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I SOGGETTI DEL PROCEDIMENTO PENALE
Il processo penale ha lo scopo di accertare se una determinata persona ha commesso un reato, quale è la personalità dell'autore del reato e quali sono le sanzioni che devono essergli applicate.
Con l'espressione procedimento penale si indica una serie cronologicamente ordinata di atti diretti alla pronuncia di una decisione penale, ciascuno dei quali, in quanto validamente compiuto, fa sorgere il dovere di porre in essere il successivo e, al contempo, è esso stesso realizzato in adempimento di un dovere posto dal suo antecedente.
Il procedimento penale è diviso in tre fasi: le indagini preliminari, l'udienza preliminare ed il giudizio.
L'espressione processo penale indica una porzione del procedimento penale: fanno parte del processo le fasi dell'udienza preliminare e del giudizio.
Col termine grado si vuole indicare se il giudice prende cognizione dell'oggetto sul quale deve decidere in primo esame ovvero in appello o in sede di ricorso per cassazione.
Col termine stato si vuole indicare una fase del procedimento.
L'azione penale è la richiesta, diretta al giudice, di decidere sull'imputazione.
L'imputazione consiste nell'addebitare ad un determinato soggetto un fatto di reato.
Gli elementi dell'imputazione sono indicati dal 417 c.p.p. : Requisiti formali della richiesta di rinvio a giudizio: La richiesta di rinvio a giudizio contiene: a) le generalità dell'imputato o le altre indicazioni personali che valgono a identificarlo nonché le generalità della persona offesa dal reato qualora ne sia possibile l'identificazione; b) l'enunciazione, in forma chiara e precisa, del fatto, delle circostanze aggravanti e di quelle che possono comportare l'applicazione di misure di sicurezza, con l'indicazione dei relativi articoli di legge; c) l'indicazione delle fonti di prova acquisite; d) la domanda al giudice di emissione del decreto che dispone il giudizio; e) la data e la sottoscrizione.
Sono soggetti del procedimento penale il giudice, il pubblico ministero, la polizia giudiziaria, l'imputato, la parte civile, il responsabile civile, il civilmente obbligato per la pena pecuniaria, la persona offesa ed il difensore.
Si ritiene che possano esser definiti "soggetti" coloro che sono titolari di poteri di iniziativa nel procedimento, cioè coloro che sono titolari di posizioni soggettive che comportano diritti, facoltà ed obblighi.
Il concetto di parte invece è correlato a quello di "azione": ne consegue che sono parti il soggetto attivo e quello passivo dell'azione penale (sono parti necessarie il p.m. e l'imputato).
La parte civile è una parte "eventuale" del processo penale, poiché chiede al giudice una decisione in relazione all'imputazione.
Il termine giurisdizione può avere un duplice significato; può riferirsi alla funzione ovvero all'organo che la svolge.
Si può definire competenza quella parte della funzione giurisdizionale che è svolta dal singolo organo.
Sono organi giudiziari "ordinari" quelli che hanno una competenza generale a giudicare tutte le persone e che, inoltre, sono composti da magistrati ordinari.
I magistrati
ordinari sono magistrati che fanno parte dell'ordinamento giudiziario ed ai
quali
Sono organi giudiziari speciali quelli che sono competenti a giudicare solo alcune persone e che inoltre sono composti da magistrati speciali, cioè non appartenenti all'ordinamento giudiziario.
Giudici ordinari
d'appello sono
Vi è poi
Le caratteristiche dell'indipendenza e dell'imparzialità distinguono il potere giudiziario dagli altri poteri dello Stato.
Il potere giudiziario ha la funzione di emanare sentenze, e cioè di applicare la legge al caso concreto.
In base al 101.2 Cost. I giudici sono soggetti soltanto alla legge.
L'indipendenza del giudice è garantita tramite il Consiglio superiore della magistratura.
Questo è eletto per due terzi dai magistrati ordinari e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra cittadini aventi una precisa competenza giuridica.
In generale, col termine competenza si intende l'insieme delle regole che consentono di distribuire i procedimenti all'interno della giurisdizione ordinaria.
La competenza è distribuita in base ai criteri della materia, del territorio e della connessione.
La competenza per materia è, a sua volta, ripartita in base ai due criteri della qualità del reato o della misura della pena edittale.
La competenza per
materia si ripartisce tra
Alla Corte d'assise (giudice collegiale composto da due giudici di carriera e sei giudici popolari) è attribuita la competenza a giudicare i più gravi fatti di sangue ed i più gravi delitti politici.
Il Tribunale per i minorenni (composto da due giudici togati e da due esperti in psicologia, pedagogia e materie analoghe) è competente per i reati commessi dai minori degli anni 18.
Questa competenza è esclusiva.
Il Giudice di pace è un giudice non professionale, nominato a tempo determinato, che conosce una serie di fattispecie attribuite qualitativamente.
Il Tribunale è competente a giudicare i reati che non appartengono alla competenza della Corte d'assise, del Tribunale per i minorenni e del Giudice di pace.
