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La Resistenza - Resistenza Europea, Italiana e l'esperienza raccontata da Levi ("Sistema Periodico")




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La Resistenza




Resistenza Europea, Italiana e l'esperienza raccontata da Levi ("Sistema Periodico")















Al centro del mio lavoro ho posto la fase storica della Resistenza nella seconda Guerra Mondiale, che prenderò in esame sia come fenomeno europeo, accennando alle più famose formazioni delle terre occupate dai nazisti, sia, e più in dettaglio, per quanto riguarda la situazione italiana.

Guardando alla Resistenza europea, le più importanti si formarono in Francia e in Polonia.

La Resistenza italiana è oggetto di racconto particolareggiato di Primo Levi in quanto contesto della sua cattura. Rispetto alla memorialistica sull' argomento l'opera di Levi mi ha colpito nel suo complesso  per il fatto che si tratta di uno scienziato-scrittore e non di uno scrittore puro. L'opera che più incarna questa duplicità è "IL SISTEMA PERIODICO", che ho scelto di prendere in esame in modo più dettagliato.


Primo Levi


Nasce a Torino nel 1919. Si iscrive al corso di chimica presso la facoltà di Scienze dell'Università di Torino nel 1937. Levi attiene la laurea con molta difficoltà, a causa delle leggi razziali emanate dal governo fascista nel 1938. Dopo la caduta del governo Mussolini seguì il governo Badoglio che dichiarò l'armistizio. Ciò nonostante la guerra prosegui e Levi si unì ad un gruppo di partigiani in Val d'Aosta, ed all'alba del 13 Dicembre del 1943 fu arrestato e condotto al campo di concentramento di Carpi-Fòssoli.

Nel Febbraio del 1944 il campo di Fòssoli fu preso in gestione dai Tedeschi, i quali mandarono Levi ed altri partigiani verso il campo di concentramento di Auschwitz.

Tornato in Italia nel 1946, levi, avrà difficoltà a reinserirsi in un'Italia disastrata dal dopoguerra. Nello stesso anno Levi trova lavoro presso una fabbrica di vernici. Ossessionato dalle traversie subite decide di scrivere febbrilmente "Se questo è un uomo".

Levi morirà l' 11 aprile del 1987 nella sua casa di Torino.


Il Sistema Periodico


"Il sistema periodico" è una raccolta di racconti.

Ognuno dei 21 racconti porta il nome di un elemento chimico ed è ad esso in qualche modo collegato.

I temi sono numerosi, incentrati sulla vita professionale di chimico e contenuti in una cornice autobiografica. Dai primi esperimenti ai primi impieghi, dalle esperienze di vita nei lager nazisti ai racconti, veri o di fantasia, legati al mestiere di chimico: la vita dell'autore vista attraverso il caleidoscopio della chimica.

Ho scelto di parlare di due capitoli a mio parere molto toccanti: Ferro ed Oro.


Ferro


Questo racconto che fa parte del sistema periodico è tra i testi più interessanti all'interno della copiosa letteratura memorialistica sulla resistenza. Si tratta di un racconto centrato sull'amicizia tra l'autore ed un ragazzo di nome Sandro, associato al fatto per il suo aspetto duro e per il mestiere dei suoi avi. L'amicizia con Sandro era sorta all'interno dei corsi universitari e troncata brutalmente dalla storia politica, infatti il giovane diventerà partigiano e morirà nel lottare contro la Repubblica di Stato. Ma le notizie sulla morte di Sandro occupano uno spazio molto ristretto alla fine del racconto che è invece occupata nella parte più estesa dalla descrizione dalla personalità dell'amico: il modo brusco in cui il racconto finisce è simbolico della insensatezza e violenza in cui il regime ha spezzato vite meravigliose. La figura di Sandro è tratteggiata in modo graduale a partire da pochi elementi enigmatici iniziali: è in questa parte che ricostruisce il momento magico in cui due giovani si attraggono e cominciano a conoscersi che troviamo allusioni al contesto storico politico oppressivo del regime di fine anni '30, in particolare alle leggi razziali penetrate in Italia in modo blando rispetto alla Germania, ma ben percepibile. Qui è molto toccante il punto di vista recuperato da Levi dal ragazzo ignaro delle perversioni adulte: si vede bene nella silenziosa domanda che avrebbe volentieri rivolto a quelli che chiama i suoi " compagni cattolici": " che cosa pensate di me? E' diverso da prima?". Nella parte più bella del racconto, in cui si descrive il rapporto sempre più stretto tra i ragazzi, troviamo espresse opinioni di grande interesse in relazione alla visione del mondo che finisce per toccare più volte e negativamente il fascismo. Primo Levi ci parla del suo amore sconfinato per la libertà ( di cui Sandro finisce per essere un'incarnazione) e ritiene offensiva e disgustosa la propaganda fascista; in particolare ci colpisce la domanda " Non percepire come un'infamia che ad un uomo pensante venisse richiesto di credere senza pensare?" che ci ricorda la poesia di Montale" Non chiederci la parola" che sostiene una posizione di antifascismo che principalmente implica il rifiuto di qualsiasi etichetta politica, ritenuta una gabbia inaccettabile.


