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LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Lo scoppio della guerra e gli schieramenti
Nel giugno del 1914 a Sarajevo, capitale della Bosnia-Erzegovina, da poco annessa all'impero austro-ungarico, uno studente serbo, Gavrilo Princip, uccise l'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Austria, e la moglie; l'attentato si inseriva nel clima di esasperazione nazionalista che accompagnava le guerre balcaniche e diede inizio ad una reazione a catena che finì per coinvolgere tutte le maggiori potenze europee.
Il governo austriaco, nella convinzione che le autorità politiche serbe fossero coinvolte nell'attentato, pose un ultimatum alla Serbia, che non accettò la partecipazione della polizia austriaca alle indagini sul proprio territorio; di conseguenza l'Austria dichiarò guerra alla Serbia (luglio 1914). La Russia, principale alleata della Serbia, mobilitò le proprie truppe su tutto il confine occidentale. La Germania, alleata dell'Austria, sentendosi minacciata e dopo aver inviato un ultimatum, dichiarò guerra alla Francia, principale alleato della Russia. La strategia tedesca prevedeva un rapido attacco di sorpresa, così da colpire la Francia impreparata. A tale scopo l'esercito tedesco invase il Belgio, Paese neutrale. La violazione della neutralità belga spinse l'altra grande alleata di Francia e Russia, la Gran Bretagna, a dichiarare guerra alla Germania (agosto 1914).
I due opposti schieramenti erano quello degli Imperi centrali tedesco e austriaco, con i loro alleati minori, e la Triplice Intesa tra Inghilterra, Francia e Russia, cui si unirono nel corso della guerra altri Stati.
La guerra diventò mondiale dopo l'ingresso del Giappone (agosto 1914) e degli Stati Uniti (1917) a fianco dell'Intesa.
Imperi centrali: Austria-Ungheria, Germania, Turchia, Bulgaria.
Stati dell'Intesa: Serbia, Russia, Francia, Gran Bretagna, Giappone, Italia, Portogallo, Romania, Grecia, Stati Uniti, Brasile, Cina.
Nel 1914 la Germania tentò una "guerra lampo" contro la Francia, puntando rapidamente su Parigi, ma fallì; infatti l'esercito francese riuscì ad arrestare l'avanzata tedesca sul fiume Marna. Gli Imperi centrali ottennero invece alcuni successi sul fronte orientale, contro la Russia, ma nessuna battaglia fu realmente risolutiva.
All'inizio del 1915, i Tedeschi ottennero alcuni successi nei confronti della Russia e della Serbia, ma quella che doveva essere una "guerra lampo", dunque una guerra di movimento, si trasformò in guerra di posizione e di trincea: gli eserciti si attestavano lungo delle linee di confine o fronti, dove venivano scavate le trincee, chilometri e chilometri di buche e fossati in cui si ammassavano centinaia di migliaia di uomini. La trincea era simbolo dell'immobilità degli eserciti, della loro impossibilità di prevalere l'uno sull'altro e dell'equilibrio sostanziale delle forze. La trincea era l'unico mezzo per difendersi dalla potenza di fuoco nemica e fu la conseguenza dello sviluppo delle moderne tecniche di combattimento (fu introdotto l'uso delle mitragliatrici, delle armi chimiche, del carro armato e dell'aeroplano). A causa dell'impiego di questi mezzi, la guerra mieteva molte più vittime di quanto non fosse mai avvenuto nel passato.
Allo scoppio della guerra l'Italia aveva proclamato la propria neutralità, facendo leva sul carattere esclusivamente difensivo della Triplice Alleanza e sul fatto non la aveva informata prima di dichiarare guerra alla Serbia. L'opinione pubblica era nettamente divisa tra neutralisti e interventisti.
Neutralisti
liberali giolittiani (ritenevano che, se l'Italia fosse rimasta neutrale, avrebbe potuto ottenere concessioni territoriali dall'Austria ; temevano inoltre che la guerra avrebbe peggiorato la situazione sociale)
cattolici (per motivazioni religiose e per non combattere contro la cristianissima dinastia asburgica)
socialisti (per ragioni ideologiche e i loro principi pacifisti).
Interventisti
nazionalisti (appoggiati da D'Annunzio; favorevoli alla guerra come mezzo di affermazione di potenza e di espansione imperialistica)
irredentisti (volevano la guerra contro l'Austria per completare il processo di unificazione nazionale con l'annessione di Trento, Trieste e la Dalmazia)
liberali di destra (Sonnino e Salandra, che aveva sostituito Giolitti alla guida del governo; ritenevano che la guerra avrebbe permesso di soffocare le crescenti tensioni sociali).
I nazionalisti mobilitarono manifestazioni di massa a sostegno della guerra, le cosiddette
"radiose giornate di maggio". Nell'aprile 1915, Sonnino e Salandra, d'accordo col re, stipularono un trattato segreto con l'Intesa, il Patto di Londra, con cui l'Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese dietro la promessa, in caso di vittoria, di Trento, Trieste e la Dalmazia. Si trattava di una grave violazione statutaria, in quanto il parlamento fu scavalcato dal governo, con l'appoggio del re e della piazza. Alla fine la camera votò i pieni poteri al governo e fu dichiarata guerra all'Austria (maggio 1915).