Oltre a questa competenza "residuale", il Tribunale ha una competenza qualitativa a giudicare reati che sono previsti in modo specifico da singole norme di legge.
Il Tribunale in composizione collegiale (cioè formato da tre giudici) conosce i reati per i quali è prevista una pena detentiva superiore nel massimo a 10 anni di reclusione sia nella forma consumata, sia in quella tentata.
Al Tribunale in composizione monocratica (cioè composto da un solo giudice) è attribuita la cognizione dei reati puniti con pena detentiva fino a 10 anni nel massimo, purché non siano di competenza del Giudice di pace.
La competenza per territorio è determinata ex 8.1 c.p.p. in questo modo: La competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato. Se si tratta di fatto dal quale è derivata la morte di una o più persone, è competente il giudice del luogo in cui è avvenuta l'azione o l'omissione. Se si tratta di reato permanente, è competente il giudice del luogo in cui ha avuto inizio la consumazione, anche se dal fatto è derivata la morte di una o più persone. Se si tratta di delitto tentato, è competente il giudice del luogo in cui è stato compiuto l'ultimo atto diretto a commettere il delitto.
Vi è connessione di procedimenti di competenza di giudici ordinari professionali in tre casi (12 c.p.p.):
a. quando il reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra loro, o se più persone con condotte indipendenti hanno determinato l'evento;
b. quando una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione (concorso formale di reati) ovvero con più azioni od omissioni esecutive del medesimo disegno criminoso (reato continuato);
c. quando si procede per più reati, se gli uni sono stati commessi per eseguire od occultare gli altri.
Quando vi è connessione, un solo giudice è competente a giudicare tutti i reati connessi; di regola i procedimenti saranno riuniti, ma potranno anche svolgersi separatamente.
Distinta dalla disciplina appena descritta è la normativa sulle indagini che, pur relative a reati di competenza di differenti giudici, sono collegate in quanto tra di esse vi sono i legami previsti dal 371, e cioè:
a. se i procedimenti sono connessi a norma del 12;
b. se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguire o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza;
c. se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte.
In presenza delle predette situazioni gli uffici del p.m. hanno l'obbligo di coordinarsi tra di loro.
Il codice pone un dovere di separazione, che scatta in presenza di determinate ipotesi previste dal 18.
La separazione deve essere disposta quando stiano per scadere i termini di custodia cautelare in relazione a taluno dei delitti elencati nel 407.2, lett. a) (reati di criminalità organizzata ed ipotesi assimilate) ed occorra definire con urgenza la fase o il grado per evitare la scarcerazione automatica.
Le altre ipotesi di separazione obbligatoria son queste:
quando nel corso dell'udienza preliminare è possibile decidere subito la posizione di un imputato;
quando per un imputato si debba sospendere il procedimento;
quando un imputato non è comparso in dibattimento ed occorra rinnovare la citazione nei suoi confronti;
quando uno o più difensori di imputati non sono comparsi in dibattimento per motivi legittimi;
quando per un imputato l'istruzione dibattimentale è già stata conclusa, mentre per altri deve continuare con tempi lunghi.
In base al 25.1 Cost. nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge.
I conflitti di giurisdizione intervengono tra un giudice ordinario ed un giudice speciale (o tra più giudici speciali); i conflitti di competenza intervengono tra giudici ordinari.
Il conflitto può insorgere in ogni stato e grado del processo.
Esso può essere denunciato dal p.m., dalle parti private, o essere rilevato d'ufficio da uno dei giudici.
Per quanto riguarda l'efficacia degli atti che siano stati compiuti dal giudice incompetente, di regola le prove acquisite restano efficaci, mentre le dichiarazioni, se ancora ripetibili, diventano utilizzabili in giudizio solo col meccanismo delle contestazioni probatorie.
Se un Tribunale procede per un reato di competenza della Corte d'assise, l'incompetenza è rilevabile fin quando non si è pervenuti ad una sentenza irrevocabile (21.1).
Se
L'inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale non determina l'invalidità degli atti del procedimento, né l'inutilizzabilità delle prove già acquisite.
Nell'ambito delle inosservanze per eccesso possono verificarsi due ipotesi:
a. può accadere che nell'udienza preliminare il giudice rilevi (d'ufficio o su eccezione di parte) che per il reato doveva procedersi con citazione diretta in giudizio, senza udienza preliminare: in tal caso il giudice deve trasmettere gli atti al p.m. perché questi emetta il decreto di citazione a giudizio;
b. può accadere che il giudice collegiale in dibattimento rilevi che il procedimento spetti al tribunale monocratico: in tal caso non si ha regressione del procedimento, il collegio deve trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento.
