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Introduzione: Marx Factor




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Introduzione: Marx Factor


Ho scelto questo argomento in quanto particolarmente affascinato dalle teorie di Marx e dal modo in cui esse hanno legato con differenti aspetti della cultura. Possiamo trovare infatti risvolti molto interessanti sia in ambito scientifico, quanto in ambito letterario e artistico, senza prescindere dagli esiti storici che sino ad ora hanno avuto le teorie marxiane, seppur modificate e riadattate per essere congrue a un determinato contesto. Marx, infatti, oltre che filosofo ed economista era un attento matematico, come deducibile dalla lettura dei suoi Manoscritti Matematici. La mia analisi si snoda dallo studio della dottrina filosofico-economica contenuta all'interno delle opere di Marx, attraverso l'approfondimento degli effetti storici delle teorie marxiste, dalla primissima rivoluzione russa fino agli effetti più imminenti dell'ideologia marxista in Cina; trattando anche il pensiero dei sostenitori e della critica di tali teorie: il mio percorso non manca infatti di illustrare il contributo dato ad esse da personaggi come Gramsci, Lenin e Sartre e dall'arte surrealista; e la critica al socialismo fatta da Italo Svevo e George Orwell. Ho scelto poi di trattare anche l'ideologia del Marxismo per capire da quale contesto derivino i simboli utilizzati ancora oggi.

Per di più, oggi, dai più influenti economisti borghesi ai grandi giornali finanziari, passando per la chiesa, il pensiero marxiano emerge impavido nel tornado di questa crisi globale che sta sconvolgendo l'intero mondo industrializzato e non. Appare lontano secoli il giudizio estremamente negativo sulla mancata realizzazione del pensiero marxiano, giudizio che si è soffermato particolarmente sul fallimento di tutte le proposte politiche di stampo comunista. Poche isole, infatti, e raramente felici, restano di questa utopia. Sembra quasi che in questa terribile stagione, il filosofo tedesco, invece che il simbolo del fallimento del socialismo realizzato, sia in anticipo e non in ritardo. Per capire quanto dico basta rilegge il manifesto o i difficili passaggi dei "Grundrisse", quando parla dell'irresistibilità capitalismo che abbatte sempre nuovi limiti e l'intimità, i bisogni e i desideri degli uomini. Perfino la Chiesa, che sicuramente ha letto e approfondito il pensiero marxiano rifiutandolo, oggi ne riscopre la positività di alcuni elementi, infatti, alcuni punti chiave del pensiero marxista restano o tornano attuali. La dottrina sociale cattolica ha preso sul serio Karl Marx e la sua analisi del capitalismo. Certo, molte delle cose che ha detto sulle disuguaglianze sociali del XIX secolo erano giuste. Marx ha analizzato il carattere di merce del lavoro e l'economicizzazione di ogni campo della vita, ha intravisto nella sua essenza la globalizzazione del capitale e ha evidenziato che questo processo sarebbe potuto sfociare in ingiustizie sempre più grandi. Marx pensava che il capitalismo sarebbe crollato a causa delle sue contraddizioni, aveva predetto che un capitalismo primitivo sarebbe potuto diventare un pericolo per il mondo. La crisi attuale in parte gli da ragione: non c'è alternativa alle esigenza di domare il capitalismo, anche se il capitalismo odierno è in qualche modo diverso da quello che pensava Marx perché quello attuale non è solo capitalismo industriale, ma è diventato prevalentemente capitalismo finanziario. La crisi odierna ha seminato il timore di tensioni e di conflitti sociali, per cui, almeno nel momento del più grave pericolo, è sembrato importante avviare le necessarie riforme in modo rapido e al tempo stesso di lungo termine e sostenibile (e lo sguardo al pensiero di Marx è tangenziale). E Marx dunque, che negli ultimi decenni è stato prevalentemente usato nel quadro della critica culturale, oggi, con la presente crisi lo si cerca di utilizzare in forma attenuata, riducendo la sua teoria ad una descrizione scientifico-oggettiva del dinamismo del capitalismo, cancellando la prospettiva dell'intervento politico: operazione un po' insensata in quanto in Marx l'impegno politico non è una conseguenza dell'analisi economica. Per lui la verità del capitalismo è accessibile solo sul piano della lotta politica: il politico è il cuore dell'economico, il conflitto è il cuore della riflessione marxiana che oggi si riduce a semplice descrizione dei processi globali.

