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Il mondo nell'etÀ dell'imperialismo




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IL MONDO NELL'ETÀ DELL'IMPERIALISMO

Colonie di popolamento e di sfruttamento

Tra il 1870 e il 1914 si affermò, tra le nazioni più potenti, la spinta a conquistare colonie in altri paesi. Non era una tendenza nuova, nella storia: anche nell'antichità (da parte di Fenici, Greci, Romani) e nel 1500-1600 (da parte di Spagna, Portogallo, Olanda, Inghilterra, Francia) ci fu la creazione e la conquista di colonie.

Si possono distinguere le colonie che furono create nel corso dei secoli in due tipi. Da un lato le colonie di popolamento: territori dei quali gli europei si impossessavano per insediarvisi, per abitarvi stabilmente e in massa. In tal caso la popolazione esistente veniva combattuta, costretta a cedere le terre, talvolta sterminata.

Appartengono a questo tipo le colonie fondate nell'antichità da Fenici, Greci e Romani; le tredici colonie che poi costituirono il primo nucleo degli Stati Uniti; il Canada, l'Australia e la Nuova Zelanda. L'altro tipo erano le colonie di sfruttamento: esse servivano non a dare casa, terra e possibilità di lavoro ai coloni, ma a rifornire la madrepatria di materie prime e ricchezze delle quali non disponeva. In questi casi la popolazione indigena non veniva scacciata dalle proprie terre, ma fatta lavorare a beneficio dei colonizzatori nelle piantagioni o nelle miniere. Tali furono le colonie spagnole e portoghesi in America, quelle olandesi in Asia, quelle portoghesi in Africa. E furono di questo tipo la maggior parte delle colonie conquistate dai paesi europei nella seconda metà dell'Ottocento.

Colonialismo e imperialismo

La politica che mirava alla conquista di colonie è stata chiamata genericamente colonialismo. Nei secoli precedenti, la conquista e la colonizzazione erano state realizzate prevalentemente da avventurieri, o da gruppi di emigranti, come quelli che inizialmente popolarono l'America del Nord o l'Australia. Invece nella seconda metà dell'Ottocento la politica coloniale venne organizzata e condotta direttamente dagli Stati, che impegnavano le proprie truppe e i propri armamenti, o talvolta da grandi compagnie private, appoggiate dai governi: il colonialismo fu quindi un aspetto della politica estera e militare delle grandi potenze.

Tale politica fu definita anche imperialismo, perché il suo scopo era quello di costituire dei veri e propri imperi, anche economici, organizzati in modo che le colonie fornissero materie prime abbondanti e a basso costo alle industrie dello Stato dominante. Tali industrie, a loro volta, avrebbero potuto beneficiarne per mantenere basso il prezzo dei loro prodotti finiti e così diffonderli conquistando i mercati mondiali.

I TANTI PERCHÈ DEL COLONIALISMO

Quelle sopra descritte furono le vere ragioni di fondo, economiche e politiche, dell'espansione coloniale delle grandi potenze. Vi furono tuttavia anche altre motivazioni assai sentite dall'opinione pubblica. Certamente esse servirono spesso come propaganda, ma molta gente comune vi credette con sincerità e anche molti governanti e politici le tennero in considerazione, almeno per aumentare la propria popolarità.

Uno di questi motivi fu sicuramente il prestigio nazionale. Si riteneva comunemente, infatti, che una grande potenza non fosse tale se non affermava la propria superiorità attraverso la creazione di un impero coloniale.

Un'altra ragione fu sicuramente il prestigio nazionale. Si riteneva comunemente, infatti, che una grande potenza non fosse tale se non affermava la propria superiorità attraverso la creazione di un impero coloniale.

Sicuramente quest' idea fu un'eccellente arma di propaganda, ma chi la condivideva, anche in buona fede, commetteva un grave errore di presunzione e si rivelava incapace di comprendere che possono esistere al mondo differenti modi di vivere, di pensare e di organizzarsi.

