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L'Italia giolittiana




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L'Italia giolittiana


Parola chiave: Massoneria
La crisi di fine secolo
Crisi ed evoluzione del regime liberale. Il fronte conservatore e la proposta di Sonnino: tentativo di tornare a un interpretazione restrittiva dello Statuto,
1898: la tensione esplose quando un'improvviso aumento del prezzo del pane fece scoppiare in tutto il paese una serie di manifestazioni popolari. La risposta del governo fu durissima (proclamazione dello stato d'assedio). La repressione: Capi socialisti, radicali e repubblicani furono arrestati e condannati a pene severissime (Turati ebbe dodici anni di carcere) sotto l'accusa, falsa e pretestuosa, di aver organizzato e diretto le agitazioni=> tentativo di limitazione di diritti e libertà i gruppi di estrema sinistra risposero mettendo in atto la tecnica dell'ostruzionismo. Pellux sciolse la Camera e si dimise.
1900: governo Saracco; Umberto I cadeva vittima in un attentato per mano di un anarchico.
La svolta liberale
Il nuovo re, Vittorio Emanuele III si mostrò propenso assai più del padre ad assecondare l'affermazione delle forze progressiste.
1901: Il re chiamò alla guida del governo il leader della sinistra liberale Zanardelli, che affidò il ministero degli interni a Giovanni Giolitti. Furono condotte in porto molte importanti riforme, ma la più importante fu certamente il nuovo atteggiamento del governo in materia di conflitti di lavoro. Giolitti mantenne una linea di rigorosa neutralità. Le organizzazioni sindacali si svilupparono rapidamente (un fenomeno tipicamente italiano era poi lo sviluppo delle organizzazioni dei lavoratori agricoli) e fu accompagnato da una brusca impennata degli scioperi. Ne derivò una spinta al rialzo dei salari. Fase di sviluppo economico del paese.
Decollo industriale e progresso civile
A partire dagli ultimi anni del secolo XIX, l'Italia conobbe il suo primo autentico decollo industriale, grazie anche alla scelta protezionistica del 1887 e alla solidità del sistema bancario. I maggiori progressi si ebbero infatti nei settori siderurgico (Terni, Savona, Piombino e Bagnoli), cotoniero e agro-alimentare (ind. dello zucchero), ma anche in quello chimico (industria della gomma negli stabilimenti Pirelli a Milano) e meccanico (per far fronte alla domanda dello Stato), sebbene non protetti dalle tariffe doganali.
L'industria elettrica conobbe un autentico boom all'inizio del '900 (nell'80 a Milano era stata costruita una delle prime centrali elettriche del mondo).
In termini complessivi i progressi raggiunti dall'industria italiana furono più che ragguardevoli. Il decollo industriale dell'inizio del '900 fece sentire i suoi effetti anche sul tenore di vita della popolazione (sviluppo dei servizi pubblici, miglioramento delle condizioni abitative, calo della mortalità infantile). Questi progressi tuttavia non furono sufficienti a colmare il divario che ancora separava l'Italia dagli Stati più ricchi e più industrializzati. Crebbe ancora il fenomeno migratorio, che ebbe anche i suoi effetti positivi: allentò la pressione demografica e le rimesse degli emigranti giovarono non poco all'economia del paese.
La questione meridionale
Gli effetti del progresso economico si fecero sentire soprattutto nelle regioni più sviluppate, in particolare nel cosiddetto triangolo industriale, Milano Torino e Genova.Anche in agricoltura i progressi si concentrarono a Nord, soprattutto nelle aziende capitalistiche della Valle Padana.
L'arretratezza della società meridionale: analfabetismo diffuso, assenza di una classe dirigente moderna, la subordinazione della piccola e media borghesia, il clientelismo, tanto che, la pubblica amministrazione italiana, nata piemontese e nordista, cominciò a meridionalizzarsi.
I governi Giolitti e le riforme
1904: prime importanti «leggi speciali» per il mezzogiorno (costruirono un precedente cui si sarebbe ispirata, anche in tempi recenti, la pratica degli interventi speciali dello Stato nelle aree depresse.
1904-5: Statalizzazione delle ferrovie, legge approvata dal governo Fortis, su progetto elaborato da Giolitti. Ministero Sonnino.
1906: Giolitti tornò alla guida del governo. Fu realizzate la cosiddetta conversione della rendita, segno evidente della fiducia dei risparmiatori nella finanza pubblica.
