|
Visite: 998 | Gradito: | [ Medio appunti ] |
Leggi anche appunti:Ricerca sul fascismoRICERCA SUL FASCISMO INTRODUZIONE Il La rivoluzione scientificaLA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA 1 LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA La scienza La politica delle potenze colonialiDal 6 aprile 1994 il Ruanda è il teatro di uno dei più spaventosi massacri del nostro |
Roma antica (età monarchica)
Periodo della storia romana, compreso fra il 753 e il 510 a.C., in cui si avvicendarono al trono sette sovrani.
Secondo la tradizione, Roma venne fondata nel 753 a.C. da Romolo e Remo, figli gemelli della vergine vestale Rea Silvia, e nipoti di Numitore, sovrano di Alba Longa, una città dell'antico Lazio. Le storie mitiche sul regno di Romolo, e in particolare quelle relative al ratto delle Sabine e alla guerra con i sabini guidati da Tito Tazio, indicano una precoce fusione tra i latini e le altre popolazioni laziali. La menzione delle tribù dei Ramnes, dei Tities e dei Luceres come parti di una nuova comunità, suggerisce l'ipotesi che Roma sia sorta dall'integrazione fra latini, etruschi e sabini.
L'elenco dei sovrani di Roma è il seguente, secondo la tradizione: Romolo (753-715 a.C.); Numa Pompilio (715-676/672 a.C.), al quale è attribuita l'istituzione di numerose pratiche religiose; Tullo Ostilio (673-641 a.C:), re bellicoso, che distrusse Alba Longa e combatté contro i sabini; Anco Marzio (641-616 ca. a.C.), noto per aver fatto costruire il porto di Ostia e aver conquistato numerose città latine, i cui abitanti vennero trasferiti a Roma; Lucio Tarquinio Prisco (616-578 a.C.), di origini etrusche, famoso per i suoi successi militari contro le popolazioni confinanti, e per aver fatto costruire numerosi edifici pubblici; Servio Tullio (578-534 a.C.), che eresse e poi ampliò le mura della città; Tarquinio il Superbo (534-510 a.C.), che la tradizione dipinge come un tiranno.
Sebbene i nomi, le date e gli eventi del periodo monarchico appartengano perlopiù alla sfera del mito, esistono precise testimonianze del fatto che la prima forma di governo a Roma fu di tipo monarchico, e che la città acquisì sempre maggior potere, sottomettendo le popolazioni confinanti. È inoltre provata la conquista di Roma da parte degli etruschi, con la conseguente affermazione di una dinastia di origine etrusca, i Tarquini, la cui cacciata corrispose alla fine della monarchia.
Lo studio delle condizioni sociali e politiche ha messo in luce la suddivisione in due classi della popolazione urbana: da un lato vi erano i patrizi, che godevano di diritti politici e costituivano il populus, dotato di diritti civili; dall'altro c'era la plebe, la quale non godeva di alcun diritto politico. Il re (rex) veniva scelto tra i patrizi dal senato (senatus), il concilio degli anziani (patres), e rimaneva in carica per tutta la vita. A lui spettava la chiamata del popolo alla guerra, così come il comando in battaglia. Nelle processioni, al sovrano veniva aperta la strada dai dignitari noti col nome di littori, che portavano i fasci, simboli del potere e della legge. Il re era anche il giudice supremo in tutte le cause, sia civili sia penali. Il senato poteva dare consigli solo se consultato dal sovrano, sebbene i suoi membri possedessero grande autorità morale. Inizialmente, solo i patrizi potevano imbracciare le armi in difesa dello stato, ma la situazione si modificò in seguito a un'importante riforma militare, nota come 'riforma serviana', in quanto si ritiene che sia stata elaborata da Servio Tullio nel VI secolo a.C. Da allora anche i plebei poterono acquisire proprietà e, secondo la riforma, tutti coloro che avevano possedimenti erano obbligati a prestare servizio nell'esercito, con un rango corrispondente alla loro ricchezza. La nuova organizzazione preparò il terreno al conflitto tra patrizi e plebei che si sarebbe verificato nei primi secoli della repubblica.
Roma antica (età repubblicana)
Periodo storico compreso fra il 510 e il 27 a.C., che seguì la caduta della monarchia.
