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La prima guerra mondiale




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LA PRIMA GUERRA MONDIALE


Dal 1914 al 19181' Europa attraversò uno dei periodi più drammatici della sua storia: una tremenda guerra coinvolse la maggior parte degli Stati. Per la sua ampiezza e le sue conseguenze, questo conflitto è stato definito dagli storici 'grande guerra' e anche 'prima guerra mondiale'. Alla metà del 1914, il panorama internazionale continuava ad essere minato da una serie di attriti tra le grandi potenze, che possono essere riassunti in quattro motivazioni principali:

1. il contrasto anglo/tedesco sul versante economico-commerciale;

2. il contrasto franco-tedesco per la questione dell'Alsazia e della Lorena, che la Germania si era annessa nel 1871;

3. le aspirazioni italiane a togliere il Trentino e la Venezia Giulia all'Austria;

4. la concorrenza austro-russa nei Balcani.

Furono questi i presupposti maggiori della Grande Guerra, il cui inizio va poi ricondotto, più in particolare, all'attentato compiuto all'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono asburgico, che, il 28 giugno 1914, venne assassinato da un gruppo di studenti bosniaci mentre si trovava in visita a Sarajevo, capitale della Bosnia.

Il governo di Vienna colse al volo l'occasione per attribuire la responsabilità del fatto alla Serbia, cui inviò prima un ultimatum e poi la dichiarazione di guerra vera e propria (28 luglio). A quel punto, scattò immediatamente l'attivazione dei sistemi di alleanze contrapposte che facevano capo all'Intesa e alla Triplice Alleanza. Così, di fronte alla mobilitazione di Russia e Francia, che si apprestavano ad intervenire a fianco della Serbia, la Germania si mosse per prima e dichiarò guerra ad entrambe (13 agosto), contando di ottenere una repentina vittoria.

Il 4 agosto 1914, l'esercito tedesco, comandato dal generale Von Moltke, mise in atto un piano militare minuziosamente elaborato negli anni precedenti (Piano Schlieffen), che lo portò a violare la neutralità del Belgio per aggirare e colpire alle spalle i contingenti difensivi francesi, allo scopo di assestare un colpo decisivo alla Francia prima che il lento apparato militare russo riuscisse a mettersi in moto sul fronte orientale.

L'invasione tedesca del Belgio spinse però l'Inghilterra ad entrare in guerra contro Germania ed Austria (4 agosto); poco dopo fece altrettanto anche il Giappone (15 agosto), che, a sua volta, iniziò una sorta di guerra parallela, finalizzata alla conquista dei possedimenti tedeschi in Cina e nel Pacifico.

In Europa, intanto, travolta la debole resistenza del Belgio, il grosso delle truppe tedesche dilagò nella Francia settentrionale e giunse a minacciare la stessa Parigi, al punto che il governo transalpino dovette trasferire la propria sede a Bordeaux. Il tracollo francese fu tuttavia evitato grazie alla proficua difesa che il generale Joffre seppe organizzare sulle rive del Marna: fu proprio qui che, tra il 5 e il 9 settembre, si svolse una dura battaglia, al temine della quale l'esercito tedesco fu bloccato e costretto a retrocedere.

Nello stesso mese di settembre, la Germania seppe comunque rifarsi sul fronte orientale, dove i generali Hindenburg e Ludendorff sconfissero i russi prima a Tannenberg e poi sui Laghi Masuri. Su questo stesso fronte le cose andarono peggio per gli Austriaci che, che dopo la disfatta di Leopoli, furono costretti a cedere ai Russi la Galizia, poi riconsegnata da questi ai tedeschi.

Nell'ottobre 1914, la guerra si arricchì di ulteriori avvenimenti. Il giorno 31, infatti, la Turchia e la Bulgaria entrarono in guerra a fianco degli Imperi centrali, il Portogallo e la Romania a fianco dell'Intesa.

