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'la guerra è pace
la libertà è schiavitù
l'ignoranza è forza'
(percorso attraverso il pensiero utopico e le sue evoluzioni distopiche)
Il percorso che ho scelto di affontare verte sul significato della parola 'utopia' e del suo contrario, 'distopia'.
Il termine 'utopia' venne coniato da Thomas More nel 1516: esso significa letteralmente 'luogo che non è in nessun luogo' (dal greco ou=non topos=luogo). L'omonimo scritto di More illustra le caratteristiche di vita e di governo di una comunità situata su un'isola lontana, retta da leggi e consuetudini molto diverse da quelle dei paesi europei del tempo.
Sulla stessa scia si colloca anche il contemporaneo di More, Tommaso Campanella, con la sua 'città del Sole' che costituisce, a differenza dell''esperimento mentale' di More, un manifesto programmatico di una possibile iniziativa politica.
L'Utopia rappresenta per l'uomo un'evasione dalla realtà, il desiderio, al quale egli non può sfuggire, di andarsene e fuggire da una società dal quale viene deluso.
Sebbene il termine 'utopia' sia stato utilizzato per la prima volta nel corso del Cinquecento, quello utopico potrebbe essere definito un topos letterario ma non solo, che affonda le proprie radici nella letteratura e nella filosofia greca di Platone, in particolare nella sua opera 'la Repubblica', alla quale More attinge esplicitamente per la stesura del suo scritto.
Infatti nel mondo ellenico assistiamo a significativi tentativi di riproporre un modello di società perfetta, evidenziando i difetti di quella presente.
Se in filosofia Platone presenta una serie di progetti politici concreti per creare la società modello, nel mondo del teatro molto significativo è il contributo di Aristofane, evidente in particolare nelle sue due commedie 'Lisistrata'e 'gli Uccelli'. La prima fu messa in scena nel 411 a. C. probabilmente alle Dionisie. tema della commedia è la guerra, comicamente distorto dalla prospettiva delle donne, che decidono di provare ad ottenere la pace tra Atene e Sparta astenendosi dai rapporti sessuali con i loro mariti impegnati a combattere.
Vi sono in questa commedia due proposte utopiche: la prima consiste nell'improbabile alleanza che le donne ateniesi propongono alle spartane per riuscire ad ottenere la pace tra le due città, occupando i propilei dell'acropoli di Atene; la seconda invece consiste nel tentativo da parte delle donne di spostare il campo di battaglia da quello militare a quello familiare, sostituendo ai valori politici quelli dell'intimità, esemplificati dalla reciproca attrazione sessuale. Le mogli si servono infatti degli strumenti migliori di cui dispongono: costrette alla vita casalinga, sfruttano a proprio vantaggio quest'aspetto rivendicando i propri diritti.
Proprio da quest'ultimo aspetto emerge la profonda delusione da parte di Aristofane nei confronti della situazione politica di Atene, che lo spinge ad un vero e proprio rifiuto della dimensione politica. Egli sembra però muovere solamente un'importante critica alla situazione politica del tempo piuttosto che proporre una vera e propria soluzione: tale critica si trova esplicitata nell'altra commedia di orientamento utopico, 'gli Uccelli'.
Presentata alle Grandi Dionisie del 414 a. C., infatti troviamo ne 'gli Uccelli' un comico tentativo di presentare un modello utopico di società. La scena si svolge nei boschi: Pistetero ed Euelpide ('colui che ha buona speranza' eu=bene elpis=speranza), due cittadini ateniesi stanchi della corruzione, sono in cerca di un posto tranquillo in cui vivere. L'Upupa, che con gli altri uccelli costituisce il coro della commedia, propone ai due diverse soluzioni, ma nessuna pare soddisfarli. Così Pistetero propone loro di fondare una città nuova, una città di uccelli:
'Upupa: qual è allora la tua città ideale?
Pistetero: dove le preoccupazioni maggiori sono queste: la mattina un amico bussa alla mia porta e mi dice: 'per Zeus Olimpio, vieni da me oggi, dopo il bagno, coi bambini: do un pranzo di nozze. Non mancare: altrimenti non farti poi vedere quando mi trovo nei guai.'
