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La sinistra storica - L'Italia liberale - L'età giolittiana




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La sinistra storica - L'Italia liberale - L'età giolittiana



Ripartizione per periodi


Destra Storica

Grande Depressione

Sinistra Storica

Crisi sociale

Età giolittiana



Sintesi del periodo: l'Italia dopo la Destra Storica


Difficile trasformazione dello Stato liberale italiano in senso democratico a causa di:

lento sviluppo della società italiana

squilibri regionali

ristrettezza classe politica


In conseguenza di questo i movimenti popolari - anarchici, socialisti, cattolici (per il papato lo Stato liberale è illegittimo: presa di Roma, 1870) - sono per abbattere lo stato liberale più che per sostenerlo.

Questa situazione porta la classe liberale a usare leggi speciali nell'ultima parte dell'Ottocento per affermare uno Stato forte (il culmine di tale linea si avrà con Crispi).

Solo con Giolitti lo stato liberale si aprirà in parte alle esigenze dei movimenti popolari.



L'avvento della Sinistra Storica


L'avvento della Sinistra Storica è favorito da fratture interne alla Destra Storica (1861-76) e dalle posizioni moderate assunte dalla stessa Sinistra per i timori suscitati dall'esperienza rivoluzionaria della Comune di Parigi (1871).


Sinistra Storica: programma riformatore, ma scarsa azione politica, poiché la coalizione di forze raggruppate nella sinistra sono così eterogenee da essere divise da contrasti ideologici profondi che impediscono ogni efficace intervento di riforma.

Sostegno: borghesia del Sud (proprietari agricoli), borghesia del Nord (industriale, anticlericale), ceti industriali e finanziari


Sinistra: piemontese (De Pretis), Storica (Crispi), giovane (borghesia moderata)

: crisi della destra sul progetto di statalizzazione delle Ferrovie (bocciato) e dimissioni del governo

+ Re Vittorio Emanuele II (re dal 1849, gli succede Umberto I, 1878-1900)

+ Papa Pio IX (papa dal 1846, gli succede Leone XIII)



De Pretis (1876-1887)



Programma riformista della SN

istruzione (riforma Coppino del 1877 per istruzione elementare obbligatoria e gratuita)

suffragio elettorale (1882 - diritto di voto a 21 anni a chi sa leggere e scrivere o in alternativa con censo comunque ridotto; elettorato dal 2% al 7%)

decentramento amministrativo (quest'ultimo impegno verrà accantonato)


Dopo il 1882: De Pretis si allea con la DS di Minghetti per il timore che l'allargamento del suffragio favorisca l'estrema SN.


Dal bipartitismo si passa dunque:

al trasformismo (cambiamento di posizione a seconda degli interessi da assecondare e delle fazioni da sostenere)

al parlamentarismo (il parlamento degenera ad arena per le lotte tra individui e gruppi per affermare gli interessi dei singoli; le fazioni sono in lotta senza programmi precisi ma solo per ottenere la maggioranza)

alla dittatura parlamentare (il capo di governo è in grado di ricattare i gruppi parlamentari imponendo la propria linea in modo dittatoriale: De Pretis, Crispi, Giolitti)


Matura il distacco della SN radicale (pro suffragio universale, anticlericale)


In questo contesto, il governo De Pretis si trova di fronte a un duplice fattore di crisi:


1. la crisi agraria, denunciata dalla inchiesta Jacini del 1877

il Sud si fonda sul latifondismo, caratterizzato da braccianti poveri e senza terra, e risente della crisi economica della grande depressione (1873-96), mentre al Nord si sviluppa la rivoluzione agraria (macchine, concimi chimici, rotazione delle colture);

l'Italia è ancora un Paese essenzialmente agricolo (il 45% della produzione a fine Ottocento deriva dall'agricoltura);

i miglioramenti introdotti sono quantitativi (non qualitativi, arretratezza tecniche di coltivazione) e locali (Pianura Padana e Mezzogiorno a colture specializzate);

servono bonifiche e avvicendamenti delle terre ma mancano i capitali


2. la questione meridionale

denunciata dagli scritti di Sonnino e Villari

già presente con la Destra Storica, diviene il problema più urgente del dopo-unità, evidenziando come il Sud e il Nord viaggino a due velocità e come le disparità socio-economiche nelle due parti del Paese siano una forbice che va sempre più allargandosi


Dal 1881 è crisi: abbassamento dei prezzi dei cereali per concorrenza estera e calo produzione del 25% in dieci anni; aumento dell'emigrazione annua degli Italiani (da 100.000 negli anni '70 a 300.000 a fine Ottocento); abolizione della tassa sul macinato (1884), misura inefficace però in quanto resa vana dal protezionismo.

