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LO SVOLGIMENTO DEL
CONFLITTO E
L'ITALIA DALLA NEUTRALITA' ALL'INTERVENTO
L'Italia si era dichiarata neutrale allo scoppio della
guerra perché la triplice alleanza era un patto difensivo. Un'eventuale guerra
non avrebbe portato benefici all'Italia a fianco dell'alleanza, anche perché i
rapporti con l'Austria erano indeboliti per via delle terre irredente. L'Italia
quindi si avvicinò all'intesa riallacciando i rapporti con
INTERVENTISTI E NEUTRALISTI
Gli irredentisti appoggiati dagli interventisti democratici, i sindacalisti rivoluzionari e i socialisti rivoluzionari erano favorevoli alla guerra contro l'Austria. Si schierò a favore della guerra Benito Mussolini fino ad allora neutralista e ostile alla guerra, cambiò radicalmente modo di pensare formando un giornale, "Il popolo d'Italia", che condusse una estenuante battaglia per convincere gli italiani ad entrare in guerra, venendo espulso dal partito socialista non interventista. Gli interventisti adottarono una politica basata sul nazionalismo, convinti che la guerra era necessaria per ripulire il paese, e dargli un ruolo di grande potenza. I neutralisti comprendevano i liberali giolittiani, la maggioranza di socialisti e cattolici, che ritenevano la neutralità del paese la soluzione migliore per ottenere dei vantaggi da entrambi gli schieramenti.
UN PAESE DIVISO
La maggioranza degli italiani era contraria alla guerra, ma nonostante tutto l'Italia scelse di combattere. Il perché sta nella debolezza dei neutralisti, incapaci di contrastare gli interventisti. Giolitti infatti risultava poco credibile, i partiti socialisti risultavano deboli e incapaci di adottare misure pacifiste, e i cattolici obbedivano alle decisioni del governo interventista. Gli interventisti erano aggressivi e attivi, convinti che la guerra era l'unica soluzione per porre fine alla politica ritenuta deleteria adottata da Giolitti.
L'ATTEGGIAMENTO DEI GRUPPI DIRIGENTI
La classe dirigente intravide nella guerra la possibilità di far tornare al governo la destra storica conservatrice eliminando i giolittiani e i socialisti, rilanciando l'industria e diminuendo la disoccupazione. Risultò però difficile il rilancio dei mercati di esportazione per le condizioni disastrose della guerra. Così il re Vittorio Emanuele III con il capo del governo Salandra e il ministro degli esteri Sonnino, in accordo con l'esercito, si dimostrarono favorevoli alla guerra, ritenendola vantaggiosa per l'Italia e per la corona.
L'ENTRATA IN GUERRA DELL'ITALIA
Nel 1915 il ministro Sonnino strinse in gran segreto un accordo con l'intesa (patto di Londra) che prevedeva l'entrata in guerra dell'Italia in meno di un mese in cambio di territori, mettendo il parlamento di fronte al fatto compiuto. Durante la discussione in parlamento sull'entrata in guerra, vi furono manifestazioni intimidatorie dei nazionalisti sugli interventisti. Il parlamento approvò infine il fatto compito. L'Italia quindi il 24 maggio 1915 dichiarò guerra all'Austria-Ungheria
IL 1916 SUL FRONTE OCCIDENTALE ITALIANO
Tra il 1915-16 si delinearono gli schieramenti definitivi del conflitto con l'entrata in guerra degli ultimi paesi. Ma la guerra entro in una fase di stallo su tutti i fronti con gravi perdite in ambedue gli schieramenti. Gli imperi centrali infatti si trovarono in difficoltà nel reperire le materie prime e il cibo, causato dal blocco navale imposto dalla G. Bretagna, che mirava alla lenta distruzione dell'economia tedesca. Gli imperi centrali tentarono di lanciare un'offensiva decisiva a Verdun, ma senza ottenere i risultati sperati. Un'altra sanguinosa battaglia dagli esiti inutili fu quella sul fiume Somme. L'Italia, guidata dal generale Cadorna, adottò una strategia offensiva mirante a sfondare le linee austriache sul fiume Isonzo. Ma anche qui si ebbe una guerra di trincea, senza ottenere gli obiettivi prefissati, salvo la conquista di Gorizia.
IL CRUCIALE 1917
Per rompere
il blocco navale, i tedeschi spostarono la guerra sul mare, prima parziale poi
totale costruendo i sommergibili, che cominciarono ad affondare tutte le navi
militari o no dirette in Gran Bretagna, per mettere in ginocchio l'economia
britannica. Questo suscitò scalpore negli USA che si videro affondare il
transatlantico Lusitania, che provocò la morte di 100 passeggeri statunitensi.
Il 1917 fu favorevole agli imperi centrali.
IL FRONTE INTERNO
Le popolazioni dei paesi impegnati in guerra cominciarono a stancarsi della guerra, che aveva notevolmente aggravato la situazione. Da anni erano costretti alla denutrizione, malasanità, al diffondersi di epidemie. Questo provocò scioperi e sommosse, con violenti manifestazioni di intemperanza nelle principali città europee (Torino). I maggiori rappresentanti dei partiti socialisti di europa si riunirono nella conferenza di Zimmerwald, dove dopo molti contrasti arrivarono alla decisione di una richiesta di pace, appoggiati dal papa Benedetto XV che invitata i paesi belligeranti a porre fine alla strage.
L'INTERVENTO DEGLI STATI UNITI
Gli USA, fino a quel momento si erano limitati solamente ad appoggiare l'intesa con prestiti e aiuti. Ma ben presto cambiarono atteggiamento sposando l'ideologie dell'intesa, ma anche preoccupati per la sorte del commercio sul mare, e degli ingenti prestiti elargiti a G. Bretagna e Francia. Così entrarono in guerra a fianco dell'intesa, dando la svolta decisiva nel 1918 respingendo un'offensiva tedesca alle porte di Parigi nella battaglia di Amiens.
In Italia,
il generale Diaz sostituì il gen. Cadorna. Fu compiuto un grande sforzo per
superare la crisi della strage di Caporetto. Fu riformato l'esercito, con
l'arruolamento di giovani, stimolati dai vantaggi a loro promessi nel
dopoguerra (terre) adottando la politica del consenso e del patriottismo. La
strategia difensiva impostata da Diaz diede i suoi frutti costringendo l'Austria-Ungheria
dopo la sconfitta di Vittorio Veneto a chiedere l'armistizio.
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