Anche nell'ambito delle inosservanze per difetto possono porsi due ipotesi:
a. se il giudice monocratico in dibattimento ritiene che il procedimento spetti al tribunale collegiale, deve trasmettere gli atti al giudice competente per il dibattimento;
b. se il giudice monocratico, nel dibattimento instaurato a seguito di citazione diretta, rileva che si tratta di un reato per il quale è prevista l'udienza preliminare, trasmette gli atti al p.m. sia ove ritenga che il reato spetti al tribunale collegiale, sia ove ritenga che il reato sia attribuito al tribunale monocratico.
Il p.m. eserciterà nuovamente l'azione penale.
Quando si parla di capacità del giudice si fa riferimento al complesso dei requisiti indispensabili per un legittimo esercizio della funzione giudicante.
La dottrina distingue la capacità di acquisto dalla capacità di esercizio della funzione giurisdizionale: la prima concerne il possesso di tutti i requisiti necessari all'assunzione della qualità di giudice, la seconda riguarda l'esistenza delle condizioni richieste per il valido esercizio del potere giurisdizionale.
Il giudice deve astenersi (36) e può essere ricusato (37) anzitutto se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli articoli 34 e 35 del codice o dalle leggi sull'ordinamento giudiziario.
Il giudice inoltre ha l'obbligo di astenersi (36) e può essere ricusato (37):
se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli;
se è tutore, procuratore o datore di lavoro di una delle parti private ovvero se il difensore, procuratore o curatore di una di dette parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge;
se ha dato consigli o ha manifestato il suo parere sull'oggetto del procedimento fuori dall'esercizio delle funzioni giudiziarie;
se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private;
se alcuno dei prossimi congiunti di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o parte privata;
se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di p.m.
La dichiarazione di astensione è valutata da un altro giudice.
Il giudice deve astenersi anche quando vi siano gravi ragioni di convenienza.
Per quanto riguarda la ricusazione, le parti possono ricusare il giudice in base ai medesimi motivi previsti per l'astensione, con due precisazioni: non è possibile ricusare per gravi ragioni di convenienza, mentre è possibile ricusare il giudice che nell'esercizio delle sue funzioni abbia manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell'imputazione.
Parlando della rimessione del processo, vi possono essere casi nei quali è pregiudicata l'imparzialità dell'intero ufficio giudicante territorialmente competente.
In questi casi il codice prevede lo spostamento della competenza per territorio ad un organo giurisdizionale (con la medesima competenza per materia) situato presso quel capoluogo del distretto di Corte d'appello individuato in base all'11 (caso in cui un magistrato sia imputato o persona offesa).
Lo spostamento è deciso dalla Corte di cassazione.
La richiesta motivata di rimessione può
esser presentata solo dall'imputato, dal p.m. presso il giudice che procede e
dal Procuratore generale presso
Nei tre casi nei quali è prevista la rimessione devono essere presenti gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili.
Il primo caso di rimessione si ha quando sono pregiudicate la sicurezza e l'incolumità pubblica.
Il secondo caso di rimessione sussiste quando è pregiudicata la libera determinazione delle persone che partecipano al processo.
Il terzo caso di rimessione consiste in gravi situazioni locali che determinano motivi di legittimo sospetto.
Possono esservi questioni pregiudiziali alla decisione penale: in senso lato, è pregiudiziale una questione che si pone come antecedente logico-giuridico per pervenire alla decisione; in senso stretto, una questione può dirsi pregiudiziale quando l'iter logico per approdare alla decisione sull'imputazione presuppone la risoluzione di una controversia non appartenente alla diretta cognizione del giudice procedente.
Il codice accoglie la regola secondo la quale il giudice penale ha il potere di risolvere ogni questione da cui dipenda la sua decisione, salvo che una norma di legge disponga diversamente.
Il 2.2 precisa che la pronuncia del giudice penale che risolve incidentalmente una questione civile, amministrativa o penale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo.
Nel risolvere la questione pregiudiziale il giudice penale di regola non è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili, tranne che nel caso delle questioni pregiudiziali sullo stato di famiglia e di cittadinanza.
Il particolare rilievo delle questioni sullo stato di famiglia o di cittadinanza si manifesta sotto un ulteriore profilo, oltre all'aspetto del giudicato.
Il giudice penale in base al 3.1 può sospendere il processo solo quando la questione sullo stato di famiglia o di cittadinanza abbia due requisiti concorrenti, e cioè:
a. la questione deve essere "seria";
b. l'azione a norma delle leggi civili deve essere già in corso.
In casi limitatissimi il codice consente al giudice penale di sospendere il processo per devolvere la decisione di una questione pregiudiziale civile o amministrativa "diversa" da quelle sullo stato di famiglia o di cittadinanza: è posto come condizione che il giudice civile o amministrativo pronunci una sentenza irrevocabile entro un anno dal momento della sospensione del processo penale.
Sulle questioni relative alla conformità delle leggi (o di atti aventi forza di legge) alla Costituzione, il giudice penale deve provocare l'intervento della Corte costituzionale se la questione è "rilevante" e "non manifestamente infondata" (c.d. pregiudiziale di costituzionalità: l. 87/1953).
