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Le condizioni politiche e sociali in cui vivevano gli Europei alla fine del XVIII° secolo erano in molti paesi, abbastanza simili. Il potere politico quasi dappertutto era detenuto da monarchi ereditari, che lo esercitavano in modo assoluto. La società era organizzata gerarchicamente e l'Ordine (=la classe sociale), al quale uno apparteneva era fissato dalla nascita. Clero e nobiltà, che erano gli Ordini superiori, seppure indeboliti dal trionfo dell'assolutismo monarchico, mantenevano una situazione privilegiata. Naturalmente c'erano differenze tra l'uno e l'altro Stato d'Europa: per esempio, la monarchia costituzionale inglese aveva poteri molto più limitati di quella prussiana; l'aristocrazia francese era politicamente quasi inesistente di fronte al potere assoluto del Re; in Polonia invece la nobiltà era arbitra del destino dei Re, al punto eleggerli e destituirli con frequenza.
Unica fra i grandi Stati dell'Europa occidentale, la Francia si trovava nella situazione di essere stata la centrale irradiatrice dell'Illuminismo, ma al medesimo tempo di non aver beneficiato di quel riformismo che era venuto mutando l'aspetto di molta parte dell'Europa. Molta colpa ne aveva la monarchia, che era stata incapace di attuare o anche solo di proporre riforme. Un altro tipico aspetto della situazione francese era di avere una borghesia altamente sviluppata, che, consapevole della propria forza economica ed efficienza culturale, era insofferente del regime di privilegio che favoriva la nobiltà e l'alto clero ed impaziente di acquistare un proprio peso politico. Questo fu il principale dei motivi per cui la Rivoluzione scoppiò in Francia e non altrove. Grazie ad essa la Francia bruciò le tappe e nel giro di pochissimi anni si rinnovò profondamente grazie alla radicali riforme attuate. La monarchia fu spazzata via e la Francia si diede un nuova struttura politica, repubblicana, e una nuova struttura sociale, fondata sul concetto d'uguaglianza che già altrove si era in parte affermato. Ma qui non per volontà di un sovrano, bensì per libera decisione di popolo, com'era avvenuto nella Rivoluzione inglese e americana.
Con la Rivoluzione francese non solo si distrugge il passato, ma si crea il mondo in cui viviamo. La distruzione del passato fu violenta e spesso eccessiva, per esempio i rivoluzionari cavarono dalle tombe e distrussero le spoglie degli antichi re di Francia, diedero alle fiamme castelli magnifici, preziose opere d'arte e interi archivi. D'altra parte la storia si fa guardando agli aspetti positivi e duraturi degli avvenimenti che indubbiamente predominano nel caso francese. Perciò la rivoluzione francese va considerata uno dei più importanti avvenimenti della storia del mondo.
L'organizzazione statale e le condizioni sociali ed economiche della Francia
Il sovrano, il re cristianissimo, la "sacra corona", impersonava egli solo la comunità nazionale, gli interessi della quale coincidevano con i suoi, perché lo stato era considerato patrimonio del sovrano (Stato Patrimoniale). Non c'era nessuna istituzione che limitasse il suo potere assoluto. Non esisteva un parlamento come in Inghilterra; inoltre non erano convocati dal 1614 gli Stati Generali o Assemblee di "stati". Ma se il potere sovrano non era limitato da alcun organo, non era nemmeno sostenuto da un ceto sociale, i cui interessi coincidevano con i suoi. Praticamente il potere regio era del tutto isolato e la monarchia era forte o debole nella stessa misura in cui lo era il sovrano. Fortissima dunque con Luigi XIV, sempre più debole con Luigi XV e poi con Luigi XVI, buono e onestamente intenzionato, ma assai fiacco e la persona meno adatta a reggere uno stato così organizzato. La corte era una vera sanguisuga della Nazione; a Versailles, la vera capitale della Francia, vivevano circa 18000 cortigiani, il mantenimento dei quali assorbiva gran parte dei redditi del regno. Il solo servizio della tavola del re costava all'anno oltre i venti miliardi di lire attuali, nel 1789 il totale delle spese di corte ammontava all'incirca a 250 miliardi. Inoltre il re passava grosse pensioni a favoriti e a cortigiani. Il governo era tutto accentuato nel re coadiuvato da sei ministri e da quattro consigli, ma a questo accentramento non corrispondeva la necessaria unità amministrativa del paese. La Francia, infatti, era un incredibile mosaico di circoscrizioni territoriali, dai confini capricciosamente tracciati, erano rimasti i diritti feudali privilegi, nonché pesi, misure e monete differenti. Innumerevoli barriere doganali dividevano tra loro province e regioni. Mentre negli altri paesi per l'azione dei principi riformatori, i più gravi inconvenienti del particolarismo erano stati aboliti, in Francia non era stata minimamente modificata tale situazione. Se anche il re avesse voluto compiere delle riforme, il sovrano non ne avrebbe avuto la possibilità perché vi si opponevano la corte e i ceti privilegiati.
