L'URSS dopo il crollo del muro
di Berlino
I cambiamenti apportati dalla
glasnost e dalla perestojka
di M.Gorbaciov
ebbero una grande influenza sui rapporti
tra l'URSS ed i suoi paesi satelliti. La volontà di confinare la
'ristrutturazione' del sistema socialista esclusivamente all'interno
delle Repubbliche Sovietiche si scontrò con forti problemi economici e
soprattutto politici, determinati dall'incerto consenso popolare che reggeva i
paesi comunisti dell'Europa Orientale. L'URSS dovette rivedere in maniera
radicale i propri rapporti con i paesi dell'Est, che, a causa della crisi
economica degli ultimi anni, erano diventati un peso per la sua economia.
Questi cambiamenti superavano di gran lunga i piani della perestrojka. I sei paesi che componevano il blocco
socialista (Polonia, RDT,
Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e Bulgaria) assunsero posizioni differenti
nei confronti delle riforme di Gorbaciov. Da un lato Polonia ed Ungheria dove
governo e società erano determinati ad appoggiare il leader del Cremlino,
sapendo che le riforme sarebbero andate ben oltre quelle tentate in Unione
Sovietica. Dal lato opposto vi erano i governi di Cecoslovacchia, Romania, bulgaria e RDT, che senza il consenso popolare, avevano
deciso di contrastare la perestrojka e tutte le eventuali riforme che potevano mettere in pericolo la
stabilità del loro sistema socialista. Conseguentemente alle elezioni
sovietiche del 1989 esplosero rivolte in quasi tutti i paesi del blocco
comunista, infatti ora che la patria del socialismo si
avviava a diventare un paese democratico, i regimi dittatoriali non avevano più
ragion d'essere all'interno del blocco. A partire dal 'crollo del muro di
Berlino' le azioni di protesta nei paesi dell'Europa Orientale si
moltiplicarono, accelerando il moto riformatore. In Cecoslovacchia un forte
movimento di protesta guidato da Vàclav Havel, in seguito alle numerose manifestazioni, presentò un
piano riformatore che il Partito fu costretto a prendere in
considerazione per cercare di salvare la situazione. Alla fine del dicembre del
1989 V.Havel diventò il presidente della Repubblica
Cecoslovacca. A Bucarest la rivolta invece fu molto violenta e portò
alla fucilazione del leader N.Ceausescu
e di sua moglie, mentre a Sofia il Presidente bulgaro T.Zikov
era costretto a dare le dimissioni. La velocità degli avvenimenti superò ogni
previsione e M.Gorbaciov perse ogni controllo delle riforme nell'Europa Orientale e
perfino all'interno del 'suo' paese.