Ed ancora, il giudice penale può rimettere alla Corte di giustizia delle Comunità europee le questioni previste dal 234 del Trattato istitutivo della Comunità (c.d. pregiudiziale comunitaria: l. 204/1958).
Il pubblico ministero è quel complesso di uffici pubblici che rappresentano nel procedimento penale l'interesse generale dello Stato alla repressione dei reati.
Le funzioni del p.m. nelle indagini preliminari e nei procedimenti di primo grado sono svolte, presso il tribunale monocratico e collegiale, da un ufficio unitario denominato "procura della repubblica presso il tribunale".
Tale ufficio svolge altresì le funzioni di p.m. per i reati di competenza della Corte d'assise e del Giudice di pace.
Presso il Tribunale per i minorenni vi è un apposito ufficio di procura della repubblica.
Per i delitti commessi dal Presidente della Repubblica (90 Cost.) le funzioni di p.m. sono svolte da uno o più commissari eletti dal Parlamento in seduta comune.
Per i giudizi
d'appello vi è una procura generale presso
Presso
Il magistrato che fa parte dell'ufficio del p.m. ha una piena indipendenza di status; è inamovibile nel grado e nella sede; è nominato a seguito di pubblico concorso; i provvedimenti disciplinari e le promozioni che lo riguardano sono deliberati dal C.S.M.
Per quanto attiene alle funzioni, il 112 Cost. impone al p.m. l'obbligo di esercitare l'azione penale.
Il procuratore
generale presso
Lo stesso procuratore generale può essere chiamato a risolvere un contrasto negativo o positivo tra uffici del p.m. appartenenti a diversi distretti di Corte d'appello.
Il procuratore
generale presso
Inoltre può, in ipotesi tassative, avocare le indagini condotte da uno degli uffici inferiori.
Infine, il procuratore generale ha il potere di risolvere i contrasti positivi o negativi tra gli uffici del p.m. appartenenti al distretto di Corte d'appello.
Il magistrato del p.m. ha, dal punto di vista disciplinare, l'obbligo di astenersi quando egli abbia un interesse privato in un determinato procedimento.
Il 371.2 elenca i casi nei quali le indagini si considerano collegate; si tratta delle ipotesi in cui:
a. i procedimenti sono connessi a norma del 12 (e non sono stati riuniti);
b. si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l'impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero la prova di un reato o di una circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un'altra circostanza;
c. la prova di più reati deriva anche in parte dalla stessa fonte.
In presenza di tali situazioni, il codice pone ai diversi uffici del p.m. l'obbligo di coordinarsi.
Il legislatore sanziona la violazione dell'obbligo di coordinamento mediante l'istituto dell'avocazione.
La procura distrettuale è l'ufficio della procura della Repubblica presso il Tribunale del capoluogo del distretto di Corte d'appello nel cui ambito ha sede il giudice competente.
A tale ufficio sono attribuite le funzioni del p.m. in primo grado in relazione ai delitti di criminalità organizzata mafiosa ed assimilati, ed ai delitti consumati o tentati con finalità di terrorismo.
All'interno della procura distrettuale è costituita una direzione distrettuale, il gruppo (pool) di magistrati che hanno chiesto di dedicarsi ai procedimenti riguardanti la criminalità organizzata mafiosa.
La direzione
nazionale antimafia è un ufficio con sede in Roma; capo di questo ufficio è
il procuratore nazionale antimafia, sottoposto alla sorveglianza del
procuratore generale presso
Il procuratore nazionale antimafia ha poteri di coordinamento.
Il procuratore nazionale non può dare direttive vincolanti nel merito alle procure distrettuali, né compiere direttamente indagini, ma può avocare le indagini condotte da quella procura distrettuale che abbia dimostrato una grave inerzia o che non abbia voluto coordinarsi con gli altri uffici.
Polizia giudiziaria e polizia amministrativa sono le due funzioni svolte dalle forze di polizia.
La polizia amministrativa si occupa dell'osservanza della legge e dei regolamenti amministrativi.
La polizia amministrativa si distingue a sua volta in molte specializzazioni, quali ad es. la polizia tributaria, la polizia sanitaria, la polizia stradale e la polizia di sicurezza.
La polizia di sicurezza è quella funzione che tende a prevenire il compimento di reati.
La polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale (55 c.p.p.).
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata, la funzione di polizia giudiziaria è svolta da un organo centrale chiamato "direzione investigativa antimafia" (DIA), posto sotto la direzione e la sorveglianza del procuratore nazionale antimafia.