Le magistrature repubblicane e la conquista dell'Italia (510-264 a.C.)
Mentre nel periodo monarchico il potere era attribuito unicamente al re, in età repubblicana venne affidato a due magistrati eletti annualmente dall'intera cittadinanza, dapprima chiamati pretori e in seguito consoli. La composizione del senato, la più autorevole assemblea decisionale dello stato romano, venne progressivamente trasformata grazie all'inserimento di membri di estrazione plebea, chiamati conscripti (da cui la successiva denominazione dei senatori come patres conscripti). Ciò venne decretato in seguito a un violento conflitto tra patrizi e plebei, che portò alla progressiva abolizione di numerosi privilegi politico-sociali.
Nel 494 a.C. la secessione della plebe diede luogo all'elezione dei tribuni della plebe (tribuni plebis). Eletti annualmente, avevano il diritto di veto sulle deliberazioni dei magistrati patrizi e rappresentavano per i plebei il punto di riferimento politico nei conflitti con il patriziato. Nel 451 a.C. fu nominata una commissione composta da dieci uomini (decemviri legibus scribundis), allo scopo di fissare il primo codice di leggi della storia romana (Leggi delle Dodici tavole). Con la legge Canuleia, del 445 a.C., fu legalizzato il matrimonio fra patrizi e plebei, mentre le leggi Licinie-Sestie, del 367 a.C., stabilirono che uno dei due consoli eletti doveva essere plebeo. Progressivamente, anche l'accesso alle altre magistrature fu aperto ai plebei: la dittatura, nominata nei momenti di grave pericolo esterno per lo stato romano (356 a.C.); la censura (350 a.C.); la pretura (337 a.C.); le magistrature connesse ai collegi pontificali e augurali (300 a.C.).
Questi cambiamenti politici segnarono la nascita di una nuova aristocrazia. Il senato, che originariamente possedeva solo una serie di limitate prerogative amministrative, divenne il fulcro del governo della repubblica, a cui spettava ogni decisione in materia di pace e di guerra, nella scelta delle alleanze e delle colonie da fondare, nel controllo delle finanze statali. Sebbene l'emergere di questa nuova nobilitas avesse posto fine alle lotte fra i due ordini, la situazione delle famiglie plebee più povere non subì alcun miglioramento. Il profondo contrasto originato dalle condizioni economiche e sociali condusse, in età tardorepubblicana, all'inevitabile scontro fra il partito aristocratico e il partito popolare.
La politica estera di Roma, in questa fase della sua storia, fu caratterizzata da una serie di guerre di conquista che diedero luogo a una notevole espansione territoriale. Prima della fine della monarchia l'Urbe era già divenuta la città egemone della Lega latina (l'antica confederazione che univa tra loro le città del Lazio), e condusse una serie di guerre contro etruschi, volsci ed equi. Tra il 449 e il 390 a.C. la politica espansionistica di Roma divenne particolarmente aggressiva: con la presa di Veio (396 a.C.) da parte di Marco Furio Camillo, l'Etruria iniziò a perdere la propria indipendenza. Intorno alla metà del IV secolo a.C., nell'Etruria meridionale vennero stanziate alcune guarnigioni romane.
Le vittorie su volsci, latini ed ernici diedero a Roma il controllo dell'Italia centrale, facendola nel contempo entrare in contatto con i sanniti, stanziati più a sud, che vennero affrontati e vinti nel corso di tre durissime guerre (vedi Guerre sannitiche), tra il 343 e il 290 a.C. Stroncata una rivolta di latini e volsci, nel 338 a.C., la Lega latina fu sciolta. Due potenti coalizioni si formarono allora per cercare di contrastare l'ascesa di Roma: etruschi, umbri e galli a nord; lucani, bruzi e sanniti nel sud, che riuscirono a contrastare l'espansionismo romano fino al 283 a.C. Nel 281 a.C. la colonia greca di Tarentum (l'odierna Taranto) chiese aiuto a Pirro, re dell'Epiro, contro Roma. Dal 280 al 276 a.C. egli condusse la guerra in Italia meridionale e in Sicilia senza successo e fece ritorno in Grecia. Durante i dieci anni successivi i romani completarono la sottomissione dell'Italia meridionale, riuscendo a controllare l'intera penisola fino ai fiumi Arno e Rubicone.
