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La Riforma di Zwingli
Dopo Wittenberg, Zurigo fu uno dei poli della Riforma. Allo stesso modo della borgata della Sassonia elettorale in cui si svolse l'intera attività di Lutero, la città svizzera ai bordi del Limmay non era una metropoli (contava appena settemila abitanti all'inizio del XVI secolo). Essa dovette la straordinaria proiezione in tutta l'Europa del tempo alla personalità di Ulrich Zwingli. Nato nel 1484 a Wildhaus (Toggenburg), in un feudo dell'abbazia di San Gallo, da una famiglia di contadini agiati, Zwingli aveva frequentato l'università di Vienna, poi quella di Basilea, dove aveva conseguito, rispettivamente, il baccalaureato e il titolo di 'magister artium' (1506). Compiuti gli studi, era stato consacrato sacerdote. Come curato di Glaris, aveva avuto occasione, durante il suo ministero in questa località, di partecipare alle battaglie di Novara e di Marignano, con l'incarico di elemosiniere delle truppe svizzere al soldo del Papa. Nel 1516, dopo aver preso posizione contro il servizio mercenario, era stato nominato predicatore in quell'impostante centro di pellegrinaggio che era allora Einsiedeln. Per questo sacerdote vigoroso, preoccupato per la cosa pubblica, l'umanità rappresentava una realtà vivente ed Erasmo un maestro venerato. Imbevuto degli autori della antichità, di Sallustio, di Plutarco soprattutto, egli sarebbe rimasto a lungo segnato, però, dalla lettura del 'Nuovo Testamento' curato dall'umanista di Rotterdam. A contatto con le Lettere di San Paolo, egli scoprì la realtà del perdono concesso dal Cristo. La sua esperienza religiosa non è però paragonabile a quella di Lutero. Essa non trovò alimento nell'angoscia per la salvezza personale, ma - come ha scritto il padre Pollet - «nella lotta contro una natura altera e sensuale, che obbediva colo con difficoltà alle ingiunzioni dello spirito».
L'opera di Zwingli a Zurigo
Nominato predicatore e curato della collegiata di Zurigo, Zwingli intraprese il suo ministero in questa città all'inizio del 1519. Fini dal momento dell'arrivo, egli cominciò a commentare di tanto in tanto nelle sue prediche - secondo il principio della 'lectio continua' - tutta una serie di libri biblici e diede vita a una 'solidalitas letteraria', onde coltivare con i suoi colleghi la teologia e il greco. Con questo, egli intendeva promuovere, nel quadro della Chiesa, una riforma di tipo decisamente erasmiano. Tuttavia, non riuscì a mantenere a lungo quest'ottica riformista. Nel corso di un'evoluzione contrassegnata da due elementi importanti - l'esperienza dell'onnipotenza della grazia nel corso di un'epidemia di peste e la rinuncia alla rendita di una pensione pontificia - egli sarebbe stato spinto ad adottare una posizione riformatrice intorno al 1520. Fu influenzato da Lutero in questa sua evoluzione? Non sembra. Le ricerche di Arthur Rich, professore dell'Università di Zurigo, hanno dimostrato come Zwingli sia diventato un riformatore cominciando a dubitare vieppiù della «rinascita del Cristianesimo» caldeggiata da Erasmo, e come, soltanto allora, egli abbia scoperto in Lutero uno spirito affine al proprio.
Le prime iniziative di riforma di Zwingli risalgono al 1522. In quell'anno, egli assunse dappprima la difesa dell'editore Froschauer, che aveva osato infrangere il digiuno quaresimale, in un sermone dal titolo 'Sulla scelta e sul libero uso delle pietanze'. Poi, pur rivolgendo al suo superiore gerarchico, il vescovo di Costanza, Hugo von Hohenlandenberg, una 'Supplicatio' in cui chiedeva l'abolizione del celibato dei preti, si sposò in segreto. Infine, nel suo 'Apologeticus archeteles', destinato a confutare l'ingiunzione episcopale che condannava i «disordini» di Zurigo, egli ebbe l'ardire di sostenere l'esclusività della legittimità dell'autorità della Scrittura. Il suo atteggiamento non passò inosservato: anzi, suscitò parecchio scalpore. Allora, il consiglio di Zurigo pregò il vescovo di Costanza di riunire un concilio provinciale per esaminare i problemi sollevati da Zwingli. Ma, poiché la richiesta rimase inascoltata, esso convocò ad una discussione teologica, la prima discussione di Zurigo, Hugo von Hohenlandenberg, gli ecclesiastici della città e del cantone e gli esponenti degli Stati della Confederazione svizzera.
