Gli atti complessi eguali
Rispetto agli altri gruppi di atti presidenziali che sono stati finora
esaminati, la categoria degli atti complessi eguali è senza dubbio la meno
comprensiva in quanto vi appartengono due sole specie di decreti del capo dello
stato: cioè quelli di nomina dei nuovi presidenti del consiglio e quello di
scioglimento anticipato delle camere. Relativamente più semplice è il caso
della nomina del presidente del consiglio. Qui la qualificazione dell'atto come
complesso eguale non esclude affatto che all'origine di esso si ritrovi una
scelta operata dal presidente della repubblica. Ma non per questo lo si può
collocare sul medesimo piano di uno di quegli atti d'iniziativa presidenziale,
in ordine ai quali le decisioni del capo dello stato s'impongono per forza
propria. Ben più difficile è lo stabilire quale sia la volontà preponderante ai
fini dello scioglimento anticipato delle camere. Alcuni autori ritengono che la
decisione sullo scioglimento debba o quanto meno possa essere governativa.
Molti altri oppongono invece che il nostro ordinamento non sarebbe in questa sede
equiparabile a quello inglese, ma esplicherebbe la presidenzialità del potere
di scioglimento,
effettivamente, numerosi e concordi argomenti indurrebbero ad includere
lo scioglimento fra gli atti di iniziativa presidenziale; ma il significato
spettante ad una simile definizione è alquanto diverso da quello riscontrabile
nel caso delle nomine dei senatori a vita e dei giudici costituzionali di
spettanza del capo dello stato. Nel caso di scioglimento non è sostenibile che
la controfirma del decreto sia dovuta e che il governo in carica non possa in
alcun modo opporsi.
Ne segue che la responsabilità dell'atto ricade su entrambi i suoi
sottoscrittori: giacché il presidente del consiglio si espone al pericolo che
la sua politica e quella del suo partito vengano bocciate dal corpo elettorale
ed in ogni caso predetermina una crisi, mentre il presidente della repubblica
si accolla comunque una responsabilità politica di tipo diffuso, esponendosi
alle censure che la sua decisione si presta a suscitare in seno alle forze
politiche interessate ed all'opinione pubblica in genere. In secondo luogo, il
presidente della repubblica non ha nessun altro mezzo per superare l'eventuale
opposizione del governo, se non quello di servirsi della propria influenza per
provocarne le dimissioni. Ma anche in questa ipotesi non si può certo desumerne
che il presidente si ritrovi libero di formare un nuovo governo.
Quando si afferma che quelli realizzati in Italia risultano spesso
assimilabili agli autoscioglimenti delle assemblee parlamentari, non si vuol
sostenere, però, che la ratio dello scioglimento possa essere in Italia affine
a quella che si riscontra in altri regimi parlamentari sul tipo della Gran
Bretagna. In Italia il presidente della repubblica non è mai vincolato in tal campo
dagli eventuali suggerimenti del governo; ed in nessun caso, poi, potrebbe
usare lo scioglimento all'unico scopo di avvantaggiare il gabinetto in carica,
indicendo le nuove elezioni politiche nel momento ritenuto più opportuno dalla
maggioranza. Lo scioglimento resta uno strumento concepito per fronteggiare le
disfunzioni in cui versino una od entrambe le camere.