Le guerre puniche e macedoni (264-133 a.C.)
Nel 264 a.C. Roma entrò in guerra con Cartagine per il controllo del Mediterraneo: la città punica rappresentava in quel momento la più forte potenza marittima dell'Occidente, capace di controllare pressoché totalmente il settore centrale e occidentale del bacino del Mediterraneo, mentre Roma rimaneva ancora padrona del solo territorio italiano.
La prima delle tre guerre puniche, che fu intrapresa per il controllo della Sicilia, segnò l'affermazione di Roma come grande potenza navale. Conquistata Agrigento nel 260 a.C. la nuova flotta, sotto il comando del console Caio Duilio, sconfisse quella cartaginese nella battaglia di Milazzo. Il tentativo di portare la guerra in Africa si concluse in una disfatta, con la cattura del comandante romano Marco Attilio Regolo. Dopo una serie di sconfitte sul mare, i romani conseguirono una grande vittoria navale nel 242 a.C. presso le isole Egadi, nella parte occidentale della Sicilia. La guerra ebbe termine nel 241 a.C. con la cessione a Roma del settore dell'isola precedentemente controllato da Cartagine; in questo territorio venne fondata la prima provincia romana. Anche la Sardegna e la Corsica furono sottratte al dominio cartaginese.
Ora che Roma era in grado di competere sui mari, Cartagine cominciò a organizzarsi per una ripresa delle ostilità, attraverso l'acquisizione di una serie di punti d'appoggio in Spagna. La seconda guerra punica prese avvio nel 218 a.C. con la spedizione di Annibale dalle basi spagnole, attraverso le Alpi, in Italia. Dopo aver battuto più volte i romani e aver saccheggiato a lungo ampie zone dell'Italia meridionale, Annibale fu costretto a tornare in patria, dove fu chiamato per affrontare nel 202 Scipione l'Africano, che puntava su Cartagine. Annibale venne sconfitto in maniera definitiva nella battaglia di Zama (202 a.C.), in conseguenza della quale Cartagine fu costretta a consegnare la sua flotta, a cedere la Spagna e i suoi possedimenti insulari nel Mediterraneo, oltre a pagare un'enorme indennità di guerra. Roma rimase così la sola dominatrice del Mediterraneo occidentale e ampliò il suo dominio verso nord. Fra il 201 e il 196 a.C. le popolazioni celtiche (vedi celti) della valle padana furono soggiogate e il loro territorio venne progressivamente romanizzato. La Spagna fu mantenuta in regime di occupazione militare.
Nel corso del III e del II secolo a.C. Roma fu inoltre impegnata in un lungo conflitto con la Macedonia per il dominio del settore orientale del Mediterraneo, che si svolse in tre guerre. Nelle prime due il comando macedone fu tenuto dal re Filippo V, sconfitto nel 197 a.C. a Cinocefale. Con l'aiuto degli stati della Grecia meridionale, suoi alleati, Roma sconfisse il re Antioco III di Siria, che fu battuto nella battaglia di Magnesia (190 a.C.) e obbligato a cedere i suoi possedimenti in Europa e in Asia. Il figlio di Filippo V, Perseo (212-166 ca. a.C.), continuò la resistenza contro Roma, provocando lo scoppio della terza guerra macedonica; nel 168 a.C. il suo esercito fu sgominato dal generale Lucio Emilio Paolo: la Macedonia divenne provincia romana nel 146 a.C. In quello stesso anno l'ultima rivolta della Lega achea contro Roma si concluse con la presa e la distruzione della città di Corinto: da quel momento la libertà della Grecia era terminata.
La terza guerra punica fu condotta rapidamente a termine, fra il 149 e il 146 a.C., da Scipione Emiliano, che conquistò e distrusse Cartagine.
