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Le rivoluzioni inglesi




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Le rivoluzioni inglesi


Il quarantennio degli Stuart (1603-1642)  La «crisi» seicentesca ha esiti assai diversi nelle varie aree europee; anche l'Inghilterra non è estranea agli effetti della crisi europea che qui però si risolve in un originale assetto politico. Infatti, dopo un profondo contrasto tra società civile e monarchia, la crisi non sfocia come altrove nel rigido assolutismo di stampo francese, bensì in un sistema fondato sul parlamentarismo. Ciò avviene attraverso un percorso lungo e violento che impegna il paese per gran parte del XVII secolo.


L'Inghilterra elisabettiana:

L'Inghilterra elisabettiana conosce una sostanziale coesione tra le vane istituzioni dello Stato (monarchia, corte, alto clero) e la nazione (Parlamento). La costante crescita economica del paese consente ai ceti medio-alti concrete opportunità d'arricchimento e d'affermazione nella scala sociale. La pace e la stabilità politica sono ampiamente garantite dall'azione mediatrice della regina, capace di far coincidere le esigenze della monarchia e della Chiesa anglicana con quelle della nazione, espresse nel Parlamento. La moderazione elisabettiana impone però l'accantonamento di quelle riforme necessarie al rafforzamento del potere centrale in direzione di una monarchia assoluta. L'equilibrio costruito da Elisabetta è pertanto precario, carico di latenti contraddizioni.


Giacomo I Stuart (1603-1625):

Già re di Scozia, educato alla fede calvinista, teorico e sostenitore dell'assolutismo monarchico, Giacomo I eredita il trono inglese in una fase caratterizzata dal graduale inasprimento dei rapporti tra monarchia e società civile. Quest'inasprimento è testimoniato dalla crescente lotta per l'affermazione del potere parlamentare contro l'assolutismo regio e del puritanesimo presbiteriano contro l'anglicanesimo episcopalista. In questo clima il dissenso parlamentare trova i presupposti per saldarsi al dissenso religioso. La Camera dei Comuni diventa la cassa di risonanza dei nuovi impulsi politici, sociali e ideologici, e ben rappresenta l'esigenza della società civile inglese di partecipare alla gestione dello Stato. Attraverso il Parlamento i celi più elevati della borghesia mercantile e della gentry criticano la politica economica di Giacomo I, l'indifferenza per la causa protestante, la sua politica di distensione con la Spagna. Il Movimento puritano, versione inglese del calvinismo, si oppone alla rigida struttura gerarchica della Chiesa anglicana proponendo un'organizzazione decentrata e gestita dal basso. I puritani lamentano il clima di intolleranza creato da Giacomo I, accusato di atteggiamenti filopapisti, e denunciano la corruzione e il malcostume del clero di corte.


Carlo I Stuart (1625-1649):

Gli elementi di dissenso si acuiscono e sotto Carlo I la separazione fra società civile e monarchia diventa definitiva. Alle cause maturate nel lungo periodo - come le modificazioni economiche, il declino dell'aristocrazia e la parallela ascesa della gentry, il radicarsi del puritanesimo e una maggior diffusione dell'istruzione - si aggiunge una crescente sfiducia nell'istituzione monarchica. In pochi anni di regno Carlo è in grado di misurare quanto sia difficile applicare i dettami dell'assolutismo ad un Parlamento sempre più esigente, consapevole dei propri diritti e deciso a rivendicarli fino in fondo (la Petizione dei Diritti del 1628). Nel 1629 Carlo dichiara ufficialmente il proposito di governare senza l'ausilio del Parlamento: è un atto di forza che apre la strada a undici anni di assolutismo, durante i quali i conflitti s'inaspriscono a tal punto da determinare i presupposti della situazione rivoluzionaria. Infatti, l'Inghilterra di Carlo Stuart è governata all'insegna dell'intransigenza e dell'intolleranza: metodi indispensabili se finalizzati ad un progetto assolutistico, ma rischiosi in un paese con una tradizione storica libertaria e privo di efficaci strumenti di repressione. NeI 1638 la Scozia calvinista si ribella alle imposizioni anglicane e nel 1640 Carlo è costretto a riaprire il Parlamento; nel 1641 scoppia la ribellione irlandese e nello stesso anno il Parlamento approva la Grande Rimostranza. Attraverso quest'atto i parlamentari esprimono il principio della responsabilità dell'esecutivo di fronte al Parlamento, ribaltando le prerogative del re.


