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Per i borghesi francesi, il popolo è costituito dai marocchini o dai greci, dai portoghesi o dai tunisini. I quali, poveretti, non hanno altro da fare che assumere al più presto il comportamento dei borghesi francesi.
Il fenomeno migratorio ha per lungo tempo interessato l'Italia quasi esclusivamente come paese esportatore di manodopera. Solo in tempi relativamente recenti da paese di emigrazione il nostro è divenuto paese di immigrazione. Le ragioni di questa inversione di tendenza possono essere scientificamente indagate solo facendo riferimento, oltre che alla evoluzione del sistema economico, sociale e politico italiano, a quanto è avvenuto nei singoli paesi di provenienza dei migranti; non si deve infatti dimenticare, trattando di un fenomeno complesso come quello dei flussi migratori di popolazione, che essi sono spesso determinati - in tutto o in parte - da ragioni extra-economiche (eventi bellici, conflitti etnici, diaspore religiose ecc.) e non occorre dimostrare che le ragioni dell'emigrazione svolgano una parte non indifferente nella dinamica delle relazioni sociali tra migranti ed autoctoni. E' dunque più corretto, soprattutto nel caso dell'Italia, parlare al plurale di immigrazioni, come risulterà evidente dalle statistiche relative ai paesi di provenienza degli immigrati, e non di immigrazione tout court. Un'istantanea attendibile dello status quo è oggi offerta dal Dossier Statistico Immigrazione 2003 - XIII Rapporto Caritas/Migrantes.
In premessa il Dossier Caritas 2003 sottolinea che "l'immigrazione va considerata non un fenomeno emergenziale, bensì una dimensione strutturale della società". Parrebbe un'affermazione oramai scontata, se non fosse che - giusta l'interpretazione degli autori del Dossier Caritas 2003 - le politiche sull'immigrazione trattano ancora il fenomeno come se si dovesse far fronte ad un evento eccezionale. Già da queste prime considerazioni si palesa, con tutta evidenza, la divisione tra chi ritiene ragionevolmente percorribile solo la strada di una politica incentrata sull'accoglienza e l'integrazione e chi non rinuncia a tentare una politica di selezione dell'immigrazione fino a manifestare scetticismo, o addirittura manifesta ostilità, verso il melting pot. Secondo il Ministero dell'Interno i permessi di soggiorno in vigore alla fine del 2002 erano in Italia 1.512.324: nel corso di un anno l'aumento delle presenze regolari è stato del 10,8% (+149.164 persone, ivi inclusi i nuovi ingressi, i permessi in precedenza non registrati e i minori che hanno ottenuto il soggiorno a titolo personale).
Si registrano assestamenti sia per quanto riguarda le prime nazioni in graduatoria che i continenti di provenienza. La nazionalità più numerosa è ancora quella marocchina (con 172.834 soggiornanti, pari all'11,4% del totale), e precede ormai di poco quella albanese (168.963 e 11,2%): peraltro, pare che dalla Albania (tre milioni di abitanti) l'esodo più consistente si sia già verificato. Degno di menzione è il terzo posto del gruppo romeno (95.834), seguito dal filippino (65.257) e dal cinese (62.314). Se si tiene conto del fatto che anche gli altri gruppi nazionali, seppure con numeri ridotti, hanno una loro sensibile consistenza, si coglie il significato del cosiddetto "policentrismo" dell'immigrazione italiana. Rispetto alla Germania, ad esempio, dove tre gruppi (turco, ex jugoslavo ed italiano) costituiscono il 50% del totale degli immigrati, in Italia la stessa percentuale comprende ben 14 diversi gruppi nazionali, molto differenziati per religione e cultura. A livello di provenienze continentali sono gli europei extracomunitari (32,3%) a prevalere di gran lunga sugli africani (26,5%), mentre gli asiatici (18,5%), terzi, superano a loro volta gli americani (11,8%) e gli europei comunitari (10,2%). La quota maggiore dei cittadini stranieri (58,7%) si concentra nel Nord Italia, e in particolare nel Nord Ovest (32,8%); seguono, in ordine scalare, il Centro (28,3%), il Sud (8,9%) e le Isole (4,1%). La ripartizione degli immigrati sembra così adeguarsi alle diverse potenzialità occupazionali della Penisola. A livello regionale è la Lombardia a ospitare il numero più elevato di immigrati (348.298, pari al 23,0% del totale nazionale), seguita nell'ordine dal Lazio (238.918 e 15,8%), dal Veneto (154.632 e 10,2%) e dall'Emilia-Romagna (150.628 e 10,0%).
