una migrazione di massa o a seguito di una disfatta militare con relativo assoggettamento allo stato vincitore.                            

Conseguenze dell'estinzione di uno stato.

L'estinzione di uno Stato lascia aperta la questione della successione nei trattati che questi ha stipulato. In materia di beni esiste una convenzione firmata a Vienna nel 1883 ma non ancora entrata in vigore che prevede:

In caso di smembramento, è prevista un'equa ripartizione dei beni tra i vari Stati risultanti dallo smembramento. Per il debito pubblico la convenzione prevede la possibilità di successione secondo cui il successore non dovrebbe ereditare il debito, secondo il principio della tabula rasa, salvo accordi in senso contrario.

Per quanto riguarda la successione degli stati nei trattati esiste la convenzione di Vienna del 1978 che disciplina l'intera materia: tale convenzione si è ispirata al principio della continuità dei trattati e prevede l'applicazione del principio della tabula rasa solo nei confronti di trattati cui succedono  Stati decolonizzati, il che comporta che il nuovo soggetto rinegozi il contenuto del trattato stipulato dal predecessore Stato colonizzatore, notificando detta intenzione allo Stato terzo. E possibile che si verifichi la cosiddetta trasmissione allo Stato successore degli obblighi localizzabili, cioè legati ad un dato territorio, ove questo sia incluso in uno Stato di nuova formazione. ( la Slovenia che subentra al posto della Iugoslavia nel trattato di Osimo).


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