La guerra di movimento si trasformò in guerra di posizione e di trincea, che, per quattro anni, avrebbe comportato enormi perdite di vite umane e materiale bellico, senza che nessuno dei belligeranti riuscisse a scalfire in maniera significativa le difese avversarie.

Essendo giunti ad una fase della guerra in cui il problema degli approvvigionamenti era diventato cruciale, l'Inghilterra seppe far valere pienamente il proprio potenziale marittimo, istituendo un blocco navale che creò seri problemi per i rifornimenti degli Imperi centrali.

I Tedeschi cercarono allora di reagire facendo leva sugli attacchi sottomarini, che colpirono anche le navi mercantili dei Paesi neutrali. Tra gli altri, venne affondato il transatlantico inglese Lusitania (7 maggio 1915), a bordo del quale viaggiavano anche numerosi passeggeri americani. Le conseguenti proteste degli USA obbligarono la Germania a ridurre l'attività dei propri sottomarini.

Nel maggio 1915, fu ancora una volta il fronte orientale a subire un notevole scossone. Una veemente offensiva austro-tedesca superò infatti le difese avversarie a Gorlice costringendo i Russi a ritirarsi dalla Galizia e dall'intera Polonia. L'esercito zarista fu ricacciato all'interno del proprio territorio.

Nel tentativo di alleggerire la pressione nemica sulla Russia, e più in generale sui Balcani, l'Inghilterra promosse allora la Spedizione di Gallipoli contro la Turchia (aprile-novembre 1915), che tuttavia non ebbe alcun successo.

Allo scoppio della guerra, l'Italia si era dichiarata neutrale (3 agosto 1914). L'adesione alla Triplice Alleanza le imponeva infatti solo obblighi difensivi, ragion per cui essendo stata l'Austria il primo Paese aggressore, il governo italiano si sentì svincolato da qualsiasi cooperazione militare con gli Austro-Tedeschi. Naturalmente, questa decisione rispecchiava anche il precedente deterioramento dei rapporti con l'Austria, dovuto alla questione delle terre irredente e alla concorrenza commerciale nei Balcani.

Nei mesi successivi alla proclamazione della neutralità, l'Italia fu comunque interessata da un vivacissimo dibattito che coinvolse tutta l'opinione pubblica, la quale risultò divisa tra neutralisti ed interventisti.

Del primo schieramento facevano parte, ognuno per le proprie ragioni, i cattolici, i socialisti e i liberali giolittiani. I cattolici, che non erano organizzati in un vero e proprio partito, si opponevano al bellicismo in virtù delle loro istanze pacifiste ed esprimevano la contrarietà della Santa Sede alla guerra. I socialisti facevano valere invece le loro ragioni di principio, tenendo fede ad una visione che considerava la guerra come un affare riguardante solo i ceti borghesi e capitalisti, per cui non avrebbe meritato alcun sacrificio da parte delle classi operaie e contadine. I liberali guidati da Giolitti, infine, ritenevano che l'Italia non fosse attrezzata né economicamente né militarmente per sostenere la guerra, per cui puntavano a sfruttare la neutralità come contropartita per ottenere dall'Austria le terre irredente. Sull'altro versante, tra le correnti favorevoli alla guerra, agivano innanzitutto gli interventisti democratici, i quali raggruppavano un insieme di forze costituite dai repubblicani, dai social-riformisti, dai radical-progressisti e dagli irredentisti. Da parte di questi ultimi l'intervento italiano doveva essere indirizzato contro l'Austria, così da trasformarsi in una quarta guerra d'indipendenza, utile per completare il ciclo delle lotte risorgimentali ed abbattere definitivamente le barriere che ancora si frapponevano alla conquista della piena democrazia. Più chiassoso ed incisivo era l'interventismo dei nazionalisti, i quali, più che altro, tendevano ad esaltare i valori della guerra e dell'imperialismo 'tout court', tanto da passare disinvoltamente dall'inclinazione verso un'alleanza con gli Imperi centrali al sostegno di un accordo con l'Intesa. A favore della guerra - nella quale vedevano la possibilità di dare inizio ad una rivoluzione che avrebbe rovesciato l'ordinamento socio/economico italiano - erano schierati anche i gruppi di sindacalisti anarchici guidati da Arturo Labriola e Mussolini, il quale, dopo essere stato espulso dal Partito Socialista per questa sua presa di posizione, conduceva una violenta campagna per l'intervento e contro il parlamentarismo, tramite le colonne di un nuovo giornale da lui fondato: il 'Popolo d'Italia'. Favorevole all'entrata in guerra dell'Italia era infine il governo conservatore Salandra, che, sostenuto dal re, auspicava una partecipazione al conflitto sia per inasprire il regime autoritario all'interno del Paese, sia per promuovere una politica espansionistica verso l'esterno che consentisse il potenziamento dell'industria nazionale, così come volevano i ceti dominanti e imprenditoriali.