I tre Stati
Nel '700 circa il 40% delle terre era ancora dell'aristocrazia e del clero, che imponevano ai contadini tutta una serie d'oneri e tributi in natura o in denaro di derivazione feudale. La popolazione francese era divisa in tre ordini o stati: la nobiltà, il clero e il terzo stato, così chiamato perché in ordine d'importanza veniva dopo i primi due. Su circa ventiquattro milioni di francesi i primi due ordini comprendevano circa mezzo milione di persone, una minoranza veramente esigua. Molti di coloro che vi appartenevano vivevano in disagiate condizioni e quindi non erano disposti a far fronte comune con i loro pari: il basso clero che specie nelle campagne viveva miseramente e la nobiltà minore, che spesso possedeva solo il titolo nobiliare e faceva sforzi immani per vivere la dignità del grado.
Il primo ordine nella gerarchia dello Stato è il clero che si reclutava esclusivamente nella aristocrazia. Possedeva a titolo di beneficio molte terre in più aveva diritto alla decima, cioè la decima parte d'ogni raccolto o reddito dei fedeli. A differenza della nobiltà che era esentata da ogni tassa, il clero pagava al re un contributo volontario.
La nobiltà, sia la grande che viveva a corte, sia la minore, che stentava la vita nei suoi castellucci, costituiva il secondo ordine. Non aveva ormai alcuna vera funzione sociale e politica, ma serviva solo nell'esercito dove le cariche erano ereditarie e non si ottenevano per veri meriti militari. Nonostante la loro inutilità sociale i nobili avevano conservato u certo numero di privilegi, che nell'età feudale erano serviti a compensarli per le loro funzioni effettivamente utili. Conservavano immunità fiscali (esenzione da imposte) e giudiziarie (privilegio di essere giudicati solo da un parlamento e non da un tribunale comune). Vi erano poi diritti feudali, che i nobili esigevano dai loro inferiori. Riservavo a se il diritto di caccia, per cui non solo sulle terre del signore vi era "caccia bandita", ma egli poteva inseguire la selvaggina attraverso gli ampi lavorati dai contadini. Aveva poi il diritto di amministrare la giustizia sulle proprie terre, il diritto di percepire una tassa su ogni vendita o acquisto di immobili, oppure di esigere pedaggio per il transito su strade o ponti. Tutto sommato la nobiltà non traeva un simile vantaggio da questi diritti, che erano però l'unica fonte di sostentamento per molta nobiltà minore. Essa, ridotta spesso alla fame avrebbe voluto darsi al commercio o a qualche professione, ma ne era impedita dal pregiudizio aristocratico, che considerava tali attività indegna di un gentiluomo. Naturalmente l'alta nobiltà proprietaria di grandi terre si trovava in migliori condizioni ma le amministrava male e poi non risiedeva sul posto ma preferiva vivere a corte con le pensioni e i favori del re.
