DIRITTO E MORALE
IL secondo capitolo si occupa del rapporto fondamentale che esiste tra
diritto e morale. Con il termine morale si può genericamente indicare come
quella disciplina che si occupa del bene, cioè si occupa di stabilire cos'è il
bene e cos'è il male che relazione c'è tra diritto e morale. Il rapporto tra
queste due grandi discipline, nel corso della storia si è modificato, ossia, a
volte si è ridotto il diritto alla morale, a volte, si è ridotta la morale al
diritto.
Questo rapporto, durante il
Medio Evo, vedeva il diritto funzionale alla morale, ossia, esso esiste in
funzione della morale che è la grande disciplina che al suo interno ingloba il
diritto. Questo avviene nell'epoca medioevale, perché in quest'epoca dominano
una concezione cristiana e religiosa della vita e le leggi, ossia, ciò che
costituisce il diritto, non hanno valore se non sono rispettose di un ordine di valori morali, che sono quelli dati
da Dio, dovuto a Dio e quindi tutto ciò che riguarda gli uomini deve essere
visto in funzione di questa morale che ha, appunto, fondamento divino. Nel
Medio Evo, il valore fondamentale è quello dei comandamenti divini e la
teologia morale, ed il diritto, in quanto tale può proporre leggi che siano
comunque e sempre rispettose in questo ordine morale di cui parla il
cristianesimo. Quindi, nell'epoca medioevale abbiamo un rapporto tra il diritto e morale che prevede la riduzione del
diritto alla morale. Le cose cambiano
con l'epoca moderna, cioè, diciamo a partire dal Macchiaveli in poi, il
rapporto tra diritto e morale cambia completamente perchè in questo periodo, la
morale viene ridotta ad un'attività che riguarda semplicemente la coscienza
degli individui. Cioè nell'epoca moderna, approssimativamente a partire dal 500
ciò che è bene e ciò che è male diventa semplicemente un problema della
coscienza di ogni individuo. La morale non ha riguardo per ciò che è
ultraterreno ma a ciò che è intimo della nostra coscienza ed ovviamente il
diritto si separa dalla morale, nel senso che il diritto viene a riguardare
tutto quanto quello che riguarda invece quello che sono le azioni socialmente
viziose di cui gli uomini sono protagonisti, quindi, abbiamo nell'epoca moderna
una separazione tra diritto che tende a riguardare solamente quelle che sono le
azioni esterne degli uomini; e la morale che, invece, tende a riguardare
soltanto le azioni interne coscenziali, le scelte interne dell'individuo.
Quindi, se nell'epoca medioevale abbiamo una supremazia della morale sul
diritto, con l'epoca moderna abbiamo una separazione tra queste due discipline.
Con l'epoca contemporanea abbiamo il primato del diritto sulla morale. Cioè
avviene che nell'epoca contemporanea, ormai, i valori morali sono tali soltanto
perché sono, in qualche modo contenuti e riconosciuti nella Carte dei Diritti.
Ad esempio l'ONU, ha elaborato una carta dei diritti dell'uomo che sancisce
quelli che sono i diritti dell'uomo che vanno garantiti a tutti gli individui.
Questo è un tipico fenomeno contemporaneo che fa 414f57e vedere ormai
ciò che è bene e ciò che è male è soltanto ciò che viene, - stabilito in queste
carte dei diritti. Cioè la morale diventa evidente solo nel momento che assume
un aspetto giuridico, come appunto quello delle carte dei diritti.
Quindi, abbiamo, con l'epoca contemporanea, un recupero del diritto
sulla morale e quindi la sottomissione, o meglio, il primato del diritto rispetto
alla morale. Però quello che D'Agostino vuole dimostrare è come, in realtà.
Questo primato di diritto sulla morale, nell'epoca contemporanea,ha assunto la
forma più caratteristica nel dominio del cosiddetto positivismo giuridica.
Secondo il positivismo giuridico le leggi, le norme legislative non fanno
riferimento a dei valori morali astratti universali. Per il positivismo
giuridico uccidere è reato ma non è qualcosa che ha un contenuto morale
universale a sé ma uccidere è un reato semplicemente perché è qualcosa che
viene stabilito da una legge.