Karl Marx

Nasce a Treviri il 5 maggio 1818. Nel 1835, su consiglio del padre, si iscrive alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Bonn, ma antepone agli studi di diritto quelli filosofici e letterari. Partecipa alla vita goliardica e bohémienne, alla quale si mescolano anche forme di opposizione politica; si iscrive a un circolo di poeti e comincia a sentire il peso della sorveglianza poliziesca.

Nell'estate del 1836 conosce a Treviri e si fidanza segretamente con la bella Jenny von Westphalen; nell'autunno, Marx prosegue gli studi nell'Università di Berlino, dove fino a cinque anni prima aveva insegnato Hegel. Durante il decorso di una malattia legge tutte le opere di Hegel, ricevendone una forte impressione.

L'hegelismo era l'espressione culturale e filosofica allora dominante in Prussia: i sostenitori del potere assoluto ne davano un'interpretazione conservatrice ed erano per questo motivo appartenenti alla cosiddetta destra hegeliana, mentre i fautori di un rinnovamento politico e culturale in senso liberale e democratico, definiti giovani hegeliani o sinistra hegeliana , esaltavano invece gli aspetti progressivi dell'hegelismo, in particolare della dialettica, per la quale tutta la realtà, anche sociale e politica, è un continuo divenire. Non potendo attaccare l'assolutismo monarchico, la critica dei giovani hegeliani era rivolta contro la religione ufficiale.

Si laurea in filosofia il 15 aprile 1841 nell'Università di Jena con una tesi sulla Differenza fra la filosofia della natura di Democrito e quella di Epicuro. La conclusione dei suoi studi universitari coincide con l'aggravarsi della repressione governativa sulla vita politica e culturale. Lo stesso Marx avverte l'urgenza di un diretto impegno politico.

Il debutto pubblico del Marx giornalista avviene pertanto il 5 maggio 1842 con i Dibattiti sulla libertà di stampa e sulla pubblicazione dei dibattiti alla Dieta nella Gazzetta renana, quotidiano di Colonia.

Nel settembre 1842 si trasferisce da Bonn a Colonia, per dedicarsi a tempo pieno all'attività pubblicistica: nell'ottobre è redattore capo del giornale che riceve l'accusa di essere comunista dalla reazionaria Gazzetta generale di Augusta a seguito di articoli di Hess che esaltavano le teorie di Fourier.[2]

Marx lascia il 17 marzo 1843 la redazione del giornale, che viene soppresso dal governo il 21 marzo, "a causa della situazione in cui la censura pone il giornale".


Sposa Jenny il 19 giugno 1843 e partono insieme per Parigi, per pubblicare con Ruge la nuova rivista Annali franco - tedeschi in collaborazione con Friedrich Engels, che diviene da questo momento l'amico di tutta la sua vita.

Nell'aprile del 1848 Marx, insieme con la famiglia ed Engels, va a Colonia dove il 13 aprile è tra i fondatori dell' Associazione Democratica. Ipoteca l'eredità paterna per raccogliere il denaro necessario a fondare, il 1° giugno 1848 la Nuova Gazzetta Renana.

Con la soppressione del quotidiano, avvenuta nel 1849, Marx ritorna a Parigi, ma dopo i moti popolari del 1849 il governo gli pone l'alternativa di lasciare la capitale e trasferirsi a Vannes o di abbandonare la Francia. Sceglie di trasferirsi a Londra, dove vivrà fino alla morte. All'inizio degli anni sessanta guadagna due sterline ad articolo collaborando con il quotidiano americano New York Tribune.

Il 2 dicembre 1881 muore la moglie Jenny. Marx non si riprenderà più da questa grave perdita; malato di bronchite cronica, a gennaio perde anche la sua primogenita Jenny.



Alle già sue precarie condizioni di salute si aggiunge un'ulcera polmonare e il 14 marzo 1883 Marx muore. Viene sepolto tre giorni dopo nel cimitero londinese di Highgate.





