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Diritto internazionale particolare




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DIRITTO INTERNAZIONALE PARTICOLARE

B1 - I TRATTATI

FORMAZIONE E COMPETENZA A STIPULARE: i trattati basano su un accordo, inteso come l'incontro delle volontà di due o più Stati diretta a regolare una sfera di rapporti. Non è da accogliere la distinzione operata dalla dottrina tedesca del secolo scorso fra TRATTATI NORMATIVI (caratterizzati da volontà di identico contenuto e produttivi di vere e proprie norme giuridiche) e TRATTATI CONTRATTO (incontro di volontà contrastanti). Questa distinzione anacronistica non ha senso perché non lo ha la contrapposizione fra norma e rapporto giuridico.
I trattati, come tutte le fonti giuridiche, possono dar vita a NORME MATERIALI o a NORME FORMALI O STRUMENTALI (come quello che istituiscono nuove ed ulteriori fonti ad es. i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali).
I trattati SOTTOSTANNO ALLE NORME CONSUETUDINARIE, come ci dice eloquentemente l' Art. 4 Convenzione Vienna 1969: la prima parte dell' Art. si riferisce alle regole della Convenzione meramente riproduttive delle norme consuetudinarie generali, facendole valere per tutti gli Stati (ovvio!); la seconda parte dell' Art. si riferisce alla regola non riproduttiva del diritto consuetudinario, specificando che la Convenzione si applica solo ai trattati conclusi dopo la sua entrata in vigore.
COME SI ARRIVA ALLA CONCLUSIONE DI UN ACCORDO? Attraverso un PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE: ancora oggi esso ricalca quello dell' epoca delle monarchie assolute. I negoziati sono condotti dai PLENIPOTENZIARI, solitamente organi del potere esecutivo. La fase della negoziazione è tanto più complessa quanto più sono gli Stati che partecipano. Nell'ambito della conferenza internazionale l'unanimità va cedendo il passo al principio di maggioranza qualificata (Art. 9 Convenzione Vienna). Essi si chiudono con la firma dei plenipotenziari. Questa non crea ancora il vincolo, ma solo l'autenticazione del testo. La manifestazione di volontà dello Stato che gli sta dietro avviene con la RATIFICA, da parte del Capo dello Stato (Art.14 Convenzione Vienna). In Italia l' Art. 87 C. attribuisce tale potere al Presidente della Repubblica previa autorizzazione del Parlamento. L'autorizzazione è necessaria sempre quando si tratti di situazioni previste dall' Art. 80 C. (trattati di natura politica, regolamenti giudiziari, variazioni del territorio nazionale, oneri alle finanze). Sinonimi di ratifica sono approvazione, conclusione e adesione. Una volta ratificato, l'accordo si conclude con lo SCAMBIO E DEPOSITO DELLE RATIFICHE. In seguito l'accordo va REGISTRATO presso il Segretariato dell' ONU alias non potrà essere invocato di fronte ad un organo dell' ONU.
Accanto a questo PROCEDIMENTO STANDARD gli Stati possono adottare PROCEDIMENTI DIVERSI che si distinguono a seconda che sfocino comunque nella ratifica (es. FIRMA DIFFERITA), oppure in una variazione dei negoziati stessi (es.ACCORDI IN FORMA SEMPLIFICATA). Mentre la prima consta di una generica dichiarazione di disponibilità, con gli accordi in f.s. il trattato entra in vigore per effetto della sola sottoscrizione dei plenipotenziari (es. il caso delle cd. note diplomatiche oppure quegli accordi che si formano interamente nell'ambito delle organizzazioni internazionali). Attenzione: per aversi gli accordi in f.s. non basta che si salti la ratifica, ma serve che dal testo emerga una sicura volontà di obbligarsi, altrimenti si scade in semplici INTESE NON GIURIDICHE tra governi, avvolte nella prassi difficilmente distinguibili dagli accordi in f.s. La COMPETENZA A CONCLUDERE ACCORDI IN F.S. è regolata da ciascuno stato. In Italia gli accordi in f.s. sarebbero da escludere solo per gli atti ex Art. 80 C. La prassi degli accordi in f.s. risponde a motivi di speditezza e praticità (negli U.S.A. si parla di 'executive agreements' e hanno per oggetto materie tecnico-amministrative). In Italia si è superata la sfera delle materie tecnico-amministrative per approdare ai confini dell' Art.80 C.
SE L'ORGANO CHE RATIFICA NON HA COMPETENZA? Se il potere esecutivo si impegna autonomamente, che valore ha? Non mancano precedenti (es. memorandum per Trieste, base navale USA alla Maddalena.). La maggior parte degli scrittori concorda nell' escludere soluzioni radicali: come si esclude che siano interamente validi, così si esclude che qualsiasi vizio possa inficiarle. Varie sono le soluzioni che si profilano, ma la teoria accolta dall' Art. 46 Convenzione Vienna è la più ponderata: il fatto che l'esecutivo abbia violato una regola interna dello Stato, non può essere addotto a fondamento del vizio del suo consenso, a meno che non si tratti di una violazione manifesta (evidentemente contraria a buona fede) o di una norma interna di importanza fondamentale. L' Art. 46 Convenzione Vienna corrisponde, in questo senso, al diritto internazionale generale. Non pare da seguire nella parte in cui enuncia il principio di buona fede, perché l'atto è e rimane in ogni caso privo di carattere giuridico. Va notato che spesso si hanno accordi che espressamente subordinano la loro entrata in vigore alla comunicazione, da parte di ciascun governo dell' adempimento delle procedure previste dal diritto interno. Simili accordi si presentano come una via di mezzo fra quelli solenni e quelli in f.s.
Diffusi nella prassi sono gli ACCORDI STIPULATI DALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI. Spetta allo statuto, o in alternativa alle regole risultanti dalla prassi di ciascuna di esse, stabilire quali sono gli organi competenti a stipulare e quali le materie. Una violazione grave delle norme statuarie porta all'invalidità dell' accordo. La maggior parte degli accordi delle organizzazioni internazionali non presenta grande interesse per il giurista (es. gli accordi che le organizzazioni stipulano tra di loro).


INEFFICACIA DEI TRATTATI NEI CONFRONTI DEGLI STATI TERZI: la regola generale è 'pacta tertiis nec nocenti, nec posunt', cioè fa stato solo fra i contraenti. Ma può darsi che si tratti di un TRATTATO APERTO CONTENENTE UNA CLAUSOLA DI ADESIONE. Gli stati terzi potranno aderire, l'unica differenza è nel fatto che essi non abbiano partecipato alla elaborazione dell' accordo e dovrà dimostrarsi che essi abbiano voluto obbligarsi. Le parti di un trattato possono però sempre impegnarsi a tenere comportamenti VANTAGGIOSI PER I TERZI, ma tali vantaggi possono essere sempre revocati 'ad libitum' (anche se ciò non scalfisce la loro natura di veri e propri diritti). La CONVENZIONE VIENNA si conforma a tale indirizzo (Art.34 richiede il consenso del terzo; Art. 35 accettazione espressa scritta del terzo di un obbligo; Art.36 presunzione di consenso del terzo fino a dichiarazione contraria per un diritto; Art.37 revocabilità da parte dei contraenti originari a meno che irrevocabile).

