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Le guerre persiane e l'imperialismo ateniese




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LE GUERRE PERSIANE E L'IMPERIALISMO ATENIESE


Nel corso del VI secolo a.C. i re persiani avevano dato vita ad un vastissimo impero, nel quale furono inglobate anche le polis greche della Ionia d'Asia. Queste dovevano pagare tributi al Gran Re e avevano una limitata autonomia politica; ma queste condizioni non potevano essere sopportate da quelle città che avevano quella particolare forma di autogoverno, la polis. Al governo delle poleis dell'Asia Minore erano stati posti dai Persiani uomini Greci di loro fiducia, che rappresentavano, per il popolo greco, tiranni che soffocavano la libertà della polis stessa.

Il sovrano di Mileto, Aristagora, temendo che il re lo punisse per una disastrosa spedizione contro l'isola di Nasso, depose la tirannide nel 499 a.C. e assunse il comando di una rivolta che aveva per obbiettivo la liberazione delle poleis greche dell'Asia Minore.

Rimaneva, però, il fatto che le città ribelli non avrebbero mai potuto resistere al colosso persiano e così, dopo i primi successi (grazie anche ad Atene ed Eretria che inviarono navi), giunse la sconfitta: le città furono sottomesse e Mileto distrutta nel 494 a.C. .


Il Gran Re Dario, che mirava alla sottomissione della Grecia intera (per la sua posizione strategica sul mare), nel 490 a.C. lanciò una spedizione punitiva contro Atene ed Eretria. Quest'ultima fu rasa al suolo; dopodichè 20.000 soldati persiani sbarcarono a Maratona, con fine ultimo di distruggere Atene, che si era ritrovata sola. L'unica città, troppo vicina per rimanere indifferente fu Platea, che inviò mille opliti. Lo stratega Miliziade prese l'importante decisione di non attendere il nemico entro le mura, ma di andargli incontro; 7000 ateniesi contro 20.000 soldati persiani: la guerra sembrava già vinta, su carta. Ma in battaglia la tecnica Ateniese si rivelò molto più importante del numero degli uomini persiani. Questi ultimi, che combattevano in ordine sparso, e facendo affidamento soprattutto sugli arcieri, persero la guerra: rimasero 192 Ateniesi contro 6400 Persiani; ciò portò alle stelle il prestigio di Atene.

Da quel momento, si aprì ad Atene un grande dibattito sul futuro della città: Temistocle proponeva la fortificazione del porto, il potenziamento della flotta e una politica militare nell'Egeo, mentre Santippe e Aristide erano per il patteggiamento con il Gran Re e per lo sviluppo dell'agricoltura. Prevalse, per ovvie ragioni, la politica di Temistocle, che a colpi di ostracismo fece cacciare i suoi oppositori; Atene divenne così la prima e più efficiente potenza navale della Grecia.


In Persia intanto si preparava il nuovo assalto alla Grecia, condotto dal Gran Re Serse; questi, volendo sottomettere la Grecia intera, ordinò alle truppe Persiane di attestarsi in Macedonia.

Nel 481 a.C. in Grecia, su invito di Sparta e Atene, si riunirono i rappresentanti di ogni città per stringere un' alleanza comune. Per quanto riguarda l'organizzazione militare il comando fu attribuito a Sparta; il piano di guerra partiva dal presupposto che i Persiani fossero deboli in mare. Distruggere la flotta in stretto collegamento con l'esercito avrebbe significato scompaginare la strategia nemica. 7000 uomini, al comando di Leonida, si posizionarono a Termopoli, mentre la flotta greca si schierò all'estremità dell'Eubea. Annientati gli eroi spartani mandati da Leonida per rallentare l'esercito nemico, i Persiani passarono dunque in Attica. Atene fu evacuata e la popolazione si sistemò a Salamina, mentre Sparta difese se stessa rafforzando l'istmo che separava il Peloponneso dal resto della Grecia. I Persiani incendiarono dunque Atene; la flotta greca si posizionò nello stretto braccio di mare che separava Salamina dalla costa. Temistocle attirò così in trappola la flotta nemica, esposta agli attacchi degli esperi marinai greci. Si consumò, nel 480 a.C. il disastro della flotta Persiana.

