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Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo




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STORIA DEGLI EBREI ITALIANI SOTTO IL FASCISMO


L'EBRAISMO ITALIANO

Per parlare del rapporto fra ebrei e fascismo, bisogna necessariamente stabilire il loro peso nella vita italiana del tempo.

Alla base della legislazione razziale fu il censimento del '38, anche se non riuscì a fare luce su quanti fossero gli ebrei, che non praticavano la religione israelitica e su quanti preferivano dichiararsi tali. Se è difficile stabilire le cifre per gli ebrei italiani, ancor di più lo è per quelli indigeni e per quelli stranieri, residenti in Italia.

Rispetto al censimento del '31, gli ebrei risultano numericamente numerosi, ma questo è dovuto al criterio con cui è stato fatto il censimento: il primo con criterio religioso, il secondo con criterio razzista. Nel '38 infatti, furono censiti gli ebrei che si erano convertiti alla religione cattolica,una minoranza. Quale peso poteva avere questa minoranza sulla vita italiana? Secondo gli antisemiti, gli ebrei erano una piovra, che stendeva i propri tentacoli su tutti i settori più importanti della vita nazionale:cultura, amministrazione, politica e economia. Secondo Preziosi, l'unico vero antisemita, gli ebrei possedevano in Italia una posizione predominante, perché preposti alle direttive dei centri nervosi della vita nazionale. Gli ebrei però erano parte della classe borghese italiana e quindi, per la loro posizione privilegiata, non potevano essere considerati potenziali sovvertitori dello stato di governo. Malgrado ciò nel '38 molti giornali denunciarono lo strapotere economico degli ebrei, senza rimarcare che il loro potere era circoscritto ad alcune località. Se numericamente gli ebrei costituivano una presenza trascurabile, se il loro peso nella vita nazionale era tutt' altro che massiccio, neppure dal punto di vista morale e psicologico l'ebraismo era un problema.

Già nella seconda metà del XIII secolo non esisteva più una questione ebraica, perché essi si erano inseriti, senza scosse, sia psicologicamente che giuridicamente.

Il processo era iniziato tra il XVIII e il XIX secolo già al tempo delle repubbliche giacobine e si era concluso nel Rinascimento. Lo stato unitario non conobbe la questione ebraica e ciò significa che vi era stata un'assimilazione totale. Il fascismo pertanto inizialmente non riconobbe l'esistenza di un antisemitismo in Italia, in quanto gli ebrei si erano italianizzati anche intellettualmente. Si può anzi dire che l'Italia ebraica aveva perso ogni contatto con l'ebraismo europeo e mondiale. Gli ebrei di Italia si consideravano italiani. Si possono dunque individuare tre fenomeni chiave della storia degli italiani rispetto al fascismo:1)la sostanziale assenza di motivi antisemiti appena un po' diffusi in Italia;2)la dispersione degli ebrei nei partiti politici italiani in tutte le tendenze e quindi il loro comportarsi rispetto al fascismo, non in quanto ebrei, ma in quanto italiani;3) il sorgere e il lento affermarsi anche tra ebrei italiani del sionismo, il suo significato e il suo atteggiamento verso il fascismo.

I motivi antisemiti mancavano quasi totalmente in Italia, se vi erano, erano limitati ad ambienti ristretti e socialmente arretrati e non andavano oltre alcuni luoghi comuni(ebreo tirchio, ebreo sporco, ebreo affarista), caratteristiche negative appartenenti all'ebreo dei ghetti e ormai anacronistiche. Politicamente gli ebrei erano sparsi in tutti i partiti, anche se più numerosi erano gli ebrei nei partiti di destra e moderati. Essi si comportavano politicamente come cittadini italiani e non come comunità ebraica. In Italia fece addirittura fatica ad affermarsi l'ideologia sionistica che tra la fine dell' '800 e l'inizio del '900 si affermò in Europa, per l'espansione dell' antisemitismo nell'Europa orientale e in Francia. Il sionismo lanciò agli ebrei sparsi in tutto il mondo una duplice parola d'ordine, quella di dare agli ebrei una sede nazionale in EREZ-ISRAEL per realizzare la propria autonomia politica e quella della rivendicazione della propria EBRAICITA', cioè della propria religione, cultura e tradizione.

