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LA FASE LEGALITARIA DELLA DITTATURA
la fine delle istituzioni liberali e il delitto Matteotti
Fra il 1922 e il 1925 il fascismo dovette consolidarsi al potere, attraverso i canali tipici del vecchio Stato liberale; solo con la fine del 1925 si potrà parlare di "regime fascista" con il venir meno dei diritti civili e con la costruzione dello Stato totalitario.
Mussolini, dopo essere stato incaricato di formare il governo, presentò la lista dei ministri a Vittorio Emanuele 3^ presentando come collaboratori ipopolari, i democratico-sociali, uomini della destra storica, oltre, naturalmente, ad un folto gruppo di fascisti.
Frattanto il Partito Nazionale Fascista andava organizzandosi in partito di governo attraverso la creazione del Gran Consiglio del Fascismo, organo direttivo del partito, e la costituzione del gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, che inquadrava in un organismo paramilitare le ex squadre fasciste: se da un lato essa poteva preludere alla normalizzazione della situazione, dall'altro si sarebbe in seguito rivelata come la più grave minaccia per le opposizioni politiche.
Dopo che nell'aprile del 1923 il Partito Popolare assunse un atteggiamento critico nei confronti del governo, condizionando il suo appoggio alla fine delle violenze squadriste e al mantenimento del sistema elettorale proporzionale, Mussolini costrinse alle dimissioni I ministri popolari ed agì contemporaneamente e con successo per un avvicinamento al Vaticano, riuscendo così a rendere meno efficace l'opposizione popolare.
Furono questi I presupposti per l'introduzione della legge Acerbo, approvata dal Senato il 3 novembre del 1923, in cui venne stabilito che il partito di maggioranza relativa avrebbe ottenuto I due terzi dei seggi mentre il rimanente terzo sarebbe stato spartito proporzionalmente fra le rimanenti forze politiche. Il 25 gennaio 1924 venne sciolta la Camera e vennero indette le elezioni per l'aprile dello stesso anno.
Il Listone elettorale filogovernativo aveva al suo interno l'appoggio diretto non solo del Partito Fascista attraverso il Gran Consiglio del Fascismo e Mussolini, ma anche dei liberali Salandra e Orlando, acquisendo così quella valenza di prosecuzione diretta del patriottismo e del nazionalismo che avevano caratterizzato il primo dopoguerra.
Oltre al Listone che significativamente assunse come simbolo il fascio littorio, si presentarono liste di opposizione ( I popolari, I socialisti unitari di Turati e Matteotti, I massimalisti e una minoranza di liberali capeggiati da Giolitti). In tutto il Paese era comunque pesante l'atmosfera di violenza e di intimidazione, e dell'inutilità della lotta, in quanto in un modo o nell'altro il Fascismo sarebbe rimasto al governo.
I risultati diedero infatti la maggioranza dei seggi al Listone, mentre le opposizioni risultarono ulteriormente frazionate: il 30 maggio 1924 il socialista Giacomo Matteotti pronunciò nella Camera una aperta denuncia delle gravissime irregolarità nello svolgimento delle elezioni e dei soprusi perpetuati. Dieci giorni più tardi Matteotti venne rapito e assassinato da squadristi direttamente legati agli ambienti del Viminale: dopo che il 16 agosto il suo cadavere fu rinvenuto nelle vicinanze di Roma, apparve subito chiara la responsabilità di Mussolini e dei suoi diretti collaboratori nella vicenda. Nonostante fosse l'ennesimo delitto, proprio la perpetrazione di una simile azione nel momento della normalizzazione aprì la più grave crisi che il Fascismo dovette superare per giungere alla completa conquista delle istituzioni.
Si ebbe infatti la decisa ripresa delle opposizioni che dopo la chiusura della Camera da parte di Mussolini, decisero di non partecipare più ai lavori della Camera sino al ritorno dell'Italia alla legalità e di ritirarsi, come affermò allora Turati, sull'Aventino delle loro coscienze.
Il sovrano si rifiutò di prendere qualsiasi iniziativa in merito e Mussolini poté così dare inizio alla controffensiva pronunciando un deciso discorso alla Camera in cui si assumeva la responsabilità di quanto accaduto e dichiarava che se il fascismo era stato un'associazione a delinquere, lui ne era il capo.
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