INCOMPATIBILITA' FRA NORME CONVENZIONALI: siamo alla tematica della SUCCESSIONE NEL TEMPO. Premettiamo che un trattato può essere modificato o abrogato da un trattato successivo concluso fra gli stessi contraenti. E se questi coincidono solo in parte? Fra gli stati contraenti di entrambi, prevale il successivo; per quelli che siano parti di uno solo, restano integri entrambi gli obblighi, nonostante l'incompatibilità. Lo stato contraente di entrambi dovrà scegliere, una volta scelto è irrevocabile. La CONVEZIONE DI VIENNA segue questo indirizzo (Art. 30 che al paragrafo 5 specifica che questa regolamentazione non si applica in pregiudizio dell' Art. 41 stabilendo che due o più parti di un trattato del genere 'non possono concludere un accordo mirante a modificarlo, sia pure nei loro rapporti reciproci, quando la modifica è vietata dal trattato multilaterale.'). Frequenti sono comunque le CLAUSOLE DI COMPATIBILITA' contenute in un trattato nei confronti di un altro: in questo modo il problema si risolve alla radice. Es. Art. 234 Trattato CE che conferisce agli Stati membri 'tutti i mezzi atti ad eliminare le incompatibilità constatate precisando che, comunque, il Trattato CE non avrebbe compromesso la validità di convenzioni concluse anteriormente.

LE RISERVE NEI TRATTATI: con questo termine si indica la volontà dello stato di non accettare certe clausole del trattato o di accettarle con talune modifiche o secondo una determinata interpretazione. La riserva ha senso solo nei trattati multilaterali, dato che in quelli bilaterali lo stato non ha che da proporli direttamente alla controparte.
Nel DIRITTO INTERNAZIONALE CLASSICO la possibilità di apporre riserve doveva figurare dal testo sottoscritto dai plenipotenziari, alias si poteva ratificare o meno il trattato. Non erano mai ammesse riserve non figuranti nel testo.
Nel DIRITTO INTERNAZIONALE MODERNO fondamentale risulta un PARERE DELLA ICJ DEL 1951 secondo cui una riserva poteva essere formulata all' atto della ratifica anche se non figurante ne testo 'purché essa sia compatibile con l'oggetto e lo scopo del trattato'. La CONVENZIONE VIENNA dice che una riserva può sempre essere formulata purché non esclusa o incompatibile con l'oggetto del trattato. Se questa non viene contestata entro 12 mesi, la riserva si intende accettata. Anche dopo la convenzione Vienna la disciplina ha continuato ad evolversi. LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE EUROPEA PER I DIRITTI DELL' UOMO aggiunge che se uno stato formula una riserva inammissibile, tale inammissibilità non comporta l'estraneità dello stato stesso rispetto al trattato, ma l'invalidità della sola riserva ('utile per inutile non vitiatur').
Quando alla formulazione della riserva concorrono più organi dello stato, cosa succede SE IL GOVERNO NON TIENE CONTO DI UNA RISERVA ESPRESSA DAL PARLAMENTO? Svariate le posizioni dottrinali: quelli che sostengono che il governo POSSA lo giustificano con il fatto che esso è gestore dei rapporti internazionali; quelli che sostengono che il governo NON POSSA richiamano la necessità dell'effettiva collaborazione ex Art. 80 C. Il CONFORTI distingue fra formazione e manifestazione della volontà dello stato da una parte (in questo caso il governo potrebbe) e responsabilità del governo di fronte al parlamento dall' altro (in questo caso il governo non potrebbe). Il discorso è diverso per quanto riguarda il PROFILO DELLA RESPONSABILITA' , caso che ammetterebbe senz'altro l'attivazione dei meccanismi di controllo parlamentare. Sotto il PROFILO INTERNAZIONALE la questione non presenta alcun interesse, conta solo la manifestazione della volontà dello stato.

L'INTERPRETAZIONE DEI TRATTATI: La tendenza è oggi nel senso dell' ABBANDONO DEL METODO SUBIETTIVISTICO (ricerca della volontà effettiva degli stati) per il METODO OBBIETTIVISTICO (il senso fatto palese dal testo). A favore di questo anche la CONVENZIONE VIENNA (Art. 31 parla del significato ordinario da attribuirsi ai termini; Art. 32 considera i lavori preparatori come mezzo supplementare; Art. 33 nel caso di trattai redatti in più lingue si adotta il significato tenendo conto dell' oggetto e dello scopo). A parte ciò valgono le regole della teoria generale (Artt. 1362 cc. ss con particolare enfasi sull'interpretazione estensiva ed analogica).
Naturalmente queste regole valgono anche per i TRATTATI ISTITUTIVI DI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI. Tali accordi non vanno visti come semplicemente costitutivi di dette organizzazioni e questo è stato reso palese dall' applicazione ad essi della TEORIA DEI POTERI IMPLICITI (ogni organo è titolare non solo dei poteri espressamente attribuitigli, ma anche di tutti quelli necessari per l'esercizio dei poteri espressi). L'applicazione di tale teoria al Trattato CE, ha consentito alla CORTE DI GIUSTIZIA di scavalcare (interpretativamente) la 'deliberazione unanime del Consiglio' prevista dall' Art. 235. Ma una dilatazione oltre misura di questa teoria potrebbe essere controproducente.
La Convenzione Vienna NON AVVALLA INTERPRETAZIONI UNILATERALISTICHE. DUE REGOLE in proposito: 1) per i testi non concordanti, redatti in più lingue ufficiali, si impone un'interpretazione che concilii tutti i testi; 2) nell' interpretazione occorre tenere conto di altre norme internazionali. Tra le 'altre norme' consono incluse quelle proprie degli stati contraenti. A parte questi casi c'è, per i giudici interni, massima libertà di interpretazione.

LA SUCCESSIONE DEGLI STATI NEI TRATTATI: Questione: quando uno stato si sostituisce all'altro nel governo di un territorio (effettivo e indipendente), è vincolato dai trattati stipulati dal suo predecessore e in vigore in quel territorio? Bisogna distinguere 1) la SUCCESSIONE NEI RAPPORTI INTERNAZIONALI (il problema si pone relativamente ai trattati) 2) dalla SUCCESSIONE NEI RAPPORTI INTERNI (il problema si pone relativamente al debito pubblico):

1) Se ne occupa la CONVENZIONE VIENNA 1978 secondo la quale è pacifico (Art.12) che la successione nei TRATTATI LOCALIZZABILI (che riguardano l'uso di determinate parti del territorio) avvenga secondo il principio del 'res transit cum onere suo'. Lo stesso Art. 12 pone però un LIMITE che riguarda gli accordi che abbiano una prevalente caratterizzazione politica, che siano cioè legati al regime vigente prima del cambiamento di sovranità (es. basi militari straniere). In realtà, più che un limite, si tratta dell' applicazione del principio del 'rebus sic stantibus'.
Passiamo a vedere anche i TRATTATI NON LOCALIZZABILI: qual è la loro sorte? Prassi confusa, risposta difficile. Il CONFORTI pensa che la regola base sia quella della TABULA RASA secondo la quale lo stato subentrante non sarebbe vincolato. Esaminiamo qui di seguito le singole ipotesi di mutamento di sovranità assumendo come punto di partenza la regola della 'tabula rasa':
a) DISTACCO di una parte del territorio = tabula rasa per la parte distaccatasi (secessione) che formi uno o più nuovi stati. Se quest' ultima si aggiunge ad altro stato preesistente ad essa si estenderanno automaticamente gli accordi vigenti nello stato che acquista il territorio ('principio della mobilità delle frontiere'). La Convenzione Vienna accoglie la 'tabula rasa' per gli ex territori coloniali, mentre accoglie 'la continuità dei trattati' negli altri casi. I TRATTATI BILATERALI conclusi dal predecessore potranno continuare ad avere valore solo con un rinnovo (anche tacito) della parte distaccatasi; mentre per i TRATTATI MULTILATERALI aperti ad adesione il principio della 'tabula rasa' subisce un'eccezione: non c'è bisogno di un nuovo accordo, basta la NOTIFICAZIONE DI SUCCESSIONE. Con questo atto la sua partecipazione retroagisce al momento dell'acquisto dell'indipendenza (ex tunc), mentre la semplice adesione ha effetto ex nunc.
b) SMEMBRAMENTO: mentre la successione non implica l'estinzione dello stato che la subisce, nello smembramento lo stato si estingue e si formano due o più nuovi stati. L'unico criterio idoneo a distinguere le due ipotesi è quello della continuità o meno dell' organizzazione di governo preesistente. Ai fini della successione nei trattati lo smembramento è da assimilare al distacco = 'tabula rasa' per tutti i nuovi stati, temperata dalla facoltà della notificazione di successione.
c) INCORPORAZIONE è opposta al distacco e si ha quando uno stato, estinguendosi, entra a far parte di un altro stato. All'incorporazione si applica la regola della 'mobilità delle frontiere dei trattati' (al territorio incorporato si estendono i trattati dell' incorporante).
d) FUSIONE speculare allo smembramento, si ha quando due o più stati si estinguono e danno vita ad uno stato nuovo. Allo stato sorto dalla fusione si applica il criterio della 'tabula rasa'. Un' ECCEZIONE (Artt. 31-33 Convenzione Vienna) alla 'tabula rasa', sia nel caso della fusione che in quello dell' incorporazione si ha quando le comunità incorporate o fuse continuino a conservare, all'interno del nuovo stato, una certa autonomia (di tipo federalistico o meno), nel qual caso vale la 'continuità degli accordi'.
Un problema di successione si pone anche nel caso di MUTAMENTO EXTRALEGALE DI GOVERNO (es.Colpo di Stato). Si applicherà la 'tabula rasa' o la successione nei trattati? La prassi è per la seconda, ma più che un' eccezione si tratta del principio 'rebus sic stantibus'. Una parte della dottrina addirittura sostiene che la persona dello stato neppure si estingua per effetto dei mutamenti rivoluzionari, mantenendo le convenzioni in vigore.