Il terzo stato infine comprendeva il resto della popolazione ma era molto disuguale socialmente perché dall'alta borghesia (funzionari dello stato, professionisti, uomini d'affari), si passava agli artigiani, poi ai salariati e ai contadini, fino al proletariato pur non molto numeroso perché la Francia non si era ancora industrializzata nella misura dell'Inghilterra ed era un paese agricolo. Tra contadini, piccoli proprietari mezzadri ecc. vivevano sulla terra venti milioni di persone circa. Esse erano aggravate da forti tasse, più d'altre categorie del terzo stato: "la taglia", che pagavano al re, la "decima" al clero e poi diritti feudali alla nobiltà alla quale dovevano dare le corves o gratuite prestazioni d'opere; anche lo stato li obbligava al servizio di corves per le opere pubbliche (costruzione di strade, trasporto di bagagli o merci per l'esercito).
Meglio vivevano i piccoli proprietari che continuamente acquistavano dalla nobiltà impoverita terre con gli annessi di ricchi feudali. Alla vigilia della rivoluzione possedevano circa metà delle terre lavorative e questo spiega perché il mondo rurale non fu l'iniziatore della rivoluzione. Lo stesso può dirsi degli artigiani, che conducevano una modesta ma accettabile vita: erano ancora inquadrati nelle corporazioni d'arti e mestieri, tipico residuo di Medioevo, che però in molti pesi d'Europa erano già state abolite.
La parte più importante del Terzo stato era la borghesia cittadina, che disponeva della gran forza della proprietà mobiliare. Piena d'iniziative era venuta sempre più arricchendosi con gli appalti delle imposte, con i traffici, le forniture, le speculazioni sulle compagnie di commercio. Anche l'industria che cominciava a fiorire era nelle sue mani. La borghesia dunque era la vera potenza della Francia, dal punto di vista economico: era logico perciò che volesse eliminare i privilegi fiscali di cui godevano il clero e la nobiltà.
Sintesi degli avvenimenti politici
La Francia di fine '700, governata da una monarchia assoluta si trovava in gravi difficoltà economiche, a causa del forte indebitamento dello Stato e degli sprechi della corte
La crisi era aggravata dalle ingiustizie sociali. La società francese era divisa in tre ordini: clero, nobiltà e Terzo Stato. I primi due godevano di molti privilegi. Il Terzo Stato, composto di borghesi, artigiani, contadini e operai, sosteneva l'economia del paese, ma non aveva nessun diritto ed era oppresso dal peso delle imposte.
Cedendo alle richieste degli ordini, il re Luigi XVI convocò gli Stati Generali, l'antica assemblea per cercare di risolvere la situazione. I dissidi sorti tra gli ordini lo indussero a scogliere la situazione, ma era presentanti del Terzo Stato si dettero il nume di assemblea nazionale. Il popolo di Parigi in rivolta assalì la fortezza della Bastiglia (14 Luglio 1789, data di inizio della Rivoluzione). La ribellione dilagò nelle campagne; l'Assemblea Nazionale votò l'abolizione dei privilegi della nobiltà e approvò una Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino.
Dall'estate '89 al '91 l'assemblea votò una serie di riforme che portarono alla nascita di una monarchia costituzionale. L'Assemblea nazionale fu sostituita dall'Assemblea Legislativa composta da movimenti politici di varia tendenza: i Giacobini, repubblicani e favorevoli a riforme radicali; i Foglianti, conservatori e monarchici; i Girondini, più moderati dei Giacobini e sostenitori degli interessi della borghesia mercantile.
Intanto le Nazione Europee, temendo che le idee rivoluzionarie si affermassero anche altrove si allearono contro la Francia. Il re Luigi XVI, sospettato di tenere contatti con i paesi nemici fu arrestato: un'Assemblea da poco eletta, la Convenzione Nazionale, abolì la Monarchia e proclamò la Repubblica francese (1792). Il re venne processato e condannato a morte insieme alla regina Maria Antonietta (1793).
Nel 1793 venne approvata una nuova Costituzione, che introduceva il Suffragio Universale Maschile. La situazione rimaneva drammatica per la pressione delle potenze straniere e per la Rivolta nella Vandea, regione cattolica e monarchica. Il potere fu affidato ad un Comitato di salute pubblica, di cui faceva parte il giacobino Robespierre e iniziò il periodo detto "del Terrore". Nel1794 Robespierre venne messo a morte mentre prevalevano i moderati.