Oro


Questo racconto si svolge nel 1942-43, come altri è esplicitamente autobiografico e parla di una comunità di ragazzi che vivono in comunità in seguito ai trasferimenti e agli sfollamenti determinati dalla guerra.

L'atmosfera di questa comunità è quasi da Boheme; Levi dice che nonostante il mondo fosse in fiamme scrivere poesie e vivere l'amore non sembrava loro affatto vergognoso; descrive sé ed i suoi   compagni come si antifascisti ma anche superficiali ed estraniati, incoscienti rispetto all'esterno,in particolare colpisce la descrizione dei bombardamenti notturni degli Alleati visti come una sterile manifestazione di forza; come pure Levi si sofferma sulla lontananza dei cosiddetti Alleati. Colpisce anche la sensazione comune espressa da Levi che la guerra sarebbe durata ancora anni in quella situazione di stallo: tutto questo rende molto efficacemente lo stato d'animo di una giovane generazione cui è stato precluso il futuro.

C'è poi una svolta narrativa che coincide con quella storica della battaglia di Stalingrado: Levi dice che ognuno dei ragazzi maturò in quei mesi più che in tutti i vent'anni precedenti. Ci sono a questo punto parole molto intense per gli antifascisti che entrarono in azione, come pure  durissima definizione del fascismo come negatore della giustizia e calcolato proclamatore di menzogna.

Molto interessante è la critica alle modalità di formazione dei partigiani: ai ragazzi viene chiesta rabbia e rivolta ma non vengono date istruzioni pratiche sulle armi; in oltre Levi mette in evidenza come la storia imparata a scuola non coincidesse con quella che i partigiani dovevano conoscere per ispirarsi.

Viene descritto il caos della caduta del fascismo e dell'armistizio: la conclusione è che i ragazzi erano  si certi della loro scelta ma sicuri ma molto sicuri dei loro mezzi, infatti si descrivono come i partigiani più disarmati e sprovveduti, affamati e infreddoliti.

Poi viene raccontata la rottura, con molto realismo e umiltà (colpisce il particolare della pistola); molto cruda anche se apparentemente casuale è la descrizione della violenza gratuita dei fascisti. Levi insiste sulla sua mancanza di coraggio a fare atti eroici. Insiste anche su quanto fosse doloroso per loro non poter comunicare l'uno con l'altro.

Quando descrive la cella è notevole il contrasto con i romanzi letti fino ad allora dove l'evasione era sempre possibile. Notevole anche la descrizione del fascista Fossa, ottuso ma candido e molto integro, cui si contrappone quella della spia responsabile della loro cattura, piena di sadismo. Levi si dilunga poi sulla presenza di un topo nella sua cella, guardato con una certa simpatia ma anche con invidia per la sua libertà.

Più volte è ironicamente messo in evidenza il pregiudizio classista che tendeva a dare risalto ai laureati.

Il cuore del racconto è il colloquio con un' altro prigioniere, un contrabbandiere che si mette a parlare del fiume Dora e dell'oro che contiene nella sue sabbie.

Difronte al senso di aver provato un lancinante desiderio di vivere con il rimpianto per aver perso  tempo prima.





La resistenza


Per Resistenza italiana (chiamata anche Resistenza partigiana o più semplicemente Resistenza) si intende l'opposizione, militare o anche soltanto politica, condotta nell'ambito della seconda guerra mondiale contro l'invasione dell'Italia da parte della Germania nazista e nei confronti degli occupanti e della Repubblica Sociale Italiana da parte di liberi individui, partiti e movimenti organizzati in formazioni partigiane che combatterono a fianco degli Alleati.