Questa disputa dottrinale ebbe luogo il 29 gennaio del 1523. Il vescovo di Costanza vi si fece rappresentare solamente allo scopo di contestarne la legittimità. Trasmessi dal vicario generale Giovanni Faber, i suoi rimproveri non suscitarono alcuna eco. In compenso, le sessantasette tesi redatte da Zwingli per l'occasione - le quali, ispirandosi a San Paolo, sostenevano un radicale cristocentrismo («Cristo è l'unica via verso la beatitudine per tutti coloro che erano, sono e saranno. Cristo è la guida promessa e inviata da Dio al genere umano») - incontrarono un largo consenso. Il Consiglio di Zurigo ne accolse l'orientamento. Ordinò al clero di ispirarsi nella predicazione del Vangelo puro e invitò Zwingli a proseguire la sua opera. Incoraggiato da ciò, il curato della collegiata cominciò a riformare la Chiesa di Zurigo sotto l'egida del magistrato. Senza perdere tempo, egli gettò le basi di un rinnovamento spirituale nel suo 'Commentario delle sessantasette tesi', nel suo 'Sermone sulla giustizia divina e la giustizia umana', in cui prendeva di petto il problema sociale, e nel suo 'Saggio sul canone della messa', in cui contestava che l'eucarestia avesse carattere di sacrificio.
Zwingli intendeva compiere la sua opera riformatrice nell'ordine e in stretto rapporto con il potere civile. Ma i suoi intenti vennero elusi da gente impaziente, che si preoccupava scarsamente, per agire, di aspettare gli ordini statali. Alcuni iconoclasti saccheggiarono dei santuari nel settembre del 1523. Preoccupato di controllare gli avvenimenti, il magistrato organizzò una nuova discussione, la seconda discussione di Zurigo (ottobre 1523), che affrontò esclusivamente il problema delle immagini e quello della messa. Per l'influenza del commendatore Schmid, fautore delle idee di Lutero, si ritenne in questa sede che l'idolatria andasse combattuta, in primo luogo nel cuore dei fedeli, e si decise, secondo i desideri di Zwingli, di lasciare al Consiglio il compito di stabilire in quel momento sarebbe stato necessario eliminare le tracce del vecchio culto. Le conclusioni della disputa rischiavano di deludere alcuni sostenitori della Riforma. Zwingli fu, quindi, incaricato di dimostrarne le motivazioni bibliche ai predicatori e, tramite questi, ai fedeli più ingenui. Egli assolse questo compito nella 'Breve istruzione cristiana', predisponendo con questo scritto tutta una serie di misure che, in meno di due anni, rinnovarono la Chiesa di Zurigo. Dal 1524 al 1525 infatti il magistrato ordinò la soppressione delle immagini nei santuari, secolarizzò i conventi, destinandone i beni alla pubblica assistenza, abolì la messa, sostituendola con un culto estremamente spoglio.
Nel momento in cui - completata da innovazioni costruttive, tra cui la creazione di una scuola di esegesi biblica e l'istituzione di un tribunale matrimoniale - la Riforma stava trionfando a Zurigo, essa si trovava di fronte a una minaccia interna, potremmo dire, costituita da credenti scontenti per la collusione che essa implicava tra la Chiesa e lo Stato. Questi «anabattisti», come vengono chiamati (sarebbe più corretto definirli «battisti»), avevano accolto con entusiasmo la predicazione di Zwingli, ma erano rimasti ben presto delusi dall'atteggiamento del riformatore, troppo lento e troppo prudente ai loro occhi. Animati da Conrad Grebel e Felix Manz, essi non accettavano l'autorità del magistrato, rigettanvano l'uso della violenza, rifiutavano il battesimo dei fanciulli e pretendevano di realizzare la comunità dei santi.
La loro radicale contestazione richiedeva una risposta. Zwingli, che non era tipo da scappare di fronte alle difficoltà, non mancò di fornirla. Nel suo 'Subsidium' cercò di dimostrare loro come lo Stato cristiano sia abilitato a prendere le decisioni in nome della Chiesa. Nel suo trattato dal titolo 'Vom Tauf, vom Wiedertauf und vom Kindertauf' ('Del battesimo, del battesimo ripetuto e del battesimo dei bambini'), egli cercò di dimostrare a questi credenti come il battesimo dei fanciulli fosse legittimo, accostandolo alla circoncisione, come segno dell'alleanza di Dio con il suo popolo. Ma Zwingli non si limitò a quest'attività puramente letteraria. Nel corso di tre dispute pubbliche che ebbero luogo nel 1525, si diede da fare in tutti i modi per convincere i battisti del loro errore. I suoi sforzi furono inutili e - cosa ancora più grave - tale inutilità incitò il magistrato a intervenire nel dibattito. I capi dei dissidenti vennero imprigionati. Ma, poiché questa misura non era riuscita a ridurre al silenzio l'esigua schiera dei recalcitranti, le autorità civili scagliarono un duro colpo: nel 1527 condannarono a morte per annegamento Manz. Avendo «peccato per l'acqua (sotto inteso: l'acqua battesimale), doveva morire per l'acqua». I battisti di Zurigo non si risollevarono dopo questa tragica esecuzione. Il loro ideale però non scomparve. Fatto proprio da propagandisti disposti al martirio, quali Baldassarre Hubmaier e Giorgio Blaurock che morirono sul rogo, sarebbe sopravvissuto in varie parti d'Europa, tra cui l'alta Germania, l'Austria e la Moravia.