La tipologia prevalente dei permessi di soggiorno rilasciati a immigrati continua ad essere quella di lavoro (834.478, pari al 55,2% del totale): 682.747 persone risultano in attività per lavoro subordinato (45,1%), 43.116 in situazione di disoccupazione, mentre 108.615 (7,2%) sono autorizzati all'esercizio di un lavoro autonomo o professionale. Il tasso di disoccupazione degli immigrati "regolari" è del 5,2%. La seconda grande tipologia è costituita dai soggiornanti per motivi familiari (479.330 e 31,7%), che riguarda nella quasi totalità dei casi immigrati entrati in Italia per ricongiungimento familiare (si tratta per lo più di donne e minori): peraltro, tra di essi i coniugi e i figli che hanno assolto l'obbligo scolastico sono anche autorizzati al lavoro. Gli altri motivi di permesso di soggiorno, con una incidenza di circa il 10% sul totale, sono quelli per i religiosi (54.128), per studio (43.058) e per residenza elettiva (48.001), più diffusi quest'ultimi tra i paesi più ricchi, così come i motivi di lavoro lo sono tra i paesi in via di sviluppo. Minoritarie rimangono invece le quote di soggiornanti per asilo politico o comunque per richiesta di asilo (1,1%).
Se il numero degli stranieri regolarmente soggiornanti è passato, secondo i dati del Ministero dell'Interno, da circa 800.000 a 1.500.000 tra il 1990 ed il 2002, nello stesso arco di tempo sono anche raddoppiate le richieste di cittadinanza (da 5.000 a 10.000). Negli ultimi due anni, tuttavia, l'aumento è molto rallentato: tra il 2001 e il 2002 si è trattato di appena 264 unità (+2,5%), confermando il carattere restrittivo della specifica normativa italiana. Il 91,4% delle acquisizioni di cittadinanza è avvenuto a seguito di matrimonio, mentre il restante 8,6% è motivato dalla residenza prolungata in Italia
Tra i 1.512.324 stranieri regolarmente presenti alla fine del 2002, si calcola che vi siano 690.523 cristiani (45,7%), 553.007 musulmani (36,6%), 4.203 ebrei, 39.416 induisti, 37.489 buddisti. Quasi la metà dei cristiani sono cattolici (24,1%), un terzo ortodossi (13,5%), un ottavo protestanti (5,8%).
Resta irrisolto il problema di quantificare gli stranieri che si trovano in Italia come clandestini o irregolari. L'ultima regolarizzazione , chiusa l'11 novembre 2002 con la presentazione di 703.000 domande, ha da sola quasi uguagliato il numero complessivo di istanze delle precedenti tre regolarizzazioni degli anni '90. Le domande presentate sono risultate così ripartite: Nord Ovest (233.943, pari al 33,3% del totale), Centro (203.852 e 29,0%), Nord Est (132.291 e 18,8%), Sud (111.216 e 15,9%) e Isole (20.854 e 3,0%). Gli immigrati regolarizzati sono stati in tutto 634.728 . Questa la nuova situazione dei "regolarmente soggiornanti" distinti per nazionalità:
Va sottolineato che il Dossier Caritas 2003 aveva tenuto conto, nel proporre le sue stime, degli effetti della regolarizzazione, i cui esiti (parziali) sono stati resi noti dal Governo soltanto alla fine di gennaio del 2004. Il fortissimo aumento di rumeni ed ucraini sembrerebbe dimostrare che le frontiere più permeabili del nostro paese non sono quelle costiere ma quelle terrestri.
Le stime sulla presenza di "clandestini" e "irregolari" variano enormemente a seconda di chi le produce e sono quindi difficilmente utilizzabili ai fini di un'indagine che abbia pretese di scientificità. Di questa cifra oscura non si può tuttavia non tenere conto laddove si affronti la questione della presunta propensione criminale degli immigrati, tema del terzo capitolo. Gran parte dei sottoposti a procedimento penale risultano infatti non essere in regola con il permesso di soggiorno al momento del contatto con le istituzioni di controllo, ciò che impone tra l'altro di accertare se la condizione di "clandestino" o "irregolare" sia causa, effetto o variabile indipendente rispetto alla condotta criminale. Per avere un'idea delle cifre diffuse dalle varie agenzie, basti dire che nel 1995 furono diffuse queste stime
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CGIL |
UIL |
ACLI |
Caritas |
CISL |
ISTAT |
Confcommercio |
Irregolari |
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Da 300.000 a 500.000 |