Il codice distingue tre strutture che svolgono funzioni di polizia giudiziaria:
a. le sezioni: si tratta di organi costituiti presso gli uffici del p.m. di primo grado e composti, di regola, da ufficiali ed agenti della polizia di Stato, dei carabinieri e della guardia di finanza;
b. i servizi di polizia giudiziaria: questi sono costituiti presso i corpi di appartenenza (questore, comandi dei carabinieri e della guardia di finanza); a prescindere dalla loro denominazione, si considerano servizi tutti gli uffici e le unità ai quali è affidato dalle rispettive amministrazioni [.] il compito di svolgere in via prioritaria e continuativa le funzioni di polizia giudiziaria (12 disp. att.);
c. gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria, che possono avere una competenza generale per tutti i reati, o una competenza limitata all'accertamento di determinati reati.
Passiamo ad analizzare la figura dell'imputato.
All'inizio del procedimento penale le indagini possono svolgersi o contro ignoti o contro un indagato.
La polizia giudiziaria trasmette la denuncia al p.m. e questi ordina alla segreteria di iscriverla nell'apposito registro, denominato "registro delle notizie di reato" (335).
Svolte le indagini, può darsi che gli elementi raccolti consentano di addebitare il reato alla responsabilità di una determinata persona: allora il p.m. ordina alla segreteria di iscrivere nel registro, accanto all'indicazione della denuncia, il nome del soggetto al quale il reato "è attribuito".
Costui è il soggetto che il codice denomina persona sottoposta alle indagini preliminari (c.d. indagato).
Solo in relazione al momento conclusivo delle indagini il codice usa il termine "imputato".
L'imputato è la persona alla quale è attribuito il reato nell'imputazione formulata con la richiesta di rinvio a giudizio o con l'atto omologo nell'ambito del singolo procedimento speciale.
La qualità di imputato si conserva in ogni stato e grado del processo sino a che non sia più soggetta ad impugnazione la sentenza di non luogo a procedere, sia divenuta irrevocabile la sentenza di proscioglimento o di condanna, o sia diventato esecutivo il decreto penale di condanna.
Il codice prevede che l'interrogatorio possa essere svolto da vari soggetti: per comodità di esposizione, facciamo l'ipotesi che l'interrogatorio sia svolto dal p.m. nelle indagini preliminari.
Dall'interrogatorio si potranno ottenere dichiarazioni solo se e nei limiti in cui l'indagato decida liberamente di renderle.
Secondo il 64.2 Non possono essere utilizzati, neppure con il consenso della persona interrogata, metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare e di valutare i fatti.
L'indagato riceve una serie di avvisi prima che abbia inizio l'interrogatorio:
a. è avvertito che le sue dichiarazioni potranno sempre essere utilizzate nei suoi confronti;
b. l'indagato deve essere avvertito che ha la facoltà di non rispondere ad alcuna domanda; egli è avvertito altresì che ha l'obbligo di rispondere secondo verità sulla sua identità personale.
L'indagato è altresì avvisato che, se anche non risponde, comunque il procedimento seguirà il suo corso;
c. l'indagato è avvertito che se renderà dichiarazioni su fatti che concernono la responsabilità di altri, assumerà, in ordine a tali fatti, l'ufficio di testimone.
L'omissione o l'irritualità dell'avviso comportano una duplice conseguenza:
le dichiarazioni eventualmente rese dall'indagato su fatti che concernono la responsabilità di altri non sono utilizzabili nei loro confronti;
l'indagato non potrà assumere la qualità di testimone sulle dichiarazioni rese in assenza di un rituale avvertimento.
Il p.m., prima di rivolgere domande all'indagato, deve rendergli noto in forma chiara e precisa il fatto che gli è attribuito; quindi deve indicargli gli elementi di prova esistenti contro di lui; infine deve comunicargli le fonti di prova, salvo che ciò comporti un pregiudizio per le indagini.
Prima di tutto, l'indagato può rifiutare di rispondere a tutte le domande o ad alcune soltanto di esse.
In secondo luogo, l'indagato può rispondere.
Se i fatti che egli ammette sono a lui sfavorevoli, si ha una "confessione".
L'indagato non ha un obbligo, penalmente sanzionato, di dire la verità.
In terzo luogo, l'indagato può rispondere dicendo il falso.
L'indagato è punibile quando compie simulazione di reato, e cioè afferma falsamente che è avvenuto un reato, che nessuno ha commesso (367 c.p.).
È punibile altresì quando calunnia un'altra persona, e cioè incolpa di un reato taluno che egli sa essere innocente (368 c.p.).
Dalla causa di non punibilità prevista dal 384 sono esclusi altresì i seguenti reati:
a. la subornazione, che consiste nell'offrire al testimone una qualsiasi utilità (denaro o altro) per indurlo a dire il falso o ad essere reticente (377 c.p.);
b. il favoreggiamento reale, che consiste nell'aiutare taluno ad assicurare il profitto o il prezzo di altro reato (379 c.p.);
c. l'indurre una persona che ha facoltà di non rispondere a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria (377 bis c.p.).
Il testimone ha l'obbligo di dire la verità.
La persona che ha conoscenza di fatti che devono essere accertati nel procedimento penale è denominata "testimone" quando depone davanti al giudice (194); è denominata "persona che può riferire circostanze utili ai fini delle indagini" quando è esaminata dal p.m. o dalla polizia giudiziaria.