In poco più di un secolo, Roma divenne un impero che dominava il bacino del Mediterraneo dalla Siria alla Spagna. Conseguenza di tali imprese furono i contatti con la cultura greca, di cui Roma poté apprezzare le forme artistiche e letterarie, la filosofia e i culti religiosi. Non a caso la letteratura latina ebbe un grande impulso verso il 240 a.C., con la traduzione di opere dell'epica greca. Nel 155 a.C. si installarono a Roma le prime scuole filosofiche greche.
La lotta politica a Roma dal 133 al 27 a.C.
Nello stesso periodo in cui Roma stava creando un impero di portata mondiale, si accrebbe il livello dello scontro politico al suo interno. L'accordo tra le più ricche famiglie plebee e le antiche gentes patrizie diede luogo alla conquista delle più alte magistrature e al controllo totale dell'accesso al senato, riservato a membri che si chiameranno ora optimates. Inoltre, la graduale estinzione dei piccoli proprietari terrieri, dovuta allo sviluppo del sistema latifondistico e alle devastazioni delle guerre, provocò la formazione di un proletariato urbano il cui malcontento era incapace di tradursi in organizzazione politica. Divenne così inevitabile lo scoppio di un duro conflitto tra la parte aristocratica e quella dei populares, i cui interessi furono difesi dai fratelli Tiberio Sempronio Gracco e Caio Sempronio Gracco, tribuni della plebe.
Le comunità italiche alleate di Roma, che stavano perdendo progressivamente peso politico e privilegi, chiedevano il riconoscimento del loro decisivo contributo alle guerre di conquista. In questa situazione, il tribuno Marco Livio Druso propose leggi agrarie e distribuzioni di grano per le classi meno agiate, e promise la cittadinanza romana agli italici. Ma, quando anche Druso venne ucciso (nel 91 a.C.), gli italici insorsero, creando un proprio esercito e un proprio stato. Il conflitto che ne seguì (90-88 a.C.) fu detto guerra sociale, cioè 'guerra degli alleati' (in latino socii), e si concluse con la sconfitta militare degli italici, ai quali venne però concessa la cittadinanza romana.
Nel frattempo, gravi problemi continuavano a caratterizzare la politica interna di Roma. Durante la prima guerra combattuta contro Mitridate VI, re del Ponto, scoppiò un violento conflitto tra Caio Mario, il rappresentante del partito popolare, e Lucio Cornelio Silla, il capo della fazione aristocratica, per il comando delle forze di spedizione. Con le legioni che aveva guidato durante la guerra sociale, Silla marciò su Roma. La fuga di Caio Mario gli lasciò libero il campo: Silla fu rieletto console e partì per la guerra contro Mitridate nell'87 a.C. Lucio Cornelio Cinna, capo della fazione popolare, cercò di introdurre le riforme proposte da Rufo. Allontanato da Roma, si unì a Caio Mario e divise con lui il consolato. All'improvvisa morte di Caio Mario seguì una sanguinosa reazione da parte di senatori e membri del patriziato. Cinna rimase al potere fino all'83 a.C. quando Silla, di ritorno dall'Asia Minore, marciò di nuovo su Roma, dove stroncò la resistenza del partito popolare. Da quel momento la repubblica divenne preda del capo dotato di maggiori forze militari. Silla eliminò i suoi nemici mediante proscrizioni. Le terre appartenenti agli oppositori politici furono confiscate e distribuite ai veterani delle sue legioni. La ricca economia italica, basata sull'agricoltura, era ormai entrata in declino, mentre Roma doveva ricorrere a ingenti importazioni dalle colonie, e soprattutto dall'Africa, che divenne la più importante fonte di rifornimento di grano per l'Urbe.
L'ascesa di Cesare
Nel 67 a.C. Pompeo Magno, uomo politico e generale che aveva combattuto i seguaci di Mario in Africa, in Sicilia e in Spagna, liberò il Mediterraneo dai pirati e fu incaricato di condurre la guerra contro Mitridate. Nel frattempo il rivale di Pompeo, Caio Giulio Cesare, acquistò progressivamente una notevole ingerenza politica come capo del partito popolare, e si alleò con Marco Licinio Crasso. Pompeo, tornato vittorioso dall'Oriente, chiese al senato di ratificare le misure da lui prese in Asia Minore e distribuì le terre ai suoi veterani. Le sue richieste si scontrarono con una serie di veti da parte del senato, fino a che Cesare, presentandosi come amico, formò con lui e con Crasso la coalizione nota come primo triumvirato, nel 59 a.C.
