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Fino a trenta anni fa i giovani non rappresentavano una classe sociale, ne godevano di particolari diritti; la società era organizzata in funzione degli adulti e alle nuove generazioni toccava solo il compito di prepararsi per ottenervi l'inserimento. Questo generalmente coincideva con l'ingresso nel mondo del lavoro . Questo tipo di rapporto tra vecchie e nuove generazioni è rimasto immutato per lungo tempo, anche dopo l'avvento della società industriale, trasformatosi gradualmente solo nel secondo dopo guerra con il rapido miglioramento delle condizioni economiche del Paese e con la diffusione dell'istruzione favorita dalla riforma della scuola media nel 1962 che prolungò l'obbligo scolastico fino a 14 anni di età.
L'impressione che un certo malessere cominciasse a serpeggiare tra i giovani fu avvertita nella seconda metà degli anni sessanta quando nacquero i primi movimenti studenteschi, la cui protesta sembrò, in un primo tempo, dirigersi soltanto contro l'istituzione scolastica, della quale veniva richiesto con forza il totale rinnovamento.
Quando, però, l'ondata di ribellione si estese a tutto il mondo giovanile, apparve fin troppo evidente che l'obbiettivo prescelto era di più vasta portata: i giovani miravano all'abolizione di ogni forma di autorità, non solo nell'ambito della scuola, ma anche di quelle presenti in tutte le altre istituzioni, famiglia compresa.
L'anno cruciale di questo periodo di grandi fermenti fu il 1968, passato alla storia come il simbolo della contestazione giovanile, che impresse un cambiamento profondo nella condizione delle nuove generazioni. I giovani presero coscienza di se, ribellandosi ad una società borghese e capitalista che esaltava la ricerca del benessere economico e trascurava i valori fondamentali dell'individuo.
Essi sentirono come propri i problemi di persone lontane migliaia di chilometri manifestando contro la guerra del Vietnam e prendendo a cuore le battaglie per i diritti civili della popolazione di colore americana.
Nell'autunno dell'anno successivo la protesta studentesca si collegò a quella operaia sollecitando non solo aumenti salariali per gli operai delle industrie, ma anche una maggiore partecipazione collettiva per procedere alla trasformazione di tutte le strutture sociali.
Non fu un caso che i grandi moti studenteschi e operai del 1968 dilagarono in tutti i paesi industrializzati del mondo, che si trovarono a fronteggiare una crisi provocata da un sistema che tutti ormai ritenevano inaccettabile. Negli anni successivi, questa ondata di ribellione, che aveva visto i giovani tra i principali protagonisti, si andò attenuando gradualmente fino a spegnersi nel corso degli anni settanta, lasciando dietro di se il germe di un fenomeno che si sviluppò particolarmente in Germania ed in Italia: il terrorismo politico.
Il nostro paese visse gli anni più bui della sua storia, sconvolto dall'assalto dei gruppi terroristici che, giustificando la violenza come un male necessario per abbattere il sistema, diedero vita ad una stagione di aggressioni, sequestri di persona, omicidi colpendo soprattutto giornalisti, magistrati e poliziotti, individuati come servi di uno Stato imperialista.
A tutto ciò i giovani risposero allontanandosi dall'impegno politico che veniva ormai identificato con la violenza e con il delitto.
E così i caratteri distintivi delle generazioni, che si succedettero negli anni Ottanta, furono il disimpegno e la non partecipazione.
Tramontate le ideologie, i giovani si rifugiarono nel privato: i valori più importanti rimasero il lavoro, la carriera, il successo, l'amicizia, l'amore. I movimenti studenteschi che sorsero in quegli anni continuarono a sollecitare interventi concreti per ammodernare l'istituzione scolastica, ma avevano tutti una scarsa coscienza politica.
E oggi che cosa succede nel mondo dei giovani?
Dal punto di vista culturale la situazione non è migliorata. Da un'indagine condotta dal Censis alla fine del 2003 risulta che sono molto scarsi la diffusione e il gradimento dei libri: il 50% dei giovani legge un libro all'anno, al massimo due. Al contrario non sanno più rinunciare alla tv e, soprattutto, ai telefonini: ne sono in possesso oltre il 90% dei 14-30enni. Anche Internet riceve un alto indice di gradimento: viene usato dal 58,7% dei giovani al di sotto dei trenta anni.
In ogni caso, gli osservatori più attenti hanno la sensazione che sia in atto un cambiamento. Proprio nel periodo in cui il Paese si dibatte in una profonda crisi occupazionale e in cui la corruzione diffusa è sempre presente, i giovani danno segni di risveglio. Le marce contro la mafia, l'impegno nel volontariato, le battaglie per l'ecologia, che li hanno visti protagonisti negli ultimi anni, sono forse segnali di una rinascente disponibilità.
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