Di fronte alla polizia giudiziaria il possibile testimone che dica il falso può commettere il delitto di favoreggiamento, se con la sua condotta aiuta taluno a eludere le investigazioni dell'autorità (378 c.p.).
Può accadere che nel corso della deposizione il testimone o il possibile testimone renda, più o meno consapevolmente, dichiarazioni dalle quali emergono indizi di reità a suo carico (c.d. dichiarazioni autoindizianti): in tal caso l'autorità procedente deve:
a. interrompere l'esame;
b. avvertire la persona che a seguito delle dichiarazioni potranno essere svolte indagini nei suoi confronti;
c. invitarla a nominare un difensore.
Le dichiarazioni rilasciate fino a quel momento non possono essere utilizzate contro la persona che le ha rese; viceversa possono essere utilizzate a suo favore o contro altre persone.
Se una persona ascoltata come testimone o possibile testimone doveva essere sentita sin dall'inizio come imputato o persona sottoposta alle indagini, le sue dichiarazioni non possono essere utilizzate.
Passiamo ad analizzare il difensore.
Afferma il 24.2 Cost. che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
In generale, si può definire difesa la tutela contro un attacco che venga mosso ai diritti di un soggetto con qualsiasi procedura giudiziaria.
Sono titolari del diritto di difesa le parti ed alcuni fra i soggetti del procedimento penale.
Per quanto riguarda le modalità di esercizio, tale diritto può essere esercitato sia personalmente (autodifesa), sia per mezzo del difensore (difesa tecnica).
Sotto il profilo pubblicistico, il difensore è un esercente un servizio di pubblica necessità: infatti, l'esercizio della professione forense è per legge vietato senza una speciale abilitazione dello Stato.
Nel procedimento penale l'attività difensiva si può esplicare in almeno tre modi:
a. la rappresentanza tecnica comporta che la parte compie atti processuali non personalmente, ma per mezzo del difensore: questi agisce nell'interesse della parte, ma in nome proprio.
La rappresentanza tecnica conferisce al difensore il potere di gestire la causa, ma non di disporre del diritto fatto valere in giudizio.
La rappresentanza tecnica costituisce l'unico modo con cui le parti private diverse dall'imputato possono agire nel procedimento penale; ciò vale in particolare per la parte civile;
b. l'assistenza è il modo con cui il difensore svolge la sua attività in favore dell'imputato.
L'imputato può togliere effetto, con espressa dichiarazione contraria, all'atto compiuto dal difensore prima che, in relazione all'atto stesso, sia intervenuto un provvedimento del giudice
c. quando si deve compiere nel procedimento un atto "personale" e non può esser presente la parte assistita, non è sufficiente la rappresentanza tecnica del difensore: è necessario che l'imputato (e lo stesso può valere per gli altri soggetti) conferisca una rappresentanza volontaria al difensore o ad altra persona di sua fiducia, e può far ciò solo con una procura speciale.
Vi sono atti "personalissimi" per i quali non vi può essere rappresentanza volontaria (ad es. rendere l'interrogatorio o l'esame incrociato).
Il difensore ha un dovere di correttezza, ma non ha l'obbligo di ricercare e introdurre nel processo gli elementi sfavorevoli alla parte assistita.
In base al codice deontologico degli avvocati il difensore non deve introdurre nel procedimento penale prove che egli sa essere false (14), ma può argomentare sulla base di prove da altri introdotte, anche se ritiene che siano false.
Il 96.1 dichiara che L'imputato ha diritto di nominare non più di due difensori di fiducia.
La nomina è un atto a forma libera e può essere effettuata in tre modi:
a. con dichiarazione, scritta od orale, resa dall'indagato all'autorità procedente;
b. con dichiarazione scritta consegnata all'autorità procedente dal difensore;
c. con dichiarazione scritta trasmessa all'autorità procedente con raccomandata.
Quando l'indagato non abbia nominato un difensore di fiducia o ne sia rimasto privo, il codice prevede (solo per tale soggetto) l'istituto della difesa d'ufficio (97).
La designazione del difensore d'ufficio spetta al consiglio dell'ordine degli avvocati di ciascun distretto di Corte d'appello, che predispone gli elenchi dei difensori idonei sulla base di turni di reperibilità.
L'inviolabilità garantita dal 24.2 Cost. (La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento) comporta per l'imputato l'irrinunciabilità della difesa tecnica.
L'offeso può nominare il difensore nelle medesime forme semplificate che sono previste per il difensore dell'imputato.
L'offeso non può togliere effetto ad un atto del proprio difensore; l'unico modo che ha per evitare una difesa tecnica non gradita è quello di revocare la nomina del difensore e nominarne un altro.
Ai sensi del 100, la parte civile sta in giudizio col ministero di un difensore.
La parte civile non può stare personalmente in giudizio: tale soggetto nomina il proprio difensore mediante il conferimento di una procura speciale, la c.d. procura ad litem.