1907: si manifestarono anche in Italia i sintomi di una crisi internazionale che fu superata in tempi brevi (1908) grazie anche al tempestivo intervento della Banca d'Italia.
1909: secondo governo Sonnino e successivo governo Luzzatti (importante riforma scolastica).
1910: nascita di Confindustria.
1911: Giolitti tornò al governo con un programma decisamente orientato a sinistra.
1912: legge sull'allargamento del suffragio e quella sul monopolio delle assicurazioni; contemporanea decisione del governo di procedere alla conquista della Libia, che contribuì a mettere in crisi l'intero «sistema» giolittiano, fu l'atto finale di un lungo lavoro di preparazione diplomatica cominciato alla fine dell'800.
Il giolittismo e i suoi critici
La «dittatura» di Giolitti fu simile a quella realizzata da Depretis tra il 1876 e l'87, che, anche se decisamente più aperta nei contenuti, si esplicava in una dimensione liberal-parlamentare di stampo ancora sostanzialmente ottocentesco.
Critici del giolittismo furono: i liberal-conservatori come Sidney Sonnino o Luigi Albertini o i meridionalisti come Gaetano Salvemini.
La politica estera, il nazionalismo, la guerra in Libia
1902: accordo con la Francia in cui l'Italia otteneva il riconoscimento dei suoi diritti di priorità sulla Libia.
La tensione con l'Austria. riscoperta delle vecchie rivendicazioni sul Trentino e la Venezia giulia.
1911: l'invio di un contingente in Libia scaenò la reazione dell'Impero turco, che esercitava su quei territori una sovranità poco più che nominale. La guerra italo-turca si presentò più difficile del previsto. L'Italia dovette occupare l'isola di rodi e l'arcipelago del Dodecanneso.
1912: Firma della pace di Losanna con i turchi, e conquista della Libia.
Sebbene la maggiornaza dell'opinione pubblica si fosse schierata a favore dell'impresa coloniale, grazie al successo politico e propagandistico dell'impresa, la guerra favorì il rafforzamento delle ali estreme: la destra liberale, i clerico-conservtori e soprattutto i nazionalisti.
Riformisti e rivoluzionari
Turati pensava che la via delle riforme e della collaborazione con la borghesia progressista, fosse per il movimento operaio l'unica capace di assicurare il consolidamento dei risultati appena conseguiti. Condivise all'inizio, le tesi di Turati cominciarono a incontrare opposizioni crescenti, man mano che si venivano delineando i limiti del liberalismo giolittiano.
1904: sciopero generale, che non diede luogo, se non in rari casi, a manifestazioni violente.
1906: fondazione della Cgl.
1907: la corrente più estremista, quella sindacalista-rivoluzionaria, fu progressivamente emarginata, e infine allontanata dal Psi.
1912: espulsione dal Psi anche dei riformisti di destra. I riformisti rimasti furono messi in minoranza e la guida del partito tornò nelle mani degli intransigenti, frai quali venne emergendo la figura di un giovane agitatore romagnolo, Benito Mussolini, che fu chiamato alla direzione del quotidiano del partito (l'«Avanti!»)
Democratici cristiani e clerico-moderati
Affermazione del movimento democratico-cristiano, il cui leader era un giovane sacerdote marchigiano, Romolo Murri. Tollerata ed entro certi limitiincoraggiata da Leone XIII, l'azione dei democratici cristiani fu invece duramente osteggiata dal nuovo papa Pio X. Murri fu sconfessato e sospeso dal sacerdozio. Ma questo non impedì al movimento sindacale cattolico di continuare a svilupparsi. In Lombardia e veneto le organizzazioni bianche riscossero un notevole successo, soprattutto fra gli operai tessili, ma anche fra i lavoratori agricoli (Miglioli e Sturzo).
1913: alle elezioni i cattolici italiani acquisivano una capacità di pressione sulla classe dirigente mai avuta fin allora che rischiava di incrinare seriamente la fisionomia laica del Parlamento italiano.
La crisi del sistema giolittiano
1914: Giolitti rassegnò le dimissioni, e non sarebbe più tornato al governo. Il suo sucessore fu Salandra, giurista, agrario pugliese e uomo di punta della destra liberale.
La «settimana rossa»: la protesta, guidata dagli anarchici e dai repubblicani, ma ppoggiata anche dai socialisti rivoluzionari, in particolare dall'«Avanti!» di Mussolini, assunse un carattere apertamente rivoluzionario. Ma l'agitazione si esaurì in pochi giorni con l'unico effetto di rafforzare le forze conservatrici e di accentuare le fratture all'interno del movimento operaio. Scoppiava intanto la seconda guerra mondiale.

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