Gli ebrei affermavano che avevano già una patria bellissima e assai nobile, l'Italia, e non avevano bisogno di un'altra patria. Neppure la prima guerra mondiale fece diffondere in Italia il sionismo. Sulla base di ciò si può affermare che l'Italia non aveva mai conosciuto l'eccitamento razziale ed il razzismo. Quando Mussolini nel '37 e nel '38 lanciò la politica della razza, per dare una coscienza razziale agli ebrei, i suoi sforzi caddero nel vuoto.

Il razzismo trova infatti la sua origine in zone etnicamente non ben definite e razionalmente miste, in Germania e in particolar modo nella Prussia orientale, regione di profondi contrasti nazionali. In Italia quando si parlava di razza si identificava tale concetto con quello di nazione, non con quello etimologico. Lo stesso futurista Marinetti concepisce il concetto di razza come la molla del nazionalismo e dell'imperialismo, come una carica spirituale. Quando nel '38 si scatena la campagna razziale, alcuni esponenti razzisti tennero a sottolineare che il razzismo fascista era spiritualistico e quella nazista materialista.

Si può parlare di antisemitismo negli ambienti cattolici, in quanto la Chiesa voleva rivendicare il primato cristiano e cattolico e allo stesso tempo dal punto di vista economicamente, avendo attuato una politica imperialista antagonista delle organizzazioni finanziarie e capitalistiche, che interessavano numerosi ebrei.

Gli attacchi della Chiesa agli ebrei però erano discontinui e disorganici, soprattutto quando , finito il pontificato di Leone XIII, con Pio X si arriva ad un accordo tra moderati e cattolici. Con l'affermazione del fascismo l'antisemitismo cattolico manteneva il proprio carattere asistematico. L'antisemitismo diveniva quasi una sensazione più che una convinzione, e ciò è ben chiaro nell'articolo di Oriani del 1904.

Solo nel 1920 l'antisemitismo venne ampliamente sostenuto nella rivista di Preziosi e si parlò di una congiura internazionale di ebrei, per ridurre ai propri voleri le nazioni più povere, soprattutto l'Italia. Così facendo in Italia si poteva dare una giustificazione accettabile alla VITTORIA MUTILATA, che era stata voluta da Lloyd Gorge, Clemenceau e Wilson. Preziosi dimostrò che tutti e tre erano ospiti di ebrei e che essi avevano avuto larga influenza sulle loro decisioni.

Nel '22 l'antisemitismo comincia ad essere un'ideologia ampliamente diffusa tra le forze dirigenti, ma non si può certo parlare di antisemitismo di massa, nel periodo della marcia su Roma.

Fino a questo momento prevaleva sull'antisemitismo l'antisionismo, affermatosi con il conflitto italo-turco. I nazionalisti vedevano nel sionismo e negli ebrei gli alleati dei Turchi. Vi era però anche chi credeva che la creazione di uno stato in Palestina ebraica, amica dell'Italia, avrebbe potuto essere uno sbocco importante per la penetrazione economica italiana in Oriente. Con l'aggravarsi della crisi internazionale, l'antisemitismo diveniva in Italia antisionismo a sfondo anti-inglese. Si diffuse infatti la convinzione che esso fosse fumo negli occhi gettato da Wilson, per sostenere la politica imperialista inglese in Oriente.



IL FASCISMO E I SUOI PRIMI RAPPORTI CON GLI EBREI

Il fascismo dalle sue origini fino alla fine si presenta come un fenomeno continuo ma estremamente complesso, ancor di più nei suoi rapporti con gli ebrei. Il fascismo delle origini non prese una posizione precisa riguardo alla questione ebraica. Nei giornali fascisti come "L'Assalto", "Audace" e "Balilla", la questione ebraica non ha grande rilievo, al massimo gli ebrei erano accusati di far parte della massoneria. L'iniziale rapporto tra ebrei e Mussolini si può riassumere in alcuni dati di fatto:

Mussolini personalmente non aveva vere prevenzioni antisemite, gli ebrei in genere non gli erano né particolarmente simpatici, né antipatici;Riconosceva loro una serie di doti e di capacità, specialmente in campo finanziario e aveva un gran rispetto di loro come popolo.

Vi erano in Mussolini spunti antisemiti ma essi non determinavano conseguenze pratiche.

Questo fondo di antisemitismo tradizionale non ebbe a lungo quel carattere razzista, che vollero dargli dopo il 1938, gli apologeti della campagna razziale.

Questo fondo di antisemitismo tradizionale non ebbe fino al 1936 significato politico, il Mussolini delle origini non sposò mai le tesi di Preziosi e di simili corifei italiani e stranieri dell'antisemitismo ad oltranza.