La procura deve essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata dal difensore o da altra persona abilitata.
Essa può altresì essere apposta in calce o a margine della dichiarazione di costituzione di parte civile, in tal caso l'autografia della sottoscrizione è certificata dal difensore.
Quando non è apposta in calce o a margine, la procura deve essere depositata in cancelleria o presentata in udienza unitamente alla dichiarazione di costituzione di parte civile.
In forza della procura ad litem il difensore può compiere e ricevere nell'interesse della parte rappresentata tutti gli atti del procedimento che dalla legge non sono a essa espressamente riservati.
Vi è comunque un limite: il difensore non può compiere atti che comportino una disposizione del diritto in contesa, salvo che ne abbia ricevuto espressamente il potere (100.4).
La procura speciale deve contenere la determinazione dell'oggetto per cui è rilasciata e dei fatti ai quali si riferisce e deve essere conferita, a pena di inammissibilità, con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
Il difensore, qualunque sia la parte che lo abbia designato, ha il potere di nominare un sostituto.
Questi esercita i diritti e assume i doveri del difensore medesimo (102.2).
La legge 217/1990 ha istituito il patrocinio a spese dello Stato in favore delle persone non abbienti.
La persona offesa dal reato può essere definita come il titolare dell'interesse giuridico protetto, anche in modo non prevalente, da quella norma incriminatrice che si assume sia stata violata dal reato.
Il codice attribuisce alla persona offesa la qualifica di "soggetto" del procedimento; la qualifica di "parte" le viene riconosciuta solo se, nella veste di danneggiato dal reato, la persona offesa abbia esercitato l'azione risarcitoria costituendosi parte civile.
Il codice di procedura penale prevede almeno un caso di persona offesa di "creazione legislativa": ai sensi del 90.3, qualora una persona sia deceduta in conseguenza del reato, le facoltà e i diritti previsti dalla legge in favore della persona offesa sono esercitati dai "prossimi congiunti", e cioè dai parenti e dagli affini fino al terzo grado.
La persona offesa dal reato, nella sua qualità di soggetto del procedimento, può esercitare i diritti e le facoltà ad essa espressamente riconosciuti dalla legge (90.1).
Le "facoltà" consistono in quei poteri dei quali l'esercizio non fa sorgere alcun dovere nel p.m. o nel giudice; i "diritti" sono quelle situazioni soggettive che fanno sorgere a carico dei predetti organi l'obbligo di emettere un provvedimento.
L'offeso gode anche di poteri di carattere "informativo": egli riceve l'informazione di garanzia contenente l'avviso della facoltà di nominare un difensore.
L'informazione di garanzia è inviata dal p.m. quando questi sta per compiere un atto garantito nei confronti di un indagato.
Al pari dell'indagato, la persona offesa ha un potere di accesso al registro delle notizie di reato, mediante apposita richiesta al p.m.
Un altro diritto di informativa spetta alla persona offesa nei casi nei quali il p.m. proceda al compimento di un accertamento tecnico non ripetibile.
Il p.m. avvisa l'offeso, l'indagato ed i difensori del giorno, del luogo e dell'ora del conferimento dell'incarico, informandoli altresì che hanno la facoltà di nominare un consulente tecnico di parte.
La persona offesa ha ulteriori diritti di informativa: deve essere avvisata della data e del luogo nel quale si svolgerà l'udienza preliminare; inoltre deve esserle notificato il decreto che dispone il giudizio.
Il difensore nominato dalla persona offesa può limitarsi ad assistere ai pochi atti di indagine per i quali è ammessa la sua presenza, oppure può attivarsi fino a svolgere le c.d. "investigazioni difensive".
Scopo di tali investigazioni è quello di permettere al difensore di ricercare ed individuare elementi di prova e di intervistare le persone che possano dare informazioni.
Tali documenti possono essere presentati al p.m., o anche direttamente al giudice.
Sempre fra i poteri di tipo "partecipativo" la persona offesa può chiedere per scritto al p.m. di promuovere un incidente probatorio, nel quale venga assunta una prova non rinviabile al dibattimento.
La persona offesa è sentita come testimone in dibattimento e come possibile testimone durante le indagini preliminari.
All'offeso sono attribuiti poteri di controllo sull'eventuale inattività del p.m.: essi consentono all'offeso di mettersi in contatto col g.i.p. e presentargli le proprie conclusioni in due delicate ipotesi, e cioè quando il p.m. abbia chiesto al giudice la proroga delle indagini o l'archiviazione.
La persona offesa non ha poteri di azione penale.
La persona danneggiata è il soggetto che ha subìto un danno patrimoniale o non patrimoniale derivante dal reato.
Il danneggiato dal reato può esercitare nel processo penale l'azione civile tendente ad ottenere il risarcimento del danno: ove egli abbia esercitato tale azione, e cioè si sia costituito "parte civile", il codice gli permette di esercitare poteri di tipo civilistico.