L'accordo triumvirale consentì a Cesare di ottenere il consolato e a Pompeo di far accettare le proprie richieste. Gli interessi dei cavalieri, la cui classe era costituita da ricchi membri di quella mercantile, vennero soddisfatti a discapito dei senatori, mentre venne introdotta una legge agraria per consentire a Cesare di ricompensare le sue truppe. Il coronamento dei successi di quest'ultimo fu il comando militare ottenuto in Gallia cisalpina, in Illiria e più tardi in Gallia transalpina, la cui conquista ebbe termine nel 52 a.C. Nel 55 a.C. i triumviri rinnovarono la loro alleanza, mentre a Cesare venne rinnovato il comando della Gallia ancora per cinque anni. Pompeo e Crasso furono eletti consoli; al primo venne affidato il controllo di Spagna e Africa, mentre Crasso ricevette la Siria. Ma la morte di Crasso, nel 53 a.C., pose Pompeo in aperto conflitto con Cesare. Mancando un governo efficiente, a Roma scoppiarono violenti tumulti, fino a che il senato non persuase Pompeo a restare in Italia, affidando le sue province a legati, eleggendolo unico console per l'anno 52 a.C. e decidendo di sostenerlo contro Cesare.
Il senato chiese a quest'ultimo di rinunciare al comando militare (per impedire la sua elezione a console). Cesare rifiutò e, nel 49 a.C., dalla Gallia cisalpina scese verso sud attraversando il Rubicone; presa Roma, obbligò Pompeo e i membri più in vista dell'aristocrazia a ritirarsi in Grecia. Quindi introdusse una serie di riforme economiche e amministrative, allo scopo di eliminare la corruzione e di ridare prosperità e ricchezza a Roma. Continuò nel frattempo la guerra contro Pompeo, sbaragliando i suoi seguaci in Spagna e passando poi in Grecia, dove vinse la battaglia di Farsalo (48 a.C.). Pompeo fu ucciso poco dopo in Egitto, ma la guerra contro i pompeiani continuò fino al 45 a.C., quando vennero definitivamente sconfitti a Munda. Cesare fu eletto dittatore a vita.
Il nuovo capo di Roma aveva però sottovalutato il peso delle tradizioni repubblicane e si creò numerosi nemici nell'ambito dell'aristocrazia dell'Urbe: il 15 marzo del 44 a.C. venne assassinato a seguito di una congiura. Cicerone cercò di restaurare la vecchia costituzione repubblicana, ma Marco Antonio unì le proprie forze a quelle di Marco Emilio Lepido e del pronipote di Cesare, Ottaviano (il futuro imperatore Augusto), per formare il secondo triumvirato. Fra le prime scelte dei triumviri vi furono le proscrizioni e l'assassinio degli oppositori, fra cui Cicerone. Nel 42 a.C. Ottaviano e Antonio sconfissero gli uccisori di Cesare, Marco Giunio Bruto e Caio Cassio Longino a Filippi, nella Grecia settentrionale. Dopodiché i triumviri si divisero il controllo dell'impero: Ottaviano ebbe l'Italia e l'Occidente, Antonio l'Oriente e Lepido l'Africa. Ottaviano cercò l'aiuto di quest'ultimo nella guerra contro Sesto Pompeo (il figlio di Pompeo Magno). Ma Lepido cercò di accaparrarsi personalmente la Sicilia, col risultato di venir privato della sua provincia e del suo ruolo all'interno del triumvirato (36 a.C.). Alla morte di Sesto Pompeo, il possesso del Mediterraneo rimase una questione privata fra Ottaviano (che aveva nel frattempo rafforzato notevolmente la sua posizione in Occidente) e Antonio, ormai suo unico rivale. Con la battaglia di Azio, nel 31 a.C., e il suicidio di Antonio, Ottaviano estese il suo dominio anche in Oriente (29 a.C.), divenendo in tal modo il solo padrone di tutti i territori di Roma.
