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Schiavitù
Caratteristiche costitutive della schiavitù sono: la coercizione a
svolgere un compito o a prestare un servizio; la riduzione di un essere umano a
proprietà esclusiva di un altro essere umano, cioè del suo padrone;
l'assoggettamento completo di un individuo alla volontà di colui che lo
possiede. Il sistema sociale o l'ordinamento politico fondato sull'istituto
sociale della schiavitù è detto schiavismo. L'esplorazione dell'Africa,
l'invasione delle Americhe da parte degli europei nel XV secolo e la successiva
colonizzazione di questi territori nei tre secoli successivi diedero un grande
impulso al commercio di schiavi. Il Portogallo, che necessitava di lavoratori
agricoli, fu il primo stato europeo a utilizzare fin dal 1444 schiavi per
soddisfare le necessità di manodopera interna: nel 1460 importava già da
Negli stessi anni il commercio di schiavi africani dall'Africa centrale ai mercati arabi, iraniani e indiani fu intensificato anche dai commercianti arabi. Un fattore di forte aumento nella richiesta di manodopera di schiavi fu conseguenza della durezza delle condizioni che la colonizzazione spagnola impose in America latina alla popolazione indigena.
Il duro lavoro nei campi, le pessime condizioni igieniche e le malattie portate dall'Europa contribuirono infatti a decimare la popolazione, che fu rimpiazzata con schiavi africani ritenuti in grado di sopportare meglio lavori molto faticosi come la coltivazione della canna da zucchero in climi tropicali. Nel Nord America i primi schiavi africani furono insediati a Jamestown, in Virginia, nel 1619.
Inizialmente non si ritenne necessario procedere a una definizione giuridica del loro status, ma a partire dalla seconda metà del XVII secolo con lo sviluppo delle piantagioni nelle colonie del Sud il numero degli africani importati come schiavi agricoli crebbe enormemente e divenne un elemento fondamentale per l'economia e per il sistema sociale che doveva trovare una formalizzazione.
Le leggi relative al loro status, legale, politico e sociale,
furono così definite già prima della guerra d'Indipendenza americana. Formalmente gli schiavi d'America godettero di alcuni diritti, come nel caso della proprietà privata. Si trattò tuttavia di diritti che il proprietario di schiavi non era obbligato a rispettare e comunque di casi isolati; in generale gli elementari diritti umani furono infatti costantemente violati: gli schiavi potevano ad esempio subire violenze sessuali da parte dei padroni, le
famiglie potevano essere separate perché i loro membri venivano venduti a piantagioni diverse; i trattamenti brutali come mutilazioni e omicidi, in teoria proibiti per legge, rimasero abbastanza comuni fino al XIX secolo. Ai proprietari degli schiavi era poi
vietato di insegnare loro a leggere. Quando la popolazione americana divenne culturalmente meno omogenea, verso gli anni '40 del XIX secolo, con l'aumento dell'immigrazione dall'Europa meridionale e orientale, negli USA si rese necessario chiarire chi fossero i 'bianchi'.
Nacque così una suddivisione di quelli che oggi sono chiamati «caucasici» in una gerarchia di diverse razze, stabilite 'scientificamente', e al cui vertice erano gli anglosassoni e i popoli nordici.
Venuta
meno l'utilità economica dello schiavismo negli stati industrializzati del
Nordamerica, il 1 gennaio il presidente
repubblicano Abraham Lincoln abolì la schiavitù con
Gli stati agricoli del Sud si confederarono a difesa della schiavitù dando inizio alla guerra di secessione americana.
La schiavitù terminò nell'intera federazione con la sconfitta del Sud, infine il 18 dicembre fu ratificato da Abraham Lincoln il tredicesimo emendamento " Il Proclama di Emancipazione",ossia l'abolizione della istituzione schiavistica; tuttavia rafforzò e istituzionalizzò l'ideologia razzista, e a partire dagli anni 1870, con l'affermarsi delle teorie del «razzismo scientifico» moltissimi stati americani introdussero leggi discriminatorie, tra cui il reato di mescolanza razziale, a proibizione dei matrimoni e delle unioni interrazziali, ed ebbe inizio il fenomeno della segregazione razziale. Ad ogni modo, coloro che negli Usa le trovavano utili ai loro scopi accolsero e diffusero le teorie scientifiche razziste sfornate, nel XIX secolo, dagli scienziati europei per giustificare l'avventura colonialista, che caratterizzò la maggior parte del XIX secolo. Il razzismo statunitense, fu usato soprattutto ai danni di popolazioni abitanti nello stesso continente.
La mappa dell'eugenista Madison Grant nel 1916, mostra la distribuzione delle presunte 'razze europee'. Negli Usa ebbe conseguenze storiche durature, negli anni 1920, la massiccia diffusione delle teorie dell'eugenista Madison Grant che saranno più tardi la principale fonte di ispirazione per le campagne di sterilizzazione forzata ed eutanasia forzata operate dal nazionalsocialismo tedesco. In quegli anni la comunità nera d'America aveva, tuttavia, la sua personale eredità di resistenza contro la supremazia bianca.
Il Rinascimento di Harlem durante gli anni Venti era il segno del successo della sua opposizione culturale.Dopo la crisi economica del , con i disordini che ne seguirono e con il diffondersi del «pericolo comunista» la strategia politica cambiò e negli ex stati confederati del Sud, si adottarono teorie meno rigide, ispirate in gran parte da quelle europee.
Così
negli anni 1930,
quando in quegli stati era ormai divenuto impossibile continuare a mantenere un
così alto numero di immigrati europei fuori dalla élite dei bianchi - con il
rischio peraltro di pericolose coalizioni coi neri - i segregazionisti estesero
i diritti a tutti i «caucasici», gruppo razziale che includeva anche
i mediterranei, e che era suddiviso in «White Caucasian» e «Caucasian». Oggi il
termine «caucasico» viene esteso ad indicare indistintamente i «bianchi»,
tuttavia la suddivisione in «white caucasian» e «caucasian» è ancora
ufficialmente in vigore nei metodi statistici di catalogazione in uso presso le
istituzioni di molti stati americani. Tutte le altre presunte razze non caucasiche
invece rimasero escluse dai diritti civili per altri venti anni. Il 17 maggio
1954
Sarà negli anni 1960, a seguito delle numerose battaglie condotte dai moltissimi movimenti per i diritti civili, all'insurrezionalismo di Malcolm X e alla famosa marcia pacifica di Martin Luther King, che le leggi sulla segregazione razziale dei neri negli stati del Sud verranno abolite dal governo federale, a quasi cento anni dalla loro entrata in
vigore. Ciò avverrà nel 1964 con l'approvazione del Civil Rights Act e nel con il Voting Rights Act.
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