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La Belle Epoque - La quìete prima della tempesta




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La Belle Epoque - La quìete prima della tempesta

Il periodo della storia europea compreso tra il 1870 e lo scoppio della prima guerra mondiale è stato definito Belle Epoque, in quanto la Francia era al centro di questo movimento. E' stata veramente 'un'epoca bella' per l'eccezionalità dello sviluppo civile, economico e culturale.

Durante la Belle Epoque la tecnologia liberò tutte le sue potenzialità, esercitando una straordinaria forza di attrazione culturale e psicologica.  All'interno delle grandi città si determinò un sostanziale miglioramento della vita materiale, garantito da una serie di servizi totalmente nuovi. Basti pensare all'energia elettrica e alle sue numerose applicazioni, al sistema fognario, alle strade asfaltate, ai centri di prevenzione sanitaria (gravi e antiche malattie, come ad esempio la malaria, il colera e la pellagra, sembravano sconfitte definitivamente) , alle scuole per l'infanzia, alle scuole elementari, ai controlli medici sugli alimenti, ai trasporti pubblici.

Tutte cose che, nel giro di pochi anni rivoluzionarono radicalmente la vita di milioni di persone. Le conquiste della tecnica, l'incremento della produzione industriale, l'affermazione della moderna civiltà delle macchine, il progresso, la prosperità, la felicità materiale, diventavano ora traguardi che parevano raggiungibili a un vasto numero di persone.  Anche il telefono conobbe una rapida diffusione. Nel 1895 la scoperta fatta da Guglielmo Marconi che nel 1895 inaugurò l'era della telegrafia senza fili e aprì la strada all'invenzione della radio. L'automobile e l'aeroplano intanto facevano la loro apparizione. Il ciclo economico, grazie ad un forte incremento produttivo, influì non solo gli ambienti finanziari, ma anche sulla platea dei consumatori, in forte crescita numerica, al punto che, è proprio in questo periodo della fine dell'Ottocento, che viene collocata la nascita della moderna società dei consumi. Nel 1898, nello studio parigino del prestigiatore Georges Meliés, un suo amico di Lione, August Lumière, invita il mago a una rappresentazione insolita, la fotografia in movimento. È la prima volta che Meliés assiste ad uno spettacolo cinematografico e ne rimane sbalordito. E' nato il cinema, un invenzione destinata a rivoluzionare la cultura, l'industria dello spettacolo ed i sogni dell'intera società del XX secolo. E' in questi anni che nasce il Corriere della sera, sviluppandosi al punto che diventa il giornale più autorevole e il più ricco di argomenti e di servizi, importati anche dall'estero. Prende l'avvio quindi, fra il 1900 e il 1901, una straordinaria stagione dell'editoria e del giornalismo d'opinione e di informazione. Dopo i tentativi di controllo e di repressione della libertà di stampa, messi in atto nell'ultimo scorcio dell'Ottocento,  il nuovo secolo si apre con un periodo di sviluppo economico, sociale e di grande fermento culturale, che trova il suo punto forte nel campo editoriale e giornalistico. I giornali sviluppano la funzione di organi primari dell'informazione estendendola in tutti i campi, compreso quello culturale, ma accentuano altresì il ruolo di strumenti di opinione. Anche in campo sociale e politico ci furono notevoli mutamenti: il diritto di voto venne via via esteso in Francia e, infine, riconosciuto a tutti i cittadini maschi (suffragio universale maschile lasciando però ancora fuori le donne). In questo grande quadro di sviluppo, e nonostante l'emigrazione in America di oltre 30 milioni europei, tra il 1870 e il 1910, si registra anche un' eccezionale crescita demografica, passando da 290 a 435 milioni. Parigi, più di altre, fu la città-vetrina di quel nuovo mondo, divenendo la capitale europea del turismo e dei consumi, degli spettacoli e dell'arte, della cultura e della scienza, dello sport e della moda. Per questo fu anche la capitale della Belle Epoque, con tutta la variegata gamma delle sue espressioni, dai fenomeni di costume sociale (i caffè concerto, le gare sportive, le corse automobilistiche, i voli in aeroplano, i grandi magazzini) a quelli dell'espressione artistica (il teatro, l'opera, il cinema, la pittura degli impressionisti). Altre capitali europee, quali Londra, Vienna, Budapest, Berlino, si imposero invece come centri pilota delle moderne società industriali. Anche Milano si mette in luce quale grande centro di cultura.