Molti, però, seguirono con sincera convinzione questo orientamento, spesso a prezzo di duri sacrifici, talvolta anche perdendo la vita. Legata all' ispirazione umanitaria fu in particolare la vasta presenza dei missionari, dei medici, degli esploratori nel continente africano.

IMPERO BRITANNICO

La prima vera e propria politica imperiale e coloniale ottocentesca fu attuata dall'Inghilterra.

L'impero britannico impose alle colonie l'uso della propria lingua e un sistema di governo che si basava su funzionari inglesi efficienti e ben pagati, sull'organizzazione militare della Royal Navy, la marina da guerra di gran lunga più potente dell'epoca, e su un esercito poco numeroso, ma ben equipaggiato. L'impero britannico si estese nell'Ottocento su circa 33 milioni di km² ed ebbe il controllo di 450 milioni di abitanti.

Alle colonie più antiche (Canada, Australia, Nuova Zelanda) fu riservato un trattamento di particolare favore: ottennero, infatti, una larga autonomia politica ed economica per tutti gli affari interni e i loro abitanti furono riconosciuti come cittadini dell'impero britannico con diritti pari agli Inglesi.

Nel corso dell'Ottocento la politica coloniale inglese s'indirizzò soprattutto verso l'Africa. Qui l'Inghilterra voleva assicurarsi sia i rifornimenti di materie prime sia soprattutto il controllo su alcuni punti strategici per il commercio inglese. Nel 1882 occupò l'Egitto, importante per controllare il canale di Suez. Seguirono le colonie create nel Sudan, in Nigeria, nel Kenya, in Rhodesia, nella Costa d'Oro e nel Sudafrica. Quest'ultima fu sottratta con una sanguinosa guerra a coloni d'origine olandese. 

Impero britannico

India e Cina

Nei confronti delle due maggiori nazioni asiatiche, India e Cina, l'imperialismo britannico ebbe manifestazioni differenti. L'India entrò a far parte dell'impero britannico nel 1876 quando la regina Vittoria fu proclamata imperatrice delle Indie. A governare quell' enorme territorio fu inviato un alto funzionario, che ebbe il titolo di viceré. Il dominio inglese sull'India ebbe due fasi. Dapprima fu soltanto un duro sfruttamento: ad esempio, la fiorente manifattura indiana che produceva tessuti di cotone venne completamente rovinata dalla concorrenza di quella inglese. Successivamente, dopo alcune ribellioni, l'Inghilterra modificò il proprio modo di governare l'India, impegnandosi anche a modernizzare la sua economia e a creare una classe media di funzionari indiani istruiti e ben addestrati che collaborassero nell'amministrazione del paese.

Si può sostenere che quella degli Inglesi in India fosse una politica coloniale più intelligente e di larghe vedute rispetto a quelle generalmente in uso nell'Ottocento, ma comunque essa mirò soprattutto a mantenere il controllo di quel vastissimo dominio. Tuttavia il governo britannico realizzò oltre 50.000 km di ferrovie, 60.000 km di strade, la costruzione di scuole, ospedali, ponti, dighe, e grandi bonifiche agricole. E non soltanto sorsero grandi piantagioni per produrre materie prime, ma vennero anche create numerose industrie locali per trasformarle in prodotti finiti.

Il volto più brutale e aggressivo dell'imperialismo fu invece quello che la stessa Inghilterra mostrò nei confronti della Cina, costretta, dopo una vera e propria guerra, ad accettare l'infame commercio dell'oppio, una droga dagli effetti assai dannosi sull'organismo umano.

Tale droga veniva importata in Cina, in grandi quantità, proprio da mercanti inglesi che la scambiavano con prodotti cinesi. Essa produsse in pochi anni conseguenze catastrofiche sulla popolazione. Ma alle proteste e alle resistenze del governo cinese, l'Inghilterra rispose con una guerra che durò tre anni, dal 1839 al 1842 e fu chiamata appunto guerra dell'oppio.