Roma antica (età imperiale)
L'impero costituito da Roma nel periodo compreso tra il 27 a.C. (proclamazione di Ottaviano come 'augusto') e il 476 d.C. (data della deposizione di Romolo Augustolo, presa come termine dell'impero romano d'Occidente).
Augusto e gli imperatori Giulio-Claudi (27 a.C. - 68 d.C.)
L'età imperiale, che succede al periodo della repubblica, iniziò con Augusto, il primo imperatore di Roma. Egli, come princeps, o primo cittadino, mantenne in vita la costituzione repubblicana fino al 23 a.C., quando concentrò nella propria persona il potere della tribunicia potestas e dell'imperium militare, o comando supremo. Il senato conservò un controllo sempre più formale su Roma, sull'Italia e sulle province, escluse quelle di frontiera, in cui era necessario stanziare le legioni: tali province erano governate da legati nominati e controllati dall'imperatore stesso.
Augusto promosse numerose riforme allo scopo di restaurare l'ordine sociale, e suscitò l'osservanza delle tradizioni morali, religiose e del costume romano. Le magistrature repubblicane vennero formalmente conservate, ma le leve del potere furono di fatto gestite dalla solida ed efficiente burocrazia imperiale. Abbellì Roma con templi, basiliche e portici, trasformandola - come lui stesso dichiarò - da una città di mattoni in una città di marmo. Il periodo augusteo rappresenta il momento di massimo splendore della letteratura latina, con l'opera poetica di Virgilio, Orazio e Ovidio, e la prosa della monumentale Storia di Roma di Livio.
Con il consolidarsi del sistema di governo imperiale, la storia di Roma si identificò in gran parte con quella dei regni dei singoli imperatori. L'imperatore Tiberio, che succedette al patrigno Augusto nel 14 d.C., era un amministratore capace, ma fu oggetto di generale antipatia e sospetto, soprattutto da parte dell'aristocrazia senatoria. Tiberio diede molta importanza all'esercito: si accattivò i corpi scelti, secondo un costume che nei secoli fu tipico di molti imperatori, e tenne di stanza a Roma la guardia pretoriana. Gli successe Caligola, ritenuto dalla tradizione senatoria mentalmente instabile e tirannico, che regnò dal 37 al 41 d.C., allorché venne ucciso dai pretoriani che acclamarono imperatore Claudio, nel cui regno (41-54) fu condotta a termine la conquista della Britannia. Claudio proseguì le opere pubbliche e le riforme iniziate da Cesare e da Augusto. Il figlio adottivo di Claudio, Nerone, cominciò il suo regno sotto la saggia guida e i consigli del filosofo Lucio Anneo Seneca e di Sesto Afranio Burro, prefetto della guardia pretoriana. I successivi comportamenti sregolati e tirannici di Nerone, improntati a una concezione assolutistica del potere ispirata al modello ellenistico orientale, portarono alla sollevazione militare guidata da Galba: Nerone si suicidò nel 68, segnando così la fine della dinastia degli imperatori Giulio-Claudi.
I Flavi e gli Antonini (69-192)
I brevi regni di Galba, Otone e Vitellio, tra il 68 e il 69, furono seguiti da quello di Vespasiano e dei suoi figli, Tito e Domiziano, che diedero vita alla dinastia dei Flavi. Il regno dei Flavi fu caratterizzato dal consolidamento dell'economia e dell'amministrazione imperiale, oltre che dal principio dinastico nella successione al potere. Durante il regno di Tito un'eruzione del Vesuvio distrusse le città di Ercolano e Pompei. Il regno di Domiziano, che si contraddistinse per la fioritura delle lettere, si trasformò progressivamente in un'odiata tirannide.
