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La causa scatenante della prima guerra mondiale è stata l'assassinio dell'erede al trono asburgico Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914 per opera di uno studente serbo.
Le cause remote della
guerra sono invece diverse. In primo luogo i contrasti iniziarono nel momento
in cui Bismarck, l'allora cancelliere tedesco, si
alleò con Russia, Austria e Italia, contro
Un'altra causa era il
contrasto anglo-tedesco creatosi quando
Queste competizioni si svolgevano inoltre nel quadro del periodo imperialista: agli inizi del secolo, la spartizione delle terre era già avvenuta e i diversi imperi coloniali potevano allargarsi solo uno a discapito dell'altro, mettendo in discussione una spartizione nella quale avevano ottenuto grandi vantaggi Francia e Gran Bretagna. Questo si tradusse in una politica sempre più aggressiva, che comportò una generale corsa agli armamenti, cioè una tendenza a potenziare eserciti e flotte e ad investire capitali e risorse nella produzione di armi sempre più micidiali. La guerra e l'esercito divennero così un grande affare economico, in cui potenti gruppi industriali e commerciali investirono enormi quantità di denaro.
Lo stato guglielmino lanciò poi il programma pangermanista, basato sul progetto della formazione di una grande Germania che riunisse tutti i popoli tedeschi dei vari stati europei.
I timori di un'Europa guidata dalla Germania spinsero poi
La guerra fu inoltre scatenata dalle
cosiddette guerre balcaniche, la prima delle quali iniziò a causa della volontà
di indipendenza dall'impero asburgico di Cechi ed
Ungheresi e dall'impero ottomano da parte di Croati e Sloveni che, guidati
dalla Serbia (filorussa), divenuta indipendente nel
1882, costituirono
A determinare lo scoppio della guerra concorsero poi anche fenomeni ideologici e culturali di grande importanza. L'ingresso delle masse sulla scena politica, infatti, non si manifestò solo con la nascita di partiti socialdemocratici e cattolici, ma anche con lo sviluppo di movimenti reazionari e nazionalistici. Le idee di patria e di nazione si trasformarono in spinte antidemocratiche, di aggressività imperialistica, di volontà di potenza e di razzismo, diffondendo una crescente competizione internazionale. In Italia, le formulazioni più efficaci delle concezioni nazionalistiche vennero da un gruppo di intellettuali che nel 1910 fondarono l'Associazione nazionalista italiana (che aveva come maggiori esponenti Corradini, Coppola e Federzoni), la quale reclamava la riscossa della borghesia contro la minaccia rappresentata dalle classi popolari organizzate. Queste posizioni, negli anni dieci, cominciarono a raccogliere consensi non solo fra i grandi industriali, ma anche in settori dei ceti medi urbani, desiderosi di affermarsi come soggetti politici e timorosi dell'avanzata delle masse popolari organizzate nei partiti socialisti. Questo fenomeno del nazionalismo concorse nei vari Paesi a creare atteggiamenti che tendevano a considerare la guerra come un'occasione di sviluppo e di affermazione internazionale.
L'attentato di Sarajevo consentì all'Austria e
alla Germania di mettere in atto la loro volontà di
guerra. L'Austria, infatti, voleva risolvere a proprio vantaggio le questioni
balcaniche, placando le rivendicazioni nazionalistiche dei diversi gruppi
etnici, mentre
Immediatamente
La strenua resistenza dell'esercito belga, intanto, non poté impedire all'esercito tedesco di varcare il confine nord-occidentale della Francia e di giungere a pochi chilometri da Parigi. L'esercito francese, insieme ad aiuti militari inglesi, riuscì però nella battaglia della Marna (nel settembre 1914) ad allontanare la minaccia tedesca dalla Francia. I tedeschi furono costretti ad arretrare e i due eserciti si fronteggiarono lungo linee di trincee lungo i fiumi Aisne e Somme; fu così evidente che il conflitto si stava trasformando in una guerra di posizione, che avrebbe poi comportato gravi perdite di uomini, mezzi e risorse.
Alla sconfitta tedesca della Marna avevano
contribuito due fattori: innanzitutto l'avanzata
troppo rapida, che aveva disperso le forze dell'esercito, e poi l'inaspettata
invasione della Prussia da parte dell'impero zarista, che costrinse
A questi due fronti si aggiunse poi un altro
teatro di guerra: il mare del Nord, dove Germania e Inghilterra iniziarono un
violento conflitto, a causa del fatto che gli inglesi
volevano bloccare i rifornimenti agli Imperi Centrali di materiale militare,
generi alimentari e merci in generale, attraverso il dominio di questa zona.