Gli uccelli cercano di legittimare la propria superiorità nei confronti degli dei ritendendo di essere nati prima di essi e grazie alla creazione di questa città i volatili potranno riconquistare l'antico potere perduto, intercettando fra terra e cielo il fumo dei sacrifici fatti fatti dagli uomini per gli dei.
Il progetto pare funzionare, tanto che molti cittadini ateniesi chiederanno senza successo di diventare uccelli, abitanti della nuova città, 'Nubicuculia'. Nella commedia appaiono anche, in veste comica e caricaturale, alcuni ambasciatori degli dei che vengono nella nuova città per patteggiare la pace (Posidone ed Eracle ma anche altri).
Nell'insieme il significato della commedia non sta tanto nella presentazione di un'idea politica concreta e alternativa, quanto nella critica di un presente pieno di sinistri presagi. Per questo motivo Aristofane offre un rifugio in una metafora grandiosa, che il commediografo guarda sempre con un occhio di amara delusione, disilluso dalla decadenza impotente del presente. Questo appare evidente esaminando l'epilogo della vicenda: la fondazione della nuova città, anziché risolversi nel recupero dei poteri da parte degli uccelli, sfocia piuttosto nell'affermarsi del potere personale di Pistetero. Infatti proprio con l'avvento degli dei nella nuova città iniziano a manifestarsi i primi segni di un'inquietante dittatura: Pistetero infatti accoglie le divinità davanti ad un fuoco, in cui dice di stare arrostendo i corpi di alcuni dissidenti politici.
Dunque la fuga dalla corruzione si traduce successivamente nell'attuazione di un modello politico contro cui Aristofane si era sempre schierato: la democrazia che, a causa delle pratiche demagogiche, degenera nella tirannia di un capo politico.
E' interessante come la tesi di un commediografo risalente al Quinto Secolo a. C. possa rappresentare un tema trasversale nella storia dell'umanità, tanto da venire adottata, circa due millenni dopo, dal filosofo novecentesco Popper.
Secondo il pensatore la pretesa di attuare piani per il controllo della società intera, che vediamo applicati nello stato russo, ma successivamente anche in quello tedesco, conduce i sistemi utopici al totalitarismo. Egli afferma che
'Il controllo deve essere totale, poichè se una qualunque zona della vita sociale non fosse controllata in tal modo, vi si potrebbero annidare le forze pericolose che conducono a cambiamenti imprevisti' ('Utopia e Violenza').
Proprio quest'aspetto è stato messo in evidenza anche da Aristofane ne 'gli Uccelli', come citato in precedenza.
Popper sostiene infatti che, nella creazione di uno stato ideale, non sempre sia possibile appianare diverse opinioni circa le sue caratteristiche attraverso l'argomentazione, così l'utopista deve essere molto severo nell'eliminare ogni posizione rivale. La soluzione che il filosofo propone è il rifugio nella 'società aperta', fondata sulla salvaguardia dei suoi membri grazie a istituzioni democratiche aperte alla critica razionale e alle proposte di riforma.
La sua critica si dirige soprattutto verso Platone, Hegel e Marx (anche se verso l'ultimo ha un atteggiamento ambivalente):essi, a causa delle loro idee 'storiciste'*, sono etichettati come nemici della società aperta. Secondo il filosofo infatti non esiste un senso precostituito nella storia, al quale gli uomini dovrebbero uniformarsi accettando la direzione di marcia della società. Nello storicismo infatti, ritiene Popper, alberga sempre un'utopia totalitaria che produce asservimento e sofferenza per gli uomini. E se nella storia esiste un senso oggettivo, gli Utopisti si sentiranno autorizzati a liquidare, anche fisicamente, chiunque si opponga ad esse. E ciò, per quanto buoni siano i suoi fini, procura la sofferenza derivante dall'essere costretti a vivere sotto un governo totalitario.
La critica che Popper muove verso lo stato ideale platonico verte soprattutto sull'immobilità di tale stato: rigidamente diviso in classi, è lo stato in cui la felicità del singolo è subordinata a quella della società stessa. Platone infatti, secondo il filosofo moderno, teorizzò la vendita della libertà per l'acquisto di una sicurezza oppressiva.