185 c.p.: Restituzioni e risarcimento del danno: Ogni reato obbliga alle restituzioni, a norma delle leggi civili. Ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili, debbono rispondere per il fatto di lui [2043-2054 c.c.].
L'illecito penale e l'illecito civile derivano dal medesimo titolo, e cioè dal fatto di reato.
Il danno risarcibile può manifestarsi in tre forme:
a. il danno patrimoniale consiste nella privazione o diminuzione del patrimonio nelle forme del danno emergente e del lucro cessante;
b. il danno non patrimoniale (detto comunemente "danno morale") consiste nelle sofferenze fisiche e psichiche patite e nel pregiudizio sociale subìto a causa dell'offesa (2059 c.c.: Danni non patrimoniali: Il danno non patrimoniale deve essere risarcito solo nei casi determinati dalla legge);
c. il danno biologico consiste nella menomazione dell'integrità fisico-psichica del soggetto, leso nel suo diritto alla salute (riconosciuto dal 32 Cost. quale fondamentale diritto dell'individuo).
Vi sono due termini per costituirsi parte civile:
a. il primo scatta all'inizio dell'udienza preliminare nel momento in cui il giudice accerta la regolare costituzione delle parti.
b. il limite "finale" per costituirsi parte civile è il momento in cui il giudice accerta la regolare costituzione delle parti, prima di dichiarare aperto il dibattimento.
Il danneggiato in ogni momento del processo penale può revocare la costituzione di parte civile.
Il giudice penale, nell'accertare i danni e nel condannare al risarcimento l'imputato colpevole, non può andare oltre i limiti della domanda.
Al di fuori di quanto attiene alla natura "civilistica" dell'azione, i poteri ed il comportamento processuale della parte civile sono disciplinati dal codice di procedura penale.
La parte civile può chiedere al giudice penale, che abbia pronunciato una condanna "generica", di condannare l'imputato a pagare una provvisionale.
Ex 540 (Provvisoria esecuzione delle disposizioni civili) La condanna alle restituzioni e al risarcimento del danno è dichiarata provvisoriamente esecutiva, a richiesta della parte civile, quando ricorrono giustificati motivi. La condanna al pagamento della provvisionale è immediatamente esecutiva.
La costituzione di parte civile deve essere fatta mediante un'apposita dichiarazione resa per scritto; la dichiarazione deve essere sottoscritta dal difensore della parte civile.
La dichiarazione deve contenere a pena di inammissibilità questi elementi:
le generalità della persona fisica (o la denominazione dell'associazione od ente che si costituisce parte civile e le generalità del suo legale rappresentante);
le generalità dell'imputato nei cui confronti viene esercitata l'azione civile;
il nome ed il cognome del difensore e l'indicazione della procura a questi rilasciata;
l'esposizione delle ragioni che giustificano la "domanda" (petitum), che consiste nella richiesta al giudice di pronunciare la condanna dell'imputato al risarcimento del danno;
la sottoscrizione del difensore.
La dichiarazione può esser presentata nell'udienza (preliminare o dibattimentale) all'ausiliario del giudice; prima dell'udienza può esser depositata nella cancelleria del giudice.
Il codice di procedura penale prevede che il danneggiato dal reato possa compiere altre due scelte in alternativa a quella di costituirsi parte civile: può esercitare l'azione civile davanti al giudice civile; oppure può restare inerte (cioè non esercitare l'azione risarcitoria né in sede penale né in sede civile).
Un'eventuale assoluzione dell'imputato nel processo penale non ha la forza del giudicato.
L'ente rappresentativo di interessi lesi dal reato è un soggetto che si può qualificare come "persona offesa di creazione politica"; esso può esercitare in ogni stato e grado del procedimento i diritti e le facoltà attribuiti alla persona offesa dal reato (91): da ciò si ricava che l'ente è un "soggetto" del procedimento e non può diventare "parte".
Il responsabile civile è il soggetto obbligato a risarcire il danno causato dall'autore del reato.
Il responsabile civile è un soggetto che non ha partecipato al compimento dell'illecito penale, ma è chiamato a risarcire il danno provocato dalla persona che ha commesso tale fatto illecito.
La persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria è una "parte eventuale" del processo penale: essa è citata a richiesta del p.m. o dell'imputato.
La responsabilità si attiva quando l'autore del reato, che sia stato condannato e sottoposto ad esecuzione per una pena pecuniaria (multa o ammenda), sia insolvibile.
Possono essere parti del processo penale anche gli enti responsabili in via amministrativa per i reati commessi da loro rappresentanti o dirigenti.
Questa responsabilità è attribuita alle persone giuridiche ed alle società ed associazioni in relazione ai reati commessi, nell'interesse o a vantaggio dell'ente, da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, amministrazione o direzione dell'ente medesimo o che ne assumono, anche di fatto, la gestione e il controllo; o ancora, da persone in posizione subordinata in caso di omesso controllo da parte dei soggetti in posizione apicale.
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