Il movimento resistenziale - inquadrabile storicamente nel più ampio fenomeno europeo della resistenza all'occupazione nazista - fu caratterizzato in Italia dall'impegno unitario di molteplici e talora opposti orientamenti politici (cattolici, comunisti, liberali, socialisti, azionisti, monarchici, anarchici). I partiti animatori della Resistenza, riuniti nel Comitato di Liberazione Nazionale, avrebbero più tardi costituito insieme i primi governi del dopoguerra.

La Resistenza costituisce il fenomeno storico nel quale vanno individuate le origini stesse della Repubblica italiana. Infatti, l'Assemblea costituente fu in massima parte composta da esponenti dei partiti che avevano dato vita al CLN, i quali scrissero la Costituzione fondandola sulla sintesi tra le rispettive tradizioni politiche e ispirandola ai principi della Democrazia e dell'Antifascismo.

Il periodo storico individuato comunemente come Resistenza italiana inizia, per convenzione storiografica ormai consolidata, dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943 e termina alla fine del mese di aprile 1945. La scelta di celebrare la fine di quel periodo con il 25 aprile 1945 fu riferito dal CLNAI con la data dell'appello per insurrezione armata della città di Milano, sede del comando partigiano. La Resistenza italiana fu solo la prima parte del cosiddetto periodo costituzionale transitorio. In termini politici questo periodo si concluse con la nomina del primo governo Parri del 21 giugno 1945. La seconda parte terminerà il 1 gennaio 1948, giorno dell'applicazione della nuova Costituzione Italiana.


Generalità


Alla Resistenza presero parte gruppi organizzati e spontanei di diverse estrazioni politiche, uniti nel comune intento di opporsi militarmente (dove possibile collaborando con le truppe alleate) e politicamente al governo della Repubblica Sociale Italiana (RSI) e degli occupanti nazisti tedeschi. Ne scaturì la 'guerra partigiana', conclusasi il 25 aprile 1945, quando l'insurrezione armata proclamata dal Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia (CLNAI) consentì di prendere il controllo di quasi tutte le città del nord del paese. Era l'ultima parte di territorio italiano ancora occupata dalle truppe tedesche in ritirata verso la Germania e soggetta all'azione repressiva delle formazioni repubblichine della Repubblica Sociale Italiana cui il movimento partigiano opponeva la propria resistenza. La resa incondizionata dell'esercito tedesco si ebbe il 29 aprile, anche se in alcune città come Genova le forze tedesche si erano già arrese alle milizie partigiane nei giorni precedenti.


Il Comitato di Liberazione Nazionale e altre formazioni autonome


Il movimento partigiano, prima raggruppato in bande autonome, fu successivamente principalmente organizzato dal Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), guidato dal generale Raffaele Cadorna, diviso in CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia), con sede nella Milano occupata, e il CLNC (Comitato di Liberazione Nazionale Centrale). Il CLNAI, presieduto dal 1943 al 1945 da Alfredo Pizzoni, coordinò la lotta armata nell'Italia occupata, condotta da formazioni denominate brigate e divisioni, quali le Brigate Garibaldi, costituite su iniziativa del partito comunista; le Brigate Matteotti, legate al partito socialista; le Brigate Giustizia e Libertà, legate al Partito d'Azione; le Brigate Autonome, composte principalmente di ex-militari e prive di rappresentanza politica, talvolta simpatizzanti per la monarchia, riportate come badogliani.

Dall'8 settembre 1943 (data della proclamazione dell'armistizio e conseguente proclama Badoglio) al 25 aprile 1945 il territorio italiano occupato dai nazisti visse una vera e propria guerra nelle retrovie. L'azione della Resistenza italiana come guerra patriottica di liberazione dall'occupazione tedesca, implicava anche la lotta armata contro i fascisti e gli aderenti alla RSI che sostenevano gli occupanti.