Il comando dell'esercito fu affidato al generale Luigi Cadorna, che riuscì a guadagnare alcune posizioni nelle quattro sanguinose battaglie dell'Isonzo.
Il 1916 fu l'anno delle grandi offensive militari e delle stragi inutili. Francesi e Inglesi affrontarono i Tedeschi nella sanguinosa battaglia della Somme, in cui morirono un milione di uomini. Gli Austriaci lanciarono un violento attacco contro l'Italia, provocando gravi perdite; si trattava di una "spedizione punitiva" (Strafexpedition) contro l'ex alleato traditore. Intanto l'Intesa aveva attuato il blocco navale contro la Germania, aggravando la situazione degli Imperi centrali. La Germania aveva risposto al blocco navale con uno strumento terribile: la guerra sottomarina, che prevedeva l'affondamento di tutte le navi straniere.
Nel 1917 la guerra segnò una svolta fondamentale. Lo scoppio della Rivoluzione russa, che portò alla caduta del regime zarista, provocò l'uscita del Paese dal conflitto con la firma dell'armistizio di Brest-Litovsk. Gli Italiani subirono una gravissima sconfitta da parte degli Austriaci a Caporetto (disfatta di Caporetto); il comando dell'esercito fu assegnato al generale Diaz.
Il continuo affondamento delle navi mercantili americane spinse gli USA ad entrare in guerra (aprile 1917, anche se il grosso delle truppe entrò in azione nel 1918).
L'arrivo dei soldati americani (un milione nel 1918) decise le sorti della guerra. Il primo a disgregarsi fu l'Impero ottomano, che firmò l'armistizio con le potenze alleate. Poi fu la volta dell'Impero asburgico: l'imperatore lasciò l'Austria e fu instaurata la repubblica. Infine si arrese anche la Germania, dove il kaiser fu costretto all'esilio e fu proclamata la repubblica.
I disastri provocati dalla guerra furono enormi. I morti avevano superato i nove milioni, senza contare i 10 - 20 milioni di morti provocati dalla diffusione di epidemie, esplose a causa delle peggiorate condizioni igieniche e alimentari (ricordiamo la "spagnola", una gravissima epidemia influenzale che fece morire più persone di quante ne avesse uccise la guerra.
L'economia di numerosi Stati attraversò un periodo di forte crisi: l'agricoltura era diventata praticamente improduttiva per l'assenza di milioni di contadini chiamati alle armi; l'industria era stata totalmente impegnata nella produzione bellica e fu necessaria una graduale riconversione delle singole aziende; il commercio europeo era rimasto paralizzato. Se la situazione economica delle potenze sconfitte appariva disastrosa, non molto più allegra era quella delle nazioni europee vincitrici, dissanguate dallo sforzo bellico e tutte più o meno pesantemente indebitate con la nuova potenza emergente, gli Stati Uniti. Vi fu in tutta Europa una forte inflazione monetaria, che portò ad una crescita vertiginosa dei prezzi.
Sul piano politico, l'instabilità non era minore. causa della guerra erano crollati l'Impero germanico, l'Impero austro-ungarico, l'Impero zarista, l'Impero ottomano; in Russia era esplosa una rivoluzione destinata a mutare le sorti future del mondo. L'Europa - dei vincitori non meno che dei vinti - cedette il primato mondiale agli Stati Uniti, mentre anche la Russia e il Giappone si avviavano ad imporsi come potenze di primo piano.
La conferenza di pace ebbe inizio a Parigi nel gennaio 1919, alla presenza dei rappresentanti di tutte le potenze vincitrici, ma le decisioni fondamentali furono prese dal presidente francese Clemenceau, dal primo ministro inglese Lloyd George e dal presidente americano Wilson. L'Italia fu rappresentata dal capo del governo Vittorio Emanuele Orlando e da Sonnino, ai quali fu tuttavia riservato un ruolo minore. Furono esclusi invece i vinti. La conferenza realizzò cinque trattati diversi, che presero il nome dalle cinque località della periferia parigina in cui furono firmati. Alla base delle decisioni prese c'erano i "quattordici punti" elaborati dal presidente americano Wilson; essi si basavano su criteri democratici: pace definitiva, libertà di navigazione, riduzione degli armamenti, rispetto delle nazionalità e delle minoranze, autodeterminazione dei popoli. Tuttavia la pace non riuscì a placare la tensione tra i popoli, anzi la accentuò in modo preoccupante.
Wilson promosse la formazione della Società delle Nazioni (aprile 1919), un'associazione generale delle nazioni che avrebbe dovuto garantire la pace, il disarmo e l'equilibrio mondiale, risolvendo pacificamente i dissidi internazionali. In realtà questo organismo internazionale aveva dei grossi limiti: alcuni Stati, tra cui li stessi USA, finirono per non aderirvi; inoltre lo statuto della Società delle Nazioni prevedeva gravi sanzioni economiche contro gli Stati che turbassero la pace, ma la Società non disponeva di una struttura militare che potesse far rispettare le decisioni prese.
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