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L'Italia tra il 1861 e il 1914




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L'Italia tra il 1861 e il 1914


La Destra storica

Dal 1861 al 1876 in Italia fu al potere la Destra, schieramento parlamentare che raggruppava uomini politici liberal moderati non solo piemontesi, ma anche provenienti da altre regioni. Gli obiettivi della Destra storica erano 1) la laicizzazione dello Stato e la soluzione diplomatica del conflitto con la Chiesa; 2) il consolidamento dell'unità e la lotta contro ogni forza disgregatrice; 3) la politica economica del libero scambio.

In ambito istituzionale, i primi governi della Destra storica si adoperarono per rafforzare le basi del nuovo regno: estesero lo Statuto Albertino e la legislazione civile e penale del Piemonte a tutto il regno, diedero allo Stato una struttura accentrata, crearono un sistema scolastico nazionale e sancirono l'obbligatorietà dell'istruzione elementare dei primi due anni.

La politica dello Stato unitario accentuò lo squilibrio fra nord e sud: non fu attuata alcuna riforma agraria, e inoltre la coscrizione obbligatoria, l'imposizione di nuove tasse e il libero-scambismo danneggiarono la situazione economica e finanziaria del meridione. La ribellione delle masse contadine alla politica della Destra sfociò nel brigantaggio.

Primo obiettivo della politica finanziaria della Destra fu colmare il deficit, attraverso: il ricorso a prestiti (Buoni del Tesoro), l'introduzione del corso forzoso, l'alienazione dei beni demaniali ed ecclesiastici e l'inasprimento fiscale. In ambito economico la Destra scelse il sistema liberistico, e avviò la costruzione di infrastrutture soprattutto al nord.

L'importanza della Destra storica sta nell'aver costruito lo Stato italiano.


L'avvento della Sinistra

La politica economica della Destra aveva suscitato il malcontento di vasti strati popolari, del sud in particolare, e di industriali e professionisti che subivano una tassazione molto più alta di quella dei grandi proprietari terrieri.

L'avvento della Sinistra al potere non costituì una "rivoluzione parlamentare": benché Destra e Sinistra rappresentassero interessi diversi (Destra: borghesia agraria, Sinistra: piccola borghesia), erano entrambe espressione del medesimo ceto dirigente borghese.

La Sinistra in ambito economico scelse il protezionismo, che favorì l'industria pesante del nord e le grandi aziende cerealicole, ma danneggiò le colture specializzate e gli strati poveri della popolazione.

L'istruzione elementare fu resa obbligatoria, laica e gratuita; il diritto di voto fu allargato ai maschi di 21 anni che pagassero un'imposta o che fossero alfabetizzati; fu abolita la tassa sul macinato; furono attuati provvedimenti sociali.

In politica estera l'Italia si alleò con Germania e Austria (1882, Triplice Alleanza in funzione antifrancese), perché 1) la Francia aveva occupato la Tunisia (1881), dove l'Italia aveva interessi economici e coloniali; 2) l'Italia temeva un attacco della Francia (contraria all'acquisizione di Roma nel Regno d'Italia); 3) gli ambienti militari e la monarchia avevano tendenze conservatrici.


Il primo governo Crispi (1887-91)

In politica interna gli obiettivi principali del Crispi furono:

un'opera di riorganizzazione dell'apparato statale (legge comunale e provinciale che rese le amministrazioni locali elettive, legge sulla sanità pubblica e riforma carceraria, nuovo codice penale che aboliva la pena di morte e non escludeva il diritto di sciopero);

la repressione nei confronti di irredentisti, associazioni cattoliche e movimento operaio;

tentativo di conciliazione tra Stato e Chiesa, che però fallì e determinò una politica anticlericale;

ulteriore spinta al protezionismo: guerra doganale con la Francia ('87-98).


Dal primo ministero Giolitti ('92-93) alla sconfitta di Crispi

La politica interna di Giolitti fu caratterizzata da un atteggiamento liberale nei confronti delle opposizioni socialiste e cattoliche; era convinto che le agitazioni operaie e contadine non dovessero essere represse, nello stesso interesse economico (migliori salari spinta all'attività produttiva) e politico (allargamento del consenso) del paese.

Giolitti fu costretto a dimettersi per la sua supposta "debolezza" che allarmava i ceti dirigenti timorosi dei "sovversivi", per la proposta di un'imposta progressiva sul reddito (invisa alla borghesia) e per lo scandalo della Banca romana.

Crispi tornò al potere dal '93 al '96: stroncò i fasci siciliani, sciolse con la forza nel 1894 il partito socialista e le camere del lavoro, limitò la libertà di associazione e di stampa, restrinse il suffragio, inasprì le tasse e in politica coloniale promosse una campagna contro l'Etiopia, che ebbe esito negativo e lo costrinse alle dimissioni.


L'età giolittiana (1903-14)

In politica finanziaria ed economica, Giolitti mirò:

a salvaguardare il bilancio dello Stato (conversione della rendita nazionale dal 5 al 3,50 per cento);

a stimolare la produzione industriale, attraverso il protezionismo e le commesse statali.

Queste furono le principali riforme di Giolitti:

1902-04, legislazione per il sud: sgravi fiscali per i ceti rurali, provvedimenti per l'industrializzazione;

1905: nazionalizzazione delle principali vie ferroviarie;

1906: legislazione del lavoro (obbligo del riposo festivo, proibizione del lavoro notturno per donne e fanciulli);

1911: monopolio statale delle assicurazioni sulla vita;

1912: legge elettorale che introdusse il suffragio universale maschile.


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