Già nel 1915 la strategia inglese cominciò a dare i suoi frutti e sui mercati
tedeschi si fecero sempre più rari i generi alimentari di base. La denutrizione
cominciò allora a manifestarsi largamente e
L'intervento dell'Italia in guerra fu deciso però dal Patto di Londra, stipulato dal ministro
degli esteri Sonnino nell'aprile del
Con l'intervento in guerra dell'Italia si aprì un nuovo fronte, che andava dal Carso lungo tutto il confine con l'Austria, e che ebbe l'effetto di alleggerire la pressione tedesca sul fronte russo. Con il fallimento della strategia tedesca della guerra-lampo, il conflitto si andava sempre più trasformando in una guerra di logoramento, in cui le trincee rappresentavano quella situazione di stallo in cui la guerra si trascinò tra il 1915 e il 1916 e nella quale nessuno dei Paesi belligeranti fu in grado di imporsi e di risolvere a proprio favore il conflitto. Tuttavia, questa situazione finiva con il danneggiare per lo più gli Imperi Centrali, che essendo circondati da ogni lato dalle forze nemiche, subivano sempre più drammaticamente il blocco commerciale imposto loro dalla gran Bretagna. In questo contesto si verificarono la battaglia di Verdun (sul fronte occidentale) e quella dello Jutland, entrambe originate dal tentativo tedesco di rompere l'isolamento.
Per sfondare le linee nemiche, l'esercito
tedesco concentrò le proprie armate in un solo punto, nei pressi della fortezza
di Verdun, dove una battaglia di cinque mesi (dal febbraio al luglio 1916) vide
la vittoria degli anglo-francesi ma anche la morte di
oltre un milione e mezzo di soldati. Il tentativo tedesco di rompere
l'isolamento per via mare non ebbe effetti migliori: il 31 maggio 1916 la
marina tedesca si scontrò con quella inglese presso la
penisola dello Jutland, ma
Intanto, sul fronte meridionale, tra il maggio e il giugno del 1916, gli austriaci lanciarono un violento attacco contro le linee italiane, che furono ben presto sconfitte. L'impreparazione dimostrata dall'esercito italiano spinse Salandra a dare le dimissioni (giugno 1916); il nuovo governo venne affidato a Borselli. Poco dopo, le truppe italiane, sia pure a prezzo di gravi perdite, riuscirono a conseguire l'unico risultato militare significativo del primo biennio di guerra, ovvero la presa di Gorizia, avvenuta il 9 agosto 1916.
Per fronteggiare le difficoltà della guerra,
all'interno delle diverse nazioni di vennero formando governi di unità nazionale con il concorso delle opposizioni.
L'accentramento del potere che si sviluppò così nel vari stati, fece si che lo stato divenne non solo il motore del sistema politico, ma anche di quello economico, giungendo ad organizzare e programmare la produzione in funzione delle necessità sempre più crescenti della guerra. Lo stato, quale imprenditore della guerra, divenne il centro e il motore di tutta l'economia: impiegò direttamente ed indirettamente milioni di lavoratori, mosse quasi tutta la flotta mercantile, esercitò un vasto commercio e soprattutto consumò una grande quantità di ricchezze, dando vita a quella che venne definita un'azienda economica militare. Quest'azienda monopolizzò la domanda di beni industriali e ciò determinò uno sviluppo notevolissimo delle attività produttive e degli investimenti, oltre alla formazione di gigantesche imprese, ma anche uno straordinario dispendio di denaro e risorse statali.
Nel 1917 si verificarono avvenimenti che segnarono il corso degli eventi e degli esiti della guerra: la rivoluzione bolscevica in Russia, l'ingresso in guerra degli USA e il manifestarsi di un rifiuto della guerra nei soldati e nelle popolazioni.
Per quanto riguarda
Per quanto concerne
l'intervento americano in guerra a fianco dell'Intesa (il 6 aprile 1917 contro
Quanto accadde sul fronte russo, dove i soldati delle armate zariste si rifiutarono di combattere e dichiararono la fine delle ostilità ancora prima dei loro governanti, rappresentò la manifestazione più eclatante di una condizione comune a tutti glie eserciti combattenti. Nei vari stati si stava diffondendo una generalizzata stanchezza e insofferenza nei confronti della guerra e i socialisti dei vari Paesi ripresero ad organizzare l'opposizione interna; già nell'aprile del 1916, infatti, il movimento socialista internazionale aveva pubblicato il manifesto di Kienthal, con cui prendeva posizione contro la guerra. Nel 1917, comunque, si accentuarono in maniera dirompente il malcontento e l'ostilità dei soldati e delle popolazione nei confronti della guerra. La primavera del 1917, infatti, seguiva un inverno drammatico, vissuto dalle truppe al fronte in condizioni disumane, in cui i soldati, malnutriti ed esposti a malattie di ogni genere, erano ormai costretti a vivere quasi sotterrati nelle trincee. L'utilizzo di nuove armi, inoltre, aveva decimato ulteriormente le truppe dei diversi Paesi, già ridotte allo stremo. Su tutti fronti si manifestarono diserzioni di massa e insubordinazioni, che i comandanti cercarono di arginare con misure disciplinari severissime; tuttavia, il disfattismo si sviluppò non solo tra i soldati, ma anche tra gli ufficiali che, allo scoppiare del conflitto, avevano dato grande prova di entusiasmo patriottico.