La Riforma nei cantoni svizzeri
Il successo della Riforma a Zurigo ebbe immediatamente importanti ripercussioni. La Confederazione svizzera stava per esplodere. Mentre i cantoni boschivi di Uri, Schwyz, Unterwald e Lucerna (ai quali si aggiungevano le città di Soleure e Friburgo, che ben presto dovettero soffocare al proprio interno ogni velleità di rinnovamento in campo spirituale) restavano saldamente attaccati alla fede tradizionale, i cantoni urbani si aprivano alla predicazione evangelica. Ad esempio, dal 1528 al 1529, avrebbero via via aderito alla Riforma: Berna, San Gallo e Basilea. Nella prima di tali città, il curato Bertoldo Haller e il pittore-poeta Nicola Manuel Deutsch furono i protagonisti di tasle mutamento. Nella seconda, che era una semplice alleata della Confederazione, Vadian, ex rettore dell'Università di Vienna, ebbe un ruolo determinante in qualità di borgomastro. Nella terza, infine, un teologo di valore, Ecolampadio, professore all'università, guidò gli effetti magistralmente.
Di fronte all'ascesa dell'«eresia», i cantoni cattolici conclusero, nel 1524, un'alleanza specifica, detta di Beckenied, di cui Zwingli denunciò invano il pericolo nella sua 'Fedele e seria esortazione ai pii confederati'. Essi decisero, inoltre, nel 1525, di non rinnovare il patto che li legava a Zurigo e, l'anno dopo, stabilirono di fissare la sorte della Riforma alla dieta di Baden. Per questo, ottennero la convocazione di una disputa, appunto la disputa di Baden (primavera dl 1526), dove i cattolici mandarono i loro migliori controversisti, Giovanni Eck e Tommaso Murner soprattutto, e dove i fautori del «Vangelo puro» inviarono come deligati Ecolampadio di Basilea e Haller di Berna, i quali, in assenza di Zwingli, difesero come meglio poterono la causa loro affidata. Organizzata su spinta dei cattolici, la disputa di Baden si chiuse, secondo la norma del tempo, con la vittoria di chi la aveva convocata.
Ricevuta dalla dieta l'ingiunzione di abbandonare Zwingli, minacciato di venir escluso dalla Confederazione, il cantone di Zurigo rimase sulle proprie posizioni. La sua situazione, precaria, si consolidò nel 1527 con la vittoria elettorale riportata a Berna dai seguaci della Riforma, Padroni del campo, gli evangelici cernesi avevano il dovere di organizzare, anch'essi, una disputa teologica; questa ebbe luogo a Berna nel gennaio 1528 e riunì, oltre al clero della città e alle delegazioni dei cantoni svizzeri, parecchi esponenti delle città della alta Germania. Bucer e Capitone, provenienti da Strasburgo, Guglielmo Farel del Delfinato, Ecolampadio, Vadian e soprattutto Zwingli sostennero in quest'occasione, contro teologi cattolici di secondo piano, dieci tesi d'ispirazione zwingliana elaborate da Haller e dal suo collega Kolb. In conformità con le regole del gioco, tale disputa si risolse con il trionfo di coloro che ne avevano presa l'iniziativa. La disputa di Berna non si limitò a consacrare la vittoria della Riforma nei cantoni svizzeri più forti, ma dominò anche la situazione religiosa nella zona di Vaud, di cui i bernesi si impadronirono nel 1536, e determinò, sia pure in parte, la sorte della Riforma calvinista. Se Berna fosse rimasta cattolica, probabilmente Ginevra non sarebbe stata conquistata all'ideale evangelico e, perciò, le vie del protestantesimo in Francia sarebbero state diverse.