Protezionismo: inaugurato nel 1878 per proteggere le realtà industriali (Acciaierie di Terni, 1884, commesse statali per ferrovie e marina da guerra + protezione doganale)

1887: nuova tariffa generale per settori siderurgico, cotoniero e cereali a svantaggio del settore meccanico, seta e colture specializzate. In particolare, il protezionismo doganale (1887) adottato per tutelare i prodotti agricoli (soprattutto del Sud) provoca la reazione della Francia che inasprisce i dazi doganali colpendo duramente le importazioni di vino e agrumi dal Meridione. L'ostilità contro la Francia si trasforma da scelta economica a strategia politica, accrescendo lo spirito nazionalista in Italia (n.b. - le spese militari toccano quasi il 30% del bilancio statale)

Vista la crisi agraria, si tenterà il rilancio dell'industria: impronta statalista al sistema industriale italiano, favoritismi a famiglie e gruppi imprenditoriali, legami con le banche (1895 - fondazione della Banca Commerciale Italiana).


Politica estera: Triplice Alleanza (1882) con Germania e Austria-Ungheria a carattere difensivo

Abbandono dell'alleanza francese dopo l'occupazione della Tunisia da parte della FR (1881). Abbandono delle aspirazioni irredentiste per Trentino e Venezia Giulia (+ Guglielmo Oberdan nel 1882 per attentato all'imperatore austriaco)

In Italia si diffonde la cultura filotedesca dello Stato forte, del nazionalismo e dell'imperialismo

Rinnovo alleanza (1887): due nuove clausole (1. eventuale espansione balcanica dell'AUS concordata con l'Italia; 2. appoggio all'IT della GER vs FR in caso di iniziative di questl'ultima in Marocco e Tripolitania)


Politica di espansione coloniale: acquisto della baia di Assab (1882) sulle coste meridionali del Mar Rosso e tentativi di penetrazione in Etiopia, prima commerciali, poi territoriali (1887: scontro a Dogali e sconfitta italiana)


: nasce il Partito Operaio, in realtà semplice movimento associativo

: Filippo Turati (positivista milanese, introdotto al mondo socialista dalla compagna, l'esule russa Anna Kuliscioff) fonda il Partito Socialista Italiano al congresso di Genova, isolando la minoranza anarchica (programma: indipendenza da anarchico-insurrezionalisti e democratico-borghesi e socializzazione del mezzi di produzione)



Crispi (1887-1896)



: + De Pretis e gli succede Francesco Crispi (simpatie a Sn ma anche a Ds per il suo essere il Bismarck italiano in quanto ex-repubblicano convertitosi alla monarchia e forte nazionalista.)


Il suo governo si apre con la crisi economica per

la guerra doganale con la Francia

i tracolli bancari e i problemi finanziari


: legge per estensione del voto amministrativo (comuni e province)

: riforma del codice penale (Zanardelli) con abolizione della pena di morte e ammissione del diritto di sciopero

: adotta però nuove misure di polizia vs movimenti operai e cattolici


Si erano infatti diffusi il malcontento e le crisi sociali: dopo la nascita del Partito Operaio (1882) e la formazione dei fasci siciliani di resistenza (braccianti agricoli).


Altro movimento popolare molto attivo sono i cattolici, divisi in:

Intransigenti: seguono alla lettera il "Non expedit" si Pio IX (1874), evitando di partecipare alla vita politica dello stato liberale, cui si oppongono fieramente; si riuniscono in una organizzazione nazionale detta "Opera dei Congressi" (1875).

Transigenti: sono i cattolici che sarebbero anche favorevoli a una alleanza con i liberali moderati, poiché ritengono possibile una conciliazione tra Stato e Chiesa. Con la salita al soglio pontificio di papa Leone XIII (1878) la Chiesa riduce la sua ostilità allo stato liberale; sono i cattolici che - soprattutto al nord - scelgono di impegnarsi nel sociale più che nel politico, dando vita ad associazioni di mutuo soccorso, casse rurali.


