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Italia: 1850-67




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ITALIA: 1850-60: il regno sabaudo ha una funzione fondamentale per l'unificazione, è l'unica monarchia costituzionale e conosce una grande crescita economica (aziende agrarie capitalistiche) e l'allargamento del mercato con l'abbattimento delle barriere doganali tra Liguria e Piemonte, ferrovie, potenziamento del porto di Genova, banche, trattati di libero scambio con Francia, Inghilterra e Austria. Cavour fa parte delle nobiltà piemontese che crede che lo sviluppo economico del Piemonte possa avvenire con un'agricoltura di tipo capitalistico, è aperto alle nuove attività finanziarie e imprenditoriali promosse dall'industrializzazione ed è un sostenitore del "giusto mezzo" (monarchia costituzionale). Da deputato si fece difensore della legge Siccardi (aboliva il foro ecclesiastico e il diritto d'asilo in tutto il regno) e si fece promotore di un "cauto riformismo sociale" (togliere le più stridenti contraddizioni dal punto di vista sociale per evitare le rivoluzioni). Diventò primo ministro dell'agricoltura e delle finanze nel governo D'Azeglio e ridefinì il sistema bancario (misure più larghe di credito) e potenziò la flotta commerciale. Si alleò con la sinistra storica (connubio con Rattazzi, ex mazziniani che hanno accettato il re, aperti alle istanze di riforma popolari) e ottenne l'appoggio della maggioranza e venne nominato Presidente del Consiglio. Voleva creare una situazione internazionale favorevole per l'unificazione. Prima occasione: GUERRA DI CRIMEA = si schierò con Francia e Inghilterra contro la Russia e dopo la vittoria si accordò segretamente a Plombières nel 1958 con Napoleone III affinché quest'ultimo intervenisse a difendere il Piemonte dagli eventuali attacchi austriaci, impegnandosi però nel caso a cedere alla Francia Nizza e la Savoia.

Il piano prevedeva:

ITALIA SETTENTRIONALE = Lombardia, Veneto e Emilia Romagna sotto i Savoia

ITALIA CENTRALE = parte del regno pontificio (Lazio)

ITALIA MERIDIONALE = sotto il controllo di un parente di Murat

Critiche al Mazzinianesimo:

Mazzini pensa che il fallimento sia dovuto a un limite di tipo organizzativo (la Giovine Italia diventa Partito D'Azione fondato su un centralismo democratico molto più rigoroso), i democratici pensano sia legato a una carenza del programma (si parla di socialismo risorgimentale per i due critici principali):

FERRARI = repubblicano, favorevole al federalismo, dice che l'iniziativa italiana deve seguire quella francese e porre al primo posto la quest. sociale

PISACANE = riprende le tematiche di Proudhon, pensa che la situazione del sud sia arretrata e preborghese e che costituisca una condizione favorevole per la rivoluzione sociale (distruggere latifondi e istituire piccole proprietà contadine). L'iniziativa italiana dev'essere autonoma da quella francese.

Anche gli ultimi moti mazziniani e quello di Pisacane falliscono: il Partito D'Azione e alcuni liberalisti moderati formano la SOCIETA' NAZIONALE nel 1857, nucleo fondatore del partito monarchico che avrebbe diretto l'unità.