Nel 1795 fu approvata una nuova Costituzione, più moderata della precedente. Il governo della repubblica venne affidato a un Direttorio di cinque membri, mentre il potere esecutivo rimase a un'assemblea divisa in due Camere.
La Rivoluzione segnò la fine dell'antico regime e affermò i principi di libertà e d'uguaglianza che sono ancora oggi alla base dei sistemi politici democratici.
La preziosa eredità della Rivoluzione Francese
Iniziata e conclusa nel breve volgere di qualche anno, la Rivoluzione francese lasciò dietro di sé una preziosa eredità.
Essa segnò la fine di quello che venne chiamato "antico regime": un'organizzazione della vita politica e sociale, della cultura, del modo di vivere, della stessa mentalità della gente, che risentiva ancora di forti caratteristiche provenienti dal mondo medievale e feudale.
Contro il "diritto divino" che, per nascita, attribuiva al re il potere di governare e ai nobili quello di comandare, furono affermati l'uguaglianza di tutti i cittadini e il loro diritto di scegliersi il tipo di Stato e di governo che preferivano (sovranità popolare). Le elezioni divennero così la base della vita politica.
Contro il potere assoluto, che consentiva ai sovrani di disporre della vita e dei beni dei loro sudditi e contro il diritto feudale, che permetteva ai signori di pretendere tasse e prestazioni di lavoro dagli abitanti dei "loro" territori, fu affermata la libertà del cittadino in tutti i suoi aspetti.
Si riconobbe che ogni individuo aveva dei diritti che nessuno gli poteva togliere: le libertà personali, la libertà di scegliere ed esprimere la propria opinione in qualsiasi campo, incluse la politica e la religione; la libertà di movimento, la libertà di associarsi con chi preferiva; la libertà di svolgere l'attività economica prescelta ecc.
Le conseguenze dei principi affermati dalla Rivoluzione furono di enorme importanza. La giustizia divenne uguale per tutti.
La libertà economica , fortemente richiesta dai borghesi, portò alla fine delle vecchie corporazioni medievali di arti e mestieri , che rendevano difficile l'ingresso di nuove persone e di nuove capacità nel mondo dell'economia.
La libertà di opinione, quella di associarsi, quella di esprimere il proprio pensiero portarono come logica conseguenza alla nascita di partiti e di movimenti politici e al riconoscimento della libertà di stampa. Si diffusero così i giornali come oggi li conosciamo: liberi di pubblicare articoli su qualsiasi argomento e di criticare anche duramente il governo.Si affermò definitivamente l'idea che la difesa del paese era interesse collettivo dei cittadini e non un affare privato del sovrano.questo condusse alla formazione di un esercito nazionale e al tramonto definitivo dell'impiego di truppe mercenarie straniere
L'esproprio delle terre della nobiltà feudale e della Chiesa e la loro vendita a soggetti che vi impiegavano denaro per farle fruttare costituì l'inizio di un nuovo sviluppo dell'agricoltura. Chi lavorava e produceva era più importante di chi viveva di rendita. I principi rivoluzionari di libertà e uguaglianza finirono per affermarsi in tutta Europa e oggi essi fanno parte del patrimonio di idee e di valori su cui si fondano le moderne democrazie. Ma il cammino attraverso cui si imposero non fu privo di ostacoli: l'Ottocento e in certi paesi anche gran parte del Novecento, furono caratterizzati dalla lotta politica fra coloro che si battevano per farli trionfare e coloro che li respingevano.