Infatti è in questi anni che si sviluppano nuovi movimenti letterari come il Simbolismo, il corrispondente movimento letterario al cosiddetto Impressionismo in pittura. Il nome del movimento deriva da un'idea del mondo come una rete di simboli (le cose) mediante la quale il poeta evoca una realtà più profonda, ricostruendola su una trama di analogie e corrispondenze. Ammessa l'impossibilità di conoscere la realtà vera mediante l'esperienza, la ragione, la scienza, si pensa che soltanto la poesia, per il suo carattere d'intuizione non razionale ed immediata, possa esprimere le rivelazioni dell'ignoto. La poesia diviene dunque la più alta forma di conoscenza, coglie le misteriose corrispondenze che legano le cose, scopre la realtà che si nasconde dietro le loro apparenze esteriori che vediamo, esprime quindi ciò che sta dentro alla "cosa".

Per questo la poesia è concepita come messaggio che giunge da lontano, come espressione simbolica di ciò che è inesprimibile. La parola non è più usata come elemento del discorso logico, ma per la sua capacità evocativa e suggestiva. La struttura espressiva tradizionale è abbandonata, insieme con ogni forma di costruzione. Nascono la poesia del frammento illuminante, ricco di significati simbolici, e una nuova metrica, sciolta dagli schemi della tradizione, intesa a rendere il ritmo della vita interiore. La nuova poesia non si rivolge all'intelletto o al sentimento del lettore, ma al suo inconscio. La poesia si propone di offrire non dei concetti, ma un'esperienza dell'ignoto. Il poeta non rivela più la verità delle cose, guida e coscienza dei popoli: è il veggente che interpreta la realtà.

La vera novità di questa poetica si verifica a livello di linguaggio e di espressione. Si prediligono le metafore che alludono alla complessità del mondo e ne riflettano la cangiante metamorfosi, le analogie fra le cose come manifestazione d'una profonda e segreta unità. Di qui, ad esempio, l'uso frequente della sinestesia, ovvero è un tipo particolare di metafora che prevede un trasferimento di significato dall'uno all'altro dominio sensoriale. Si ha quando si accostano termini inerenti a percezioni di sensi differenti. Per esempio:

l'espressione 'luce calda' associa un dato visivo ad uno tattile

La poesia è, per i simbolisti, una creazione del mondo attraverso il linguaggio, una prova della creatività dell'IO. La ricerca d'una musicalità verbale, data dal verso libero, evocativa ed impressionistica, rivela in tali poeti la volontà di raffigurare in forma unitaria l'apparente diversità della vita. Il maggiore esponente di questo movimento è il francese Charles Baudelaire.

Baudelaire è stato un poeta e un grande critico, tra i maggiori studiosi dei problemi estetici del suo tempo. La sua arte poetica è così molto complessa, non facilmente racchiudibile o esauribile in formule. Con la perfezione musicale del suo stile e con l'esattezza «matematica» (come la definiva) delle metafore, ha contribuito all'elaborazione del concetto di «poesia pura» che aprì la strada al simbolismo un movimento che fece da ponte tra la poesia romanticista e quella successiva, del XX secolo. In Baudelaire è un forte e consapevole uso dell'analogia, e della sinestesia. Sempre la sua scrittura (scrittura-vita) ha una caratteristica analogica, anche nella prosa critica è vasto l'uso della sinestesia (come già detto degli accostamenti di termini sensoriali differenti come «musica del quadro», «stupendi accordi di colore»): analogia e sinestesia non sono elementi esterni, ma sono tutt'uno con una concezione di vita, in cui le varie arti, romanticisticamente, coesistono nel tentativo di esprimere l'intersecarsi delle parti, la complessità e varietà del mondo che non è esauribile all'umano. La validità di Baudelaire sta anche nell'essere non relegabile al solo concetto della «poesia pura» e agli sviluppi simbolistici. La sua poesia è capace di cogliere e raffigurare i più segreti moti della sensibilità e della coscienza.

Con potente naturalezza ha saputo includere in sé, rendendole oggetto di poesia, le nuove dimensioni di realtà aperte alla rivoluzione borghese e industriale: la realtà urbana per esempio, di cui Baudelaire è stati il primo interprete in poesia nelle sue prime raccolte di poesie.

Infatti la prima raccolta fatta pubblicare da Baudelaire apparve il con il titolo "I fiori del male'.  Nel 1857 Baudelaire consegnò ad un noto editore tale manoscritto (Les fleurs du mal) per la prima pubblicazione della raccolta, comprendente allora 100 poesie suddivise in 5 sezioni. Nella seconda edizione definitiva del 1861 aggiunse 65 nuove poesie, e le sezioni saranno 6. Ad esempio nella poesia L'homme et la mer, tratta da Les Fleurs du mal, Baudelaire compara il mare all'animo umano. L'immensità della distesa marina, la mutevolezza delle sue onde, diventano immagini simboliche che corrispondono ai diversi aspetti e al mistero dell'animo umano. Ne "l'albatro" invece il poeta, scrive Baudelaire, è come un albatro. L'albatro domina col suo volo gli spazi ampi: le sue grandi ali lo rendono regale nel cielo ma se gli capita di essere catturato dai marinai si muove goffo e impacciato sul ponte della nave e diventa oggetto di scherzi e di disprezzo; e sono proprio le grandi ali che lo impacciano nel muoversi a terra. Il volume fu messo in vendita il 25 giugno: fu sequestrato dopo pochi giorni con l'accusa di pubblicazione oscena. Pubblico ministero era Ernest Pinard, lo stesso che qualche mese prima aveva pronunciato la requisitoria contro 'Madame Bovary' di Flaubert. Baudelaire e l'editore furono condannati a pene pecuniarie e alla soppressione di sei poesie. Negli appunti scritti per il suo avvocato per la difesa, Baudelaire diceva: «Il libro deve essere giudicato nel suo insieme: solo così si può coglierne la terribile moralità».