Tesi su Feuerbach [1845]

Marx aveva apprezzato le idee di Feuerbach[3] che però riteneva insufficienti, perché eludevano gli interrogativi principali della filosofia:

Perché gli uomini tendono a creare Dio?

Perché proiettano in Dio le qualità migliori del loro stesso essere?

Per Marx gli uomini alienano il proprio essere in un principio religioso esterno perché stanno male nella società in cui sono costretti a vivere. La suddivisione in classi impedisce all'uomo di soddisfare i propri bisogni e di realizzare la propria umanità. Gli uomini scontenti e frustrati immaginano un mondo nell'aldilà ove c'è un Dio che li appagherà. Per risolvere il problema dell'alienazione religiosa è necessario risolvere quello dell'alienazione nel campo del lavoro.


Manoscritti economico - filosofici [1844]

In quest'opera egli studia l'alienazione, in una stretta connessione con le condizioni economiche e sociali del lavoro.

Essa è sinonimo di espropriazione dal prodotto e affonda le proprie radici nei rapporti lavorativi che si stabiliscono nella società capitalistica tra operai e padrone.

Per Hegel l'alienazione aveva un significato diverso: era un processo necessario grazie al quale l'idea si oggettiva nella natura.

L'alienazione si registra nel lavoro e nei rapporti di produzione. Attraverso il lavoro la natura si umanizza e l'uomo si naturalizza: è attraverso il fare infatti che l'uomo conosce il mondo circostante.

In più per Marx il lavoro è il contrassegno che distingue l'uomo dagli animali.

La disoccupazione è vista come un'esperienza dolorosa, non solo per la povertà che comporta, ma anche perché fa sentire l'uomo irrealizzato.


Nella società capitalistica vige un'organizzazione del lavoro tale da rendere l'operaio schiavo del proprio padrone, questi è trattato come merce nelle mani del capitalista: il lavoratore è simile ad un animale, perde la propria dignità, conducendo un'esistenza inumana.

L'operaio è quindi estraniato dal prodotto del suo stesso lavoro, in quanto produce dei beni che non gli appartengono. La causa del meccanismo dell'alienazione risiede nella PROPRIETA' PRIVATA DEI MEZZI DI PRODUZIONE, per cui tutto quello che un operaio produce diventa proprietà del capitalista. L'abolizione di tutto ciò e il passaggio ad una società in cui la proprietà privata è abolita, cioè il comunismo, è l'unica soluzione ai problemi dell'operaio ma in generale del lavoratore.

Nel COMUNISMO l'uomo ritrova se stesso, la sua vera natura libera e creativa. Secondo Marx la soppressione della proprietà privata permetterà di godere dei beni in modo non egoistico.













Il Capitale [1867 Libro I, Libri II e III di pubblicazione post-morte]

L'opera si apre con l'analisi della merce, che ha un duplice valore:

valore d'uso: ogni merce serve a qualcosa, al soddisfacimento di un bisogno umano;

valore di scambio: ogni merce può essere oggetto di scambio, diretto col baratto; indiretto tramite mediazione del denaro.

Marx afferma che per scambiare una merce con un'altra bisogna che in entrambe sia incorporata la stessa quantità di lavoro. Una merce che ha richiesto più tempo di lavoro dovrà valere di più di una che ha richiesto meno tempo.

Per questa teoria venne criticato da molti teorici dell'economia: il prezzo di una merce non dipende dalla quantità di lavoro incorporato, quanto dal gioco della domanda dell'offerta, cioè dal mercato.

Nel mondo di produzione capitalistico anche l'operaio è trattato come una merce, in quanto viene acquistato dal capitalista affinché, grazie alle sue braccia (forza-lavoro), produca altre merci. Il capitalista paga all'operaio un salario che viene determinato sulla base della sussistenza dell'operaio e della sua famiglia (l'unica ricchezza dell'operaio è infatti la "prole", i figli). Una volta che l'operaio vende la propria forza lavoro al capitalista, tutto ciò che produce è proprietà del padrone.