: i possedimenti coloniali italiani vengono organizzati e ampliati col nome di Eritrea, ponendo le basi per l'espansione in Somalia (e i successivi tentativi in Etiopia)


La costosa politica coloniale e l'opposizione dei cattolici (poiché Crispi è massone e Zanardelli è anticlericale) porta Crispi alle dimissioni nel 1991


1891 - "Rerum Novarum", enciclica sociale di Leone XIII

- A Genova nasce il PSI

La Democrazia Cristiana si pone come movimento sociale di riferimento per i cattolici (Toniolo)


: Governo di Giovanni Giolitti, già feroce critico della politica economica della sn

Principio della progressione fiscale

Si astiene da azioni repressive nei cfr del movimento operaio, ma così facendo non riesce a gestire le rivolte dei braccianti agricoli (1892) in Sicilia (Fasci Siciliani)

Scandalo della Banca Romana: irregolarità dell'istituto di credito (autorizzato a emettere valuta dietro autorizzazione del ministero del Tesoro) per coprire perdite dovute a fallimentari speculazioni edilizie; finanziamenti irregolari per campagne elettorali di Giolitti e Crispi

1893: Giolitti, travolto dallo scandalo e dalle accuse manovrate da Crispi, si dimette


Crispi torna al governo (1893) e inaugura una politica di risanamento economico (istituisce la Banca d'Italia che dal 1926 avrà il monopolio dell'emissione di valuta)


I Fasci siciliani fanno sì che i Socialisti trovino un valido appoggio in tutti i ceti oppressi, dal Nord al Sud.

In questa situazione di tensioni dal basso (cattolici e socialisti) Crispi trova l'occasione per tornare al potere con una dura repressione dei moti popolari (1894).


: stato d'assedio in Sicilia e repressione violenta dei Fasci. Emana leggi limitative della libertà di stampa e associazione, che colpiscono soprattutto il PSI (che però trae vantaggio da tale situazione riannodando contatti con la democrazia borghese e coi progressisti, indebolendo così il governo Crispi)


1889: Trattato di Uccialli tra Etiopia e Italia (ambiguo per redazione in italiano e aramaico)

1896: emerse le diverse intenzioni (collaborazione etiope, protettorato italiano), l'Italia decide di penetrare in Etiopia ma riporta una disastrosa sconfitta (Adua, 1896) che costringe alle dimissioni definitive Crispi


: succede Rudinì (Ds), che firma una pace con l'Etiopia per salvare Eritrea e Somalia italiane



Crisi dello Stato Liberale (1896-1900)



Verso la fine dell'Ottocento l'Italia vive una crisi politico-istituzionale: il regime liberale è chiamato a evolversi verso forme democratiche più avanzate, secondo modelli più vicini alle democrazie liberal-moderate occidentali che non a quelli autoritario-costituzionali degli imperi di GER e AUS.

- Caduto Crispi, Rudinì (destra conservatrice) riprende i metodi crispini (polizieschi e autoritari) in materia di ordine pubblico, sulla scorta dell'invito di Sydney Sonnino a "tornare allo Statuto", ovvero interrompere la pratica del confronto parlamentare inaugurata da Cavour e ritenere invece il governo responsabile dinanzi al solo sovrano, rafforzandone così l'autorità e riducendo il parlamento alla mera funzione consultiva come formalmente prevedeva lo Statuto Albertino del 1848).


- Un improvviso aumento dei prezzi del pane provoca agitazioni e manifestazioni in tutto il Paese per sedare le quali, invece di ridurre il dazio sul grano, il governo sceglie di proclamare lo stato d'assedio. A Milano le truppe del gen. Bava Beccaris sparano sulla folla inerme, provocando oltre cento morti. I movimenti popolari (repubblicani, socialisti e cattolici) vengono così repressi tramite arresti e leggi speciali.

Riportato l'ordine, la destra, appoggiata dal sovrano, cerca di dare base legislativa all'azione repressiva dei poteri pubblici; ciò scatena l'opposizione della sinistra tramite la pratica dell'ostruzionismo (prolungare le discussioni parlamentari fino a paralizzare l'attività della maggioranza). Scioltasi dunque la Camera, le elezioni del 1900 vedono un rafforzamento delle opposizioni (PSI).


- Il re Umberto I viene ucciso a Monza dall'anarchico Gaetano Bresci che intende vendicare le vittime del '98 (Bava Beccaris).


Novità di fine secolo: i movimenti popolari (Socialisti in parlamento, DC al di fuori), tradizionalmente oppositori dello stato liberale, divengono i difensori delle libertà costituzionali (lese dalla dura repressione del governo).