LE GUERRE D'INDIPENDENZA: Napoleone III cerca di defilarsi dall'alleanza di Plombières e molti mazziniani sono avversi a Cavour per le concessioni pesanti promesse a Napoleone III. L'Austria, preoccupata del rafforzamento dell'esercito piemontese, lo intima con un ultimatum di disarmarsi e sciogliere i corpi volontari, ma la richiesta fu respinta e l'Austria dichiara guerra al Piemonte (1859, 2^ Guerra D'Indipendenza). Il Piemonte vince e le popolazioni, galvanizzate, insorgono contro i sovrani e danno vita a governi provvisori guidati da liberali filopiemontesi, chiedendo l'annessione al regno di Sardegna. Ma Napoleone III firma l'armistizio di Villafranca con l'Austria, cedendo ad essa la Lombardia che a sua volta la cede al Piemonte e ristabilendo i re sui troni dei ducati dell'Italia centrale. Cavour si dimise, Vittorio Emanuele ratifica questo armistizio, ma le popolazioni osteggiavano il rientro dei sovrani e Napoleone III non poteva richiedere né Nizza né Savoia ma neanche giustificare al popolo l'entrata in guerra; Cavour torna e dà i possessi promessi a Napoleone III in cambio dell'Italia centrale. Ora il regno sabaudo era composto da Piemonte, Liguria, Sardegna, Lombardia, Emilia Romagna e Toscana. I mazziniani, scontenti della cessione di Nizza e Savoia, decidono di realizzare con la forza ciò che i diplomatici cercavano di impedire. Una rivolta scoppia a Palermo nel 1860 e i democratici si prepararono per una spedizione per la liberazione del sud; Garibaldi iniziò a arruolare volontari (Cavour e Vittorio Emanuele avevano segretamente dimostrato il loro assenso). L'11 maggio 1860 i Mille sbarcano a Marsala e si scontrano con le truppe dei Borboni a Calatafimi. Vincono e il 6 agosto sbarcano in Calabria e dopo un mese entrano a Napoli. Lo stato sabaudo decide di fermare Garibaldi perché i suoi successi avevano ridato fiducia ai repubblicani e perché se non si fosse fermato ai confini dello stato pontificio, avrebbe suscitato le reazioni negative di mezza Europa. Incontro a Teano dove Garibaldi (che è monarchico) rimette ogni potere (e le Due Sicilie) nelle mani di Vittorio Emanuele e si ritira a Caprera. A questo punto c'è una piemontesizzazione = annessione al regno sabaudo delle popolazioni meridionali, delle Marche e dell'Umbria attraverso i plebisciti. 17 marzo 1861, nasce il Regno d'Italia, re è Vittorio Emanuele II.


PROBLEMI DELLO STATO UNITARIO

Politica internazionale

  • Isolamento diplomatico dell'Italia (superato solo con la Triplice Alleanza nell'82 sotto la sinistra storica)
  • Dipendenza dalla Francia di Napoleone III (che verrà meno dopo la caduta del 2^ impero)
  • Ostilità delle potenze cattoliche contro l'Italia alimentata dal mancato riconoscimento da parte del papato dell'unificazione

Politica interna

  • Scarto fra paese reale e paese legale (solo una parte di società ristretta è rappresentata dal parlamento, i votanti sono meno del 2%)
  • Disavanzo finanziario (spese urgenti perché dopo l'unità c'è l'assunzione dei deficit di tutti gli stati preunitari e i costi delle guerre e tutte le spese per unificare l'Italia (ferrovie, ospedali, scuole, esercito, apparato burocratico). Lo stato cerca di rimediare attraverso imposte dirette (sulla proprietà terriera e sulla ricchezza mobile) e indirette (sali, tabacchi e macinato, pressione soprattutto sul popolo).
  • Contrapposizione tra destra e sinistra storica

DESTRA STORICA

    1. borghesia di tipo terriero e commerciale
    2. liberismo
    3. liberalismo moderato
    4. monarchica e conservatrice, moderatamente riformista
    5. il completamento dell'unificazione deve avvenire tramite guerre regie o iniziative diplomatiche

SINISTRA STORICA

  1. borghesia di tipo industriale
  2. protezionismo
  3. mazzinianesimo
  4. fedele al monarca ma progressista
  5. il completamento dell'unificazione deve avvenire tramite una guerra di popolo

IN CHE MODO SI UNIFICA EFFETTIVAMENTE IL PAESE?

Economia

Unico mercato, no dazi doganali o barriere, unici pesi, misure e monete.