Il ruolo giocato nella guerra


L'inizio vero e proprio della Resistenza è difficile da individuare e dipende dall'impostazione storica che si vuol dare: se puntualizzante sul periodo resistenziale o comprendente le fasi di antifascismo sia militare che clandestino che precedettero il periodo dell'8 settembre del 1943, certo è che gli scioperi operai del marzo del 1943 dimostrarono che era possibile opporsi al regime fascista arrivando a minare in modo pesantissimo la credibilità di Mussolini e ciò fu il preludio della sua messa fuori gioco del 25 luglio. È chiaro che furono proprio le sofferenze e privazioni sopportate dalle fasce meno abbienti della popolazione a causa della guerra, ad innescare il meccanismo dei grandi scioperi. D'altro canto molti storici indicano come inizio della Resistenza la fase della Guerra di Spagna od ancora la lotta antifascista militare temporalmente a cavallo degli anni '20 ed il successivo 'fuoriuscitismo' (ovvero emigrazione forzata per evitare carcere o peggio) che giust'appunto mantenne vivo il fermento antifascista e confluì, in larga parte, nella milizia antifascista nella guerra di Spagna. Ad essere coinvolti in quella che viene anche chiamata guerra partigiana, si calcola siano stati dalle poche migliaia nell'autunno del 1943 fino ai circa 300.000 dell'aprile del 1945 gli uomini armati che, specialmente nelle zone montuose del centro-nord del Paese, svolsero attività di guerriglia e controllo del territorio che via via veniva liberato dai nazifascisti.

Nell'Italia centro-meridionale il movimento partigiano non ebbe altrettanta crucialità militare, sebbene nelle aree conquistate dagli Alleati nella loro avanzata verso settentrione si riunissero i principali esponenti politici che da lontano coordinavano le azioni militari partigiane, insieme alle armate alleate. Infatti l'esercito angloamericano aveva sospinto sulla linea Gustav già dal 12 ottobre 1943 le forze tedesche che risalivano verso il nord.

Con mezza penisola liberata e la restante parte ancora da liberare, con violente tensioni sociali ed importanti scioperi operai che già nella primavera del 1944 avevano paralizzato le maggiori città industriali (Milano, Torino e Genova), le popolazioni dell'Italia settentrionale si preparavano a trascorrere l'inverno più lungo e più duro, quello del 1945. Sulle montagne della Valsesia, sulle colline delle Langhe e sulle asperità dell'Appennino Ligure e dell'Appennino Tosco-Emiliano le formazioni partigiane erano ormai pronte a combattere.

Mentre si cominciava comunque a guardare al futuro, un altro punto di contrasto era costituito, appunto, da quello che sarebbe accaduto nel dopoguerra, che veniva avvertito ormai come prossimo. Se da un lato la guerra di liberazione accomunava diverse forze politiche, sia pure nella clandestinità e nella diversità ideologica, l'obiettivo successivo - la nuova Italia - era fonte di divergenza: i partiti della sinistra - peraltro divisi al loro interno - paventavano particolarmente un ripristino dello stato liberale prefascista; dal canto suo, il Partito d'Azione sosteneva la necessità che alle organizzazioni partigiane venisse attribuito un ruolo di rilievo nell'edificazione di una nuova democrazia in grado di sovvertire il vecchio ordinamento monarchico. La monarchia, sebbene minata nel proprio prestigio e popolarità per via del suo coinvolgimento quale corresponsabile del fascismo nell'aver gettato l'Italia in guerra e per la fuga del re Vittorio Emanuele da Roma, continuava tuttavia a raccogliere un significativo sostegno popolare diffuso in modo variabile e trasversale anche presso alcuni gruppi partigiani di ispirazione monarchica, cattolica e liberale, oltre che presso militari dell'esercito.


Dall'insurrezione alla liberazione


Il 19 aprile 1945, mentre gli Alleati dilagavano nella valle del Po, i partigiani su ordine del CLN diedero il via all'insurrezione generale. Dalle montagne, i partigiani confluirono verso i centri urbani del Nord Italia, occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate venne dato l'ordine di proteggere i macchinari dalla distruzione. Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti che componevano il CLN.

Mentre avveniva ciò, le formazioni fasciste si sbandavano e le truppe tedesche allo sfacelo battevano in ritirata. Si consumava il disfacimento delle truppe nazifasciste, che davano segni di cedimento già dall'inizio del 1945 e i cui vertici si preparavano alla resa agli Alleati.