2) Per la SUCCESSIONE NEI RAPPORTI INTERNI si fa questione del DEBITO PUBBLICO. Fra l'alto può darsi che il debito non sia stato contratto dal predecessore nell' ambito del proprio diritto interno, ma in base ad un accordo internazionale con altro stato. In questo caso = 'tabula rasa' salvo i 'debiti localizzabili' (contratti con esclusivo riguardo al territorio oggetto dal cambio di sovranità) anche se la prassi più recente è nel senso di un equa ripartizione.

CAUSE DI INVALIDITA' ED ESTINZIONE DEI TRATTATI: La disciplina di queste, analoga a quella propria dei contratti, è contenuta nelle norme consuetudinarie (precisamente nei principi generali di diritto). La CONVENZIONE VIENNA prevede le CAUSE D'INVALIDITA' agli Artt. 48-51 e sono: ERRORE ESSENZIALE circa una fatto o una situazione che uno stato supponeva esistente al momento della conclusione del trattato; DOLO cioè la corruzione dell'organo stipulante; VIOLENZA esercitata sull'organo stipulante.
Sono invece CAUSE DI ESTINZIONE: CONDIZIONE RISOLUTIVA, TERMINE FINALE, DENUNCIA, RECESSO INADEMPIMENTO, SOPRAVVENUTA IMPOSSIBILITA' DELL' ESECUZIONE, ABROGAZIONE TOTALE O PARZIALE MEDIANTE ACCORDO SUCCESSIVO.
Tra le CAUSE DI INVALIDITA' abbiamo visto LA VIOLENZA esercitata sull'organo, così come sullo stato nel suo complesso. La Convenzione Vienna (Art. 52) dice che ' è nullo ogni trattato la cui conclusione sia stata ottenuta con la minaccia o l'uso della forza' soprattutto quando fra i due vi sia un rapporto immediato e indiretto. Precisiamo che si tratta della minaccia della FORZA ARMATA, non di pressioni politiche o economiche.
Tra le CAUSE DI ESTINZIONE degli accordi internazionali, la più tipica è quella contenuta nella clausola del REBUS SIC STANTIBUS. Si ritiene cioè che il trattato si estingua in tutto o in parte per il mutamento di circostanze di fatto esistenti al momento della stipulazione, purché essenziali. Ed è proprio questa essenzialità che rappresenta il temperamento introdotto dalla Convenzione Vienna (Art. 62) al principio. Ma il principio de qua, seppur inteso restrittivamente, ha comunque una sfera di applicazione abbastanza ampia, in quanto varie regole del diritto dei trattati ne costituiscono una SPECIFICAZIONE (es. la regola circa gli effetti della guerra sui trattati; si tratta dello stesso principio applicato ad un'ipotesi tipica). Approfondiamo: LA GUERRA E' CAUSA DI ANNULLAMENTO DEI TRATTATI? Ovvio è che essi non trovino applicazione durante le ostilità, ma dopo? Una parziale soluzione è offerta dall' Art. 44 TRATTATO PACE PARIGI 1947: le potenze vincitrici avrebbero notificato all' Italia, entro 6 mesi, quali accordi bilaterali intendessero mantenere. E per i trattati multilaterali? La regola classica era nel senso dell' estinzione, ma questa è stata affievolita dalla prassi che è venuta negando l'effetto estintivo della guerra. La valutazione del 'rebus sic stantibus' verrà operata di volta in volta.


QUANDO SI VERIFICA UNA CAUSA DI ESTINZIONE O INVALIDITA', QUALI SONO I MEZZI PER FARLA VALERE? Controverso il diritto consuetudinario in materia: c'è chi propende per l'automaticità, altri che sia necessaria una denuncia notificata ai contraenti, altri ancora che i trattato continui fino a quando non sia accertata la sua invalidità o estinzione in modo imparziale. Indubbiamente la materia risente della mancanza nella comunità internazionale, di una funzione giurisdizionale istituzionalizzata. Il CONFORTI sostiene che l'automaticità vada in linea di massima riconosciuta, ma in un senso ben circoscritto. Chiunque debba applicare il trattato (operatori giuridici interni) non può non decidere se il trattato sia ancora in vigore o meno. Saranno dunque i giudici nazionali a deciderlo nelle loro sentenze, ma solo per il caso concreto a loro sottoposto. E' chiaro che queste decisioni si riverberano sulla prassi internazionale. Così intesa L'AUTOMATICITA' NON E' ALTERNATIVA ALLA PROCEDURA DELLA DENUNCIA. Quest' ultima serve per manifestare la volontà dello stato di sciogliersi un volta per tutte dal vincolo contrattuale. E' la denuncia sufficiente a produrre la cessazione del vincolo? Sul piano interno indubbiamente si, a livello internazionale gli altri contraenti non sono vincolati da questa denuncia unilaterale, cosicché in caso di disaccordo si aprirà una fase di incertezza sul piano internazionale dalla quale si uscirà solo con un nuovo accordo.
VEDIAMO LA PROCEDURA PER FAR VALERE L'INVALIDITA' O L'ESTINZIONE: Essa è prevista dagli Artt.65-68 CONVENZIONE VIENNA. Lo stato deve NOTIFICARE PER ISCRITTO la sua intenzione alle altre parti; trascorsi
TRE MESI senza obiezioni, la dichiarazione diviene DEFINITIVA e il trattato diviene invalido o estinto. NEL CASO DI OBIEZIONI debbono cercare una SOLUZIONE ENTRO 12 MESI. Trascorsi ciascuna parte può attivare una complessa PROCEDURA CONCILIATIVA che fa capo alla Commissione NU e non sfocia neppure in una decisione obbligatoria. Una decisione obbligatoria potrà essere richiesta alla ICJ, ma solo se si tratta di un'invalidità fondata sul 'ius cogens'. Nei rapporti tra paesi che aderiscono alla Convenzione questa procedura si sostituisce all' atto di denuncia.