Il tempo di lavoro supplementare è lavoro non pagato che crea un valore non pagato e viene definito da Marx plusvalore. E' dal plusvalore che deriva il profitto del capitalista. Il profitto però non coincide con il plusvalore, ma è inferiore ad esso, infatti nel campo del profitto hanno rilevante importanza sia il denaro che il capitalista deve usare per la manutenzione dei macchinari (capitale variabile) sia il denaro che il capitalista investe per l'acquisto della forza-lavoro umana.

Nel processo di produzione capitalistico si segue il seguente schema:

D - M - D

dove D è il denaro speso per l'acquisto della merce, M è la merce e D' è il denaro guadagnato. L'incremento del denaro è il contrassegno dell'economia capitalista.

Nel processo di produzione pre-capitalistico si seguiva un altro schema:

M - D - M

dove M è la merce prodotta, D è il denaro guadagnato dalla vendita della merce e M è altra merce, magari quella che il contadino non è in grado di produrre. In questo genere di produzione la funzione del denaro è quella di semplice intermediario. Il fine del capitalista è quello di aumentare il plusvalore. La maggior parte della nuova ricchezza viene rinvestita nella fabbrica per modernizzare strutture e tecnologie. Se questo è vero comporta che il capitalista avrà sempre meno bisogno della forza-lavoro degli operai. Nel capitalismo emergono infatti forze autodistruttive: la caduta del saggio di profitto. Questa è per Marx una legge intrinseca del capitalista che cerca sempre più di aumentare il capitale costante a discapito di quello variabile, da ciò si ottiene la diminuzione del plusvalore e quindi del saggio di profitto.

La disoccupazione derivante da questo processo è un altro grande nemico per il capitalista: disoccupazione vuol dire maggiore povertà e quindi limitato potere d'acquisto delle merci.

In conclusione: lo sviluppo tecnologico crea possibilità di incrementare la produzione  delle merci, ma la disoccupazione fa in modo che le merci rimangano invendute.

Le contraddizioni interne al sistema capitalistico accentueranno il divario e la lotta tra le classi che compongono la società che sono così essenzialmente ridotte a due: operai e capitalisti.

Il proletariato, prendendo coscienza  del suo stato si impadronirà dei mezzi di produzione e, dopo una fase di dittatura del proletariato, si giungerà alla società senza classi o comunismo.

Ideologia Tedesca (1846)

In quest'opera getta le basi della sua concezione materialistica della storia, i cui cardini sono il problema dell'alienazione del lavoro e lo studio delle leggi oggettive del modo di produzione capitalistico. Marx afferma che la forza motrice della storia non è di carattere spirituale, come pensano gli idealisti, ma di carattere materiale e concreto. Alla basi di tale teoria vi è una concezione materialistica della storia che presenta i seguenti caratteri:

la storia è un processo materiale in cui i soggetti sono i fatti e gli uomini e non le idee;

gli uomini si riuniscono in organizzazione e società e producono beni che sono utili alla comunità;

l'ampliarsi della comunità porterà alla divisione dei compiti: lavoro manuale e lavoro intellettuale;

all'avvento della proprietà privata consegue la crescente disuguaglianza e l'insorgere delle classi;

con la società capitalista le disuguaglianze accrescono e si acuisce la lotta di classe;

si avrà la crisi del sistema capitalistico e l'avvento di nuovi rapporti  economici;

la filosofia che fino ad ora ha avuto un ruolo teorico deve porsi l'obiettivo della sua trasformazione in pratica.


Marx divide il processo storico in cinque grandi tappe:

a)     Comunità primitiva, in cui non esiste la proprietà privata;

b)     Regime di Schiavitù, nasce la proprietà privata e da qui la divisione in classi della società e la nascita della schiavitù (schiavi e padroni);

c)     Società Feudale, in cui si passa dalla schiavitù al servilismo (servitù della gleba e latifondista);

d)     Regime Capitalistico - Borghese: contrapposizione di operai poveri e borghesi sempre più ricchi

e)     Società Proletaria: con la rivoluzione proletaria i mezzi di produzione diventano del popolo.

Il lavoro dell'uomo è alla base della civiltà e del pensiero ed è il fondamento della storia. Secondo Marx  ciò che segnò la prima distinzione degli uomini dagli animali fu proprio la produzione dei mezzi di sussistenza.