La mattina del 14 aprile, in un'Imola che sembrava deserta, entrò per primo l'87° Reggimento Fanteria del Gruppo di Combattimento 'Friuli' che, però, fu subito comandato di dirigersi verso Bologna. Poco dopo giunse la divisione Carpatica polacca, comandata dal Generale Władysław Anders insieme ai soldati del Gruppo di Combattimento 'Legnano', che furono accolti dagli imolesi che, nel frattempo, erano usciti dai loro rifugi. Ancora la mattina del 21 aprile, fu il 'Friuli' ad entrare per primo a Bologna, passando per la Porta Maggiore, nel tripudio dei bolognesi. In giornata giunsero anche i polacchi, il 'Legnano' e altri gruppi. Gli americani liberarono Modena il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 e Parma il 25. Nella stessa data, a Genova, inizia l'insurrezione, che porterà il generale tedesco Gunther Meinhold ad arrendersi formalmente al CLN ligure il 25 aprile.

Milano e Torino furono liberate il 25 aprile: questa data è stata assunta quale giornata simbolica della liberazione di tutta l'Italia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene commemorata annualmente in tutte le città italiane.

Le truppe alleate arrivarono nelle principali città liberate nei giorni seguenti. La liberazione di molte città, inclusi centri industriali di importanza strategica, prima dell'arrivo degli alleati rese l'avanzata di questi più rapida e meno onerosa in termini di vite e rifornimenti. In molti casi avvennero drammatici combattimenti strada per strada; i resti dell'esercito tedesco e gli ultimi irriducibili fascisti della Repubblica Sociale Italiana sparavano asserragliati in vari edifici o appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. Tra essi e le forze partigiane avvennero talvolta vere e proprie battaglie (come a Firenze nel settembre 1944), ma solitamente la loro resistenza si ridusse a una disorganizzata guerriglia, per esempio a Parma e a Piacenza.

La notte tra il 25 e il 26 aprile 1945 Benito Mussolini, con i suoi gerarchi e famiglie pernotta a Grandola ed Uniti nell'hotel Miravalle nella frazione di Cardano.

Il 27 aprile 1945 Benito Mussolini, indossando la divisa di un soldato tedesco, fu catturato a Dongo, in prossimità del confine con la Svizzera, mentre tentava di espatriare assieme all'amante Claretta Petacci. Riconosciuto dai partigiani, fu fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo 28 aprile a Giulino di Mezzegra, sul lago di Como; il suo cadavere venne esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli della stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Milano, ove fu lasciato alla disponibilità della folla, che infierì sul cadavere. In quello stesso luogo otto mesi prima i nazifascisti avevano esposto e dileggiato, quale monito alla Resistenza italiana, i corpi di quindici partigiani uccisi.

Il 29 aprile la resistenza italiana ebbe formalmente termine, con la resa incondizionata dell'esercito tedesco, e i partigiani assunsero pieni poteri civili e militari.

Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia ebbe a commentare che 'la fucilazione di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese ancora coperto di macerie materiali e morali.'

Il 2 maggio il generale britannico Alexander ordinò la smobilitazione delle forze partigiane, con la consegna delle armi. L'ordine venne in generale eseguito e le armi in gran parte consegnate, in tempi diversi nei vari luoghi in dipendenza dell'avanzata dell'esercito alleato, della liberazione progressiva del territorio nazionale, e del conseguente passaggio di poteri al governo italiano; una parte delle forze partigiane fu arruolato nella polizia ausiliaria ad hoc costituita.


Alcune cifre sulla Resistenza


Secondo diverse fonti il numero di partigiani, partendo dalle poche migliaia dell'autunno del 1943, raggiunse alla fine della guerra una consistenza di circa 300.000 uomini. Molti studiosi pongono però dei dubbi sul reale numero di partigiani attivi alla fine della guerra, riportando cifre ben più modeste relative agli uomini e alle donne impegnati direttamente nella lotta armata, sostenendo che tra i circa 300.000 che si definiranno partigiani dopo il 25 aprile molti siano semplicemente simpatizzanti della resistenza che, pur non partecipando direttamente alle azioni partigiane, avevano fornito (rischiando comunque la vita) supporto e rifugio e che in alcuni casi vennero conteggiati tra i partigiani anche ex fascisti ed ex repubblichini saliti sul carro del vincitore grazie a conoscenze, alla corruzione o alla delazione di altri sostenitori della dittatura fascista o sostenitori della Repubblica Sociale Italiana (secondo le loro indicazioni non necessariamente veritiere).