Fallite le trattative diplomatiche con l'Austria per la concessione delle terre irredente, la classe governative si risolse a prendere contatti con le potenze dell'Intesa. Il 26 aprile 1915, in tutta segretezza, venne così stipulato il Patto di Londra: in base al documento, l'Italia s'impegnava ad entrare in guerra entro un mese contro Austria e Germania ed in cambio avrebbe ricevuto, a guerra finita, il Trentino, l'Alto Adige (o Sud Tirolo), Trieste, l'Istria, la Dalmazia, il protettorato sull'Albania e compensi coloniali in Africa. Sta di fatto che questo trattato era stato sottoscritto senza un preciso mandato del Parlamento, in seno al quale i neutralisti avevano certamente la maggioranza.

Per superare questo scoglio, il governo decise allora di lasciare mano libera alla propaganda nazionalista, che, nelle cosiddette radiose giornate di maggio (1915), inscenò violente agitazioni di piazza, che alla fine indussero le Camere (con eccezione dei socialisti) a votare pieni poteri al governo. Il 24 maggio 1915 l'Italia potè dunque dichiarare guerra all'Austria, facendo così il suo ingresso ufficiale nel primo conflitto mondiale.

In teoria, l'apertura del fronte italiano avrebbe dovuto favorire le forze dell'Intesa e creare ulteriori difficoltà agli Imperi Centrali. In realtà, anche gli Italiani rimasero quasi subito intrappolati nella logorante e dispendiosa guerra di posizione, come apparve evidente già dalle prime offensive che le truppe del generale Cadorna condussero contro gli Austriaci nella zona dell'Isonzo e sull'altopiano del Carso, dove, i ripetuti attacchi italiani conseguirono solo risultati modesti (giugno-ottobre 1915).

Agli inizi del 1916, l'iniziativa rimaneva ancora nelle mani degli Imperi Centrali, che stavolta riproposero nuove offensive sul fronte occidentale. I primi ad agire furono i Tedeschi, i quali, nel mese di febbraio scatenarono un violentissimo attacco contro il caposaldo francese di Verdun, che tuttavia approdò solo ad un'ennesima e tragica ecatombe da entrambe le parti; fermata l'offensiva tedesca, un corpo franco-inglese lanciò un contrattacco sul fiume Somme, dove furono utilizzati per la prima volta i carri armati.

In primavera si mossero invece gli Austriaci che, in risposta ad una nuova offensiva italiana sull'Isonzo, organizzarono, in maggio, la cosiddetta 'Strafexpedition' spedizione punitiva'), concentrata sull'altopiano di Asiago, ma destinata a conseguire risultati strategici assai meno apprezzabili rispetto al previsto: gli austriaci furono bloccati dall'esercito italiano che riuscì a conquistare la città di Gorizia. Una delle conseguenze più eclatanti, di quest'attacco fu l'esecuzione dei due irredentisti italiani. Cesare Battisti e Fabio Filzi, i quali, dopo essere caduti, prigionieri, furono impiccati sulla pubblica piazza di Trento.