Nel 479 i Persiani si misero nuovamente in marcia verso l'Attica e, ancora una volta, Atene fu evacuata. Gli Spartani, nel timore che questa potesse stringere un accordo contro il nemico, inviarono rinforzi. A Platea 70.000 greci alla guida dello spartano Pausania sconfissero i Persiani, che rientrarono in patria. Ma i Greci si mossero minacciosi verso l'Asia e la flotta nemica ripiegò a Micale, che venne espugnata. Atene aveva vinto la guerra.


Da questo momento le poleis greche guardavano con fiducia Atene. Nel 477 a.C. infatti, venne fondata la Lega delio-attica, alleanza a tempo indeterminato di poleis di mare che aveva come scopo la prosecuzione della guerra contro i Persiani e la difesa dei greci dell'Asia Minore. Ogni polis doveva fornire contributi in denaro o natura; l'isola di Delo fu la sede del tesoro. L'influenza di Atene, che era alla guida della Lega, era tale da influenzare quasi sempre le decisioni degli altri confederati.

Gli Ateniesi erano convinti che fosse necessario rafforzare l'alleanza con Sparta; diversamente la pensava Temistocle: egli sosteneva, infatti, che la rivalità tra Atene e Sparta sarebbe sfociata presto in una guerra. In tale proposito, diede avvio alla fortificazione della città e alla costruzione delle lunghe mura, che collegavano la città con il porto. Il futuro avrebbe dato pienamente ragione a Temistocle, ma nessuno sul momento gli diede credito.

Verso il 470 a.C. i Persiani decisero di riprendere l'iniziativa contro i Greci, ma su consiglio di Cimone, figlio di Miliziade, i Greci sferrarono un attacco alla base navale persiana, che fu distrutta.

Intanto Temistocle era stato cancellato dalla scena politica Ateniese; fu colpito dall'ostracismo e, ironia della sorte, finì ospite della corte persiana, dove morì qualche tempo dopo.


Nel 464 a.C. gli eventi precipitarono. Un gravissimo terremoto distrusse Sparta e gli iloti della Messenia, approfittando della situazione, diedero inizio ad una violenta ribellione, che sfociò nella Terza guerra messenica. Sparta spinse gli iloti a ritirarsi sul monte Itome e chiese l'aiuto di Atene. Il comportamento ambiguo delle truppe ateniesi spinse gli spartani ad invitarli a ritornare in patria. Ciò portò alla rottura con Sparta; Atene stipulò un accordo con Argo, nemica degli spartani e, inoltre, accolse gli iloti e procurò loro un insediamento. Successivamente Cimone fu colpito dall'ostracismo; questo portò ad un rafforzamento delle istituzioni democratiche. Un nobile di tendenze filo-popolari, Pericle, fece approvare alcune riforme che resero più accessibili le cariche politiche.


Nella democrazia di Atene, esiste una contraddizione. Tutti i capi politici di Atene erano infatti di estrazione nobile, pur riconoscendo la validità della democrazia. Un individuo, a quell'epoca, per poter emergere, doveva essere abbastanza ricco da poter dedicare il suo tempo alla politica, e doveva conoscere la retorica. Determinante fu il contributo dei sofisti, movimento intellettuale che insegnava ad usare la parola per persuadere, in cambio di ricompensa.

E' evidente che uomini con requisiti tali dovevano essere per forza di estrazione sociale elevata. Alcuni storici moderni, perciò, valutano la democrazia ateniese non perfettamente compiuta. Altri invece sostengono che, anche se i dirigenti politici erano ricchi, il potere rimaneva nelle mani del popolo.


Pericle lasciò una forte impronta in moltissimi campi: politica estera, politica interna, sviluppo della cultura e dell'arte. Le sue iniziative si orientavano in ogni direzione, i traffici commerciali ne trassero giovamento e gli Ateniesi sperimentarono un benessere mai conosciuto prima. La vasta politica edilizia di Pericle fece di Atene la città più bella del mondo. Inoltre, per opera sua, si ebbe un grande sviluppo del teatro.

Una domanda sorge spontanea: chi pagava tutto ciò? Gli alleati. Infatti i contributi della lega delio-attica divennero tributi ad Atene, che divenne un impero.

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