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L'Età Giolittiana
Giolitti: Giolitti salì alla presidenza del Consiglio nel 1903, anche se era già stato ministro degli Interni nel 1901 sotto Zanardelli e in cui aveva mostrato il suo valore.
Concezione giolittiana nei confronti dei lavoratori: Giolitti ha una diversa concezione sugli scontri tra lavoratori e imprenditori, in quanto era cosciente dello sforzo dei primi durante i primi anni del Regno. Un esempio pratico del suo orientamento Giolitti lo diede negli scioperi del 1901 e del 1904: negli scioperi del 1901 600.000 lavoratori del nord entrarono in sciopero, e Giolitti invece di intervenire come i governi precedenti, lasciò il governo al di fuori di questi scontri tra salariati e industriali, rispettando la libertà di sciopero; nel 1904 si ebbero manifestazioni e scioperi più violenti, soprattutto nel Sud, scioperi che si conclusero col primo sciopero generale italiano indetto dal partito socialista tra il 15 e il 20 settembre a cui aderirono tutti i lavoratori (definiti "cinque giorni di follia"): nonostante le pressioni dei borghesi e dei moderati, Giolitti rimase neutrale, raccogliendo le simpatie dei socialisti di Turati. Giolitti per contrastare questa difficile situazione sciolse le camere e alle successive elezioni il partito socialista perse alcuni seggi (da 107 a 94).
Sviluppo economico dell'età Giolittiana: Il decennio Giolittiano fu caratterizzato da importanti riforme sociali ed economiche, soprattutto nel campo dell'industria, emanando leggi sull'invalidità e sulla vecchiaia, leggi in favore di donne e bambini lavoratori, istituendo il monopolio delle assicurazioni con l'I.N.A. In questo periodo salì notevolmente il consumo di energia elettrica e l'industria metallurgica, manifatturiera e meccanica; nacque la FIAT, che avrà uno sviluppo rapidissimo nel decennio; il peso più importante era però ancora dell'agricoltura, anche se era passato da 50% al 44% in favore dell'industria: l'agricoltura quindi non si seppe modernizzare, insistendo soprattutto con la coltura del grano. Non tutto andò bene però: Giolitti infatti non si interessò del Sud, il cui livello industriale ed economico restò bassissimo: i più importanti oppositori a Giolitti quindi furono dei meridionalisti quali Gaetano Salvemini e Luigi Sturzo.
Politica interna:
Tacita intesa Turati-Giolitti e il Partito Socialista: Il metodo della libertà garantita degli scioperi piacque molto ai socialisti, soprattutto al capo di essi, Filippo Turati, a cui Giolitti propose un'intesa di governo, ma che egli dovette rifiutare in quanto l'ala massimalista del partito non avrebbe accettato un svolta così netta; c'è da dire però che l'appoggio dei socialisti Turatiani non mancò mai al governo giolittiano.
All'interno del partito socialista vi erano però differenze di concezioni politiche: infatti vi era l'ala dei massimalisti di Enrico Ferri, Enrico Leone e Arturo Labriola che sostenevano l'idea dello sciopero generale per arrivare alla rivoluzione socialista; vi erano anche i revisionisti che sostenevano la necessità di revisionare la dottrina marxista secondo lo sviluppo capitalistico di quegli anni. Comunque sarà l'intesa Giolitti-Turati che favorirà le riforme di questo periodo.
Democrazia Cristiana: In questi anni prese piede un movimento cattolico fondato da Romolo Murri con il nome di Democrazia Cristiana, a cui aderirono parecchi giovani che non avevano vissuto la questione romana e che sentivano il bisogno di inserirsi nella vita sociale e politica del paese. Questo movimento ebbe la benedizione del Papa Pio X (che abolì parzialmente il non expedit per contrastare il movimento socialista), ma venne in contrasto con i cattolici intransigenti dell'Opera dei Congressi, e quando ebbero l'appoggio del presidente, questa fu sciolta e venne così a mancare un organo fondamentale per i movimenti cattolici italiani. In questo periodo comunque si sentiva l'esigenza di un partito laico che seguisse i valori cristiani, soprattutto con Don Luigi Sturzo.