Per quanto riguarda Hegel, Popper ritiene che la sua sia la filosofia alla base del nazismo e della fede fascista, a causa della sua concezione organicistica dello stato. Hegel infatti crea un modello di stato nel quale ogni organismo, prima di realizzarsi come singolo, raggiunge la propria pienezza sentendosi parte di una società, annullando la propria individualità. Egli infatti si batte contro la cosiddetta 'atomizzazione' dell'individuo, che è una delle principali caratteristiche dello stato liberale, mentre delinea come società ideale quella dell'antica Grecia, nella quale il cittadino, prima di concepire se stesso come uomo, sente la necessità di prendere il proprio posto all'interno dello stato, come cittadino. Ma in questo modo dell'uomo viene soffocata l'originalità e la diversità, in quanto il cittadino rinuncia alla propria particolarità per sentirsi invece uniformato alla società in cui vive.
Nei confronti di Marx il filosofo ha invece un atteggiamento ambivalente: egli ne loda il tentativo di intervenire con metodi razionali per far fronte ai problemi più urgenti della società, ma lo accusa di essere un 'falso profeta'. Infatti il suo determinismo economico, la sua analisi profonda della società attraverso l'economia, fondano la profezia della futura società comunista, e quindi l'atteggiamento utopistico-profetico e la conseguente ideologia totalitaria.
Secondo Marx infatti lo scheletro della società, quella che lui chima 'struttura', è costituita in particolare da forze produttive e rapporti di produzione: le forze produttive sono incarnate dalla classe degli oppressi, e sono una realtà dinamica, mentre i rapporti di produzione sono rappresentati dalla classe degli oppressori, e sono statici. Proprio a causa di questo rapporto dialettico dinamismo vs staticità l'attrito tra le due classi protagoniste della produzione aumenta e si giunge inevitabilmente ad una rivoluzione, che porterà al sicuro trionfo della classe degli oppressi.
Ma la difesa popperiana della democrazia si accompagna ad una critica dell'atteggiamento rivoluzionario e ad un'esaltazione di quello riformista: secondo Popper la mentalità rivoluzionaria nasce da una sorta di 'estetismo', cioè da un sogno utopistico di perfezione il quale non può fare a meno di generare violenza. Facendo riferimento all'età moderna, ne è un esempio lampante la Russia rivoluzionaria.
La rivoluzione russa del 1917 porterà, attraverso una fase di guerra civile, ad un forte accentramento del potere nelle mani del leader del partito bolscevico, Lenin, per poi sfociare nel potere dispotico di Stalin.
Il Partito Comunista credeva infatti che l'avvento della società comunista potesse essere preceduto soltanto da una fase di dittatura del proletariato, in accordo con la visione marxista della società. Così, rovesciato il regime zarista, il partito bolscevico tentò di disciplinare la società soffocando ogni voce politica in dissenso, e ponendosi come partito unico, reprimendo gli oppositori e ponendo quindi le basi per il futuro stato totalitario staliniano.
Nel 1918, scoppia infatti in Russia la guerra civile, che vede contrapposte le forze bolsceviche e quelle controrivoluzionarie; tale guerra durerà fino al 1921. Proprio nel corso di questo triennio Lenin prende il controllo dello stato; il suo tentativo di creare una città di uguali passa attraverso una fase di accentramento del governo in ambito politico, mentre in quello economico il capo del partito decide di applicare una serie di misure straordinarie, dette 'comunismo di guerra'. queste ultime, spesso improvvisate, miravano a risollevare l'economia di un paese totalmente rovinato da anni di guerra mondiale e dalla rivoluzione
E' proprio all'interno di questi provvedimenti che troviamo il più grande slancio utopico del capo del Governo, che ebbe come effetto il passaggio immediato dalla produzione alla distribuzione comunista.