Vi era in Mussolini un timore reverenziale per la potenza ebraica nel mondo.

Mussolini fin dal 1919 aveva nel suo entourage alcuni ebrei e molti ebrei aderirono al fascismo, partecipando anche alla marcia su Roma.



GLI ANNI DELL'ASSESTAMENTO 1922-32

Nei primi mesi dopo la costituzione del governo fascista, un piccolo gruppo antisemita mise in atto una campagna per indurre Mussolini ad allontanare gli ebrei dalla Banca d'Italia e dalla banca Commerciale italiana, ciò intorpidì i rapporti tra ebrei e fascismo, non bastava neppure il fatto che molti fascisti fossero ebrei. Da parte ebraica tra il '26 e il '27 si possono notare tre diversi atteggiamenti, gli ebrei tentarono di non far identificare con tutti gli ebrei gli atteggiamenti antifascisti di pochi. Si chiarirono inoltre i veri fini del sionismo e si sottolinearono i vantaggi che l'Italia avrebbe tratto da un stato di Palestina. Come terzo atteggiamento si potè notare una rivendicazione di alcuni valori, prettamente ebraici. Proprio nei confronti di quest'ultimo atteggiamento il fascismo si irrigidì, vedendo in ciò il rifiuto dell'Italia. Solo nel '27 si hanno i primi segni di miglioramento tra fascisti ed ebrei, in quanto Mussolini "normalizzando" la situazione politica e gettando le basi del regime mise a tacere ogni forma di opposizione. Motivo di apprensione fu il Concordato del '29, perché gli ebrei temettero di essere cacciati, in quanto non cattolici, ma effettivamente a loro non capitò nulla. Già nel '31 sembrava che la questione ebraica non destasse più alcuna preoccupazione. Ciò non toglie che nell'era fascista le Comunità israelitiche sentirono comunque il bisogno di darsi un'organizzazione ben precisa, che si può riassumere in tre punti: 1) Provvedere a tutto ciò che si ritenga di comune interesse per la Comunità, secondo i loro fini, specialmente per la cultura ebraica e per la conservazione del patrimonio storico ed artistico.

2)Promuovere opportuni provvedimenti per le Comunità, che, per le mutate condizioni locali , o stentano la vita o vanno scomparendo.

3)facilitare la costituzione di nuove Comunità, laddove se ne manifesti il bisogno.

Il governo fascista accettò in toto la legge delle Comunità, emanata nel novembre del '31, ma non ammise che venisse riformato il codice civile e che l'articolo 402 tutelasse la religione israelita.

I punti essenziali della nuova legge furono questi:SCOPI:Alle Comunità veniva assegnato lo scopo di provvedere ai bisogni religiosi locali e alla beneficenza tra i suoi membri, esse facevano parte obbligatoriamente dell'unione delle Comunità israelitiche italiane, che rappresentavano le Comunità e gli Israeliti, di fronte al governo e al pubblico.

MEMBRI: Alla Comunità appartengono di diritto tutti gli israeliti, che hanno residenza in essa.

MEZZI: I mezzi necessari all'assolvimento degli scopi suddetti erano assicurati da un contributo imposto a tutti gli appartenenti alle Comunità, da stabilirsi in base al reddito di ciascun membro.

CARICHE LAICHE: L'amministrazione della Comunità era eletta con suffragio universale diretto da parte di tutti i propri membri. Il consiglio dell'unione era a sua volta eletto dal Congresso dei delegati delle comunità.

DIREZIONE SPIRITUALE:Era affidata ai rabbini. Il rabbino capo di ogni Comunità aveva voto consultivo nel consiglio e nella giunta delle Comunità. Cinque rabbini capi partecipavano al Congresso dell'unione.

CONTROLLO GENERATIVO: Le comunità e l'unione erano sottoposte alla vigilanza e alla tutela dello Stato. Al ministero degli interni spettava la nomina dei rabbini.

Gli effetti positivi della nuova legge furono messi in pratica tra il '30 e il '31, quando nelle scuole comunali venne attuato l'insegnamento religioso ebraico.


LA SITUAZIONE PALESTINESE E L'OPINIONE PUBBLICA ITALIANA

Nel 1929 in Palestina si erano verificati gravi incidenti tra arabi e d ebrei e la stampa italiana seguì attentamente gli eventi. La stampa di informazione non assunse un atteggiamento contrario ai diritti degli ebrei, accusa invece gli inglesi di non aver saputo assolvere il compito affidato loro dalla Società delle Nazioni, l'Inghilterra viene definita traditrice degli ebrei. Solo le riviste cattoliche avversarono gli ebrei.