Nazionalisti: In questo periodo nacque anche il movimento nazionalista che si ingrossò rapidamente soprattutto dopo la guerra Libica.
Suffragio universale e il patto Gentiloni: Nel 1912 venne istituito il suffragio universale maschile, e gli elettori passarono da 3 a 8 milioni. Con questo notevole aumento di massa di elettori non si sapeva cosa poteva accadere nelle politiche del 1913, e soprattutto i movimenti cattolici, che non erano ancora entrati in politica, dovevano guidare l'enorme massa cattolica del Sud. La situazione fu risolta col patto Gentiloni con cui si sanciva che se un deputato voleva i voti cattolici doveva sottoscrivere a 7 condizioni (unità della famiglia, istruzione religiosa, libertà della scuola.). Con questo patto 228 candidati liberali su 310 salirono grazie ai voti cattolici e quindi Giolitti poté governare grazie a questi voti. Ma nonostante il successo, la fase Giolittiana era conclusa e nel 1914 Giolitti lasciò il governo a favore di Calandra che applicò una politica più dura nei confronti dei lavoratori.
Politica Estera:
La Conquista della Libia: L'Italia nei primi anni del novecento si distaccò dalla Triplice Alleanza con Germania e Austria, che non riconoscevano l'aumentata potenza italiana, per avvicinarsi alla Francia con cui ebbero un accordo segreto in cui si diceva che la Francia non sarebbe intervenuta in un eventuale attacco dell'Italia alla Libia, in cambio che l'Italia non si fosse opposta a una eventuale spedizione marocchina da parte dei francesi. Così anche sotto il tacito consenso delle altre potenze europee e grazie alle numerose pressioni dall'interno, Giolitti diede un ultimatum alla Turchia, accusandola di boicottare le iniziative economiche italiane: anche se la Turchia accettò questo ultimatum, l'Italia attaccò lo stesso la Libia riuscendo a conquistarla non senza difficoltà nel 1913. Le cause di questa guerra erano state il prestigio internazionale di un'eventuale vittoria dell'Italia e inoltre la Libia era vista come uno sbocco per i disoccupati emigranti dall'Italia, anche se dopo si dimostrò regione povera.
Conseguenze della conquista Libica: La vittoria dell'Italia sull'Impero Ottomano rese evidente alle potenze europee la debolezza di questo, e i primi ad approfittarne furono la Bulgaria, la Serbia e la Grecia, che con una rapida guerra (prima guerra balcanica) conquistarono la Macedonia. Subito dopo però vi fu un'altra guerra molto più sanguinosa tra la Bulgaria e la Serbia, la Grecia e la Romania per la spartizione di quest'area (seconda guerra balcanica): la Bulgaria perdette e dovette cedere alcuni territori alla Romania e impossessarsi di una piccola parte della Macedonia.
Il declino di Giolitti non dipese dalle numerose critiche dei suoi
avversari che lo accusavano, la destra conservatrice, di aver dilatato oltre
ogni limite la presenza dello stato nelle società e di aver violato le regole
del liberismo economico, mentre i meridionalisti erano arrivati a definire
Giolitti 'Ministro della mala vita', quanto piuttosto
dall'esaurimento della favorevole congiuntura economica interna e
internazionale.Dalle ceneri del riformismo e della fine della conseguente
stabilità politico-sociale scaturirono diverse divergenti prospettive.La prima
era identificata nel Partito nazionalista che proponeva una politica di potenza
per portare l'Italia al livello delle nazioni più forti e più autorevoli.
All'Italia 'vile' dei cauti equilibri giolittiani, D'Annunzio
opponeva una 'nuova Italia' potenza egemone del Mediterraneo, mentre
Marinetti, portavoce del Futurismo, esaltava la guerra 'sola igiene del
mondo'.Di segno politico opposto era invece la prospettiva politica del
movimento operaio che auspicava una radicale trasformazione della società.
Un primo sintomo dell'affermarsi delle tendenze radicali fu lo sviluppo assunto
dal sindacalismo rivoluzionario.
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