LE FONTI PREVISTE DA ACCORDI:

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI:

A) LE NAZIONI UNITE: (vedi appunti Libro 2)

B) GLI ISTITUTI SPECIALIZZATI E LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: In campo economico e sociale opera tutta una serie di organizzazioni internazionali sia a carattere universale che a carattere regionale. Un gran numero di organizzazioni universali assume il nome di istituti specializzati delle NU. Trattasi di organizzazioni autonome, sorte da trattati del tutto distinti dalla Carta delle NU. Il collegamento tra queste e le NU avviene attraverso un ACCORDO che dal lato delle NU è negoziato dal CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE E APPROVATO DALL' ASSEMPBLEA GENERALE. Questo rapporto si è intensificato nel quadro della collaborazione ai PROGRAMMI PER LO SVILUPPO (UNDP) promossi dalle NU. Anche gli istituti specializzati, come le NU, emanano RACCOMANDAZIONI non vincolanti, anche se si danno atti vincolanti (es. ICAO, OMS.).
VEDIAMO QUALI SONO:
1. FAO (Food and Agricultural Organization): creata nel 1945 ha assorbito il vecchio Istituto Internazionale di Agricoltura. Si COMPONE della Conferenza, del Consiglio e del Direttore Generale. Le sue FUNZIONI sono quelle dell' attività di ricerca e informazione, di esecuzione di programmi e assistenza tecnica.
2. ILO (International Labour Organization): creata nel 1945 si COMPONE di una Confererenza Generale, del Consiglio di Amministrazione, dell' Ufficio Internazionale del Lavoro e del Direttore generale. Le sue FUNZIONI sono di emanare raccomandazioni e di predisporre progetti di convenzione.
3. UNESCO (UN Educational Scientific and Cultural Organisation): Si COMPONE della Conferenza Generale, del Comitato Esecutivo e del Segretariato. La FUNZIONE è quella di promuovere lo sviluppo dei mezzi di educazione e di diffondere la cultura.
4. ICAO (International Civil Aviation Organization): Fra le FUNZIONI quella di emanare, sotto forma di allegati alla Convenzione, tutta una serie di disposizioni relative al traffico aereo. Si tratta di atti vincolanti.
5. WHO (World Health Organization): Detta OMS, ha fra le sue FUNZIONI l'obiettivo di perseguire il conseguimento da parte di tutti i popoli del livello più alto possibile di salute. Dispone di un certo potere vincolante.
6. IMO (International Marittime Organization): Creata nel 1958, si occupa dei problemi relativi alla sicurezza ed efficienza dei traffici marittimi ma emanando raccomandazioni non vincolanti.
7. ITU (International Telecommunication Union); WMO (World Meteorological Organization); UPU (Universal Postal Union): Creati da circa un secolo, si occupano del coordinamento delle attività statali e predispongono testi convenzionali e regolamenti. Mentre i regolamenti di WMO e UPU non sono vincolanti, lo sono quelli dell' ITU.
8. IMF (International Monetary Found); IBRD (International Bank for Reconstruction and Development); IFC (International Finance Corporation); IDA (International Development Association): I primi due sono del 1944, istituiti con gli accordi di Bretton Woods. Il FONDO si COMPONE del Consiglio dei Governatori, il Consiglio di Amministrazione e il Direttore Generale. Le sue FUNZIONI sono di promuovere la collaborazione monetaria, la stabilità dei cambi, l'equilibrio delle varie bilance dei pagamenti e dispone di un capitale di riserva per fronteggiare gli squilibri. La BANCA ha un cospicuo capitale sottoscritto dagli stati membri e può loro concedere mutui per investimenti.
9. IFAD (International Fund for Agricultural Development): Nata nel 1977, si occupa dello sviluppo dell' agricoltura dei paesi poveri con deficit alimentare notevole. L'organo deliberante dell' Organizzazione è sotto il controllo dei paesi in via di sviluppo.
10. WIPO (World Intellectual Propiety Organization): Dal 1970 si occupa dei problemi relativi alla proprietà intellettuale.
11. UNIDO (UN Industrial Development Organization): Attiva dal 1979 è costituita dall' Assemble, dal Consiglio ed un Segretariato. Le sue funzioni sono di tipo operativo, non normativo.
12. IAEA (International Atomic Energy Agency): Promuove lo sviluppo e la diffusione delle applicazioni pacifiche dell' energia atomica.
13. WTO (World Trade Organization): Indipendente dalla NU fu creata nel 1994 e consta di circa 135 stati. Tra le funzioni, quello di trovare un forum per i negoziati relativi alla massima liberalizzazione del commercio. Vegli altresì sull'esecuzione di tutti i trattati (es. GATT, GATS.). Le sue decisioni sono vincolanti.

C) LE COMUNITA' EUROPEE E L'UNIONE EUROPEA: Le tre comunità europee (CE, CECA, EURATOM) sono le organizzazioni internazionali maggiormente dotate di poteri decisionali nei confronti degli stati che ne fanno parte. Sono gli esempi più cospicui di fonti di norme internazionali previste da accordi. La CECA nasce a Parigi nel 1951, CE e EURATOM a Roma nel 1957. Modifiche di rilievo si avranno con L'ATTO UNICO EUROPEO (1986), IL TRATTATO DI MAASTRICHT (1992) e il TRATTATO DI AMSTERDAM (1998). Con il secondo dei tre si determina l' UE che si fonda sulle prime tre comunità e su azioni comuni di politica estera, giustizia e affari interni. Inoltre una serie di innovazioni come il rafforzamento del Parlamento Europeo, la creazione della cittadinanza europea, l'unione economica e monetaria, la BCE, l' euro. Delle tre comunità la CE è la più importante, perché investe tutta la vita economica e sociale degli stati membri, determinando la libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali al suo interno. Inoltre la libera concorrenza, la politica agricola, dei trasporti, commerciale, gli incentivi alle imprese, la sicurezza sociale, la politica economica e monetaria, lo sviluppo ecologico.
SI DICUTE SULLA NATURA GIURIDICA DELLA CE : vere e proprie organizzazioni internazionali oppure frammenti di uno stato federale? La sovranità degli stati membri non viene intaccata, centro del potere decisionale rimangono ancora gli esecutivi nazionali.


