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Una singola morte è una tragedia, un milione di morti sono una statistica - Josef Stalin
Dal punto di vista cronologico, l'ultima riflessione di Freud dovette
essere inevitabilmente condizionata dal nazifascismo che lentamente dilagava in
tutta Europa. Siamo agli inizi degli anni '40, Adolf Hitler ha da poco invaso
Ma perché parlo proprio di questi tre personaggi storici?
Perché le loro tre figure vengono tradizionalmente accomunate nel momento in cui si parla di totalitarismo. Questo concetto fu creato da alcuni storici e politici per enumerare le caratteristiche di alcuni regimi nati nel XX secolo con lo scopo di mobilitare intere popolazioni o stati in nome di un'ideologia o di una nazione. Ed, in particolare, il periodo storico che va dal 7 ottobre 1917 (Rivoluzione d'ottobre russa) al 9 novembre 1989 (caduta del muro di Berlino) è stato da tempo definito l'età dei totalitarismi.
Il credo comune vuole che Hitler debba essere considerato primatista di questo nuovo genere di dittatura, ma in realtà, come molti studi affermano, il nostro compatriota Benito Mussolini fu colui che per primo adottò questo termine per indicare il proprio regime, in quanto esso si basava, poiché sistema di base economica e sociale, sull'utilizzo della cultura di massa (ovvero quella conoscenza prodotta tramite i mezzi di comunicazione di massa) e dell'industria culturale volendo massificare gli individui e controllarli poi (soprattutto psicologicamente) in ogni momento della loro vita ed in ogni aspetto del loro pensiero, politico, sociale o personale. I personaggi carismatici quali lo stesso Mussolini creavano il loro governo centralizzandolo su un solo partito, facevano un uso smisurato del terrore, tramite la polizia politica, e della propaganda. Sicuramente in questo trio l'italiano fu quello che emerse meno, ma solo perché Hitler e Stalin sono ricordati maggiormente per i loro stermini di massa. In queste due figure sta l'esagerazione del totalitarismo, ovvero l'eliminazione di massa di popolazioni che avrebbero potuto essere considerati un ostacolo per il proprio dominio; infatti se il nazismo indicava il proprio nemico all'esterno e verso lì rivolgeva le proprie forze distruttive (ovvero verso gli ebrei e, secondariamente, gli slavi e tutto il popolo con malattie fisiche o mentali), lo stalinismo vedeva il nemico essere all'interno e lo combatteva con lo sterminio di un gran numero di kulaki (proprietari terrieri che si erano arricchiti dopo la riforma agraria russa del 1905 sulla distribuzione delle terre).
Sigmund Freud muore esattamente 22 giorni dopo quel evento che diede poi il via alla seconda guerra mondiale; di conseguenza vive nel pieno dell' avvento nazista, del culmine fascista e delle persecuzioni staliniane. Osservando il gran numero di persone che aderivano a regimi totalitari così spietati, egli intuisce un fenomeno che sarebbe, nel giro di poco tempo, diventato drammatico in tutta Europa è che costituisce nell'identificazione delle masse con il capo, il leader carismatico che porta la popolazione verso un unico obiettivo o ideale. Il medico individua tra essi un legame di tipo "libidico", basandosi sulla teoria del Complesso edipico poiché tale rapporto riflette l'ambigua dualità esistente tra padre e figlio, di odio ed ammirazione. Sappiamo che questi sentimenti implicano una sorta di venerazione del figlio (=le masse) verso il padre (=il leader), cui sussegue poi il senso di colpa per l'invidia che si era provata segretamente e dopo la quale segue a sua volta la generazione di una ancora più forte unione del gruppo. La folla si scatena, compatta, rivolgendo la propria aggressività verso gli altri e trasferendo tutte le colpe su un generalizzato "nemico" esterno, un capro espriatorio che per il nazifascismo corrisponderà alla popolazione ebraica, mentre per lo stalinismo ai kulaki.
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