I cattolici si dividono tra chi vorrebbe appoggiare il PSI e chi invece i liberali moderati. Emerge la figura di Don Sturzo.



L'età giolittiana (1901-1914)



1. La svolta liberale


Il nuovo re Vittorio Emanuele III si mostra favorevole ad assecondare l'affermazione delle forze progressiste, riconoscendo l'esito elettorale del 1900 e chiamando alla guida del governo il leader della SN liberale Zanardelli, con ministro degli Interni Giovanni Giolitti che sostiene che lo Stato liberale non deve opporsi allo sviluppo delle organizzazioni operaie né reprimere indiscriminatamente la loro attività. Coerente con tale programma, Giolitti mantiene il governo neutrale nelle vertenze sul lavoro nel settore privato (principio del non-intervento dello Stato nelle lotte tra capitale e lavoro). Più intransigente è invece rispetto alle agitazioni che colpiscono il settore pubblico.


Da questa linea politica traggono forza le organizzazioni sindacali che si sviluppano rapidamente secondo le diverse associazioni di categoria. Nel 1901 le Leghe Rosse si uniscono nella Federazione italiana dei Lavoratori della Terra (Federterra), con oltre 200.000 iscritti e obiettivo finale la socializzazione della terra. Proliferano le associazioni sindacali, crescono gli scioperi, aumentano i salari (anche grazie alla congiuntura economica favorevole di inizio secolo).


2. Decollo industriale e progresso civile


Terminata la grande depressione (1873-96), l'Italia vede decollare il proprio sistema industriale, soprattutto il siderurgico (grazie al protezionismo) sostenuto dai grandi istituti bancari e dalle commesse statali (ferrovie e navi da guerra). Sviluppo del settore tessile cotoniero (meccanizzazione), chimico (gomma: Pirelli), automobilistico (FIAT di Giovanni Agnelli, 1899). Aumentano di conseguenza il reddito pro-capite e il tenore di vita: si sviluppano i servizi pubblici (gas e illuminazione pubblica, trasporti, acqua corrente) e migliorano le condizioni igieniche (con riduzione della mortalità infantile) soprattutto nelle città.

Resta alta l'emigrazione all'estero per l'eccedenza di manodopera agricola (soprattutto dal Sud verso gli Usa, a carattere permanente): 8 milioni di Italiani lasciano il Paese tra il 1900 e il 1914.

Resta però il divario tra nord e sud Italia, poiché i progressi favoriscono soprattutto il triangolo industriale Torino-Milano-Genova e le campagne della Pianura Padana.


Resta aperta la questione meridionale: arretratezza agricola, analfabetismo (60% a inizio secolo contro il 15% del nord), subordinazione della borghesia agli interessi dei grandi proprietari terrieri, politica clientelare e personalistica. Unica alternativa alla disoccupazione diventa la pubblica amministrazione che comincia a "meridionalizzarsi" dopo esser stata a lungo in mano ai piemontesi.



3. Riforme di Giolitti


Dopo le dimissioni di Zanardelli, sale al governo Giolitti (1903). Intende portare avanti l'esperimento liberal-progressista avviato dal suo predecessore, aprendo però anche ai socialisti, ma Turati rifiuta, giudicandola un'apertura prematura. L'azione riformista di Giolitti è però limitata: riforme parziali e moderate, per non turbare gli equilibri politici della maggioranza. Giolitti accoglie dunque alcuni punti del programma socialista (libertà di stampa e associazione) - poiché il PSI si presenta come l'unica forza politica organizzata, mentre i partiti risorgimentali sono in crisi (Liberali e Repubblicani) - ma si tratta di adesione per lo più formale.


- Leggi speciali per il Mezzogiorno: stanziamenti statali pro sviluppo industriale e agricolo del Sud, hanno il limite di curare più i sintomi che le cause del male.

- Progetto di statalizzazione delle ferrovie (su cui era già caduta la destra nel 1876): opposizione del PSI (contrari al divieto di sciopero per i ferrovieri). Giolitti si dimette, per tornare in un momento più favorevole (strategia che contraddistingue più volte il suo governo decennale). Approvato il progetto, torna dunque al governo nel 1906.

- Crisi economica internazionale (dopo la congiuntura positiva 1896-1907), difficoltà per le banche italiane , intervento risolutore della Banca d'Italia e ripresa della crescita ma in un clima di crescenti tensioni sociali, cui si oppone la Confederazione degli Industriali (Confindustria), nata nel 1910.


