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Giustizia tra moderno e postmoderno




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GIUSTIZIA TRA MODERNO E POSTMODERNO

Nel nono capitolo, D'Agostino tratta il concetto di giustizia. L'idea di giustizia può essere concepita in due modi diversi a seconda che si adotti una prospettiva giusnaturalistica o una prospettiva giuspositivistica. Nella prospettiva giusnaturalista, l'atto giusto esiste per se stesso, cioè esiste indipendentemente da chi lo sanziona, da chi lo emana, dalle epoche storiche diverse che si possono succedere. La giustizia è un valore per se stesso e quindi trascendente a tutte le fasi storiche, ai vari legislatori che possono succedersi, etc. Nella concezione positivista, invece, ossia quella Kelseniana, il concetto di giustizia, in realtà, viene soppiantato da quello di validità, cioè sono ritenute giuste soltanto quelle leggi che sono state emanate da una sovranità legittimata e che quindi fornisce validità agli atti che emana. La concezione positivista è una concezione che tende ad avere sempre più critiche in particolar modo, c'è da porre l'attenzione sul fatto che il positivismo abbia separato il concetto di giustizia da quello di sanzione.

Nella prospettiva giusnaturalista, è sanzionabile, e quindi, condannabile, quel comportamento che è contrario al concetto di giustizia, al concetto, più precisamente di atto giusto. Nella prospettiva positivista, invece, è sanzionabile, e quindi condannabile soltanto quell'atto che contrasta con la legge e la legge può essere giusta o meno: questo al positivista non interessa. E' chiaro, così come afferma D'Agostino,   che questa concezione è rifiutata da gran parte di filosofi e non.

Appare, infatti, inaccettabile che possa esistere una funzione non collegata al concetto di giustizia: cioè l'idea che possano essere comminate delle pene soltanto perché siano stati superati i limiti posti dalla legge, contrasta con l'idea generale per cui le pene devono essere comminate soltanto per quei comportamenti che sono ingiusti in sé.

Quindi, ancora una volta, anche sul concetto di giustizia, la contrapposizione positivismo-giusnaturalismo, si riaffaccia. Per cercare di risolvere questi problemi che nascono nella filosofia positivista, ci sono stati dei filosofi che hanno cercato di proporre un nuovo concetto di giustizia. Il più famoso di questi è il filosofo americano vivente di nome John Rawls, che ha scritto, forse, il rilevante trattato di filosofia della giustizia degli ultimi decenni: "A Theory of Justice" (una teoria di giustizia), dove, egli analizza il concetto di giustizia. Rawls è sostenitore di una concezione neo-contrattualista: cioè, per il filosofo americano, la società è il prodotto di un contratto tra gli individui che la compongono. Ipotesi, si ipotizza che la società sia il prodotto di un contratto che gli individui stipulano tra di loro e che, chiaramente, presenta vantaggi per tutti.

Rawls ipotizza quale presupposto di operatività del concetto, il velo d'ignoranza. Prima di costituire la società, tutti gli uomini, in qualche modo, erano coperti da questo velo di ignoranza che non consentiva loro di vedere quale sarebbe stata la loro posizione futura nell'ambito di quella società.

Ad esempio, se si sa che nell'abito di una certa società, un individuo occuperà il posto del ferroviere, è ovvio che il soggetto farà in modo che la società operi nel modo più vantaggioso possibile per i ferrovieri. Ma, in realtà, bisogna presupporre che esista un velo di ignoranza che impedisca a tutti gli uomini di vedere quale posizione occuperanno nella futura società; questo perché, in questo modo, gli individui, non sapendo quale sarà il loro destino,tenderanno a scegliere dei criteri di organizzazione sociale che non svantaggi nessuna categoria.

Ad esempio, c'è la categoria A, la categoria B e la categoria C; io non so a quale categoria apparterrò nella mia vita sociale perché ho il velo di ignoranza, allora cercherò di predisporre dei criteri di giustizia che non siano vantaggiosi né per A, né per B e né per C; se, invece, sapessi di appartenere alla categoria A, ovviamente farò in modo che i criteri di giustizia adottati, siano favorevoli ad A. Per cui il velo d'ignoranza impedisce questa parzialità e questo arbitrio. Allora, sulla base di questo velo di ignoranza, i criteri di giustizia che vengono adottati sono due:

1.      il criterio di uguaglianza che stabilisce che i diritti ed i doveri fondamentali siano distribuiti in egual modo a tutti quanti i cittadini;

2.      il principio di differenza, fondato nella logica del principio del maximin, secondo il quale bisogna adottare quei criteri di giustizia che approvino gli interventi di benefici per i più avvantaggiati, ma solo se a questo corrisponda la condizione di un maggiore aumento di beneficio per gli avvantaggiati.

Per le ineguaglianze economiche e sociali, come quelle di ricchezza e di potere, sono giuste soltanto se producono benefici compensativi per ciascuno in particolare per i membri meno avvantaggiati della società. L'applicazione del primo principio, quello di eguaglianza, richiese un'azione sociale forte ed innovativa, volta a riparare gli svantaggi sociali, economici e perfino svantaggi naturali che possono colpire alcuni membri della società: svantaggi che per Rawls, anche quando sono dovuti alla " lotteria naturale" , cioè al mero caso, cioè non di meno devono essere qualificati come veri e propri torti: non c'è nulla, nemmeno la natura, che possa giustificare intrinsecamente i privilegi. Allora, secondo Rawls, nella situazione originaria, "dietro" al velo d'ignoranza, la società che viene fuori, si basa su questi due criteri di giustizia: il principio di eguaglianza ed il principio di differenza o maximin. Cioè significa che Rawls è contrario ad una concezione utilitarista perché l'utilitarismo sostiene che sono accettabili quelle scelte che diano il maggior beneficio possibile, mentre Rawls sostiene che il beneficio non deve essere assoluto. Facciamo un esempio:

UTILITARISTI: RAWLS:

va scelta quell'opzione che garantisce un                   va scelta quell'opzione che garantisce

vantaggio di 10, di cui 8 distribuiti ad A                    un vantaggio di solo 5, ma di cui, di

e due distribuiti alla classe B, quella meno                 questi 5, 1 va alla classe A, e i restanti

abbiente. (chi già è ricco si arricchisce sempre          4, vanno alla classe B, quella meno

più)                                            abbiente. (i conti tra ricchi e poveri

vanno pareggiati)

Quindi Rawls, rifiuta decisamente le concezioni utilitariste, cioè rifiuta quelle concezioni che non badano alla distribuzione nei confronti delle classi meno abbienti, ma badano soltanto al valore assoluto di utilità di una situazione; per Rawls, è importante una distribuzione che vada a vantaggio delle classi meno abbienti. E' evidente che Rawls è un altro pensatore per il quale il concetto di giustizia è molto importante, perché, il suo è un concetto di giustizia che ha una validità che va al di sopra dell'utilità prevista dall'utilitarismo. La filosofia di Rawls è uno dei tanti tentativi che si fanno per dare ai concetti di giustizia, dei contenuti non semplicemente positivistici o utilitaristici, ma dei contenuti di valore assoluto: per Rawls l'uomo ha una dignità umana, e non è un prezzo; quindi il suo sforzo è quello di mostrare come il principio della dignità dell'uomo, quello della priorità della sua libertà rispetto ai suoi interessi, possa essere rispettato e difeso. (Rawls è contrario all'utilitarismo - bada solo al valore assoluto di utilità di una situazione).


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