Marx chiamò struttura i rapporti materiali, economici e sociali al cui interno l'uomo vive e lavora; mentre definì sovrastruttura il modo di pensare degli uomini, le istituzioni giuridiche e religiose, le leggi e la morale, la cultura e la politica, l'arte e la scienza di una determinata società.

La struttura è costituita da vari livelli:

le condizioni della produzione o le risorse naturali, rappresentate dal clima, dalla vegetazione, dalle materie prime;

le forze produttive rappresentate dal lavoro degli uomini, dalle macchine e dagli utensili che si impiegano nella produzione;

i rapporti di produzione, cioè l'organizzazione del lavoro e le relazioni che si stabiliscono tra i soggetti coinvolti nel processo lavorativo.






Concetto di Società, Libertà e Democrazia

Il giudizio di Marx sulla società moderna è impietoso e distruttivo. Si tratta di una società che destina gli uomini all'infelicità, incentrata sul principio della proprietà privata, grazie alla quale ognuno può godere dei propri beni in modo tale da disinteressarsi dei bisogni degli altri. Anche la libertà è intesa come diritto dell'individuo di fare quello che più gli aggrada, purché non danneggi la sfera dell'altro. Ma Marx afferma che è una libertà del tutto astratta e illusoria.

Marx critica anche il principio della rappresentanza parlamentare, grazie al quale i cittadini eleggono i propri deputati nel Parlamento Nazionale. Si tratta solo di democrazia formale, che non incide sulla sostanza delle cose: infatti le leggi emanate dai rappresentanti sono funzionali sempre agli interessi della classe dominante, quella borghese. Secondo Marx non si deve riformare in senso sociale le forme della rappresentanza, ma si deve rigettare il principio stesso della rappresentanza.

Nell'opera Critica della filosofia del diritto di Hegel, Marx opera un rovesciamento del rapporto tradizionale tra società e Stato, affermando che la vera democrazia consiste nel riassorbimento dello Stato nella società civile.

Marx considera lo Stato come sovrastruttura rispetto alla società civile. Mentre la società è il luogo in cui si svolgono i rapporti materiali di esistenza, lo Stato appare a Marx come una sovrastruttura destinata a essere soppressa nella futura società socialista senza classi. L'estinzione dello Stato non è altro che la riduzione dello Stato stesso alla sua radice, la società civile.

Da ciò consegue che la rivoluzione socialista non consisterà nel passaggio dalla borghesia al proletariato, ma della distruzione del sistema capitalistico stesso. In tutto ciò si rifà all'esempio della comune di Parigi[4] ovvero il tentativo di spezzare  lo Stato moderno e di sostituire il governo centralizzato con l'autogoverno dei produttori.


Il Manifesto del Partito Comunista (1848)

In cui Marx e Engels distinguono varie forme di socialismo:

- Il socialismo conservatore o borghese comprende un'ampia schiera di ideologi che difendono la società attuale, e per garantirle una certa sopravvivenza propongono progetti di lievi aggiustamenti per rimediare agli inconvenienti che in essa si riscontrano (riformismo). Tra i sostenitori di questo socialismo troviamo Proudhon[5], autore di "Che cos'è la proprietà?" in cui si rivolta contro l'ingiustizia sociale ma ha il torto di pensare che si possa risolvere con il riformismo sociale.

- Il socialismo critico - utopistico il quale viene accusato di prospettare una società futura vista come il sogno realizzato del paradiso in terra. Di questi Marx dà un giudizio positivo in quanto a loro va il merito di aver svelato la miseria morale e materiale del sistema capitalistico. Esponenti di primo piano del socialismo utopistico sono: Saint-Simon, Fourier e Owen.

- Il socialismo scientifico di Marx ed Engels condanna il revisionismo di coloro che vorrebbero riformare il sistema borghese senza abbatterlo e guarda con diffidenza ogni utopismo che ipotizza progetti meravigliosi di trasformazione della società esistente. La scientificità del loro socialismo nasce dalla concezione materialistica della storia. E' questa concezione infatti che permette al loro socialismo di restare con i piedi per terra e di non incappare nell'utopia. Marx è molto esplicito quando afferma che una formazione sociale muore quando si siano sviluppate nella società  nuove condizioni materiali in grado di farne maturare una nuova e migliore.


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