A Parigi durante la rivoluzione
La Parigi rivoluzionaria era una città ancora divisa in quartieri ognuno dei quali caratterizzato dalla specializzazione dei sui artigiani. A Saint - Paul vi erano i muratori, i mobilieri stavano nella Croix Rouge, mentre i sobborghi di Montmartre e Saint Marcel erano famosi per i tessuti e gli arazzi. Celebri caffè dove si radunavano i curiosi per avre notizie, erano il "Procope" e il "Mecanique", dove il caffè veniva pompato fino ai clienti tramite un tubo che passava attraverso la gamba centrale dei tavolini. Gli uomini avevano abbandonato i corti calzoni dei nobili (le famose culottes) e indossavano calzoni lunghi fino ai piedi e una giacca a falde corte, chiamata Carmagnola. Berretti e giacche avevano coccarde o fasce tricolori, mentre le donne portavano cuffie e abiti a maniche lunghe, con bianchi grembiuli e scialli sulle spalle. Tutti si davano del tu, essendo ormai divenuti cittadini uguali fra loro. La guerra che infuriava ai confini e l'ostilità dei paesi europei avevano causato una grave penuria alimentare. La gente quindi faceva la fila per avere pane e farina e in certi periodi doveva accontentarsi di una razione giornaliera di 225 g di pane. Carne, verdura e uova si potevano comprare solo di nascosto e a prezzi molto elevati. La violenza del Terrore e la paura di una denuncia anonima rendeva la gente molto sospettosa: per essere un buon cittadino bisognava votare e avere il proprio certificato di patriottismo, senza il quale si rischiava la prigione e talvolta la stessa ghigliottina. La vita politica era del resto vivacissima: ogni partito aveva il suo giornale e i gruppi politici si moltiplicavano anche le donne partecipavano vivamente e si riunivano in circoli patriottici dove venivano commentate le decisioni della Convenzione. La religione cattolica era stata abolita e sostituita dal culto dell'Essere Supremo e della Dea Ragione, le cui feste pur celebrate con sfarzo non riuscivano ad attirare la maggioranza della popolazione. Tra i pochi svaghi rimasti ai parigini la musica e la danza occupavano il posto principale: si danzava nelle piazze e nelle strade la Carmagnola, si cantava la Marsigliese cercando di dimenticare l'azione quotidiana della ghigliottina.
I Sanculotti
La nobiltà francese attribuì ai rivoluzionari francesi più motivati e decisi il nome di Sanculotti, perché indossavano i pantaloni lunghi, portati dalle classi più umili anziché i pantaloni al ginocchio, le culottes, usate dai nobili e dai borghesi. I Sanculotti, la più radicale della Rivoluzione, erano bottegai, commercianti, artigiani, proprietari di piccoli laboratori, facchini, portieri, barbieri, scalpellini, insomma il vero popolo di Parigi. Nei giorni di festa affollavano i boulevard alla moda, passeggiando a testa alta accanto ai ricchi. Odiavano coloro che portavano i polsini di trina e i capelli incipriati, si vantavano dei loro calzoni lunghi di tela a righe e diffusero altri capi di abbigliamento, come il berretto rosso o "frigio", le bretelle, la coccarda tricolore e la giacca chiamata "carmagnola".
Il calendario della Rivoluzione
Una singolare novità della Rivoluzione francese fu il calendario repubblicano, introdotto dalla Convenzione il 24/11/1793. i mesi dell'anno venivano ora indicati con nomi ispirati alle stagioni, ai lavori agricoli e alle condizioni atmosferiche, mentre i giorni, anziché ai santi erano dedicati a fiori, frutti, animali, a strumenti diversi che ricordavano il lavoro, l'agricoltura, la Rivoluzione stessa. Ad esempio il 21 messidoro (Giugno) era dedicato alla cipolla, il 23 al mulo, il 28 alla falce. A ricordo della proclamazione della Repubblica, l'anno iniziava il 22 settembre, chiamato 1° vendemmiaio ed era costituito da dodici mesi di trenta giorni ciascuno, con in più cinque giorni, alla fine dell'anno, dedicati al Genio, al Lavoro, alle Belle Arti, alle Ricompense e all'Opinione. Ogni quattro anni veniva aggiunto un giorno supplementare in onore della Rivoluzione. Le domeniche furono abolite e la giornata festiva cadeva ogni dieci giorni. Il calendario rivoluzionario restò in vigore fino al 31 dicembre 1805, quando per decreto di Napoleone venne ripristinato il calendario tradizionale.
Appunti su: distruzione beni culturali del vecchio regime francese, |
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