A Marco Cocceio Nerva (che regnò dal 96 al 98) succedettero, nel corso del II secolo, Traiano, Adriano, Antonino Pio e Marco Aurelio. Ciascun imperatore fu scelto e adottato legalmente dal suo predecessore per le proprie capacità e onestà, ignorando i vincoli di sangue. Traiano condusse campagne contro i daci, gli armeni e i parti e il suo regno fu ricordato per l'eccellente amministrazione. Con lui l'impero raggiunse la massima estensione territoriale. Lo scrittore di satire Giovenale, l'oratore Plinio il Giovane e lo storico Cornelio Tacito vissero in età traianea. I ventun anni del regno di Adriano (117-138) furono un periodo di pace e prosperità. Rinunciando ad alcune province orientali, Adriano consolidò e rese più sicuri i confini dell'impero. Anche il regno del suo successore, Antonino Pio (138-161), fu ordinato e pacifico. Il principato del filosofo stoico Marco Aurelio, che governò insieme a Lucio Aurelio Vero (130-169) fino alla morte di quest'ultimo, fu turbato dalle incursioni di tribù nomadi che migravano, premendo ai confini dell'impero. A Marco Aurelio succedette il figlio Aurelio Commodo Antonino, considerato uno dei tiranni più sanguinari e dissoluti della storia, che venne assassinato nel 192. Fu nel corso del II secolo che nei territori dell'impero si affermarono sempre più i culti misterici e le religioni orientali legate a Mitra, a Iside e alla Grande Madre; benché ripetutamente perseguitata, la religione cristiana trovava sempre più fedeli nel mondo romano.
Declino e caduta dell'impero (193-476)
I brevi regni di Publio Elvio Pertinace e di Didio Severo Giuliano (193) furono seguiti da quello di Lucio Settimio Severo, dal 193 al 211. Alla dinastia severiana, di breve durata, appartennero gli imperatori Caracalla, Eliogabalo e Alessandro Severo. Settimio Severo fu imperatore accorto, mentre Caracalla, che concesse la cittadinanza romana a tutti gli uomini liberi dell'impero (Constitutio antoniniana, 212), fu ricordato dalla tradizione senatoria per la sua brutalità ed Eliogabalo per la sua folle dissolutezza.
Il periodo successivo alla morte di Alessandro Severo corrispose a una fase estremamente confusa nella storia dell'impero. Quasi tutti i dodici imperatori che regnarono nei trentatré anni seguenti morirono di morte violenta, di solito per mano degli stessi soldati che li avevano posti sul trono. Con gli imperatori illirici, originari dell'area oggi conosciuta come Dalmazia, vi fu una breve parentesi di pace e prosperità: Claudio II, soprannominato il Gotico, ricacciò i goti oltre i confini, mentre Aureliano, tra il 270 e il 275, sconfisse i goti, i germani e Zenobia, regina di Palmira, che aveva occupato parte dell'Egitto e dell'Asia Minore. Il regno di Aureliano fu seguito da una rapida successione di imperatori poco importanti, fino all'ascesa al trono di Diocleziano, anch'egli di origine illirica, nel 284.
Abile amministratore, Diocleziano introdusse numerose riforme. Abolì i privilegi politici ed economici di cui Roma e l'Italia avevano goduto a spese delle province. Cercò di frenare l'inflazione crescente controllando i prezzi dei generi alimentari e il salario massimo dei lavoratori. Convinto che il cristianesimo minasse la struttura dell'impero, scatenò contro i cristiani, nel 303, una violenta persecuzione. Per realizzare un'amministrazione unitaria dell'impero, Diocleziano provvide a una divisione politico-amministrativa: egli associò al principato Massimiano che ricevette il titolo di 'augusto'. I loro poteri furono rafforzati dalla nomina di due 'cesari': Galerio e Costanzo Cloro. Diocleziano si attribuì il controllo diretto di Tracia, Egitto e Asia, mentre Massimiano governava le province danubiane, oltre l'Italia e l'Africa; al suo cesare, Costanzo Cloro, furono affidate la Gallia, la Spagna e la Britannia e l'Illirico a Galerio. Questo sistema, conosciuto come tetrarchia, creò un apparato amministrativo più forte, ma accrebbe la già pesante burocrazia del governo imperiale, le cui quattro corti e i rispettivi funzionari esercitavano un peso finanziario insostenibile sulle risorse economiche.
