Gli statuti delle regioni ordinarie; gli atti regionali aventi forza di
legge
Ogni regione ordinaria "ha uno statuto",che "stabilisce le norme
relative all'organizzazione interna" dell'ente in questione. Esiste pertanto
una sfera di autonomia statuaria, distinta dalla sfera dell'autonomia
legislativa; tanto è vero che le rispettive competenze sono almeno in parte
separate e che, soprattutto, ben diversi risultano i rispettivi procedimenti di
formazione e di controllo. È dunque pacifico che si tratti di fonti per sé
stanti, alla base delle quali si danno autonome scelte delle singole regioni
interessate, che il parlamento non potrebbe validamente emendare: le leggi
statali approvative degli statuti hanno infatti un carattere meramente formale,
sicché alle due camere spetta solamente valutare se l'intero testo debba essere
o meno rinviato al Consiglio deliberante. Molto meno pacifica è invece la
natura del complesso formato dallo statuto e dalla rispettiva legge
d'approvazione. Parte della dottrina afferma infatti che lo statuto sarebbe pur
sempre imputabile alla regione quale atto normativo, mentre la legge statale
approvativa assolverebbe una pura funzione di controllo. Altri autori, per contro,
ritengono che si tratti di un'atipica legge dello stato, i cui contenuti
verrebbero necessariamente determinati dal consiglio regionale. Certo è che gli
statuti ordinari occupano un posto ben distinto dalle posizioni che spettano
tanto alle comuni leggi dello stato quanto alle vere e proprie leggi delle
regioni ordinarie. Con le "leggi della Repubblica" gli statuti debbono trovarsi
"in armonia". D'altra parte gli statuti,
nei loro rapporti con le regioni, sono sopraordinati, almeno a certi effetti. In
vari settori può determinarsi una sovrapposizione della competenza statuaria e
della competenza legislativa locale; sicché gli statuti e le leggi in questione
concorrono nel disciplinare i settori medesimi. Ora, in tutte queste ipotesi,
non si impone affatto il criterio cronologico della lex posterior; occorre al
contrario, far valere la disciplina statutaria, fino al punto di annullare le
norme legislative locali con essa incompatibili.
Disponendo che "la corte costituzionale giudica sulle controversie
relative alla legittimità costituzionale delle leggi e degli atti aventi forza
di legge.delle regioni". Nell'ambito di essa potrebbero esser fatti ricadere
gli statuti delle regioni ordinarie, se fosse accoglibile la te che li
qualifica come atti normativi imputabili alle rispettive amministrazioni
regionali; senonchè la tesi stessa incontra gli ostacoli testé rilevati, cioè
non si armonizza con la prassi che incorpora gli statuti nelle statali
approvative. Verrebbe allora fatto di pensare che l'art. 134 Cost. intenda
riferirsi alle leggi regionali delegate ovvero ai decreti legge adottabili
dalle giunte delle regioni. Ma l'una e l'altra ipotesi sono state escluse dalla
giurisprudenza costituzionale. In effetti né la costituzione né gli statuti
speciali ammettono la delegabilità delle funzioni legislative dai consigli alle
giunte e nemmeno prevedono la decretazione legislativa d'urgenza ad opera degli
esecutivi regionali; e questo silenzio viene comunemente interpretato alla
stregua di un divieto.
La ricerca degli atti regionali con forza di legge dev'essere pertanto
rivolta altrove, prendendo anzitutto in considerazione i referendum abrogativi
di leggi regionali, che ciascuna regione ordinaria è tenuta a regolare
attraverso il proprio statuto. Ma un altro esempio di atti regionali con forza
di legge può trarsi, verosimilmente, là dove si prevede che nel caso di
scioglimento del consiglio regionale subentri una "commissione di tre cittadini", con il compito di provvedere
"agli atti improrogabili" spettanti non solo alla giunta bensì al consiglio
stesso.