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La fine del colonialismo europeo (1945-49)
Ma la seconda guerra mondiale ha anche come conseguenza - certamente indesiderata per i vincitori - la fine del colonialismo: i soldati del Commonwelth che hanno combattuto per la Gran Bretagna portano in patria le idee di libertà e di indipendenza che erano state uste nella propaganda contro la Germina, l Italia e il Giappone. Ma inglesi e francesi non hanno alcun desiderio di concedere l'indipendenza e l'autodeterminazione. Le popolazioni locali devono combattere e cacciare in qualche modo i colonizzatori. In India Gandhi ricorre fin dal 1921 alla non violenza e finisce in galera. Alla fine però gli inglesi devono andarsene (1947). In Indocina i francesi usano l'esercito per mantenere il loro predominio. Alla fine, dopo la sconfitta militare di Dien Ben Phu (1954), devono andarsene. Subentrano però gli ameri- cani.
In Algeria scoppia una guerra terroristica tra francesi di Algeria e algerini di Algeria. Alla fine (1962) il presidente francese De Gaulle concede l'indipendenza e fa ritornare in patria un milione di francesi che si erano installati in Algeria dal 1830 in poi e che erano sempre rimasti francesi. Francesi d'oltremare.
Anche l'Egitto si sottrae al dominio britannico e ottiene l'indipendenza. Il Commonwelth in- glese si sfalda, anche se le ex colonie tendono a mantenere un rapporto privilegiato con la Gran Bretagna.
La decolonizzazione interessa sia l Africa sia l'Asia e conosce il suo momento culminante tra il 1945 e il 1949. È nel loro interesse.
La fine della seconda guerra mondiale provoca quindi la fine del colonialismo. Ma gli ex Stati coloniali non hanno vita facile:
a) La mentalità europea delle classi dirigenti contrasta con la cultura popolare, che è legata alle tradizioni locali; e le divergenze provoca- no instabilità e conflitti insanabili; tali conflitti continuano tuttora (200 ) e le democrazie oc- cidentali per lo più gli USA) non considerano antidemocratico appoggiare governi militari di mentalità occidentale, quando i partiti di ispi- razione islamica vincono le elezioni (Algeria,
1996);
b) Gli ex Stati coloniali non hanno una popolazione omogenea, perché i loro confini non sono stati tracciati tenendo presente la popolazione o la configurazione del territorio ma linee arbitrarie segnate a tavolino sulle carte geografiche dai paesi colonizzatori. Così la compresenza nello stesso Stato di consistenti minoranze provoca inevitabili conflitti etnici o religiosi. Un esempio è l Irlanda del Nord, dove scoppia il conflitto tra protestanti (ricchi) e cattolici poveri). Un altro esempio è l India dove ci sono mussulmani e indù, che ben presto si scontrano. Il paese si divide allora in India e Pakistan. I maggiori scontri tribali avvengono però in Africa. Sono normalmente favoriti e finanziati da Europa e USA, anche dall'URSS, che in tal modo cercano di appropriarsi delle ricchezze locali, in particolare del petrolio. Sono tuttora in atto o striscianti: Congo, Angola, Dafur, ma anche Etiopia, Eritrea, Somalia.
Lo scontro fra etnie o religioni diverse è ine- vitabile: gli uomini non sono tra loro uguali, come affermano l Illuminismo e tutte le ideo- logie pseudo-egualitarie successive. Gli uomi- ni sono tra loro resi diversi dalla razza, dalla cultura, dalla religione, dalla tradizione e da infinite altre caratteristiche, anche superficiali, che tuttavia svolgono una funzione di radicale importanza: quella di costituire e difendere la propria identità individuale, sociale e storica. Queste differenze non si possono eliminare perché una legge impone di ignorarle: esse fa- ranno sempre sentire la loro presenza e il loro peso. E chi le vuole ignorare è responsabile dei conflitti e dei massacri che scoppiano per- ché sono state ignorate. Peraltro l'ideologia egualitaria ha le sue radici non in un universa- le mondo di valori (che non esiste e che non è mai esistito), ma nel campo più ristretto e pro- saico dell'economia: i consumatori, se sono tutti uguali, semplificano tutti i problemi di produzione, distribuzione e consumo. Ma gli uomini non sono e non vogliono essere ridotti ad una massa indifferenziata di consumatori, il cui scopo nella vita sia soltanto quello di pro- durre e consumare. Ci sono infiniti altri valori, oltre il consumismo.
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