L'OMBRA DI HITLER.1933-34

Tra il 1932 e il 1933 i rapporti tra il fascismo e gli ebrei erano completamente risolti. Se vi erano oppositori da una parte, dall'altra erano completamente isolati. Neppure la politica della razza destava timori perché essa era essenzialmente volta a migliorare la razza italiana. L'affermarsi però del Nazismo in Germania e il demarcato antisemitismo tedesco cominciarono a diffondersi attraverso alcuni articoli, anche in Italia. Inizialmente Mussolini respingeva e condannava il razzismo nazista,malgrado non manifestasse ciò apertamente, per non compromettere i rapporti tra Italia e Germania. Nel marzo del'33 Hitler pubblicò il famoso proclama contro gli ebrei, proclama che Mussolini non accettò, facendo nascere un forte risentimento in Hitler. Per evitare una rottura sia con la Germania sia con le Comunità ebraiche, Mussolini si presentò come mediatore e tentò di ottenere da Hitler, che gli ebrei cacciati potessero reclamare parte dei loro averi. Dopo alcuni incontri avvenuti nel '34, Mussolini autorizzò gli ebrei tedeschi soprattutto medici, scienziati e professionisti a stabilirsi in Italia. Mussolini infatti era fermamente convinto che la campagna antisemita fosse politicamente sbagliata. Mussolini conduceva questa azione internazionale in difesa degli ebrei europei, contro i quali si accaniva l'avversione antisemita, in alcuni ambienti fascisti intanto si riaffacciava l'antisemitismo.

Mussolini però interpretava la volontà della stragrande maggioranza del popolo italiano. A tale sentimento diede voce il giornale "Il Tevere" che invitò gli ebrei ad uscire dall'equivoco, respingendo e rinnegando per sempre il sionismo. La campagna antisemita del '34 ebbe grandi ripercussioni tra gli ebrei italiani, che erano in gran parte sostenitori del fascismo. Essi nel loro giornale, stampato per la prima volta nel '34, "La nostra bandiera" affermavano siamo soldati, siamo fascisti; ci sentiamo uguali a tutti gli altri cittadini.

Essi ribadivano inoltre che il loro appoggio al sionismo nasceva per sostenere gli ebrei in oriente e non per creare una patria in cui riconoscersi. Gli ebrei infatti fin dalla loro espulsione si erano totalmente integrati nelle nazioni che li avevano accolti.



MUSSOLINI E IL SIONISMO

Nei confronti del sionismo italiano Mussolini aveva dei pregiudizi in quanto l'idea che i sionisti avessero due patrie si scontrava con il suo concetto monolitico di patria. D'altra parte è ovvio che i sionisti non rifiutavano un rapporto con l'Italia fascista e puntavano su di esso, a maggior ragione quando l'Italia stava scivolando verso un'intesa con la Germania. Mantenere buoni rapporti con l'Italia significava evitare che questa puntasse tutto sulla carta araba e che la Palestina rimanesse campo unico e incontrastato della politica inglese. Quando nel 1929 i rapporti italo-inglesi si raffreddarono e il contrasto arabo-ebraico si acuì, rafforzare i rapporti tra i sionisti e i fascisti era fondamentale.

Mussolini avrebbe potuto facilitare l'esodo dall'Europa dei profughi ebrei e fungere da mediatore tra arabi ed ebrei. I sionisti videro nel duce l'unico che poteva risolvere la questione palestinese e liberare gli ebrei dai loro mali. Quando scoppiò il conflitto tra Italia e Etiopia, il rapporto tra fascisti e sionisti assunse un nuovo volto. Da un lato i fascisti tentarono di creare delle difficoltà all'Inghilterra in Palestina, dall'altro cercarono di servirsi del sionismo per evitare le sanzioni.

Tra il '36 e il '37 i rapporti tra Italia e sionismo entrarono in nuova fase, destinata ad essere anche l'ultima.

Nel '36 infatti Mussolini nominò ministro degli esteri il genero Galeazzo Ciano, sostituendo Suvich, che non aveva neppure preso in considerazione la possibilità di un rapporto con Berlino. Ciano invece un po' per faciloneria e inesperienza, un po' sopravvalutando le capacità italiane, cambiò questo indirizzo attivando una politica di avvicinamento alla Germania, iniziò trattative con l'Inghilterra sui problemi mediterranei, fondate sul riconoscimento dei reciproci interessi. L'alleanza con la Germania, la politica filo-araba e l'accordo mediterraneo con l'Inghilterra fecero si che palazzo Chigi non guardasse più alla Palestina e al sionismo con gli occhi di un tempo.