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Secondo una ricerca pubblicata dal Sole 24 Ore nel gennaio del 2003, tra il 1999 ed il 2002 sarebbero entrati in Italia 350mila immigrati l'anno, quasi 1000 al giorno, la metà dei quali irregolari . Secondo l'Eurispes, dopo l'ultima regolarizzazione, ci sarebbero in Italia ancora 600mila stranieri <<che non hanno la possibilità o la volontà di regolarizzare la loro presenza>> . Un dato comunemente associato al fenomeno degli ingressi e dei soggiorni illegali è quello che si riferisce all'attività repressiva: nel 2002, secondo il Ministero dell'Interno, sono stati 149.783 i provvedimenti di allontanamento dal territorio nazionale o di divieto ad entrarvi: si tratta di 43.795 respingimenti (di cui l'86% alle frontiere), di 42.245 espulsioni eseguite (di cui il 58,7% con accompagnamento alla frontiera e il 40,3% mediante riammissione nel Paese d'origine in base agli accordi stipulati), di 53.125 espulsioni intimate e di 10.618 ordini del questore, per un totale di 88.501 persone effettivamente allontanate dall'Italia. Senza dubbio l'entrata in vigore della legge 189/2002 (c.d. legge Bossi-Fini) ha determinato un iniziale incremento degli allontanamenti. In particolare, secondo i dati forniti dal Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, a partire dall'entrata in vigore della legge sono aumentate sensibilmente le scarcerazioni per espulsione disposte nei confronti di detenuti ristretti negli Istituti penitenziari
Come era facile prevedere al calo del numero di detenuti stranieri determinato dalle espulsioni è seguita la crescita determinata dalle sanzioni penali inflitte per la violazione delle norme sul mancato rispetto dei provvedimenti di espulsione , mentre resta difficile da dimostrare che l'accresciuta attività repressiva produca una diminuzione del numero degli irregolari e, tra questi, di coloro che commettono reati. Gli sbarchi di clandestini sono diminuiti in Puglia e Calabria e sono aumentati in Sicilia, con una progressione che non sembra influenzata dall'entrata in vigore della legge 189/2002, quanto piuttosto dagli accordi raggiunti con i Paesi di imbarco, come non ha mancato di sottolineare il Sottosegretario di Stato, On. Mantovano, nella relazione dal titolo "Immigrazione: primo bilancio della Legge 189/2002 e del Semestre di Presidenza Italiana dell'Unione Europea", pubblicata alla fine del 2003 . In essa si legge tra l'altro: <<I dati relativi ai primi undici mesi del 2003 fanno registrare in numeri assoluti un decremento di espulsioni: ciò perché vi è un decremento di arrivi; in percentuale le espulsioni salgono, in assoluto sono di meno perché vi è un numero inferiore di clandestini che arriva in Italia, quindi vi è un duplice dato positivo rispetto al passato>>. Evidentemente l'On. Mantovano ritiene di avere individuato un metodo infallibile per calcolare il numero dei clandestini.
La legge che disciplina l'attribuzione della cittadinanza in Italia è la ns 91 del 1992 e, in controtendenza con quanto avvenuto negli altri paesi di immigrazione, continua ad ispirarsi al principio dello ius sanguinis. La cittadinanza per il figlio di stranieri nato nel territorio è concessa, per beneficio di legge, solo al raggiungimento della maggiore età ed è subordinata a vari requisiti, fra cui la prova di una residenza continuata ed effettiva. È previsto inoltre il termine di un anno per la presentazione della domanda, trascorso il quale l'interessato decade dall'esercizio del diritto. Anche la disciplina delle naturalizzazioni risponde alla stessa logica. La naturalizzazione si distingue dagli altri meccanismi acquisitivi della cittadinanza perché l'interesse del richiedente non è tutelato come diritto soggettivo ma come interesse legittimo La condizione principale per l'accoglimento della domanda è quella della residenza legale. Il periodo di residenza richiesto, con la legge del '92, è passato da cinque a dieci anni.
Si tratta della sesta regolarizzazione di lavoratori extracomunitari nella storia dello Stato italiano. La legge 222/2002 ha riconosciuto <<la possibilità di sanare la propria posizione a tutti coloro che dimostrassero, su dichiarazione del datore di lavoro, di avere svolto attività lavorativa in qualità di colf, badante o lavoratore dipendente, nei tre mesi antecedenti la data dell' 11 novembre 2002>>. Cfr. Libro Bianco sulla Bossi-Fini, a cura di Giulio Calvisi e Aly Baba Faye, Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A., Roma, 2004, pag. 99.
A firmare la ricerca è stato Giampiero Dalla Zuanna, professore di Statistica Demografica all'Università di Padova. La stima di presenze al 31/12/2002 proposta dalla ricerca è di 2.500.000 stranieri, assai vicina quindi a quella proposta dal Dossier Caritas 2003.
Si possono verificare i seguenti casi, sui quali mi soffermerò successivamente:
- l'espulsione viene eseguita dopo la pena detentiva, come misura di sicurezza;
- l'espulsione è disposta dal Magistrato di sorveglianza a titolo di misura sostitutiva della pena detentiva, anche residua, non superiore a 2 anni;
- l'espulsione è disposta dall'Autorità giudiziaria come sanzione sostitutiva a condanne inferiori a 2 anni;
- l'espulsione viene eseguita come sanzione amministrativa, per infrazione alle leggi sull'immigrazione;
- l'espulsione è disposta in seguito a condanne per alcune tipologie di delitti.
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