"La resistenza italiana"
Nell'ambito della
lotta per conquista della libertà,
possiamo trovarne un importantissimo esempio anche all'interno della storia
recente del nostro paese: la resistenza italiana, che ha infatti rivestito un
ruolo fondamentale per la liberazione della nostra nazione. La storia della
Resistenza italiana si inserisce in un ambito cronologico che ha inizio sin
dalle prime manifestazioni di antifascismo degli anni trenta; con il procedere
della guerra e con il progressivo indebolimento del regime, causato in parte dalle
numerose disfatte nel conflitto, in parte dalle debolezze interne del suo
apparato, privo di autonomia e di iniziativa politica per l'eccessiva
dipendenza dal suo capo, si consolidò e si strutturò in Italia l'opposizione al
Fascismo. Infatti, già gli scioperi che paralizzarono le fabbriche del Nord tra
l'aprile e il marzo del '43 ebbero tra i principali organizzatori gruppi di
comunisti che difendevano le ragioni dell'antifascismo.
A partire
dall'autunno del '43, l'Italia si presentava divisa in due entità statali:
mentre al sud sopravviveva il vecchio stato monarchico, al nord il fascismo
risorgeva dalle sue ceneri grazie all'appoggio degli occupanti nazisti. Furono
proprio questi ultimi a liberare Mussolini dalla sua prigione sul Gran Sasso,
ed a permettergli di dare vita alla Repubblica
sociale italiana ed a un nuovo Partito fascista repubblicano; gli obiettivi
che la nuova repubblica si proponeva erano quelli di combattere gli artefici
del tradimento del 25 luglio, che aveva portato il Gran Consiglio del Fascismo
ad affidare al re il comando supremo delle forze armate e di attuare un
programma di socializzazione delle imprese. Il nuovo regime repubblicano non
riuscì, però, a guadagnare molti consensi ed a reclutare un numero di uomini
sufficiente, a causa della sua eccessiva dipendenza dagli occupanti tedeschi, i
quali non solo praticavano uno sfruttamento intenso delle risorse economiche e
umane del paese, ma avevano affidato al governo di Salò solamente al funzione
di combattere il movimento partigiano. Le regioni del centro-nord divennero,
così, teatro di di una guerra civile tra italiani. Le prime formazioni
partigiane, formate da piccoli nuclei di militanti antifascisti uniti a soldati
sbandati che si erano rifiutati di consegnarsi ai tedeschi, furono attive
soprattutto lontano dai centri urbani, attraverso azioni di sabotaggio nei
confronti degli occupanti, ma furono presenti anche nelle città, dove i Gruppi da azione patriottica compivano
attentati contro militari o singole personalità tedesche. Violente furono però
le azioni di rappresaglia dei tedeschi, come quella delle Fosse ardeatine, dove 335 prigionieri furono giustiziati per
vendicare la morte di 33 militari tedeschi. Le formazioni partigiane si
dividevano nelle Brigate Garibaldi,
formate soprattutto da comunisti, le formazioni Giustizia e libertà, dove militavano repubblicani di sinistra e
liberalsocialisti, e nelle Brigate
Matteotti, costituite prevalentemente da formazioni cattoliche e autonome
di ordinamento monarchico. Le vicende della Resistenza si intrecciarono con
quelle della politica; infatti, in questo periodo si assistette ala
rinascita dei partiti antifascisti,
quali il Partito d'azione, la Democrazia cristiana, il Partito repubblicano, il Partito
socialista di unità proletaria; per quanto riguarda i comunisti essi
riuscirono invece a ricostituire buona parte del loro gruppo dirigente grazie
al ritorno di molti dei loro leader dal confino. I rappresentanti di tali
partiti diedero vita al Comitato di
liberazione nazionale, ponendosi come guida della nuova Italia democratica.
Proprio a livello politico, però, erano presenti molte divisioni sugli
obiettivi finali della lotta di liberazione; mentre gli azionisti ritenevano
che fosse necessario attribuire alle formazioni partigiane un ruolo dominante
nella costruzione della nuova democrazia, per i comunisti e socialisti, invece,
il Cln doveva agire solo a livello militare e lasciare ai partiti il compito di
promuovere le future forme politiche e istituzionali; inoltre, mentre le formazioni
dei estrema sinistra credevano che la lotta di liberazione dovesse sfociare
nella rivoluzione sociale, per gli azionisti l'obiettivo primario era
l'instaurazione di una democrazia avanzata; non bisogna sottovalutare, però,
l'appoggio della democrazia cristiana e dei soldati all'istituzione monarchica.
I partiti del Cln non avevano però la forza per imporre il loro punto di vista,
in quanto la situazione era gestita dal governo Badoglio godeva della fiducia
degli alleati; a trovare un compromesso fu il leader comunista Palmiro
Togliatti, il quale propose di formare un governo di unità nazionale che
focalizzasse le sue attenzioni sulle priorità imposte dalla guerra e dalla
lotta al fascismo. Quindi, mentre al re fu affidata la luogotenenza generale
del regno, la guida del nuovo esecutivo passo nelle mani di Ivanoe Bonomi; ciò significò una
maggiore sinergia tra i poteri politici e la lotta di resistenza che, guidata
da in comando unificato, riuscì ad allargare la base di reclutamento delle
bande ed a liberare diverse zone, in alcune delle quali vennero instaurate
"repubbliche partigiane" amministrate secondo il modello dell'autogoverno
popolare. Ciò provocò ancora violente rappresaglie, come quella di Marzabotto. L'azione del movimento
partigiano, però, era limitata dai diversi contrasti presenti all'interno delle
stesse formazioni, e dalla difficoltà di coinvolgere il grosso della
popolazione nella lotta di liberazione,
il cui rapido esito restava affidato essenzialmente all'azione delle truppe
anglo-americane. In particolare, il movimento partigiano andò incontro ad una
grave crisi nell'inverno del '44-'45, quando il generale inglese Alexander gli
invitò a sospendere le operazioni su larga scala; da ciò nacquero una serie di
malintesi e polemiche tra i capi della resistenza e iol governo centrale. Tali
contrasti furono tuttavia superati grazie all'intervento di Ivanoe Bonomi, il
quale riconobbe il Cln come rappresentante del governo nell'Italia occupata.
Nella primavera del '45, quindi, con la ripresa dell'offensiva alleata, forte
dei suoi 200.000 uomini armati, il movimento partigiano avrebbe svolto un ruolo
di primo piano nella liberazione del Paese.