Secondo i positivisti giuridici è possibile che in una futura società,
uccidere, forse, non sarà più un reato perchè cambiano le circostanze, cambiano
le condizioni; Quindi per questi studiosi, importante non è ilo contenuto
morale o il contenuto di giustizia delle norme, delle leggi, ma importante è la
loro validità. E' importante, cioè, che questa legge "non uccidere" sia stata
stabilita da un legislatore che ha tutti i diritti per farlo e che quindi abbia
il potere di emanare una legge valida, ma che non ha nulla a che vedere con il
fatto che queste norme siano giuste od ingiuste; l'unica cosa che importa al
positivismo giuridico o giuspositivismo
e che le norme siano valide ed il problema della giustizia passa in secondo
piano. Ultimamente, però, questa posizione è entrata un po' in crisi perché ci
sono stati degli episodi che hanno mostrato come il diritto non possa essere
semplicemente un insieme di norme valide ma debba essere portatore di concetti
di giustizia, di contenuti etici più universali. Ad esempio, D'Agostino fa
riferimento ad Auschwitz ed allo sterminio degli ebrei: di fronte a
quell'evento è ovvio che tutti direbbero che è stato un'espressione di
malvagità, cioè è ovvio che di fronte a quell'evento nessuno potrebbe dire che
quello sia sto un evento giusto; quindi è ovvio che in questo caso si fa
riferimento a dei valori universsali9 di morale che non ha nulla a che vedere
con la semplice validità o con il semplice positivismo giuridico, ma, al contrario,
ha a che vedere con dei principi morali assoluti ed universali. Oggi quello che si tende sempre più a riconoscere
è che ci sono alcuni valori che qualsiasi diritto, qualsiasi sistema normativo
deve accogliere. Per esempio il valore della dignità dell'uomo è un valore che
non si può negare; esso esisterà sempre
indipendentemente da qualsiasi sistema normativo che lo possa esprimere o
meno.
Cioè la dignità umana è un valore da difendere in sé e non da
difendere, come alcuni pensano, perché è utile alla collettività umana. I
pensatori utilitaristici, per esempio, pensano che la dignità umana sia un
valore semplicemente perché la difesa della dignità umana è utile per la
collettività umana. D'Agostino, invece, sostiene che non è così: la dignità umana
va difesa per se stessa, - perché è un valore in sé, può anche non portare
nessun vantaggio, però, va difesa perché è un valore etico universale.
Ecco, il riconoscimento ontologico consiste proprio nella capacità di
riconoscere valori universali che qualsiasi diritto deve, comunque,
salvaguardare. Nell'epoca contemporanea, si sta assistendo ad un ritorno dei
valori morali ed al superamento di quella scissione e di quel dominio del
diritto sulla morale che è stato, invece, fino a qualche tempo fa. Dunque
questo secondo capitolo riguarda il rapporto tra diritto e morale. Nel corso
della storia questo rapporto ha avuto varie fasi. C'è stata una prima fase,
quella medioevale, durante la quale la morale ha predominato sul diritto e
quindi tutte le leggi, dovevano, comunque, avere un riferimento a dei valori
universali, che nell'epoca medioevale erano quelli dati dal cristianesimo; poi
nell'epoca moderna, che comincia attorno al 500 diritto e morale si sono
separati: il diritto ha cominciato solamente a riguardare problemi relativi alle azioni esterne degli uomini, la
morale, invece, ha riguardato semplicemente la dimensione interna, soggettiva
di ogni individuo. Con l'epoca contemporanea, invece, assistiamo ad un ritorno
del predominio del diritto sulla morale (tutto questo si è detto sulle Carte di
Diritti e sul Positivismo Giuridico), cioè, si tende sempre più a vedere come
la morale possa essere sancita e manifestata solo attraverso norme di diritto.
Comunque abbiamo già visto che questa tendenza ora si sta modificando
soprattutto dopo Auschwitz, dopo l'episodio del genocidio del popolo ebraico,
si è ricompresso che esistono dei valori universali che non possono essere
negati in alcun modo e che non possono essere, quindi, in alcun modo, messi da
parte.