Baudelaire ha sempre insistito molto sul ruolo dell'intelligenza nella creazione artistica, opponendosi all'ideale romanticista dell'inconsapevolezza del genio. Accogliendo e sviluppando alcune suggestioni teoriche di Poe, formulò un concetto di enorme portata critico-storica: il concetto della specificità della poesia. Baudelaire fu il primo a definire in teoria e in pratica, la poesia, separandola da tutti gli altri campi con i quali fino ad allora la si era confusa: eloquenza, moralità, filosofia, psicologismo, storia. Ha scritto *Valéry: ' 'I fiori del male' non contengono né poemi né leggende, né altro che abbia a che fare con una forma di racconto. Non vi è alcuna tirata filosofica. La politica è del tutto assente. Le descrizioni, rare, sono sempre dense di significato. Tutto, invece, è incanto, musica, sensualità astratta e potente'.


L'eccezionalità dello sviluppo civile, economico e culturale vissuto così intensamente dagli europei in quel lasso di tempo era però destinato a finire precipitosamente. Il lungo periodo di pace e prosperità era ora destinato a concludersi. L'Europa, in piena euforia da progresso precipitò, così, inaspettatamente, nel terribile baratro della prima guerra mondiale. Il 1914 segna la fine di un'epoca, la belle epoque, e con essa la fine di un sistema di vita, di un modo di vivere, di un mondo. Il primo conflitto mondiale ha rappresentato il grande spartiacque della storia moderna. Sistemi politici e sociali, in piedi da secoli,  si sgretolarono. Altri furono radicalmente trasformati. Andarono perdute secolari certezze. La seconda guerra mondiale continuò, ampliò e confermò questo cambiamento.

Nel 1968 Charles de Gaulle, in un suo discorso affermò: "È trascorso mezzo secolo, ma la tragica cicatrice lasciata dalla Grande Guerra sul corpo e sull'anima delle nazioni non è scomparsa. Quel disastro ebbe dimensioni fisiche e morali tali che nulla di ciò che sopravvisse rimase come prima. La società nel suo insieme - sistemi di governo, confini nazionali, leggi, forze armate, rapporti fra stati, ma anche ideologie, vita domestica, ricchezze, patrimoni, rapporti personali - cambiò radicalmente.  Infine l'umanità perse l'equilibrio, e non lo ha più riacquistato".

Il "New York Times", del 23 novembre 1980 riportava le parole del ex primo ministro inglese Harold MacMillan che, a proposito della relativamente pacifica e prospera età vittoriana in Gran Bretagna, disse: "Tutto andava di bene in meglio. Questo era il mondo in cui nacqui. All'improvviso, una mattina del 1914 ogni cosa giunse inaspettatamente alla fine". Macmillan rammentò che la prima guerra mondiale segnò "la fine di un'era" e l'inizio di quel periodo di confusione che è tuttora in corso".

Dopo la guerra, sia i politici che altri cercarono di rallentare o fermare questa evoluzione e riportare le cose alla 'normalità', ripristinando il mondo che c'era prima del 1914. Ma fu impossibile. Il terremoto era stato così violento e così prolungato che il vecchio mondo ne era stato lacerato dalle fondamenta. Nessuno poteva rimetterlo in piedi, né restaurarlo secondo il modello di un tempo, con i suoi sistemi sociali, la sua mentalità e i suoi princìpi morali. Di importanza primaria fu anche il cambiamento di valori che aveva avuto luogo e che aveva determinato in moltissimi campi una scala di valori completamente nuova. La guerra, unica nel suo genere fino a quel momento, aveva infranto non solo illusioni e valori, ma anche molte tradizionali norme di vita e di comportamento sociale. C'era ora un mutamento completo di valori. Tutto sembrava andare alla deriva, come se nulla avesse più radici: dal sistema economico alla moralità sessuale, dai princìpi politici ai criteri artistici.

Si preannunciavano i segni e la crisi dei valori a cui ora siamo ormai quotidianamente abituati.  Della Belle Epoque solo un vago ricordo.



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