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L' ETA' GIOLITTIANA
In Italia, tra la fine dell'800 e l'inizio del 1900, si registrò un decollo industriale, favorito dalla diffusione di impianti idroelettrici e dalle linee elettriche. Crebbero le industrie siderurgiche, elettriche, chimiche e meccanica, che fu quella ad avere maggior sviluppo. Inoltre ci fu la costruzione di ferrovie opere pubbliche, soprattutto al nord; la scelta protezionistica del 1887 fu molto importante, infatti, con la questa, vennero alzate le tariffe doganali, riducendo le importazioni dall'estero. Queste tasse favorirono la produzione industriale, in particolare delle industrie tessili e siderurgiche.
Sì creò, in questi anni, un grande squilibrio tra il nord e il sud: a settentrione erano concentrate le industrie più competitive, nel triangolo Milano-Torino-Genova e si sviluppò in modo irregolare anche l'agricoltura. Tutto ciò diede vita alla questione meridionale e all'emigrazione, inizialmente verso l'America del sud, poi, dal 1900, verso gli Stati Uniti, in particolare New York, che divenne la 4° città italiana per numero d'abittanti. Tra il 1900 e il 1914 gli italiani emigrati erano 9 milioni.
Dal 1903 al 1911 gli addetti all'industria raddoppiarono. Gli operai erano costretti a convivere per 10-12 ore al giorno in pessime condizioni in ambienti malsani e ristretti. Inoltre abitavano tutti insieme in case tutte uguali con vasti cortili interni. Una famiglia era composta in media da 4-5 persone.
Nelle città vennero costruite nuove strade, viali, piazze, giardini pubblici, edifici (come scuole) e l'elettrificazione della rete tranviaria, che accorciava la distanza tra i vari quartieri. Queste innovazioni portarono alla nascita di un primo turismo di massa, indirizzato soprattutto verso le stazioni termali; inoltre, alle gite in campagna erano preferite le villeggiature al mare o in montagna. S i sviluppò anche l'industria cinematografica per il tempo libero.
I primi quotidiani furono stampati negli ultimi decenni dell' Ottocento: il Corriere della Sera ( 1876), la Gazzetta del popolo (1848) e il Resto del carlino (1885). Si estendeva, inoltre, l'istruzione obbligatoria, già dal governo De Pretis, riducendo il tasso di analfabetismo e aumentando la produzione di copie dei quotidiani.
Con il PARTITO SCIALISTA ITALIANO, fondato nel 1892 da Filippo Turati, ha inizio la partecipazione politica e alla vita democratica della massa popolare.
GIOVANNI GIOLITTI rimase al governo, quasi ininterrottamente, dal 1903 al 1904, anche se nel1892-93 era già stato primo ministro. Fu il successore di Zanardelli, chiamato al governo ne 1901 da Vittorio Emanuele III, ma costretto a ritirarsi perché vecchio e malato.
La situazione che trovò in Italia non era quella di un paese prospero e tranquillo: l'emigrazione era un grande problema, l'analfabetismo interessava ancora quasi il 50% degli adulti, il rischio dello scoppio di una rivolta sociale era continuo; bisognava quindi costruire infrastrutture, trovare sbocchi lavorativi e pacificar la società.
GIOLITI affermava che, mantenendo bassi i salari, si commetteva un'ingiustizia, perchè lo stato non dava a tutti i cittadini le stesse opportunità, un errore economico e un errore politico, perché si mettevano contro lo stato le classi che ne costituiscono la maggioranza. Inoltre sosteneva che l'unico modo per fermare i socialisti e pacare il malcontento popolare era di permettere ai lavoratori di conquistarsi migliori condizioni di lavoro e di vita. Non represse quindi gli scioperi e tentò di accelerare lo sviluppo economico con nuove leggi e riforme sulle pensioni, sulla tutela del lavoro minorile e femminile;favorì, inoltre,l'organizzazione di associazioni di lavoratori e istituì un commissariato per l'immigrazione, il Consiglio Nazionale del Lavoro.