Vari furono i tentativi dei sionisti, che però caddero nel nulla.


SI APPROFONDISCE LA CRISI 1935-36

Tra il '35 e il '37 Mussolini e il fascismo divennero solidi e popolari, come mai in nessun altro momento, e ciò fu dovuto anche al successo della guerra d'Africa. Furono però anche gli anni in cui cominciarono attacchi concreti agli ebrei. Molti esponenti del regime si convertirono all'antisemitismo, mentre la Germania richiedeva sempre di più l'allineamento, ora visto da Mussolini indispensabile, per la realizzazione dell'asse Roma - Berlino. Gli incidenti a Tripoli tra la fine del '36 e gli inizi del '37 si possono considerare come la prima manifestazione di antisemitismo del fascismo. Inizialmente questi incidenti non vennero considerati tali e neppure presi in considerazione dalla stampa. Già nel '32 vi erano stati gravi incidenti tra ebrei e fascisti a Tripoli , in quanto gli ebrei libici erano molto attaccati alle loro tradizioni. Badoglio riuscì ad ottenere una pacificazione. Tra il '36 e il '37 un banale amore contrastato tra due ebrei, uno di 35 anni e l'altra di 15 anni, conclusosi con un matrimonio a sorpresa, data l'importanza delle famiglie coinvolte, si trasformò in un grave incidente. L'autorità italiana chiamata in causa, dichiarò che il matrimonio doveva essere annullato. Il tribunale rabbinico lo riconobbe,invece, valido.

Questo significava impedire che ebrei libici si assimilassero ai costumi degli ebrei occidentali. Nel '36 anche l'attacco giornalistico si fa durissimo e continuo. Senza contare che la Chiesa sosteneva Hitler e la sua politica, vedendo in lui uno strumento per combattere il comunismo. Iniziarono a Ferrara le prime persecuzioni ebraiche. I ragazzi ebrei vennero bocciati agli esami e esclusi dai circoli ricreativi e dalle biblioteche. Dall'aprile del '37 fino al '45 la campagna antisemita non ebbe più sosta. Vennero attaccati i sionisti e anche gli ebrei fascisti,la Palestina ora non appariva più come lo stato che avrebbe garantito all'Italia uno sbocco economico in Oriente;l'Italia aiutando il sionismo avrebbe aiutato l'espansionismo britannico.

Contro gli ebrei fascisti era più difficile trovare una motivazione, in quanto erano degli ottimi italiani e ottimi fascisti.

Venne però rimproverato loro di aver sposato la causa fascista, non perché convinti, ma per ottenere dei riconoscimenti. Molti ebrei convinti che non ci sarebbe più stata una possibilità di accordo, cominciarono ad emigrare. Questa volta il popolo italiano non concordò con Mussolini. Era inutile colpire, per pochi malvagi, un intero popolo. In tale occasione il giornale La nostra bandiera, composto ad ebrei fascisti, almeno fino al '37, non rinnegò mai veramente l'idea di un vero e proprio stato in Palestina. Le comunità ebraiche entrarono in forte crisi e la stessa unione ebraica si ridusse all'inattività.


I PROVVEDIMENTI ANTISEMITI DEL 1938

Quel Mussolini che fino al '37 non aveva mai preso in considerazione la questione ebraica, nel '38 emanò dei veri e concreti provvedimenti. La nuova generazione, vedi Ciano, che era entrata nell'entourage fascista, aveva giocato un ruolo decisivo. La legislazione razziale fu un pegno, dato da Mussolini alla Germania. Il razzismo e l'antisemitismo erano il fulcro dell'ideologia nazista e quindi non potevano essere ignorati, costituivano un elemento concreto nella politica tedesca perché un alleato li ignorasse.

La politica dello struzzo, il cercare di aggirare la questione con piccoli espedienti diplomatici, poteva andare bene nella fase preliminare dell'accostamento, ma non poteva reggere ad una vera alleanza.Firmato il Patto d'Acciaio nel 1939, era ben chiaro che la politica italiana dovesse allinearsi in tutto e per tutto a quella nazista. L'antisemitismo italiano nasce dalla volontà di Mussolini di eliminare ogni dissonanza con l'alleato. Essa però non doveva essere una traduzione italiana della legislazione nazista, doveva avere un suo carattere. Mussolini era convinto che a guerra finita e vinta, quando non ci sarebbe stato più bisogno di essere alleati della Germania, la questione sarebbe stata rivista.