I fattori di crisi che minavano la compattezza degli eserciti al fronte si diffusero anche tra la popolazione civile, nonostante una forte attività propagandistica e nonostante promesse di nuove terre da coltivare ai contadini. Si giunse alla creazione di un fronte interno, quando i governi dovevano contrastare non solo il nemico al fronte, ma anche gli oppositori interni, ossia tutti coloro che per varie ragioni si opponevano al proseguimento della guerra. In Italia, nell'agosto del 1917, una rivolta di operai a Torino fu soppressa con la forza dall'esercito nazionale, causando moltissimi morti. A ciò rispose Papa Benedetto XV, che in una nota inviata ai capi di governo dei paesi belligeranti sosteneva la necessità di mettere fine a queste inutili stragi.
Sul fronte militare, il 1917 sembrò volgere a favore degli Imperi Centrali che stavano preparando un grande sforzo bellico nella speranza di risolvere il conflitto a loro favore prima dello sbarco in Europa degli americani. Liberatosi il fronte russo, sferrarono un massiccio attacco sul fronte dell'Isonzo, dove l'esercito italiano, sotto il comando del generale Cadorna, fu sconfitto, a causa della stanchezza delle truppe e di alcuni errori strategici. Il 24 ottobre 1917 le truppe austro-tedesche occuparono Caporetto e gli italiani furono costretti ad indietreggiare dopo la perdita di uomini e mezzi. Immediatamente si formò però un nuovo governo, presieduto da Vittorio Emanuele Orlando, e l'esercito fu riorganizzato sotto il comando del generale Diaz, il quale, per ottenere l'appoggio delle truppe, promise ai soldati la distribuzione di terre da coltivare alla fine del conflitto. Questa politica ebbe larga presa tra i soldati, in gran parte lavoratori agricoli. Diaz riuscì così ad arginare la rottura delle truppe italiane, anche se la disfatta di Caporetto fu un importante successo degli Imperi Centrali.
L'ultima offensiva tedesca fu sferrata nel marzo 1918 sul fronte occidentale, nella regione di San Quintino, dove le linee dell'Intesa furono sfondate fino alla Marna. Le truppe anglo-francesi seppero però riorganizzarsi e riuscirono a resistere all'avanzata di quello austro-tedesche. In questa battaglia si assistette al dispiegamento di nuovi dispositivi bellici e in particolare dell'utilizzo di aerei e carri armati da parte dell'Intesa, che costrinse l'esercito tedesco a ritirarsi dal suolo francese e belga. Con l'arrivo delle truppe americane, il 18 luglio 1918 scattò la controffensiva dell'Intesa e tra l'8 e l'11 agosto l'esercito tedesco fu messo alle strette e il fronte fu sfondato nei pressi di Amiens. Anche sul fronte meridionale tra il settembre e l'ottobre del 1918 iniziava la controffensiva dell'esercito italiano contro le armate austriache, che vennero definitivamente sconfitte a Vittorio Veneto il 29 ottobre. La disfatta degli Imperi Centrali era ormai compiuta, e ad essa seguirono la resa della Bulgaria e della Turchia e l'armistizio dell'Austria con l'Italia, firmato presso Padova il 4 novembre 1918.
Nel frattempo, l'impero asburgico si era
disgregato sotto le spinte autonomistiche delle varie
nazionalità, mentre
Alla conferenza per la pace, che si aprì a Versailles nel gennaio 1919, si incontrarono solo i Paesi vincitori (Gran Bretagna, Francia, USA e Italia), mentre i vinti vennero convocati solo per la firma dei trattati di pace. Si svilupparono due posizioni contrastanti: da una parte vi era il rappresentate degli stati europei Clemanceau, che intendeva risolvere la disgregazione gli imperi mediante la politica delle annessioni territoriali, mentre dall'altra vi era il presidente americano Wilson, che nel suo programma (sintetizzato nei famosi 14 punti) puntava ad affermare il principio democratico dell'autodeterminazione dei popoli, a cui bisognava attenersi per ridisegnare il nuovo assetto geo-politico dell'Europa. Di fatto prevalse la linea di Clemanceau: alla Germania fu imposta una pace che stabiliva la restituzione alla Francia dell'Alsazia e della Lorena, lo smembramento dei possessi coloniali e il pagamento di una grave indennità di guerra.
Con l'Austria venne
stabilita
Con la conferenza di Versailles, infine, si
stabilì la creazione della Società delle Nazioni, che avrebbe
dovuto tutelare la pace esercitando una funzione di arbitrato nelle
controversie internazionali. Tuttavia, questo programma di Wilson rimase
incompiuto, in quanto né
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