Nuovi
equilibri e nuovi conflitti
Parola chiave: Mulitculturalismo
Mentre l'Unione europea non riusciva a proporsi come soggetto di politica
estera, e altre potenze emergenti come Cina e India stentavano ad affermarsi
come protagoniste della scena internazionale, a svolgere il ruolo di potenza
globale rimanevano solo gli Stati Uniti.
Questa posizione oggettivamente egemonica, portò quasi fatalmente la
superpotenza americana a riscoprire, non senza qualche riluttanza, una
vocazione interventista su scala planetaria; e ne fece al tempo stesso
l'obiettivo privilegiato dell'attacco condotto dal fondamentalismo contro
l'Occidente e i suoi valori.
L'egemonia mondiale e gli Stati Uniti
La presidenza Bush subì un forte calo di popolarità determinato essenzialmente
dai problemi economico-sociali lasciati aperti da oltre un decennio di
amministrazioni repubblicane:
1992: Bill Clinton, democratico, salì alla presidenza degli Stati Uniti. I
maggiori successi diplomatici della presidenza Clinton (l'appoggio all'accordo
israelo-palestinese del '93, la pacificazione imposta alla Bosnia) produssero
risultati precari. In più, per ottenere l'assenso di Eltsin al progetto
(avviato nel 1997), di allargamento della Nato ad alcuni Stati dell'Est
europeo, i paesi dell'Alleanza atlantica dovettero fornire alla Russia garanzie
circa la rinuncia all'installazione di armi nucleari sul territorio dei nuovi
membri.
1996: rielezione di Clinton
Fra il '98 e il '99 la posizione del presidente fu minacciata dall'emergere di
accuse relative alla sua vita privata, ma anche ai metodi usati nella raccolta
difondi per la campagna elettorale.
2000: incredibile «pareggio» fra il vicepresidente democratico Al Gore e il
candidato repubblicano George W. Bush: il risultato finale, a lungo
contestato,vide Bush prevalere per poche centinaia di voti ottenuti nel
decisivo Stato della Florida (di cui era governatore il fratello). Il rilancio
del progetto (che già era stato di Regan) dello «scudo spaziale» finì con
l'irritare soprattutto le altre potenze nucleari, a cominciare da Russia e
Cina. La strategia «neoisolazionista» di Bush jr non potè comunque attuarsi
appieno => L'attentato alle Twin Towers di New York avrebbe costretto gli
Stati Uniti a un impegno su scala mondiale, in nome della lotta contro il
terrorismo.
La Russia postcomunista
La Russia di Eltsin cercò di accreditarsi come l'erede del ruolo di grande
potenza già svolto dall'Urss e, in questo, venne appoggiata dagli Stati Uniti e
dalla comunità internazionale che le riconobbe il diritto di occupare il seggio
dell'Unione Sovietica in seno al Consiglio di sicurezza dell'Onu.
1993: Bush, in procinto di lasciare la sua carica, firmò a Mosca con Eltsin un
nuovo importante trattato per la riduzione degli armamenti nucleari strategici.
Minacciata dal proliferare dei separatismi, la Russia dovette affrontare una
drammatica crisi economica, sociale e politica che la portò sull'orlo della
guerra civile. All'origine della crisi, il tentativo di Eltsin, sostenuto e
incoraggiato dai governi occidentali, di accelerare il processo di transizione
verso il capitalismo e l'economia di mercato: operazione tremendamente difficile.
1993: i sostenitori del Parlamento assalirono il Municipio di Mosca e la sede
della televisione. Dopo un iniziale sbandamento, Eltsin riassunse il controllo
della situazione, decretando lo stato di emergenza. Ristabilito l'ordine, cercò
di rafforzare il suo potere varando una nuova Costituzione dai tratti
fortemente presidenziali. Elezioni: preoccupante crescita dei gruppi
ultranazionalisti.
1994: La guerra in Cecenia. fu probabilmente allo scopo di non lasciare spazio
ai nazionalisti che si decise un intervento militare in Cecenia. L'operazione
si trasformò in un lungo e logorante conflitto.
1995: I neocomunisti divennero partito di maggioranza relativa alle elezioni.
1996: venne concluso con gli indipendentisti ceceni un difficile accordo, basato
sulla concessione di ampie autonomie e sul rinvio della decisione circa
l'eventuale indipendenza.
1998: La crisi giunse al suo culmine.
1999: riprendeva anche la guerra in Cecenia, accusata di dare ospitalità a
gruppi terroristici islamici.
Eltsin decise un ennesimo cambio di governo designando come primo ministro uno
sconosciuto dirigente dei servizi segreti, Vladimir Putin.
2000: Putin fu eletto alla presidenza e la Russia cominciò a manifestare
qualche segno di stabilizzazione finanziaria e di ripresa produttiva.
Putin cercò di accreditarsi come partner affidabile dell'Occidente (nonostante
i contrasti in tema di armamenti nucleari).
2002: vertice a Pratica di Mare.
2004: strage di Beslan, nella piccola repubblica caucasica dell'Ossezia.