Va ricordato poi che dopo il bando del febbraio 1944, che prevedeva la pena di morte per i renitenti alla leva e ai disertori, seguito nell'aprile dello stesso anno da un altro decreto che estendeva la pena di morte anche a chi aveva dato appoggio o rifugio alle brigate partigiane, e dopo diversi casi di arruolamenti forzati da parte di soldati della RSI, molti giovani preferirono cercare rifugio tra le formazioni partigiane rispetto al partire per una guerra che non condividevano (e che molti ritenevano ormai persa) o al rischiare di essere catturati e giustiziati in città insieme ai propri familiari colpevoli di aver dato loro rifugio, pur non condividendo sempre gli orientamenti politici che animavano chi aveva dato vita a queste formazioni.


Resistenza europea


Lotta militare e politica condotta nel corso della seconda guerra mondiale da organizzazioni clandestine e formazioni militari di volontari contro l'occupazione nazista in Europa e contro i regimi collaborazionisti; si diffuse in tutto il territorio europeo, a partire dal 1942, assumendo differenti e specifici caratteri.

Nei paesi occupati dai tedeschi sin dal 1940, come la Danimarca, la Norvegia e l'Olanda, l'obiettivo era di proseguire la guerra perduta dagli eserciti regolari e di ritornare alla situazione prebellica. In altri paesi, come la Francia, la Iugoslavia, la Grecia, la Polonia e l'Italia, la Resistenza assunse un carattere di scontro politico, anche con risvolti rivoluzionari, pur nell'ambito di una comune strategia militare finalizzata al ripristino della libertà e alla riconquista della sovranità nazionale, e si sviluppò in collegamento con le operazioni di guerra condotte dagli eserciti alleati.

Fu questo il caso anche dell'Italia che, dopo l'armistizio di Cassibile del 1943 con gli anglo-americani, restò divisa in due e vide la nascita di formazioni partigiane nella parte occupata dai tedeschi e organizzata nel regime della Repubblica sociale italiana.


La Resistenza francese


La Francia fu il paese in cui si formarono i primi gruppi partigiani, che ebbero un punto di riferimento nelle forze militari di France libre, costituitesi sotto la guida di Charles De Gaulle nei territori d'oltremare. Nella prima fase l'organizzazione della Resistenza francese fu estranea ai partiti tradizionali, pur avvalendosi di uomini che da questi provenivano; si trattò prevalentemente di un movimento spontaneo, dettato dalla coscienza individuale. A partire dal 1941 le diverse anime partigiane iniziarono invece a organizzarsi in una fitta rete di gruppi di lotta: nel Nord, cioè nella zona sotto il diretto controllo tedesco, agì il raggruppamento del Fronte nazionale, voluto dal Partito comunista francese, con la partecipazione anche di socialisti e radicali; nel Sud furono attivi i movimenti Combat, Libération, quest'ultimo a base popolare, e Franc-Tireur, che raccoglieva i sostenitori nella borghesia moderata.

L'espansione dell'occupazione tedesca pose la necessità di unificare i diversi gruppi sotto un'unica direzione: nel 1943, grazie all'instancabile opera di Jean Moulin, fu istituito il Consiglio nazionale della Resistenza, organismo di coordinamento, voluto da De Gaulle e presieduto, dopo l'improvviso arresto e uccisione di Moulin, da Georges Bidault. I partigiani francesi pagarono un alto prezzo di sangue e svolsero un ruolo militare importante in occasione dello sbarco alleato in Normandia, nell'estate del 1944.


La Resistenza polacca

In Polonia la Resistenza nacque da una duplice necessità: quella di preservare l'identità nazionale, violata da Hitler e da Stalin, e quella di rispondere alle brutalità commesse dai nazisti, che avevano colpito prevalentemente, ma non solo, la popolazione ebraica. La Resistenza polacca visse profonde lacerazioni, divisa com'era tra una fazione moderata, che faceva capo al governo in esilio a Londra, e quella rivoluzionaria di matrice comunista, costituitasi nel 1942 con l'appoggio sovietico e che nel 1944 diede forma al Comitato di liberazione nazionale (PKWN). L'insurrezione degli ebrei del ghetto di Varsavia, distrutto dai tedeschi tra l'aprile e il maggio del 1943, rappresentò un episodio cruciale della Resistenza polacca. La drammaticità della divisione della Resistenza si manifestò in tutta la sua evidenza nella rivolta di Varsavia dell'agosto 1944: organizzata dal governo in esilio a Londra, fu boicottata dai sovietici per ragioni di convenienza politica, così che i tedeschi in ottobre ripresero il controllo della città.

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