La sconfitta della Cina portò all'insediamento inglese a Hong Kong e ad una lunga serie di trattati commerciali ingiusti, vantaggiosi solo per gli occidentali e imposti con la forza.

Il grande, antico e civilissimo impero cinese divenne un semplice mercato per la vendita dei prodotti occidentali. Le grandi potenze non fecero della Cina una colonia vera e propria, ma divisero il suo territorio in varie zone, ciascuna sotto l'influenza di un paese europeo, che usava i suoi porti per commerciare con l'interno.

Asia

LA COLONIZZAZIONE DELL'AFRICA

Sul finire del secolo, tutta l'Europa partecipò alla conquista di colonie africane. Prima dell'ottocento gli Europei conoscevano solo le coste dell'Africa.

Il territorio interno era quasi del tutto sconosciuto. Si sapeva solo che era popolato da numerose tribù diverse per usi e lingua, spesso in contrasto tra loro.

La politica coloniale dell'Inghilterra ebbe come obiettivo la creazione di un unico impero coloniale, da nord a sud: dall'Egitto alla Colonia del Capo.

La Francia, invece, fu interessata ad estendere il proprio dominio da ovest ad est: dal Gambia all'Egitto.

E fu proprio l'Egitto che fece scoppiare il contrasto tra Francia e Inghilterra. Entrambe ne volevano il controllo. La sua posizione era infatti strategica, per la presenza del Canale di Suez.

Nel 1882 l'Inghilterra invase l'Egitto. In compenso, la Francia ottenne dall'Inghilterra l'autorizzazione ad occupare la Tunisia.

Fu invece la Conferenza di Berlino del 1884-85 ad assegnare al Belgio il Congo, ricchissimo di miniere di rame e che fu sottoposto a un durissimo e prepotente sfruttamento. A Berlino vennero anche indicati i criteri di spartizione dell'Africa: i territori in mano agli indigeni vennero considerati di "nessuno". Lo Stato che per primo li avesse effettivamente occupati ne diventava proprietario.

Grazie a questa decisione anche la Germania ebbe la sua parte: l'Africa Orientale Tedesca e l'Africa Occidentale Tedesca.

Fanalino di coda fu l'Italia, che in tappe diverse entrò in possesso dell'Eritrea, della Somalia e della Libia.

Restarono indipendenti in Africa solo l'Etiopia e la Liberia, un piccolo Stato creato appositamente per dare una patria ad ex schiavi provenienti dagli Stati Uniti.

Africa

Esplorazioni geografiche

Collegato all'espansione coloniale fu il fenomeno delle esplorazioni geografiche. Durante l'Ottocento molti viaggiatori ed esploratori, spinti dal desiderio di allargare le proprie conoscenze, si inoltrarono nel continente meno conosciuto: l'Africa.

Alcuni di essi andarono in cerca di fortuna e si arricchirono immensamente, come Cecil Rhodes (il fondatore dello Stato minerario della Rhodesia, oggi Zimbabwe). Molti furono animati da un semplice interesse scientifico; a volte le stesse persone furono contemporaneamente geografi e missionari.

Fra gli esploratori più noti si ricordano il missionario inglese David Livingstone e il giornalista Henry M. Stanley, che contribuirono a delineare le prime carte geografiche del continente africano.

Fra gli Italiani ricordiamo Pietro Savorgnan di Brazzà, che legò il suo nome alla città di Brazzaville, nel Congo, e il missionario Guglielmo Massaia, che esplorò l'Abissinia.

GIAPPONE

Proprio durante la lunga crisi cinese si verificò l'ascesa di una nuova nazione orientale: l'impero del Giappone. Vissuto a lungo isolato, il Giappone aveva visto nel 1853 l'arrivo nel suo arcipelago di una flotta americana. Essa aveva imposto al paese l'apertura dei suoi porti agli stranieri e una serie di trattati commerciali ingiusti, a tutto vantaggio degli Stati Uniti. Il Giappone comprese allora che per resistere all' aggressione occidentale avrebbe dovuto modernizzare il proprio sistema politico e la propria economia.