2005 al 2007: si verificarono forti tensioni con l'Ucraina e la Georgia, dove
erano salite al governo forze filo-occidentali, sia nella lotta contro i
separatisti ceceni, di cui erano evidenti i legami col fondamentalismo islamico
2006-2007: la scomparsa in circostanze misteriose di giornalisti non allineati
o di ex membri dei servizi segreti fece ulteriormente salire la tensione, in
particolare con la Gran Bretagna, che ospitava non pochi esuli russi.
Il dialogo con l'Occidente non fu interrotto, ma era ugualmente evidente il
ritorno a formule e modalità di azione tipiche degli anni della guerra fredda.
L'attentato dell'11 settembre 2001 destò ovunque enorme impressione.
Bush jr si preoccupò innanzitutto di predisporre le condizioni politiche per
un'azione militare adeguata. L'obiettivo primario e obbligato era questa volta
l'Afghanistan che ospitava il presunto capo dei terroristi ed era diventato il
riferimento di tutti i gruppi integralisti (gli stessi che, paradossalmente,
gli statunitensi avevano armato e finanziato negli anni '80 per la lotta contro
l'invasione sovietica).
Ulteriore obiettivo era quello di isolare i regimi più estremisti e di
rinsaldare i rapporti con gli Stati moderati, compresi quei paesi (Arabia
Saudita e Pakistan in primo luogo) che, pur essendo formalmente alleati degli
Usa, erano sospettati di intrattenere rapporti ambigui con i gruppi
integralisti.
La Russia e gli altri paesi ex sovietici confinanti con l'Afghanistan offrirono
agli Usa basi e appoggio logistico. Gli Stati arabi, eccetto l'Iraq,
manifestarono comprensione. Persino l'Iran mantenne un atteggiamento di
prudente neutralità. Subito dopo l'attentato ebbero inizio le operazioni
militari. Poco più tardi Kabul fu occupata e cadde Kandahar, ultima roccaforte
del regime, mentre mullah Omar e Osam bin Laden riuscivano a far perdere le
loro traccie. Un nuovo governo, presieduto da Hamid Karzai, fu insediato a
Kabul. Ma assai più difficile si rivelò il consolidamento del nuovo regime. I
talebani, giovandosi delle basi di cui continuavano a disporre nel vicino
Pakistan e dei proventi del commercio dell'oppio, ripresero il controllo di
vaste zone del paese, dando vita a un'ostinata guerriglia controle forze
governative e i contingenti stranieri.
La guerra all'Iraq: Bush contro Saddam Hussein
Dopo aver rovesciato il regime dei talebani in Afghanistan, gli Stati Uniti
volsero la loro attenzione all'Iraq di Saddam Hussein, accusato di
fiancheggiare il terrorismo internazionale e, soprattutto, di nascondere armi
di distruzione di massa (chimiche e batteriologiche).
1998: il governo iracheno, in violazione delle risoluzioni dell'Onu, aveva
espulso gli ispettori internazionali incaricati di vigilare sugli armamenti.
Dopo un infruttuoso negoziato tra Onu e Iraq, Stati Uniti e Gran Bretagna
cominciarono a preparare un'operazione militare contro l'Iraq.
2003: lanciarono un ultimatum a Saddam Hussein: se non avesse lasciato il paese
entro 48 ore, avrebbero sferrato un attacco militare. Due giorni dopo i primi
missili statunitensi colpirono Baghdad. Come nel 1991, la resistenza
dell'esercito iracheno fu debole e male organizzata.
Obiettivo: costruzione di un Iraq democratico e filo-occidentale.
In raeltà il processo di stabilizzazione dell'Iraq, si rivelò lento e
difficile.
2003: nonostante la cattura di stesso Saddam Hussein, i sostenitori del
dittatore deposto diedero inizio a un lungo stillicidio di sanguinosi
attentati, per lo più suicidi, contro le truppe di occupazione.
Novembre 2003: morirono 19 italiani, dodici carabinieri, cinque soldati del
contingente militare nella città di Nassirya e due civili.
2004: varo di una costituzione provvisoria.
La pratica dei sequestri di cittadini stranieri (o di iracheni accusati di
«collaborazionismo») continuava.
2004: rielezione di Bush, con un margine abbastanza netto sul candidato
democratico John Kerry.
Gli attentati in Europa:
2004: attentato a Madrid (11 marzo).
2005: fu la volta di Londra (metropolitana).
2005: Elezioni in Iraq e varo, grazie all'accordo fra sciiti e curdi, di una
Costituzione federale successivamente approvata con referendum popolare.
Si aggiungeva la protesta, spesso violenta dei gruppi sunniti, scontenti per la
nuova distribuzione del potere (uno sciita a capo del governo e un curdo alla
presidenza), e delle stesse risorse petrolifere, collocate per lo più in aree
sotto il controllo sunnita.
Dicembre 2006: impiccagione di Saddam Hussein.
Le armi di distruzione dimassa non erano state trovate. Il terrorismo
fondamentalista di matrice sunnita aveva trovato nell'Iraq un nuovo terreno
d'azione. L'affermazione della componente sciita apriva nuovi spazi per
l'espansione di un altro fondamentalismo. Quello che faceva capo all'Iran del
presidente Mahmoud Ahmadinejad, che aveva tra l'altro annunciato la sua
intenzione di sviluppare un programma nucleare.
In Libano e in Palestina si rafforzavano i movimenti fondamentalisti come Hamas
e Hezbollah, quest'ultimo strettamente legato all'Iran.