La guerra civile (1642-1649):

Nel 1642 scoppia la guerra civile: la Camera dei Comuni riesce a mobilitare la protesta popolare a proprio favore, facendo leva sulla difesa di una religiosità contraria a quella ufficiale, il re assorbe quella fascia di aristocrazia intimorita dal radicalismo rivoluzionario; molti oscillano tra realisti e parlamentari, secondo l'andamento degli eventi. Nel 1643 la guerra civile si allarga, coinvolgendo gli Scozzesi - alleati dell'esercito parlamentare - e gli Irlandesi - alleati del sovrano. Se inizialmente i Cavalieri di Carlo dimostrano la loro superiorità militare, in seguito gli eserciti parlamentari, grazie alla maggior disponibilità finanziaria e alla forza degli Ironsides di Cromwell, riescono a ribaltare la sorte della guerra sconfiggendo ripetutamente le milizie del re (1644-1645). Le vittorie militari del Parlamento non chiudono la rivoluzione, anzi aprono una complessa e tormentata situazione che segna il passaggio di potere nelle mani del nuovo esercito guidato da Cromwell, d'ispirazione libertaria ed egualitaria. La nuova fase politica (1645-1649), caratterizzata dal prevalere del radicalismo religioso dei militari, innesca dissidi di notevole entità all'interno del movimento parlamentare, mettendo anche in evidenza forti differenziazioni di natura religiosa (presbiteriani - indipendenti). Tuttavia nel corso del 1645 il Parlamento prosegue nello smantellamento degli organi centrali della monarchia e attua piani di riforme. Dopo un ennesimo tentativo realista sventato dall'Esercito dei Santi (1648) e dopo la «Purga di Pride» (1648), volta ad epurare i presbiteriani più intransigenti, Carlo I viene condannato a morte (1649) lasciando esterrefatta l'Europa intera: è una sentenza di condanna dei diritto divino dei re. Il Parlamento, composto da puritani indipendenti schierati con Cromwell, dichiara la fine della monarchia, abolisce la Camera dei Lords e instaura la Repubblica.




lI Commonwealth (1649-1660):

Uno degli aspetti di maggior interesse delta rivoluzione inglese sta nella vivacità intellettuale dimostrata dai suoi protagonisti. Sono appunto le elaborazioni teoriche emerse nel ventennio rivoluzionario a dare al fenomeno inglese una sua specificità. In un clima intellettualmente stimolante, si alternano ad atteggiamenti trasgressivi seri progetti, riformistici e democratici (le istanze dei Puritani indipendenti, il movimento livellatore e gli Zappatori, i dibattiti di Putney e il Patto del Popolo). Ma se sul piano dell'elaborazione teorica la rivoluzione dimostra naturale vitalità, sul piano organizzativo non è in grado di darvi uno sbocco: manca la mediazione politica necessaria ad ottenere un consenso generale capace di attuare una soluzione alternativa alle vecchie istituzioni.  La Repubblica di Cromwell, incapace di trovare consensi su base istituzionale, non tarda a manifestare i suoi aspetti autoritari e di instabilità. Esito di una guerra civile nella quale si sono manifestate esigenze diverse e contrastanti, la Repubblica risulta fin dal suo inizio una soluzione precaria. Avviata una forte azione repressiva contro i movimenti di dissenso interno, sistemata con la forza la situazione in Irlanda e in Scozia, nel 1651 l'intera Gran Bretagna è nelle mani di Cromwell, che tuttavia non riesce a legittimare il suo operato attraverso il consenso generale. Cromwell tenta soluzioni che si rivelano inadeguate e che avviano una svolta conservatrice del regime (la sua nomina a Lord Protettore e l'Instrument of Government). Ma la soluzione dittatoriale sopisce molti degli impulsi democratici e verso la fine degli anni Cinquanta, in un clima di forte tensione molti sono coloro che ipotizzano il ripristino degli antichi organismi.


La restaurazione degli Stuart e la Gloriosa Rivoluzione:

Nel 1658 Cromwell muore e nel 1660 viene reinsediato Carlo Il Stuart sul trono d'Inghilterra: una restaurazione senza fratture in un cima di conciliazione nazionale, non un ritorno all'assolutismo ma un modo per restituire ad un paese ormai lanciato nei traffici internazionali l'equilibrio e l'ordine necessari. Il Parlamento continua a difendere i propri diritti, depositano di quelle libertà incancellabili conquistate dalla rivoluzione (l'Habeas corpus act del 1679). Il ruolo e la forza del Parlamento inglese sono d'altra parte confermati dal fatti della Gloriosa Rivoluzione del 1688, quando il cattolico Giacomo Il, figlio di Carlo Il, viene sostituito da Guglielmo d'Orange, grazie all'abilità giuridica dei Parlamentari che riescono a realizzare il proprio progetto senza fratture violente e senza coinvolgere il popolo. L'Inghilterra di fine secolo si apre così ad una nuova fase, fissando le basi per una moderna società pluralista, attuata grazie alla realizzazione di una monarchia costituzionale in cui sono garantite le libertà fondamentali della società civile. I principi fondamentali su cui si regge la nuova monarchia degli Orange sono sanciti nella Dichiarazione dei dirItti (1689), documento fondamentale per l'evolversi del costituzionalismo.


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