Questa politica economica, adottata per far fronte alle critiche condizioni della guerra civile, prevedeva, oltre alla requisizione integrale dei prodotti dell'agricoltura, il controllo totale dello Stato su banche, flotta mercantile, commercio estero, tutte le imprese, il razionamento dei beni di largo consumo distribuiti secondo una rigida gerarchia di aventi diritto. Ma l'aspetto prettamente utopico di questa politica sta nel tentativo del capo dello stato di poter arrivare ad abolire la moneta, pagando i salari in natura; faceva parte di questi provvedimenti anche l'abolizione del pagamento dei servizi, che vennero forniti gratuitamente dallo stato.
Questo slancio utopico si rivelò però un autentico fallimento: la situazione economica russa rimase critica e la crisi economica restò del tutto irrisolta, nonostante il tentativo di Lenin di creare una società all'apparenza perfetta, che garantisse uguali diritti a tutta la popolazione. Proprio questa volontà di modificare la realtà cercando di plasmarla sul modello di quella ideale comunista, spianerà la strada all'ascesa al potere di Stalin: infatti, soffocando ogni voce di dissenso, nella Russia dei primi decenni del Novecento venne eliminato il pluralismo partitico, l'unico partito esistente coincideva quindi col governo, non esisteva più nessuna voce fuori dal coro, non era più possibile la libertà d'opinione.
Questa angoscia nei confronti della diffusione del totalitarismo e, di conseguenza, della violenza, la si ritrova, a partire dagli anni Venti del Novecento, anche in letteratura. Tali autori esprimo la propria inquietudine nei confronti dell'utopia, tanto che le loro opere posso essere definite 'distopiche', cioè utopie negative. L'utopia si trasforma da sogno affascinante, che accende la speranza, a incubo terrificante, da 'non luogo' ideale a minaccia da combattere con tutte le forze. Il carattere dirigistico presente in tutti i progetti utopici assume pian piano l'inquietante somiglianza ad un asservimento della massa verso un ideale supremo, imposto con la forza della propaganda, caratteristica di tutti i regimi totalitari.
Uno dei più significativi romanzi distopici di questo periodo è '1984', di George Orwell. The writer was born in Bengal in 1903, but was brought to England and educated at Eton, so he writes in English and we can consider him an english writer.
He had socialist beliefs, but during the First World War he became disillusioned with soviet communism under Stalin, who transformed Russia into a totalitarian state. This formed the subject for the prophetic dystopian vision of 'Nineteen Eighty-Four'.
In this book, written in 1948, Orwell imagines a world divided into three powers, Oceania, Eurasia and Estasia, who are involved in a continuos war over remaining territories, and constantly change alliances. The protagonist of the story is Winston Smith and works for the Party, the only Party of the state, that governs the land. He works in the Ministry of Truth, and has to correct 'errors' and 'misprints' in past articles in order to make the party appear infallible. The party is the main authority in Oceania, and its master is the 'Big Brother', a man who is nothing more than a face that appears on posters or screen, and from them the members of the party can see everything. Winston tries to rebel against this authoritarian state, with the help of Julia, his lover, but they are arrested, imprisoned and brainwashed.
Orwell sets the story in a totalitarian state in the future, but he is also describing the political scenario of his own time in a way which echoed both the orrors of nazism and the oppression of stalinist Russia.
The society he describes is a society of control, dominated by the propaganda and reinforced by an all-powerful police state. The party communicates by using 'newspeak', a language which banishes words as 'freedom' and 'equality'; this is an extreme version of his reflections on the political use of language to distort truth. Connected to this in 'doublethink'. On the one hand Winston knows that the informations he receives are false, and he disagrees with them, but on the other hand he is forced to accept them as true by his own brain, because he is under constant control from the 'thought Police'. We can see this novel as a prophetic novel, an exagerated representation of the society of the future, terrified by the horrors of the Second World War and totalitarianism.
*per storicismo si intende quella dottrina che vede nella storia un continuo progresso, improntato al raggiungimento di un fine ultimo.
riferimenti bibliografici.
'gli Uccelli', 'Lisistrata' Aristofane
'la letteratura greca' Luigi Enrico Rossi
'Itinerari di Filosofia' Nicola Abbagnano, Giovanni Fornero
'1984' George Orwell
'Literary Links' Thomson, Maglioni
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