I punti deboli e fattori di crisi quindi non mancano:

mercato interno limitato e ceto contadino in condizioni di sottosviluppo

la migrazione è una via d'uscita: nel 1913 un milione di Italiani lascia la patria per l'America, privilegiando gli Usa (dopo che a fine '800 l'Argentina era la meta di riferimento per migrazioni stagionali dall'Italia). New York è la quarta città "italiana" dopo Torino, Milano, Napoli

protezionismo doganale e rapporti banche/industrie

concentrazione delle industrie al Nord (Triangolo TO-MI-GE) a discapito del Sud


Giolitti incontra l'opposizione di:

liberisti (si oppongono al protezionismo; liberali, come Einaudi, e socialisti, come Salvemini)

meridionalisti (sostengono la necessità di affrontare la questione meridionale come primo compito del governo; cattolici come don Sturzo e socialisti come Salvemini)

Giolitti si limiti ad approvare alcune leggi speciali per il Sud (statalismo), lasciando però intatta la situazione (latifondo)


- Giolitti imprime una svolta a sinistra al suo governo e sostiene il suffragio universale maschile (diritto di voto a >30 anni oppure >21 ma capaci di leggere e scrivere), mentre parallelamente appoggia la campagna in Libia.



4. Il giolittismo


La "dittatura parlamentare" di Giolitti a inizio '900 si basa sul costante sostegno alle forze moderate (borghesia industriale e proletariato organizzato), sull'intervento statale per correggere gli squilibri sociali, il tutto in una delicata regia di controllo della maggioranza parlamentare tramite i vecchi sistemi trasformistici (inaugurati da Depretis-Minghetti nel 1882). La crisi del giolittismo si manifesta soprattutto quando appoggia la campagna in Libia per accontentare i conservatori scontenti della concessione del suffragio universale.


Politica estera e nazionalismo - Dopo la sconfitta di Adua (1896) la politica estera italiana cambia, attenuando la linea filo-tedesca e migliorando i rapporti con la FR: (1898) accordi economici pongono fine alla guerra doganale del 1887; (1902) l'IT riconosce i diritti francesi sul Marocco (cfr crisi marocchine, 1905, 1911) in cambio dei diritti di priorità sulla Libia. Questo appoggio alla FR scontenta la GER. Mentre l'IT si ritiene emarginata dalla Triplice Alleanza dopo che l'AUS si annette Bosnia ed Erzegovina (1908) senza compensarla come previsto (clausola di rinnovo della Triplice del 1887).


1911-12, Conquista della Libia - Emerge in Italia un clima di riscossa nazionale, e un movimento nazionalista - 1910, Associazione Nazionalista Italiana - che riunisce democratici, reazionari, irredentisti e colonialisti in favore della campagna in Libia (Futurismo: "La guerra è la sola igiene del mondo"). Dopo la seconda crisi marocchina (1911), capendo che la FR sta per imporre il protettorato sul Marocco, l'IT decide di far valere gli accordi del 1902 e invia in Libia 35.000 uomini per fronteggiare la sovranità - poco più che nominale - del governo turco. La guerriglia condotta dalle popolazioni arabe costringe l'IT a portare a 100.000 il numero dei soldati, fino alla resa turca e alla pace del 1912 (che assicura anche il possesso di Rodi e dell'arcipelago del Dodecaneso nel Mare Egeo).


La Libia si rivela però un pessimo affare: le risorse naturali (tanto decantate dai nazionalisti alla vigilia della guerra) sono scarse (non si conosce ancora l'esistenza dei giacimenti di petrolio). Eppure c'è ampio consenso per l'impresa che riscatta la sconfitta di Adua (1896).

Per il governo Giolitti è l'inizio della crisi: aver appoggiato la campagna libica per accontentare i conservatori - dopo aver concesso il suffragio universale ai progressisti - porta al rafforzamento delle ali estreme della maggioranza, mettendo in crisi gli equilibri politici giolittiani.

Forte opposizione alla campagna libica è venuta dai Socialisti Rivoluzionari, corrente del PSI che prende piede opponendosi alla guerra in Libia; sono guidati da Benito Mussolini, direttore del giornale "Avanti!" del PSI: antimonarchico, anticlericale, antigiolittiano, sarà poi interventista per la Prima Guerra Mondiale.