Dapprima l'imperatore Mitsuhito restaurò l'autorità imperiale; quindi il Giappone iniziò ad industrializzarsi. Delegazioni giapponesi presero a frequentare regolarmente i maggiori paesi europei, studiandone l'industria, i trasporti, i cantieri navali, le tecniche agricole.

Il paese aveva una fiorente agricoltura, e, grazie alle sue forti esportazioni, soprattutto di seta, riuscì a pagare gli acquisti di macchinari per l'industria.

Privo di risorse naturali e di giacimenti minerari, il Giappone divenne un paese industriale sfruttando la laboriosità e le capacità dei suoi abitanti e i bassissimi salari di cui si accontentavano. Le materie prime necessarie venivano importate, lavorate e trasformate poi in prodotti finiti.

Il Giappone puntò a costituire il proprio impero nell'area asiatica. Occupò militarmente la Corea e l'isola di Formosa, penetrò in Manciuria, impose i propri prodotti in molte regioni cinesi. Poi si trovò di fronte la Russia.

RUSSIA

Nel corso dell'Ottocento la Russia aveva iniziato una lenta politica di espansione, che l'aveva portata progressivamente verso sud e verso est. A sud, dopo la guerra di Crimea, si era saldamente installata sul mar Nero, contrastando la potenza turca e l'influenza austriaca nei Balcani. La maggiore espansione della Russia era però avvenuta verso Oriente, con la colonizzazione della Siberia e l'occupazione di territori di confine con la Mongolia e la Manciuria. Il maggior porto russo orientale, Vladivostok, fu costruito ai confini della Corea e proprio davanti al Giappone.

Nei primi anni del Novecento la Russia e il Giappone si fronteggiarono: ambedue gli Stati erano interessati ad allargarsi in Corea e in Manciuria. Nel 1904-1905 si arrivò alla guerra russo-giapponese.

La Russia era una grande potenza militare di terra, molto più debole sul mare. Al contrario il Giappone disponeva di una flotta moderna e ben organizzata. Lo scontro decisivo avvenne in effetti sul mare, presso l'isola di Tsushima, dove la flotta russa fu duramente sconfitta.

Con questa vittoria il Giappone si collocò tra le grandi potenze del tempo e iniziò la sua penetrazione verso la Cina, allargando la sua sfera d'influenza all'intero Sud-Est asiatico.

L'IMPERIALISMO AMERICANO

La corsa verso la conquista dei mercati mondiali vide anche la partecipazione degli Stati Uniti d'America, divenuti ormai una grande potenza economica e militare. Nel 1898, in seguito alla guerra contro la Spagna, gli Stati Uniti occuparono Cuba, Portorico e le Filippine. Cuba e le Filippine ebbero dei governi autonomi, ma restarono sotto l'influenza americana.

L'imperialismo americano tuttavia non si indirizzò, alla conquista di terre, ma al controllo di alcuni punti chiave per il commercio internazionale. Fu sotto il controllo statunitense (1903) il canale di Panama, che collegava il Pacifico e l'Atlantico evitando la lunga circumnavigazione dell'America meridionale.

Inoltre furono acquisite le Hawaii, e numerose isole del Pacifico e dell'Oceano Indiano. Infine caddero sotto il controllo degli USA paesi del Centro America come Haiti e Honduras. Un'altra importante strada per assicurare la penetrazione economica americana fu quella dei trattati commerciali. Gli Stati Uniti, infatti, ottennero, spesso con la minaccia di interventi militari, degli accordi di commercio che avvantaggiavano i loro prodotti rispetto a quelli inglesi o tedeschi. Tale politica assicurò una larghissima diffusione dei prodotti dell'industria americana, tanto che gli Stati Uniti divennero all'inizio del Novecento la maggior potenza economica del mondo, superando l'Inghilterra.




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