Diocleziano e Massimiano abdicarono nel 305, lasciando i nuovi augusti e i nuovi cesari alle prese con un conflitto che sfociò in una guerra civile ed ebbe termine soltanto con l'ascesa al trono di Costantino nel 312. Costantino, acclamato augusto dall'esercito in Britannia, prevalse sui suoi rivali riuscendo a unificare l'impero d'Occidente sotto la sua guida. Dopo avere sconfitto Licinio, imperatore d'Oriente, nel 314 Costantino restò solo a governare il mondo romano. Il cristianesimo, religione che si era diffusa a partire dal regno di Tiberio e si era sviluppata, nonostante le persecuzioni, sotto gli imperatori successivi, fu adottato da Costantino, divenendo la religione ufficiale dell'impero. Costantino spostò la capitale a Bisanzio, nuova Roma che ribattezzò con il nome di Costantinopoli (odierna Istanbul) nel 330. La morte di Costantino, nel 337, segnò l'inizio della guerra civile tra i due cesari rivali, finché l'unico figlio sopravvissuto di Costantino, Costanzo II, riunì l'impero sotto la sua guida nel 353. Gli succedette l'imperatore Giuliano l'Apostata, che ripudiò il cristianesimo ripristinando gli antichi culti e morì combattendo contro i parti; dopo di lui, Flavio Gioviano regnò dal 363 al 364.
L'impero fu poi nuovamente diviso in due, mentre sotto Teodosio I venne riunificato per breve tempo in seguito alla morte dell'imperatore d'Occidente Valentiniano II nel 392. Tre anni dopo, tuttavia, quando Teodosio morì, l'impero fu stabilmente diviso tra i suoi due figli, Arcadio, imperatore d'Oriente (che regnò dal 395 al 408), e Onorio, imperatore d'Occidente dal 395 al 423.
Nel corso del V secolo le province dell'impero d'Occidente vennero impoverite dalle tasse imposte per mantenere l'esercito e l'apparato burocratico, oltre che dai saccheggi dovuti a guerre interne e alle invasioni barbariche. Inizialmente, l'idea di conciliarsi gli invasori attribuendo loro cariche militari e amministrative nel quadro dell'esercito e del governo romano ebbe successo. Ma, gradualmente, i popoli che premevano da Oriente cominciarono a mirare alla conquista dei territori d'Occidente e alla fine del IV secolo Alarico, re dei visigoti, occupò l'Illiria e devastò la Grecia. Nel 410 egli conquistò e mise al sacco Roma, ma morì poco dopo.
Il suo successore, Ataulfo (410-415), guidò i visigoti in Gallia e nel 419 il re visigoto Wallia ricevette dall'imperatore Onorio la concessione formale di stabilirsi nella Gallia sudoccidentale dove fondò, a Tolosa, una dinastia visigota. Già a questa data tuttavia la Spagna era di fatto sotto il controllo dei vandali, degli svevi e degli alani, tanto che Onorio fu costretto a riconoscere loro l'autorità su quella regione. Durante il regno del successore di Onorio, Valentiniano III, Cartagine fu conquistata dai vandali guidati dal re Genserico, mentre la Gallia e l'Italia furono invase da Attila alla testa degli unni. Attila marciò dapprima sulla Gallia, ma i visigoti, convertitisi al cristianesimo e ormai pressoché romanizzati, gli si opposero. Nel 451 i visigoti, sotto la guida di Flavio Ezio, sconfissero gli unni presso l'odierna Chalons.
L'anno seguente Attila invase il territorio della Lombardia, ma non riuscì ad avanzare più a sud, e morì nel 453. Nel 455 Valentiniano, ultimo rappresentante della dinastia teodosiana in Occidente, fu assassinato. Tra la sua morte e il 476 il titolo imperiale d'Occidente fu rivestito da nove imperatori, anche se il reale controllo del trono era nelle mani del generale svevo Ricimero (?-472).
L'ultimo imperatore romano d'Occidente, Romolo Augustolo, fu deposto dal capo dei mercenari eruli Odoacre (435-493), che venne proclamato re d'Italia dalle sue truppe nel 476. Questa data segna convenzionalmente la fine della storia dell'impero romano. Le vicende successive di Roma faranno parte della storia del Sacro romano impero, degli stati papali e dell'Italia. L'impero romano d'Oriente, che prese il nome di impero bizantino, conservò autonomia e continuità d'azione politica molto più a lungo, fino al 1453.
Appunti su: |
|
Appunti Astronomia cosmologia | |
Tesine Archeologia | |
Lezioni Architettura | |