5. Riformisti e rivoluzionari


All'inizio del '900 il PSI di Turati aveva scelto la via riformista, appoggiando la politica di Giolitti. Ai riformisti si oppongono però i rivoluzionari, fermamente contrari ad alleanze con lo Stato monarchico e borghese che non esita all'uso della forza per controllare le agitazioni operaie e contadine.

Il PSI si divide dunque tra chi vuole il programma massimo (abbattimento dello stato liberale, rivoluzione) e chi il programma minimo (riforme graduali). Turati pensa invece che solo adottando prima il programma minimo si possa sperare di giungere poi al programma massimo.


In particolare, il PSI si divide in:

riformisti italiani (come Bernstein in Germania): auspicano un regime democratico per trasformare il parlamento in strumento di riforme popolari

sindacalisti rivoluzionari: non credono alla lotta parlamentare ma solo alla sciopero generale: questa strategia indebolisce però la sinistra al governo, rafforzando invece i riformisti.


Nel congresso di Bologna del 1904 i rivoluzionari assumono la guida del PSI e proclamano il primo sciopero nazionale generale della storia d'Italia. Giolitti, fedele al suo programma, non intervenne militarmente, ma lascia esaurire lo sciopero (che si svolse con sporadiche manifestazioni violente). Il movimento operaio ha mostrato così la sua forza, ma è evidente la necessità di un organo sindacale capace di essere guida centrale a livello nazionale.


Nel 1906 nasce così la CGL (Confederazione Generale del Lavoro), con oltre 200.000 iscritti, controllata però dai Riformisti, mentre i Rivoluzionari vengono a poco a poco emarginati.

Anche tra i Riformisti ci sono però divisioni, fino all'espulsione dei riformisti di destra, in seguito alla quale la guida del PSI torna in mano ai Rivoluzionari, tra i quali spicca l'agitatore romagnolo Benito Mussolini (direttore dell'"Avanti!", quotidiano del partito), distintosi nelle manifestazioni contro l'intervento in Libia (accesa oratoria e appello diretto alle masse).



6. I democratici-cristiani


Nel 1904 il nuovo pontefice, Pio X, contrario al modernismo (impegno politico diretto dei cattolici) scioglie l'Opera dei Congressi (l'organizzazione nazionale che riuniva i cattolici sotto Leone XIII), temendo che passasse sotto il controllo del Movimento Democratico Cristiano (fondato dal sacerdote Romolo Murri, tendenze progressiste). Questo non impedisce lo sviluppo del movimento sindacale cattolico (le leghe bianche contano oltre 100.000 iscritti nel 1910). In Sicilia il movimento contadino cattolico si sviluppa con Don Luigi Sturzo che auspica per la forza politica cattolica un ruolo autonomo da quella liberale.


In questo quadro, Giolitti, pur ispirandosi alla rigida separazione tra Stato e Chiesa ("due rette parallele destinate a non incontrarsi mai"), cerca l'appoggio della linea clerico-moderata (sostenuta dal papa e dai conservatori) per garantirsi (a) un serbatoio di voti e (b) il supporto allo stato liberale



7. La fine dell'età giolittiana


1913 - Patto Gentiloni (dal nome del presidente dell'Unione elettorale cattolica): accordo segreto per cui i cattolici appoggiano i candidati liberali che si impegnano, una volta eletti, a sostenere le organizzazioni sindacali cattoliche e la tutela dell'insegnamento privato, opponendosi al divorzio. Oltre 200 sono i deputati eletti con tale patto che mostra la forza dei cattolici ma anche la debolezza di Giolitti, incapace di governare autonomamente una maggioranza sempre liberale ma assai più eterogenea dell'inizio del suo decennale governo.


1914 - Giolitti si dimette e indica al re come suo successore Antonio Salandra, esponente della destra liberale, sperando di tornare al governo in un momento più favorevole, come già altre volte accaduto. Questa volta però il clima è mutato. Le agitazioni della cosiddetta settimana rossa (giugno 1914) incoraggiate dai socialisti rivoluzionari - guidati da Mussolini con carattere apertamente rivoluzionario alla vigilia dello scoppio della Prima Guerra Mondiale - si esauriscono in breve ma incoraggiano quelle tendenze conservatrici  che rendono ormai chiara la fine del giolittismo, sistema di governo capace di favorire la democratizzazione della società e lo sviluppo economico del Paese ma ormai inadeguato a fronteggiare le tensioni sociali sprigionate dalla nascente società di massa.


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