L' età giolittiana coincise con un periodo di rapida crescita industriale:si sviluppò una moderna industria di fabbrica e migliorò anche la produzione agricola, portando a un certo grado di benessere il paese, ad eccezione delle regioni del sud.
Il Partito Socialista, nel frattempo, doveva risolvere un crisi interna, causata dal contrasto tra rivoluzionari e riformisti, tra i quali Filippo TURATI, a cui Giolitti chiese di prender parte al suo governo, ma egli fu costretto a rifiutare, temendo le ripercussioni del suo partito.
Giolitti, quindi, pilotò le elezioni del 1904 tramite una pressione sull'elettorato, portando Gaetano SALVEMINI a definirlo, alla luce di questi fatti, "Il ministro della Malavita".
Quando dovette costruire nuove infrastrutture cedette il posto ad Alessandro Fortis, che governò tra il 1905 e il 1906. Egli fece approvare la legge sulla nazionalizzazione delle ferrovie, vietando lo sciopero dei ferrovieri.
Nel febbraio del 1906 salì al potere Sidney Sonnino, capo dei liberali non giolittiana, proponendo riforme per la ridistribuzione delle terre e la ridiscussione dei patti agrari.
Nel 1906 GIOLITTI torna al governo, durante un periodo di prosperità economica, che aveva portato una diminuzione dei tassi d'interesse sui titoli di stato, che permise di diminuire il debito pubblico. Però, già l'anno dopo, le carenze di base dell'economia, dovute sia alla scarsità di materie prime sia alla mancanza di capitali, si resero evidenti; con questa nuova crisi economica nacquero la C.G.L. (confederazione generale del lavoro) e la confederazione generale dell'industria.
Dopo le nuove elezioni del 1909 il governo andò in mano a Luigi Luzzatti, che voleva ampliare l'istruzione pubblica e, soprattutto, l'introduzione del suffragio universale maschile, nella speranza di avere l'appoggio dei socialisti. Nel 1911 Luzzatti lasciò il posto al quarto governo Giolitti, che si staccò dalla Germania e tentò l riavvicinamento della Francia. I rapporti con quest' ultima furono guastati (intorno al 1880) dall'occupazione della Tunisia, dove esistevano interessi italiani, da parte della Francia; in seguito a questo l'Italia stipulò, con Germania e Austria, la Triplice Alleanza. La politica estera vide il riavvicinamento progressivo alla Francia, iniziato nel 1902 con il patto Prinetti-Declassé: in cambio del riconoscimento degli interessi francesi in Marocco l'Italia aveva campo libero in Libia. Andava proprio a quest'ultima l'interesse di Giolitti con la ripresa della politica coloniale, aveva tra i socialisti i maggior oppositori ed era sostenuto dai settori nazionalisti, capeggiati da Gabriele D'Annunzio. La Guerra in Libia durò un anno (19911-12) e finì con la pace di Losanna, che riconosceva all'Italia il possesso della Libia, delle isole di Rodi e del Dodecaneso.
Nel frattempo all'interno del partito socialista prevalse la corrente rivoluzionaria guidata dal giornalista Benito Mussolini e l'ala riformista creò il Partito socialista.
Nel 1868 fu proclamato il non expedit, il divieto dei cattolici a partecipare alla vita politica, però nel 1904, Papa Pio X aveva concesso, per arginare i successi socialisti, ai cattolici di alcuni collegi di votare per i liberali, ma il rientro ufficiale dell'elettorato cattolico in politica fu sancito da un patto che impegnava i liberali, eletti in parlamento coi voti dei cattolici, ad opporsi ad ogni iniziativa legislativa contraria alla morale cattolica: dal nome del suo ideatore, questo patto fu noto come 'patto Gentiloni'e venne applicato in occasione delle prime elezioni politiche a suffragio universale maschile, nel 1913. Giolitti diede le dimissioni nel Marzo del 1914, lasciando il posto ai liberali Sidney Sonnino e Antonio Salandra.
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