Consapevoli della loro forza, i cantoni protestanti diedero vita a una coalizione, all'indomani della disputa di Berna, per far fronte all'alleanza di Beckenried. Dal 1528 al 1529, essi si raggrupparono a mano a mano attorno a Zurigo: Berna, San Gallo, Basilea, Bienne, Sciaffusa a Mulhouse, allora alleata della Confederazione. Sentendosi minacciati da questa coalizione, i cantoni cattolici misero da parte il più elementare interesse nazionale: si allearono con l'Austria, il nemico secolare della Confederazione svizzera. C'erano ormai tutte le condizioni perché tra i cantoni si accendesse una vera e propria guerra di religione. Il conflitto scoppiò nel 1529, in seguito all'esecuzione di un pastore zurighese da parte della gente di Schwyz, ma, grazie agli sforzi di pacificazioni del 'landman' di Glaris,venne bloccato nel momento in cui i confederati stavano per scontrarsi sul campo di battaglia di Kappel.
Questo armistizio non andava a genio a Zwingli, che, sognando una Svizzera evangelica e una coalizione di Stati protestanti in grado di resistere vittoriosamente agli Asburgo, non vi vedeva che un odioso compromesso. Per cui, nei mesi successivi alla pace di Kappel, egli fece di tutto per cercare di porre le basi teologiche per il suo disegno politico. Si recò a Marburgo per cercare di comporre con Lutero la contesa eucaristica che impediva l'alleanza dei protestanti tedeschi e dei riformati svizzeri. Ebbe abboccamenti con i teologi delle città dell'alta Germania che avevano aderito alla 'Confessione tetrapolitana'. Dedicò a Francesco I, che sperava di conquistare alla propria causa, la sua 'Brevis ac distincta summa'. Ma questi sforzi non approdarono a nulla. Il loro fallimento, aggiunto alle difficoltà incontrate dalla Riforma a Zurigo in quel tempo a causa del 'Kirchenzwang' (l'oppressione ecclesiastica dovuta alla collusione del potere religioso e di quello civile), spinse Zwingli a presentare al consiglio le sue dimissioni. Esse non vennero accettate, per cui il riformatore rimase al suo posto e, quando i cantoni cattolici, sfiniti dal blocco economico fatto pesare contro di essi dai cantoni protestanti, si apprestarono a battersi contro Zurigo, egli prese le armi con i suoi concittadini e venne ucciso, con parecchi di questi, nella battaglia di Kappel.
La sconfitta degli zurighesi ebbe gravi ripercussioni sulla causa evangelica. Arrestò decisamente l'espansione della Riforma e stabilì, per un lungo periodo, le barriere confessionali della Confederazione: le posizioni del cattolicesimo e del protestantesimo rimasero immutate nei cantoni fino all'alba del XIX secolo. Se compromise definitavamente lo sviluppo della «nuova» fede, il disastro di Kappel privò altresì Zurigo dell'uomo che, contro venti e tempeste, vi aveva fatto trionfare la Riforma. Tuttavia, la morte di Zwingli non ne mise in pericolo l'opera. La sua sostituzione venne assicurata da due teologi di valore: Leone Jude e, soprattutto, Enrico Bullinger che, a venticinque anni, venne nominato 'antistes', cioè primo pastore della collegiata.
Lucido, fermo e misurato insieme, Bullinger seppe difendere la Riforma zurighese contro la reazione cattolica e contro una nuova offensiva del battesimo, pur senza smettere di proteggere i diritti del ministero evangelico dagli sconfinamenti del potere civile. Egli fece ancora di più: dopo aver incoraggiato le città svizzere e dell'alta Germania a sottoscrivere la 'Prima confessione svizzera', redatta da Myconius, una confessione che, andando oltre il simbolismo zwingliano, proclamava che, nella Cena, il Cristo si offre direttamente ai credenti, concluse con Calvino, dopo anni di discussione, il 'Consensus Tigurinus' (1549). Tenendo fermo il carattere simbolico della Cena caro a Zwingli, pur sostenendo la realtà della presenza spirituale del Cristo, secondo le concezioni di Calvino, l'accordo di Zurigo, nonostante i compromessi in esso contenuti, ebbe un ruolo notevole nella storia del protestantesimo: riavvicinò Zurigo a Ginevra, contribuì a saldare in modo durevole la riforma zwingliana con quella calvinista. Il 'Consensus Tigurinus' non esurì lo zelo «ecumenico» di Bullinger. Instancabile paladino della «cattolicità evangelica», egli non fu solamente il consigliere dell'anglicanesimo, ma, come autore della 'Seconda confessione svizzera' (un testo da lui redatto ad uso personale intorno al 1560 e inviato all'elettore palatino Federico III, che lo adottò per gli Stati a lui soggetti poco prima che lo facessero i cantoni svizzeri conquistati al Vangelo), egli rappresentò altresì un'autorità indiscussa per le Chiese riformate della Scozia, dell'Ungheria e della Polonia.
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