PASSANDO ALLA STRUTTURA:
1. COMMISSIONE: composta da individui che vi siedono a titolo personale (sopranazionale). Nella CECA la Commissione è l'organo decisionale, mentre nella CE lo è il Consiglio in modo tale da fare tornare i poteri nelle mani degli stati.
2. CONSIGLIO: rappresenta i 15 stati ed è presieduto a turno (6 mesi) dagli stati, nelle persone dei loro ministri. Al Consiglio è venuto sovrapponendosi il CONSIGLIO EUROPEO nato dalle riunioni dei capi di stato e di governo. Questo è diventato l'organo dell' Unione con compiti specifici di politica estera e cooperazione in materia di giustizia e affari interni.
3. PARLAMENTO EUROPEO: formato nel 1979 è composto da rappresentanti dei popoli degli stati membri, eletti a suffragio universale e diretto. Non è l'organo legislativo, ma ha funzioni di controllo politico sulle altre istituzioni, esamina i rapporti, istituisce commissioni d'inchiesta, mozioni di censura, partecipa nelle procedure di cooperazione e codecisione. Ad avere l'ultima parola è però sempre il Consiglio anche se il Parlamento può respingere, a maggioranza assoluta, un atto legislativo adottato dal Consiglio (potere di veto). Restano escluse le materie di capitale importanza come quelle della politica agricola e commerciale.
4. CORTE DEI CONTI: effettua il controllo su tutte le entrate e spese della comunità. E' composta di 15 persone indipendenti.
5. CORTE DI GIUSTIZIA: veglia sul rispetto dei trattati e può, tra l'altro, essere adita anche dagli individui.
PASSIAMO ALLA LEGISLAZIONE COMUNITARIA: La legislazione comunitaria è importante per il fatto che i trattati sono programmatici e si rimettono alla normativa emessa dai singoli organi, in particolare dal Consiglio. L'Art.189 Trattato CE prevede:
1. REGOLAMENTI: si sostituiscono o sovrappongono alla legislazione degli stati membri. Il regolamento ha portata generale ed è obbligatorio in tutti i suoi elementi. Essi entrano in vigore dopo una 'vacatio legis' di 20 gg dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale Europea.
2. DECISIONE: non ha portata generale ed astratta, ma concreta. Essa può indirizzarsi ad uno stato, ad un individuo o ad un'impresa. E' vincolante ed acquista efficacia in seguito alla notificazione al soggetto.
3. DIRETTIVA: vincola lo stato membro a cui è rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere salvo agli stati la scelta della forma e dei mezzi. Entra in vigore a seguito della pubblicazione in GU. Appare chiaro che la direttiva dovrebbe limitarsi all'enunciazione di principi e criteri generali. Spesso, però, dato il contenuto dettagliato della direttiva, la discrezionalità dello statosi riduce alla mera scelta della veste giuridica da dare all' atto. Senza dubbio le DIRETTIVE DETTAGLIATE si discostano dal 189, ma nella prassi non è mai stata posta la questione circa la loro legittimità. Vi è poi un'ulteriore categoria di ATTI COMUNITARI ATIPICI (es. le decisioni prese dai rappresentanti degli stati membri in quanto tali, fuori dalle procedure comunitarie). Questo genere di atti possono essere ascritti alla categoria degli accordi in f.s.
Come tutte le organizzazioni internazionali, anche la CE CONCLUDE ACCORDI INTERNAZIONALI. L'Art.228 indica gli ORGANI COMPETENTI a fare ciò. Gli accordi conclusi diventano vincolanti per gli stati membri (attenzione: eccezione alla regola generale). Può trattarsi di ACCORDI DI ASSOCIAZIONE o addirittura di ACCORDI COMMERCIALI. La competenza della CE a concludere accordi internazionali, ha carattere 'esclusivo', ed è per questo che si è formata la pratica delle autorizzazioni accordate dal Consiglio ai singoli stati per la conclusione di accordi con terzi. Di qui anche la partecipazione di stato e CE ai cd. ACCORDI MISTI. A parte questi accordi previsti, può la CE stipularne altri in materie regolate dal trattato? La risposta dovrebbe essere negativa secondo la Corte di giustizia. Diciamo 'dovrebbe' perché nella giurisprudenza della Corte, basante sulla difficile distinzione fra competenze 'interne' ed 'esterne' della Comunità, vi sono ancora alcune zone d'ombra.

D) IL CONSIGLIO D'EUROPA E GLI ORGANI EUROPEI PER LA TUTELA DEI DIRITTI UMANI: Subito dopo la seconda guerra mondiale furono create diverse organizzazioni e furono stipulate svariate convenzioni per la tutela dei diritti umani. Fra queste ricordiamo (mischiando un po organizzazioni e trattati):
1. OCSE: è l' Organizzazione Europea per la Cooperazione Economica, ha finora rappresentato il gruppo di paesi industrializzati contrapposti al terzo mondo.
2. CONSIGLIO D'EUROPA: comprende 40 stati membri. SCOPO è quello di conseguire una stretta unione fra i suoi membri per salvaguardare, promuovere e favorire il loro progresso economico e sociale. ORGANI sono il Comitato dei Ministri degli Esteri, l' Assemblea Consultiva dei rappresentanti parlamentari nazionali e il Segretariato con a capo il Segretario Generale. Il COMITATO DEI MINISTRI è competente a decidere, a maggioranza qualificata, se vi sia stata effettivamente una violazione della Convenzione. La decisione aveva effetti giuridici di rilievo: Il Comitato dei Ministri ha cessato la sua attività dal 1999.
3. COMMISSIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL' UOMO: è composta di tanti membri quanti sono gli stati, eletti per 6 anni dal Consiglio d' Europa, vi siedono a titolo personale. Prima della riforma del 1998 aveva una funzione istruttoria e di conciliazione in ordine ai ricorsi. Dopo la riforma si limita a redigere i rapporti.
4. CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL' UOMO E DELLE LIBERTA' FONDAMENTALI: firmata a Roma nel 1950 contiene norme di carattere sostanziale (catalogo dei diritti e delle libertà) e procedurale (Commissione e Corte Europea dei Diritti dell' Uomo, successivamente, 1998, fuse in un' unica Corte).
5. CONVENZIONE AMERICANA SUI DIRITTI DELL'UOMO: sulla scorta di quella europea fu creata nel 1969.
6. CARTA AFRICANA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DEI POPOLI: entrata in vigore nel 1986. Unico organo da essa istituito è la Commissione.
7. PATTI DELLE NAZIONI UNITE SUI DIRITTI DELL'UOMO: sono del 1966 e riguardano diritti economici, sociali, culturali, civili e politici. Questi ultimi sono supervisionati dal COMITATO PER I DIRITTI DELL'UOMO. Questo si COMPONE di 18 membri che vi siedono per 4 anni a titolo personale: Le sue FUNZIONI sono quelle di prendere in esame i reclami presentati contro uno stato o un individuo. La procedura non sfocia mai in atti vincolanti.
8. LE RACCOMANDAZIONI DEGLI ORGANI INTERNAZIONALI: abbiamo visto che le raccomandazioni, mai vincolanti, sono gli atti tipici degli organi delle NU. Pur non essendo vincolanti producono comunque un EFFETTO DI LICEITA' secondo cui lo stato che viola impegni precedentemente assunti per dare seguito ad una raccomandazione, non commetterebbe illecito. Ovviamente ciò solo in relazione alle raccomandazioni legittime, o meglio strettamente conformi alle norme statuarie. Manca tuttavia un organo che giudichi tale liceità. Ne consegue quindi che l'effetto di liceità potrà verificarsi fra quegli stati che hanno votato a favore della raccomandazione, in quanto nel voto contrario è implicita una dissociazione dall' atto. Taluni ritengono che sia illecita la violazione REITERATA delle raccomandazioni. La tesi è inaccettabile perché tendente a conferire alle raccomandazioni un effetto obbligatorio che esse non hanno.

TRACCIAMO UN QUADRO DELLA GERARCHIA DELLE FONTI INTERNAZIONALI:
1. CONSUETUDINE (compresi i PRINCIPI GENERALI DELLE NAZIONI CIVILI)
2. TRATTATO (o ACCORDO)
3. FONTI PREVISTE DA ACCORDI INTERNAZIONALI
QUALI SONO I RAPPORTI FRA QUESTE FONTI?
1. RAPPORTO CONSUETUDINE-ACCORDO: ricordiamo che una norma di grado inferiore può derogare ad una di grado superiore, se questa lo consente. Essendo le norme consuetudinarie FLESSIBILI ciò sarà possibile da parte delle norme convenzionali (e ciò vale anche per la categoria dei principi generali delle nazioni civili). Fanno eccezione alla flessibilità le norme di IUS COGENS, cioè la NORMA IMPERATIVA DEL DIRITTO INTERNAZIONALE GENERALE accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale (Artt. 53 e 64 Convenzione Vienna). La Convenzione Vienna non ci dice però quale sia questo diritto cogente. Neanche in dottrina si ha un orientamento unanime.