Lo spunto, lo slogan di Mussolini fu DISCRIMINARE E NON PERSEGUITARE.

Egli mirava soprattutto ad allontanare gli ebrei dall'Italia, senza perseguitarli o sterminarli.

I campi di concentramento italiani, per lungo tempo, furono riservati agli ebrei stranieri e politicamente pericolosi.

I quotidiani che seguirono questo progetto furono IL TEVERE e IL QUADRIVIO, che tralasciarono tutte le notizie filo-ebraiche, per sottolineare i reati comuni, compiuti dagli ebrei. Fu perseguitato dalla stampa Moravia, l'ebreo Pincherle. Veniva attaccato anche chi difendeva gli ebrei. Non vi fu giornale locale o nazionale che non fece la sua brava inchiesta sugli ebrei stranieri e italiani, denunciano quanti erano, quanto possedevano, quali cariche ricoprivano, quali attività economiche esercitavano. In questo modo si metteva in luce l'invasione e lo strapotere ebraico. Oltre la stampa ebbero grande influenza altre forme di propaganda, prima fra tutte quella radiofonica. Dai microfoni dell'EIAR i propagandisti della razza potevano giungere in tutte le case e farsi ascoltare anche da chi rifiuta di leggere quanto veniva scritto dai giornali.

L'attività propagandista fu svolta dai GUF, gruppi universitari fascisti.

Presso ogni GUF sede di università, fu costituita una sezione DEMOGRAFIA E RAZZA .Nel 1938 Mussolini redige l'Informazione,definito da lui steso un CAPOLAVORO DI PROPAGANDA ANTISEMITA. Il duce smentiva qualsiasi intenzione del governo di prendere provvedimenti contro gli ebrei. In modo delicato si annunciavano prossimi provvedimenti. Mussolini sapeva bene che i provvedimenti in questione avrebbero suscitato grande impopolarità all'estero e presso la Santa Sede, quindi preferì tardare il più possibile a prendere una posizione ufficiale.

Venne però pubblicato il MANIFESTO DEGLI SCIENZIATI, espressamente razzista.

Gli ebrei cominciano ad essere esclusi dalle accademie militari e dalle scuole. Il provvedimento contro gli ebrei stranieri riguarda solo la Libia, l'Italia e le isole dell'Egeo, mentre non si faceva cenno all'AOI, IMPERO D'OLTRAFRICA.

Sicuramente Mussolini sperava di sistemare gli ebrei in qualche parte dell'AOI. La lettera di Roosevelt a Mussolini del '38 appoggiava tale decisione, in quanto sosteneva che , se la soluzione ebraica non fosse stata basata sulla giustizia e sull'umanità, le relazioni internazionali si sarebbero inasprite e la causa della pace sarebbe stata compromessa,

Mussolini lasciò pensare sia agli Inglesi che agli Americani ad un piano concreto per la soluzione del problema, anche se sapeva bene di non voler apparire come protettore degli ebrei ad Hitler.

Mussolini aveva comunque due ostacoli per la realizzazione dell'antisemitismo di stato:il re e la Santa Sede. Vittorio Emanuele cedette quando seppe come Mussolini intendeva impostare il piano, ma Pio XI fu un grande scoglio. La Chiesa non accettava che gli ebrei fossero perseguitati in nome della razza e non della religione.

Sostanzialmente l'atteggiamento della Santa Sede fu timido e rivolto non a difendere gli ebrei ma a difendere la Chiesa Cattolica in Italia.

Il Gran Consiglio avvallò la politica antisemita e tutti gli organi ed enti di stato allontanarono tutti i dipendenti ebrei. Tale provvedimento spinse per la prima volta le masse italiane fasciste e mussoliniane a guardare con occhi diversi il governo; molti capirono cosa fosse veramente il fascismo e grande fu la riprovazione e il disgusto degli italiani e della Chiesa, nell'apprendere le notizie delle violenze tedesche contro gli ebrei. La persecuzione era lontana dalla mentalità, dalla storia e dalle tradizioni italiane. La campagna antisemita scatenata nel '38 era per gli italiani il primo shock, dopo il delitto Matteotti e sancì il divorzio dal fascismo. Tutti in Italia erano consapevoli della fiducia ebraica a Mussolini e la persecuzione appariva incomprensibile.