Problema del sud che non sta al passo col nord:scomparsa del fittavolo e del mezzadro, si diffonde il bracciantato, diffusione del pauperismo.l

Cultura

Introduzione della legge Casati (4 anni di scuola elementare, primi 2 obbligatori). Problema della diffusione dell'analfabetismo, l'italiano è conosciuto solo dalle classi alte.

Esercito

Creazione di un unico esercito (non vengono reclutati i garibaldini, dell'ex esercito borbonico vengono reclutate solo le più alte gerarchie)

Legge

Unico codice civile di leggi

Amministrazione

Non c'è una politica di decentramento, anzi la destra storica vuole un accentramento sul modello napoleonico perché teme che il decentramento favorisca le regioni meridionali sotto l'aspetto dei fenomeni di tipo secessionistico (nasce la figura del prefetto, nominato dal governo: da lui dipende l'ordine pubblico, la politica scolastica e sanitaria. Da lui dipende anche il sindaco, mentre il consiglio comunale è elettivo. Risponde del suo operato al Ministro degli Interni.)


BRIGANTAGGIO = dopo l'unificazione nelle regioni peninsulari si assiste al grande brigantaggio (sostegno da parte del popolo delle zone rurali ai briganti. CAUSE: l'unificazione del mercato ha portato a una crisi, servizio militare obbligatorio, politica fiscale rigida che colpisce il popolo; alcuni soldati dell'esercito borbonico che è stato sciolto si mettono a capo delle bande dei briganti, che sono appoggiati dal papato e dalla monarchia borbonica. L'inchiesta Massari dice che il brigantaggio si è diffuso dove c'è il latifondo e i salariati agricoli ("terrazzani"), quindi si tratta di una causa economico-sociale e non politica. Il governo reprime il brigantaggio con la LEGGE PICA del 1863 (ripristino dell'ordine con l'esercito e briganti giudicati dal tribunale militare che dà anche sentenze di morte).


1866-67 = Crisi economica determinata da una diminuzione del valore dei titoli di stato e dalla terza guerra d'indipendenza; messa in vendita delle terre del papato (l'acquisto è reso possibile solo ai ceti borghesi già proprietari di terre); viene introdotto il CORSO FORZOSO, la non convertibilità della moneta in oro. Nel 76 c'è il pareggio del deficit.


LA QUESTIONE ROMANA: problema di unificazione al regno d'Italia degli stati della chiesa (Lazio e Roma). La destra tenta di agire con diplomazia ma ogni suo intervento è inutile perché il papa è appoggiato e difeso da Napoleone III. Garibaldi tenta la marcia su Roma (1862) ma il governo Rattazzi interviene quando le pressioni di Napoleone III per difendere la chiesa diventano pesanti. Nel 1864 il governo Minghetti firma con Napoleone III la CONVENZIONE DI SETTEMBRE (Napoleone ritira le truppe francesi da Roma e il governo rinuncia a spostare lì la capitale). Nel 1865 la capitale viene spostata da Torino a Firenze (elemento di SPIEMONTESIZZAZIONE, i democratici lo interpretano come una rinuncia a Roma capitale). Di nuovo sotto Rattazzi, nel 1867, Garibaldi tentò un seconda spedizione dalla Toscana al Lazio ma fallisce. Dopo la sconfitta della Francia da parte della Prussia a Sedan, i bersaglieri entrano a Porta Pia (1870) in quanto il governo Lanza si ritiene sciolto dagli accordi con Napoleone III. Nel 1871 Roma venne proclamata capitale e il governo italiano approvò una serie di norme (LEGGE DELLE GUARENTIGIE) che garantivano alla chiesa libertà di culto, sovranità sul Vaticano e risarcimento per la perdita delle entrate che derivavano alla chiesa dal potere temporale. Il papa si proclamò prigioniero dello stato e interdisse ai cattolici la partecipazione alla vita politica (non expedit).

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