CONFORTI: lo IUS COGENS sarebbe previsto dall' Art. 103 Carta NU secondo cui in caso di contrasto fra obblighi internazionali e obblighi derivanti dalla Carta prevarranno le norme del presente Statuto. Questa norma finisce per diventare 'ius cogens'. La riprova è data dalla stessa CONVENZIONE VIENNA ALL' ART. 30 quando, definendo la regola secondo cui le norme successive abrogano quelle anteriori, fa espressa riserva all' Art. 103 Carta NU. La SFERA DI APPLICAZIONE DEL 103: settore del mantenimento della pace, il campo economico e sociale (collaborazione fra stati), il settore umanitario (rispetto della dignità umana). Ma finché si rimane sul generale il 103 ha scarsa applicazione. Solo passando a norme più circoscritte e dettagliate è possibile il ricorso al 103. Una norma del genere nella Carta è quella relativa al mantenimento della pace ( in particolare all'obbligo di rispettare la dichiarazione di 'embargo' decisa dal Consiglio di Sicurezza NU). Concludiamo specificando che fanno parte delle norme cogenti, e quindi inderogabili, anche le norme relative all' INVALIDITA' E L'ESTINZIONE DEI TRATTATI.
2. RAPPORTO ATTI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI-STATUTI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: ricordando che gli statuti delle organizzazioni internazionali sono posti in essere mediante trattati, questo problema va risolto caso per caso.
3. RAPPORTI ATTI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI-CONSUETUDINE: rimane anche nei confronti di questi la regola della 'flessibilità' delle norme consuetudinarie, eccezion fatta per lo 'ius cogens'.


IL CONTENUTO DELLE NORME INTERNAZIONALI:

LIMITE ALL' USO DELLA FORZA: questo rappresenta il filo conduttore attorno al quale ruota il diritto internazionale. Precisiamo che per FORZA INTERNAZIONALE è da intendersi quella di uso bellico. Più complesso il concetto di FORZA INTERNA intesa come il potere di governo esplicato sugli individui e sui loro beni. Che cosa deve intenderesi con il potere di governo delimitato dal diritto internazionale? Precisiamo che non si può identificare semplicemente l'esercizio della coercizione come uso della forza materiale, ma bisogna anche guardarsi dall' identificarla come mera attività normativa astratta. Finché al comando non segue la sua concreta applicazione non vi sarà violazione del diritto internazionale. Deve sempre esservi un contenzioso su questioni concrete. CONFORTI: non basta nemmeno l'emanazione di comandi concreti (questa sarebbe la tesi sostenuta dalla dottrina anglosassone). E' in generale l'attività di mero comando (concreto o meno) che non sarebbe idonea a determinare una violazione del diritto internazionale. Si può dunque concludere che il potere di governo dia qualsiasi intervento concreto degli organi statali.
La materia del limite all' uso della forza internazionale, considerato il divieto generale della forza di tipo bellico, viene in rilievo sotto il profilo della LEGITTIMA DIFESA.
MA COMINCIAMO DAI LIMITI ALL'USO DELLA FORZA INTERNA: LA SOVRANITA' TERRITORIALE
Con la fine del Sacro Romano impero la sovranità territoriale venne concepita come una sorta di diritto di proprietà dello stato. Relativamente al suo CONTENUTO si continua a discutere sulla NATURA GIURIDICA INTERNAZIONALE del territorio. Come può definirsi questo contenuto? Possiamo dire che il diritto internazionale attribuisce ad ogni stato il diritto di esercitare in modo esclusivo il potere di governo sulla comunità territoriale. La violazione della sovranità territoriale si ha solo con la presenza non autorizzata dell' organo straniero nel territorio.
Il potere di governo non è però solo quello esecutivo, è anche LIBERO (ancorché parzialmente limitato) di fare ciò che vuole nel suo stato. Le ECCEZIONI A TALE LIBERTA' riguardano il trattamento degli stranieri, agenti diplomatici e stati stranieri, ma anche (e soprattutto) quelli che perseguono valori di collaborazione internazionale, solidarietà e giustizia tra i popoli. Relativamente all' ACQUISTO DELLA SOVRANITA' TERRITORIALE vale il principio dell' EFFETTIVITA'.
Attuale è il PROBLEMA DEGLI ACQUISTI DI TERRITORI IN VIOLAZIONE DELLE NORME INTERNAZIONALI, oppure in violazione del principio di autodeterminazione dei popoli. I tentativi fatti dopo la seconda guerra mondiale di limitare la portata del principio di effettività (per evitare violente espansioni territoriali) è fallito.
Oggi le norme consuetudinarie tendono a negare gli effetti extraterritoriali agli atti di governo di un territorio illegittimamente acquistato, sempreché l'acquisto sia contestato dalla più gran parte degli stati. Acquisto e perdita, lo ricordiamo, si hanno anche in relazione a vicende relative alla vita dello stato, come distacco, cessione o incorporazione.

VEDIAMOLI NEL DETTAGLIO QUESTI LIMITI TERRITORIALI:

A) IL TRATTAMENTO DEGLI STRANIERI: Questo rappresenta uno dei limiti classici alla sovranità territoriale. DUE SONO I PRINCIPI:
a) ALLO STRANIERO NON POSSANO IMPORSI PRESTAZIONI che non si giustifichino con un sufficiente attaccamento dello stesso con la comunità territoriale (es.servizio militare, sanzioni penali se non di fronte a reati che presentino qualche collegamento con lo stato o i suoi sudditi oppure quelli collegati con qualsiasi comunità territoriale come i 'crimina iuris gentium' rispetto ai quali c'è l'universalità della giurisdizione penale secondo cui ogni stato può, ma non deve, punire). A proposito dell' ultimo es. in parentesi: la giurisdizione penale dello stato, in materia di crimini contro l'umanità, risulta limitata quando ad essa concorra la ICJ oppure altra CORTE INTERNAZIONALE (Tribunale di Norimberga, Tribunale per i crimini nella ex Jugoslavia, in Randa.). Quello della ex Jugoslavia, composto da due camere di prima istanza e una d'appello, funziona in base ad uno Statuto allegato alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza e ad un Regolamento. Sussiste la PRIMACY rispetto alle Corti nazionali e gli stati debbono consegnare l'imputato alla Corte Internazionale. Questa Corte, a differenza di quella di Norimberga e di Tokio, non ha la materiale disponibilità degli imputati, risiedendo fuori del territorio in cui i crimini sono stati commessi. Alla luce di queste premesse va valutato lo Statuto della CORTE PENALE INTERNAZIONALE adottato a Roma nel 1998. esso prevede che la competenza della Corte sia complementare rispetto a quella degli stati, quando questi non vogliano o non possano perseguire il crimine commesso.
b) L'OBBLIGO DI PROTEZIONE da parte dello stato che deve predisporre le misure idonee a prevenire (adeguatamente alle circostanze e mediante l'apparato di polizia) e reprimere (attraverso l'apparato giurisdizionale, evitando il diniego di giustizia) le offese contro la persona e i beni.
SU QUESTI DUE PRINCIPI SE NE INNESTANO ALTRI:
c) PROTEZIONE DEGLI INVESTIMENTI STRANIERI richiesta soprattutto da un folto gruppo di paesi in sviluppo ed inquadrabili nel 'nuovo ordine economico internazionale'. Questi sostengono che ogni stato dovrebbe disciplinare gli investimenti in conformità alle sue leggi e regolamenti ed ai suoi obiettivi di politica economica e sociale. Una simile regola può anche rappresentare la regola di diritto internazionale in materia di investimenti, a patto che lo stato non arrivi ad un' INIQUA REMUNERAZIONE DEL CAPITALE STRANIERO.
d) ESPROPRIAZIONE E NAZIONALIZZAZIONE DI BENI STRANIERI la prassi in materia risale alle grandi nazionalizzazioni sovietiche per continuare con le nazionalizzazioni da parte degli stati est europei e con quella delle compagnie petrolifere da parte degli stati arabi. Nessuno dubita ne della capacità degli stati di espropriare, ne vi è controversia circa la questione dei motivi di pubblica utilità. L'unica questione riguarda l' INDENNIZZO. Questo sussiste sempre, ed è sempre stato applicato, ma grande incertezza sussiste circa LE MODALITA' E IL QUANTUM DOVUTO. L'indennizzo viene corrisposto nei modi più vari e spesso è oggetto di transazione tra lo stato nazionalizzante e quello di appartenenza degli espropriati con i cd. ACCORDI DI COMPENSAZIONE GLOBALE ('lump sum agreements'). Se l'accordo interviene fra gli stati, lo stato di appartenenza può anche sacrificare, in vista di altri vantaggi, l'interesse del privato. Solo se non sussistono neanche questi accordi si può parlare di illecito.
e) RISPETTO DEI DEBITI PUBBLICI questo si riallaccia alla protezione degli interessi patrimoniali stranieri. La dottrina tradizionale era favorevole alla SUCCESSIONE NEL DEBITO, ma nella prassi più recente si è sostenuto che l'accollo dello stato subentrante debba ispirarsi a motivi di carattere pratico più che alla convinzione di dover rispettare precise norme di diritto internazionale. Lo stato subentrante sarebbe tenuto per i DEBITI LOCALIZZABILI ed esonerato per quelli generali.
f) AMMISSIONE ED ESPULSIONE DEGLI STRANIERI nessun limite, piena libertà dello stato. Ovviamente non con modalità che risultino 'oltraggiose'. Numerose sono gli accordi internazionali (CONVENZIONI DI STABILIMENTO) con i quali ciascuna parte si obbliga ad un TRATTAMENTO DI PARTICOLARE FAVORE. Particolari le norme sul diritto di stabilimento (Artt. 52 ss Trattato CE). Se lo stato viola queste norme, commette un ILLECITO INTERNAZIONALE. Lo stato dello straniero maltrattato potrà assumere la sua difesa sul piano internazionale, ma non prima che lo straniero abbia esaurito tutte le procedure. Occorre cioè che l'azione sia DEFINITIVA. DOTTRINA CALVO: l'istituto della protezione diplomatica è oggetto di contestazione limitatamente ai rapporti economici. Secondo la questa dottrina le controversie in tema di trattamento degli stranieri sarebbero di esclusiva competenza dei TRIBUNALI DELLO STATO LOCALE. Questo in base alla CLAUSOLA CALVO (rinuncia di protezione del proprio stato) inserita nei contratti delle imprese. La clausola Calvo non va drammatizzata, ma nessuno può costringere uno stato, accusato di aver violato le norme sul trattamento degli stranieri, a trattare la questione sul piano internazionale mediante arbitrato. Qual è in tutto ciò, il RUOLO DEI GIUDICI INTERNI? Questi possono evitare che lo straniero ricorra alla protezione del proprio stato ed essere in grado di tutelarlo più del suo stesso stato nazionale (che magari ha sacrificato l'interesse del maltrattato per altri vantaggi). Fra l'altro la PROTEZIONE DIPLOMATICA può essere esercitata sia a difesa della PERSONA FISICA che della PERSONA GIURIDICA. Va però detto che la NAZIONALITA' DELLA PERSONA GIURIDICA non è altrettanto definita. Si tende a seguire l'attribuzione della nazionalità in base allo stato in cui è stata COSTITUITA O HA LA SEDE PRINCIPALE, piuttosto che quella di APPARTENENZA DELLA MAGGIORANZA DEI SOCI. E' dubbio se la regola secondo cui lo stato nazionale della società può esercitare la protezione diplomatica sia senza eccezioni. Questo perché spesso gli investimenti all'estero avvengono mediante la costituzione di società locali di cui la società madre ha il controllo.

B) IL TRATTAMENTO DEGLI ORGANI STRANIERI (AGENTI DIPLOMATICI): Le immunità riguardano gli agenti dal momento in cui entrano nel territorio al momento in cui escono. La presenza dell' agente è subordinata alla volontà dello stato ospitante attraverso il GRADIMENTO. L'espulsione viene determinata attraverso la CONSEGNA DEI PASSAPORTI E L'INGIUNZIONE a lasciare, entro un certo termine, il paese. LE IMMUNITA' DIPLOMATICHE SONO:
a) INVIOLABILITA' PERSONALE con particolari misure preventive e repressive, anche e soprattutto nella sottrazione del diplomatico a qualsiasi misura di polizia diretta contro la sua persona.
b) INVIOLABILITA' DOMICILIARE riguardante sia la sede della missione diplomatica che quella di abitazione privata. Una volta si parlava di 'extraterritorialità'.
c) IMMUNITA' ALLA GIURISDIZIONE PENALE E CIVILE distinguendo fra ATTI FUNZIONALI E ALTRI ATTI PRIVATI. I primi sono coperti dall' immunità funzionale per garantire all' agente l'indisturbato esercizio della sua attività, non potendo essere citato in giudizio neanche una volta cessate le sue funzioni (NON IMPUTABILITA'). I secondi, dal carattere esclusivamente processuale (NON PROCEDIBILITA'), sono immuni per lo stesso motivo dei primi, ma l'agente non è dispensato dall'osservare la legge e una volta cessate le sue funzioni potrà essere sottoposto a giudizio.
d) IMMUNITA' FISCALE sussiste esclusivamente per le IMPOSTE DIRETTE PERSONALI, ma per tutto il personale diplomatico delle missioni e anche per le loro famiglie. Esso comprende persino il personale tecnico e amministrativo della missione, con esclusione degli impiegati che siano cittadini dello stato territoriale. Si ritiene che dette immunità spettino anche ai Capi di Stato, di Governo e ai Ministri degli Esteri. Per qualsiasi altro soggetto statale non ci sono immunità, neanche per i Consoli (i quali però godono almeno dell'immunità funzionale).