Il manifesto contro gli scienziati fu un fulmine a ciel sereno, molti ebrei scapparono, altri cercarono la solidarietà degli italiani.

All'estero i provvedimenti italiani vennero accolti e valorizzati soprattutto dagli Arabi e dai Tedeschi. L'America tentò nel '39 di spingere Mussolini a consentire agli ebrei di rifugiarsi in Europa, ma il duce rifiutò.

La legge del 17 novembre del 38 è considerata la Magna Charta del fascismo italiano. Le decisioni del Gran Consiglio diventavano legge. Mussolini con questo documento si vedeva costretto ad intraprendere una vera e propria persecuzione, mentre il conflitto si avvicinava sempre di più.

Vennero posti limiti alle proprietà immobiliari e alle attività commerciali e industriali, i professionisti furono cancellati dagli albi.

Venne fatto divieto di frequentare posti di villeggiatura, di inserire sui giornali avvisi pubblicitari e mortuari, di pubblicare libri, di collaborare con la stampa, di comparire sull'elenco telefonico, di tenere pubbliche conferenze.

Si specificava inoltre che era di razza ariana anche colui che era nato da genitori, di cui uno solo era di razza ebraica.

La più importante delle nuove leggi fu però la 1024, presentata come una semplice norma integrativa del Decreto legge del '38. Essa introduceva una nuova figura, quella dell'ARIANIZZATO. Il ministro dell'Interno poteva dichiarare chi non apparteneva alla razza ebraica e poteva così premiare alcuni ebrei meritevoli.

Con tale legislazione l'ebreo veniva totalmente separato dalla collettività nazionale, secondo l'originaria tendenza mussoliniana. Ma il duce si dovette scontrare con la Santa Sede e il popolo italiano che caldeggiavano di tutelare l'unità morale e spirituale delle famiglie miste. Se avesse proseguito la via intrapresa, Mussolini si sarebbe trovato l'intero popolo contro. Se avesse scelto la seconda avrebbe dimostrato a tutti che aveva sbagliato, che non godeva più del consenso popolare e che non poteva più attuare una politica di forza contro la Santa Sede.

In questo vicolo cieco Mussolini, certo dello scoppio della guerra, scelse di mostrare una forza solo apparente, da un lato aumentò la pressione su gi ebrei, dall'altro favorì l'immigrazione legale e clandestina degli ebrei dall'Italia. Inoltre già nei primi anni di guerra fece autorizzare da DEMOGRAFIA E RAZZA i cambiamenti di cognome. Gli ebrei stranieri dovevano abbandonare l'Italia, la Libia e le isole dell'Egeo, se non avessero ancora 65 anni e non avessero contratto matrimonio con italiani. L'entrata dell'Italia in guerra impose nuovi provvedimenti antisemiti non ebbero gravi ripercussioni, tranne che veniva proibito il trasferimento di immobili e limitata la libertà di commercio. Con lo scoppio della guerra nel 1940 si cercavano anche le responsabilità ebraiche di tale evento, ovvero un qualsiasi pretesto per accanirsi contro di essi. La stampa e la radio promuovevano tale campagna. Molti uomini di cultura aderirono all'antisemitismo e pochi riuscirono a mantenersi estranei, come Giovanni Gentile. Chi si mantenne estraneo non potè però essere giustificato, poiché effettivamente non dimostrò coerenza a livello di azione con ciò che pensava. Molti giovani aderirono all'antisemitismo, come critica alla storia italiana, alla corruzione borghese, con la speranza che il fascismo potesse rinnovarsi. In qualche modo gran parte dell'Italia aveva accettato la persecuzione ebraica. Nei confronti degli ebrei all'estero, Mussolini si dimostrò, come fece notare Hitler , troppo lassista, chiedendo che fossero rispettati i loro diritti , in qualità di cittadini italiani.

Quando nel '42 Hitler chiese a Mussolini di reprimere gli ebrei, che si erano rifugiati in Jugoslavia, quest'ultimo ricorse ad un sotterfugio burocratico, annunciando che era stato dato il nulla osta, in effetti però il nulla osta non era accompagnato da alcuna istruzione, quindi si permetteva solo di prendere in considerazione la richiesta alle autorità militari in loco.

Hitler capì il doppio gioco di Mussolini, si adirò con il duce, che però non retrocesse dalla propria posizione. In questo modo salvò migliaia di vite, in quanto non si arrivò ad una soluzione della questione fino all'8 settembre del 1943, quando venne stipulato l'armistizio. Tra l'esigenza di non giungere ad una crisi con Hitler e quella di non ordinare un mostruoso crimine, il duce tergiversò e cercò scappatoie, che in effetti lo screditarono agli occhi dei Tedeschi.