Nello stesso maggio 1916 si combattè anche l'unico, vero scontro navale di tutta la guerra, ossia la battaglia dello Jutland (31 maggio), nel corso della quale la flotta d'alto mare riuscì ad infliggere dure perdite ad una squadra di incrociatori britannici, ma dovette poi ritirarsi in seguito al sopraggiungere delle altre unità della flotta inglese, che poi avrebbe conservato il pieno dominio dei mari.

Tante sofferenze ed estenuanti fatiche provocarono in tutti i paesi, tra il 1916 e il 1917, un senso generale di stanchezza e di opposizione alla guerra. I soldati, costretti a vivere semisepolti nelle trincee, erano ormai al limite della loro resistenza e incominciavano a cedere, perciò disertavano. Il desiderio di pace si diffuse anche tra la popolazione civile. Proposte di pace vennero avanzate dai cattolici, dal Papa (Benedetto XV) , dal Presidente degli Stati Uniti Wilson. Perfino in Austria cominciava a diffondersi l'idea della pace.

Per molti dei belligeranti, il 1917 fu l'anno della prova suprema. Un fatto estremamente significativo ai fini dell'evoluzione del conflitto, fu la decisione tedesca di rilanciare la guerra sottomarina senza limitazioni, sicché il 31 gennaio le potenze neutrali vennero avvertite che i navigli mercantili di qualsiasi nazionalità, sorpresi in zona di guerra, sarebbero stati affondati senza preavviso. L'obiettivo era quello di tagliare i rifornimenti all'Inghilterra, costringendola a capitolare nel giro di sei mesi.

Nello stesso tempo, però, l'annuncio tedesco provocò l'immediata reazione degli Stati Uniti che, oltre a nutrire simpatia per i regimi democratici di Francia e Inghilterra, erano soprattutto decisi a salvaguardare i propri interessi commerciali con i Paesi europei, che tra l'altro erano stati fino ad allora largamente sovvenzionati dalle banche americane.

Sulla base di questi motivi, gli USA prima ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania (3 febbraio) ed infine decisero di entrare in guerra al fianco dell'Intesa (6 aprile). Fu questo un fatto decisivo per gli esiti del conflitto, dal momento che, anche se gli Stati Uniti avrebbero impiegato ancora alcuni mesi per far affluire uomini e mezzi in Europa, il loro intervento sarebbe poi risultato determinante per sconfiggere gli Imperi Centrali. Questi ultimi, intanto, ancora per tutto il 1917, furono in una certa misura agevolati dalle difficoltà interne dei Paesi dell'Intesa, dove le perduranti perdite e distruzioni provocate dalla guerra produssero un clima di forti tensioni sociali.

L'episodio più grave d'instabilità interna riguardò la Russia, che fin dagli ultimi mesi del 1916 era in preda ad un clima di forte agitazione. Nel marzo 1917 (febbraio per il calendario russo), il diffuso malessere sfociò in una vera e propria rivoluzione, che da Pietrogrado si estese a tutto il Paese, , costringendo così lo zar Nicola II Romanov ad abdicare. A quel punto, si formò un governo provvisorio borghese che, dopo aver proclamato la repubblica, prese la decisione di continuare la guerra , malgrado l'esercito fosse ormai in disarmo. Il completo e prevedibile fallimento di una nuova offensiva contro le truppe nemiche suscitò allora una seconda ondata rivoluzionaria guidata dai bolscevichi che, tra il 6 e il 7 novembre (24/25 ottobre in Russia), arrivarono ad impadronirsi del potere.