C) IL TRATTAMENTO DEGLI STATI STRANIERI: La questione è se ed in quali limiti vi è anche qui la NON INGERENZA negli affari di altri stati, principio che va via via perdendo la sua autonomia con l'affermarsi di altre regole fra cui quella del DIVIETO DELL' USO DELLA MINACCIA O DELLA FORZA. Fra le possibili applicazioni del principio della non ingerenza vengono in rilievo gli interventi dello stato diretti a condizionare le scelte di politica interna ed internazionale di un altro stato come nel caso delle MISURE DI PRESSIONE ECONOMICA o di AUTODETERMINAZIONE DEI POPOLI. Ci si chiede se dal principio di non ingerenza derivi l'obbligo di impedire che nel proprio territorio si tengano comportamenti che possano TURBARE L'ORDINE PUBBLICO. Non c'è una regola generale, l'unica regola è quella del divieto della PREPARAZIONE DI ATTI TERRORISTICI diretti contro altri stati. Tutto il resto appartiene alla sfera convenzionale.
Il problema più interessante riguarda il fatto se gli stati stranieri siano assoggettabili alla GIURISDIZIONE CIVILE dello stato territoriale. Nel secolo scorso si era ancora a favore di una immunità assoluta degli stati stranieri. Sono state la giurisprudenza italiana e quella belga a determinare un'inversione di tendenza forgiando L'IMMUNITA' RISTRETTA O RELATIVA, oggi comunemente ammessa. Secondo questa dottrina l'esenzione degli stati stranieri sarebbe limitata agli ATTI IURE IMPERII e non agli ATTI IURE GESTIONIS O IURE PRIVATORUM. Fra questi in particolare l'ambito del LAVORO presso ambasciate, istituti di cultura ed altri uffici stranieri. Difficile però dire quali aspetti vadano presi in considerazione per essere qualificati come pubblicistici o privatistici ai fini dell' immunità. Fino ad epoca recente si riconosceva l'immunità del lavoratore come partecipe all'esercizio di funzioni sovrane (però troppo ampia). Recentemente è intervenuta la CONVENZIONE EUROPEA SULL'IMMUNITA' DEGLI STATI che adotta (Art.5) per i rapporti di lavoro il CRITERIO DELLA NAZIONALITA' DEL LAVORATORE CUMULATO CON QUELLO DEL LUOGO. Per quanto riguarda la GIURISPRUDENZA ITALIANA questa si è allineata alla Convenzione, dapprima sotto gli aspetti patrimoniali del rapporto, poi gradualmente anche per gli ulteriori aspetti. Notiamo infine che l'immunità può sempre essere oggetto di rinuncia.
L'immunità viene anche riconosciuta agli ENTI TERRITORIALI E ALLE ALTRE PERSONE GIURIDICHE PUBBLICHE diverse dallo stato.
La teoria dell'immunità ristretta va anche applicata sia al PROCEDIMENTO DI COGNIZIONE che all' ESECUZIONE FORZATA SUI BENI detenuti da uno stato estero. Essa è da ritenersi quindi ammissibile solo se esercitata su beni non destinati ad una pubblica funzione. Sull' esecuzione forzata di beni stranieri esisteva IN ITALIA UNA LEGGE (1263/1926) che dichiarava l' improcedibilità senza l'autorizzazione del Ministro Giustizia attuando una (oggi) inammissibile dipendenza del potere giudiziario da quello politico. Intervennero la Consulta e la Cassazione con diverse sentenze di smantellamento: prima ammettendo azione contro il decreto ministeriale, poi escludendo l'autorizzazione ministeriale per i beni destinati a pubblica funzione, infine venne meno anche l'autorizzazione per i beni privati (contraria all'immunità assoluta). A parte questi, non c'è nessun altro limite: senza fondamento la dottrina dell' ACT OF STATE (COSIDERATA UN' AUTOLIMITAZIONE DELLE Corti atta ad evitare imbarazzo al proprio governo) secondo cui la Corte interna non potrebbe rifiutarsi di applicare una legge o altro atto di sovranità straniero in quanto contraria al diritto internazionale.

D) IL TRATTAMENTO DELLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI: Per quanto riguarda i loro funzionari non esistono norme consuetudinarie, sicché la materia può essere regolata solo mediante CONVENZIONE conclusa dall' organizzazione con lo stato membro o meno. Egualmente per la materia delle immunità.
Lo stato nel cui territorio opera ufficialmente un FUNZIONARIO internazionale è tenuto a PROTEGGERLO mediante misure preventive e repressive. La sua violazione, come detto prima, da luogo alla protezione diplomatica da parte dello stato. Tale obbligo SUSSISTE ANCHE PER L'ORGANIZZAZIONE A CUI APPARTIENE? Non si può dire, essendo scarsi i casi. Possiamo dire che è possibile estendere per ANALOGIA LA NORMA SUL RISPETTO DEI CITTADINI STRANIERI. Non è possibile estendere analogicamente tale norma anche nel senso che lo stato sia tenuto verso l'organizzazione a risarcire i danni arrecati all'individuo come tale (svincolato dalla sua funzione di appartenenza all'organizzazione internazionale.
Nei limiti in cui gli stati membri sono immuni dalla GIURISDIZIONE CIVILE dello stato territoriale, lo sono anche le organizzazioni. Questa impostazione, espressa in numerose convenzioni, rappresenta una consuetudine autonoma.

E) I LIMITI RELATIVI AL C.D. DOMINIO RISERVATO: A parte i limi visti, ve ne sono altri previsti da norme CONVENZIONALI che perseguono valori di cooperazione, solidarietà e giustizia tra i popoli. Con l'affermarsi di questi valori si è eroso il DOMINIO RISERVATO O DOMESTIC JURISDICTION, cioè le materie delle quali il diritto internazionale si disinteressa e nelle quali lo stato è conseguentemente libero. Quali sono gli ambiti erosi del dominio riservato?
a) TUTELA DEI DIRITTI UMANI tutelati ovunque, anche nei confronti del proprio stato. MOVIMENTI CONVENZIONALI sono stati: Convenzione Americana sui diritti umani; Patti delle NU sui diritti civili, politici, economici, sociali e culturali; Carta Africana dei diritti dell'uomo e dei popoli. In questo settore si sono venuti formando anche numerosi PRINCIPI GENERALI DI DIRITTO RICONOSCIUTI DALLE NAZIONI CIVILI (= CONSUETUDINE): divieto delle 'gross violations' (apartheid, genocidio, tortura, esecuzione di massa); divieto di diniego di giustizia (limitata dal previo esaurimento dei ricorsi interni); autodeterminazione dei popoli.
b) DIRITTO INTERNAZIONALE ECONOMICO è un settore dominato dalle norme CONVENZIONALI e riguarda in particolare i rapporti fra paesi industrializzati e in via di sviluppo. Fra queste la DICHIARAZIONE DELLA CONFERENZA DI RIO 1992, nonché, prescindendo dagli accordi di cooperazione, numerosi ACCORDI TENDENTI ALLA LIBERALIZZAZIONE DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE. In questo secondo senso i tentativi più interessanti sono stati compiuti dalla legislazione antitrust e dalla legislazione riguardante il commercio internazionale. Si è così affermato che lo stato non debba interferire negli interessi economici essenziali degli stati stranieri (questo sulla scorta della forte influenza USA sugli interessi economici degli altri stati e sulla minaccia di embargo).
c) LIBERTA' DI SFRUTTAMENTO DELLE RISORSE DEL TERRITORIO ci chiediamo se la libertà di uno stato di sfruttare le risorse naturali del suo territorio incontri dei limiti? Innanzitutto l'obbligo di non compiere ATTI NOCIVI, il che si riverbera soprattutto sui rapporti di vicinato quando si parla dei fiumi internazionali. Ma esso si pone oggi in relazione all' attività ultra pericolosa delle centrali atomiche. Sia la DICHIARAZIONE DI STOCCOLMA che quella di RIO, sostengono solo che lo stato ha i diritto di sfruttare le sue risorse naturali senza causare danni all' ambiente in altri stati. E' azzardato cercare di ricostruire un tale obbligo sotto il profilo del diritto internazionale generale. Forse si può dire che esso preveda L'OBBLIBO DI INFORMARE DELL'IMMINENTE PERICOLO, ma per il resto mancano norme consuetudinarie. L'unico caso citabile fu quello della FONDERIA DI TRAIL che venne risolto mediante arbitrato. Ma fu un caso circoscritto e diverso dall' energia atomica. Relativamente a quest' ultima gli stati sono sempre stati restii ad ammettere la loro responsabilità (USA nelle isole Marshall; Francia a Mururoa) cosa dimostrata anche dalla graziosità dell' indennizzo. SUL PIANO INTERNO INVECE vale il principio del 'chi inquina paga' conformemente alla Dichiarazione di Rio. A parte gli usi nocivi, lo stato deve anche GESTIRE RAZIONALMENTE le risorse secondo il criterio dello SVILUPPO SOSTENIBILE e della RESPONSABILITA' INTERGENERAZIONALE? La risposta è negativa.
Passando dal diritto consuetudinario al DIRITTO PATTIZIO questo è molto ricco: segnaliamo gli ACCORDI PER LA GESTIONE RAZIONALE DELLE RISORSE come la Convenzione di Ramsar 1971, la Convenzione di Vienna 1685 e la Convenzione di Nairobi 1992.


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