L'UNIONE DELLE COMUNITA' E LA DELASEM

Dal 1938 fino alla caduta del fascismo gli ebrei vissero anni difficili, anche se i confinati potevano ritenersi fortunati, in quanto continuavano a vivere e ricevevano grande sostegno dagli abitanti di questi piccoli villaggi, è il caso di Carlo Levi a Eboli. Le comunità ebraiche vissero anni di grande crisi, perché private dei loro rabbini.

L'Unione ebraica si trovò completamente distaccata dalle comunità e visse in un limbo di buone intenzioni, timori ed incertezze, incapaci di darsi una politica vera, che non fosse quella del giorno per giorno.

Malgrado ciò l'unione riuscì a dare vita ad una delegazione, assistenza agli emigrati ebrei, DELASEM,che con l'appoggio del governo potè aiutare   e salvare migliaia di ebrei.

La DELASEM poteva contare sull'aiuto economico di alcune importanti organizzazioni internazionali ebraiche e potè aiutare i profughi ebrei in Italia. Dal '41 al '43 l'unione di alcune comunità ripresero l'attività scolastica e assistenziale, malgrado le gravi difficoltà della guerra,



GLI EBREI E L'ANTIFASCISMO

Fin dalla prima apparizione del fascismo si delineò un atteggiamento antifascista tra alcuni intellettuali, tra questi anche degli ebrei. Ma il vero antifascismo ebraico si manifestò con l'antisemitismo. Gli ebrei come gli altri italiani, furono inizialmente fascisti, poi antifascisti per la mutata linea politica del fascismo. Furono antifascisti da italiani e non da ebrei e si sentivano più antifascisti che sionisti.



L'ULTIMO ANNO DELLA TRAGEDIA

La caduta del fascismo avvenuta nel '43, il 25 luglio, fu accolta dagli ebrei con una gioia maggiore di quella degli italiani, per essi infatti significava una duplice liberazione, dalla tirannia fascista e dalla persecuzione.

Firmato l'armistizio, l'8 settembre del '43, la reazione nazista fu immediata, le truppe italiane impedirono i loro propositi sterminatori, ma ad essi non poterono sfuggire gli ebrei delle isole dell'Egeo e delle zone occupate dalle truppe italiane. Formatasi la Repubblica sociale italiana, con sede a Salò, nel nord Italia, occupato dai tedeschi, Mussolini prese ulteriori provvedimenti contro gli ebrei, sia per accontentare Hitler, sia per far fronte alle precarie condizioni economico- finanziarie della Repubblica. La persecuzione antisemita del RSI ebbe un carattere di operazione economico-finanziaria e cercò di evitare le deportazioni. Nel marzo '44 fu creato , alle dipendenze della presidenza del Consiglio, un ufficio della Razza, con a capo Preziosi. Egli emanò un decreto-legge, con cui dichiarò un delitto contro al razza, il procreare figli tra individui di sangue italiano e quelli di sangue straniero. Preziosi definiva INDIVIDUI DI SANGUE ITALIANO i cittadini italiani, i cui progenitori fossero in Italia dal 1800. Tutti quelli che non erano di sangue italiano erano esclusi da qualsiasi attività pubblica, professionale ed artistica, i loro beni venivano confiscati. Dopo il '43 gli arresti degli ebrei furono effettuati non dai tedeschi, ma dagli italiani fedeli alla Repubblica sociale di Salò. L'alleanza con al Germania nazista portò alla totale degradazione del fascismo, non solo a livelli nazionali. Sull'altare dell'alleanza con Hitler, Mussolini sacrificò senza pensarci gli ebrei italiani, divenendo antisemita.

Gli ebrei non supponevano che si sarebbe arrivati a tali eccessi, dopo l'armistizio del 1943, invece proprio in questo periodo si scatenò tutta la ferocia della persecuzione italiana.

Alcuni riuscirono a mettersi in salvo in Svizzera, altri per la solidarietà degli italiani, soprattutto dei contadini. La Santa Sede anche in questo momento mantenne la linea di sempre evitando qualsiasi contrasto con Hitler e Mussolini. Le piccole chiese però aiutarono gli ebrei. Non si deve inoltre dimenticare l'aiuto offerto dai partigiani, d'altra parte fra loro vi erano anche ebrei, che in quanto italiani si battevano per un 'Italia libera e democratica.


















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