Il crollo bellico della Russia aveva intanto stimolato l'iniziativa diplomatica dell'Intesa, al cui fianco si schierarono, nel corso del 1917, anche la Cina e la Grecia, dove il re filotedesco Costantino fu costretto ad abdicare e venne sostituito da un governo presieduto dal Venizelos. Ciò malgrado, il progressivo disfacimento dell'apparato militare russo consentì ai Tedeschi di distogliere ben sette divisioni dal fronte orientale. Questi contingenti si unirono quindi agli Austriaci: insieme riuscirono a sfondare le linee italiane a Caporetto (24 ottobre), per poi dilagare nella pianura veneta. Per gli Italiani si trattò di una vera e propria rotta, che provocò lo sbandamento di interi reparti. Di fronte al concreto rischio d'invasione, si formò allora un nuovo governo di unità nazionale presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, mentre Cadorna fu destituito e dovette cedere il comando supremo al generale Armando Diaz. La straordinaria mobilitazione di tutte le risorse materiali ed umane del Paese, che richiese anche la chiamata alle armi dei giovanissimi soldati nati nel 1899, consentì infine all'esercito italiano di predispone un'adeguata linea di difesa lungo il Piave e sul monte Grappa, dove gli italiani seppero respingere l'offensiva avversaria. Presi dalla necessità di concentrare tutte le energie disponibili per il buon esito della rivoluzione, agli inizi del 1918 i bolscevichi assunsero la decisione di uscire al più presto dalla guerra. La pace di Brest-Litovsk (3 marzo) segnò quindi la fine delle ostilità tra Russia e Germania, garantendo ai Tedeschi l'annessione di un immenso territorio ricco di popolazione e risorse economiche, che comprendeva Polonia, Lettonia, Estonia, Lituania, Finlandia e Ucraina. Poco dopo, anche la Romania ritenne di dover concludere con gli Imperi Centrali la pace di Bucarest (5 aprile), che, si rivelò non meno dura di quella imposta alla Russia. In ogni caso, entrambi questi trattati sarebbero poi stati annullati dopo la fine complessiva delle ostilità.

Intanto, però, svincolata dall'impegno militare sul fronte russo, la Germania decise di sferrare un nuovo e poderoso attacco sulla linea occidentale, che, dopo essere iniziato nel mese di marzo, culminò nella seconda battaglia della Marna (luglio), la quale provocò lo sfondamento delle difese alleate.

Le truppe anglo-francesi, unificate sotto il comando del generale Foch, seppero tuttavia reagire prontamente, inaugurando una controffensiva che in pratica non ebbe più temine sino alla vittoria finale. Ciò fu possibile grazie anche ad una notevole superiorità di uomini e mezzi da parte degli Alleati, che ormai si giovavano concretamente dell'apporto americano. Al termine dello scontro di Amiens (8/11 agosto), i Tedeschi non poterono far altro che iniziare a ritirarsi ordinatamente, consapevoli di non avere più la minima prospettiva di vittoria.

Subito dopo, furono costrette alla resa prima la Bulgaria (29 settembre) e poi la Turchia (31 ottobre). Infine toccò agli Austriaci che, dopo essere stati respinti nelle battaglie del Piave e del Montello e dopo essere stati sconfitti dagli Italiani nella battaglia di Vittorio Veneto (22 ottobre/3 novembre), furono obbligati a firmare l'Armistizio di Villa Giusti (4 novembre).

La vittoria italiana segnò in pratica l'atto di morte dell'Impero asburgico, ormai disgregato dalla

ribellione delle singole nazionalità oppresse, che, una dopo l'altra, reclamarono la propria , -

indipendenza. Alla proclamazione dell'autonomia ungherese seguì la formazione di un governo

cecoslovacco a Praga, mentre a Zagabria s'insediavano i governanti di uno Stato Jugoslavo composto da Serbi, Croati e Sloveni. La stessa Austria, dopo la fuga dell'Impero Carlo I, proclamò la Repubblica.

Destino sostanzialmente analogo toccò alla Germania, dove la spinta rivoluzionaria dei socialisti e la rivolta dei mariani della flotta determinarono la caduta della monarchia. Guglielmo II - che pure aveva promesso al popolo ampie riforme democratiche e avviato trattative con gli Stati Uniti - fu dunque costretto ad abdicare e a rifugiarsi in Olanda (9 novembre), mentre il nuovo governo provvisorio, con a capo il socialdemocratico Friedrich Ebert, prima ratificò la proclamazione della repubblica, quindi autorizzò la firma dell'Armistizio di Rethondes (11 novembre).




I TRATTATI DI PACE


Il 18 gennaio 1919 si aprì a Parigi la conferenza per la pace. Su iniziativa del presidente americano Wilson furono fissati in 'quattordici punti' i princìpi direttivi da seguire per regolare nel miglior modo i rapporti tra gli Stati. Alcuni punti, in particolare, furono accolti con generale consenso. Il primo proponeva di istituire una Società delle Nazioni che riunisse i popoli della Terra nell'impegno di collaborare gli uni con gli altri e di rinunciare alla guerra come metodo per risolvere i problemi internazionali. Questo progetto fu accolto da tutti con entusiasmo e suscitò fervide attese ed aspettative. Il secondo punto stabiliva il ,diritto di ogni popolo a vivere indipendentemente e a scegliere in maniera autonoma la propria forma di governo.

In base a questo principio la carta geopolitica dell'Europa fu radicalmente trasformata. Uno dei cambiamenti più vistosi fu lo scioglimento dell'Impero austro-ungarico. Questo regno, formato di diverse stirpi, tutte soggette agli Asburgo, venne disgregato e al suo posto si formarono nuove nazioni indipendenti: la Cecoslovacchia (Stato tutto nuovo, mai esistito in precedenza), la Jugoslavia (Stato anch'esso nuovo, costituito da popolazioni balcaniche: serbi, croati, bosniaci, macedoni, sloveni), l'Ungheria e, naturalmente, l'Austria, ridotta a un piccolo Stato di sei milioni di abitanti.

La Germania, che venne giudicata dai vincitori la massima responsabile della guerra, fu condannata a pagare tutti i danni e le spese del conflitto. Dovette cedere alla Polonia, che venne di nuovo riconosciuta, i territori della bassa Vistola; alla Francia restituì l'Alsazia e la Lorena (già conquistate dai tedeschi alla Francia nel 1870. Le colonie germaniche furono spartite tra Inghilterra, Francia e Giappone; nessun possesso coloniale venne concesso all'Italia. L'esercito tedesco fu ridotto al minimo; la flotta venne consegnata all'Inghilterra. La Geiniania dovette inoltre impegnarsi a pagare una grossa somma come riparazione dei danni di guerra subiti dagli altri paesi.

L'Italia ottenne dall'Austria il Trentino e il Sud Tirolo fino al Brennero, inoltre Trieste e l'Istria. Non le fu invece riconosciuta la Dalmazia, poiché i delegati dell'Intesa valutarono che la regione fosse abitata in prevalenza da popolazioni non italiane. Mentre la questione si stava discutendo in sede diplomatica, un gruppo di volontari, guidati dal poeta Gabriele D'Annunzio, occupò Fiume, che assieme alla Dalmazia era rivendicata dalla Jugoslavia. Ne derivò una forte tensione, che tuttavia fu rapidamente appianata con trattative dirette tra il governo italiano e quello jugoslavo (Trattato di Rapallo, 12 novembre 1920). L'Italia rinunciò alla Dalmazia; in compenso le fu assegnata la città di Zara sulla costa, un centro abitato da molti italiani. I volontari di D'Annunzio lasciarono Fiume che si costituì città libera, e tale rimase sino al 1924, quando passò all'Italia in conseguenza di nuovi accordi tra il governo italiano e quello jugoslavo.

I trattati di pace apportarono importanti cambiamenti politici anche nel mondo russo, in particolare nella zona del Baltico dove vaste regioni, già appartenenti alla Russia, furono trasformate in Stati indipendenti: precisamente la Finlandia, l'Estonia, la Lettonia, la Lituania. Altre trasformazioni di rilievo si compirono in Turchia. Questo paese, che era stato al centro di un vasto dominio (l'Impero ottomano), venne privato di tutti i territori popolati da stirpi arabe e della sovranità sulla zona degli stretti (Dardanelli e Bosforo); esso fu ridotto entro i limiti della penisola anatolica con la sola aggiunta della città di Costantinopoli (poi ribattezzata Istanbul) in territorio europeo.






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