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Il DOSSIER MATTEOTTI:
TESTIMONIANZE
DI
UN DELITTO QUASI PERFETTO
Il 10 giugno 1924 è una data lontana ma tuttora ricordata non senza un certo turbamento. Infatti, mentre passeggiava con la sua giacchetta bianca estiva e senza cappello sul Lungotevere venne rapito e quindi assassinato il deputato Giacomo Matteotti. D'idee riformiste, amico di Turati, era nelle liste del partito socialista unitario di cui era diventato il segretario nell'ottobre del 1922. Lo sconcerto, per il tragico ritrovamento del cadavere in quel 16 agosto 1924, non solo nel mondo politico, ma nell'intera nazione, fu notevole tanto da portare alla cosiddetta secessione aventiniana.
Nel corso di questi avvenimenti, l'opinione pubblica apprese con sbalordimento che il Duce, cioè l'uomo che si proponeva come l'arcangelo della legalità, si serviva di una squadra di punizione personale, la stessa che aveva sequestrato ed ucciso Matteotti. Il fatto più allarmante era che questa squadra era stata una creazione dello stesso Mussolini, il quale l'aveva fondata quando era gia Presidente del Consiglio. Poiché i fascisti non riuscivano a liberarsi da una ben servile ammirazione per gli odiati bolscevichi, la squadra era stata chiamata Ceka, un nome che da solo produceva metà dello spavento. L'altra metà era data dal nome del suo comandante, Amerigo Dumini. Costui trovava la sua dimensione in una leggenda che lo vedeva protagonista d'innumerevoli atti di violenza e di ben undici omicidi, che egli non mancava mai di ricordare nelle presentazioni, dicendo: " Piacere, Dumini, undici omicidi". Con l'assassinio di Matteotti si parlò della Ceka (pensando a quella russa) come di un'organizzazione terribile, che aveva commesso non si sa quanti omicidi, e questo non era vero. Tutto quello che aveva fatto era di aver dato la purga all'onorevole Mazzolani, di aver organizzato la devastazione del villino dell'onorevole Nitti, di avere provveduto ad una serie di bastonature, tra cui quelle degli onorevoli Amendola e Forni. Nel 1924 a soli due anni dalla conquista del potere Mussolini era diventato l'indiscusso padrone del paese. Non solo aveva conquistato l'autorità dell'uomo che prometteva di rendere governabile la baracca, ed aveva ottenuto la fiducia del re, della nobiltà, della borghesia, dell'esercito, dell'industria ma si apprestava a stringere un patto di ferro perfino con il papa. I rapporti fra Mussolini ed il Vaticano spiegano il ruolo che ebbe quest'ultimo nel periodo successivo all'omicidio del leader socialista basato sul "wait and see" (aspetta e vedi quello che accade). Mussolini era riuscito a conquistare anche il colto pubblico non solo perché sapeva tirare di scherma, pilotare auto, aerei, motociclette, conosceva l'arte della boxe, sapeva nuotare e andare a cavallo ma anche perché la sua era diventata l'immagine dell'eroe venuto dallo spazio, impassibile e sidereo, estraneo all'emotività.tuttavia dietro la splendida facciata che egli aveva saputo creare, esisteva una sorpresa ed era che il fascismo versava già in uno stato di crisi, dovuto al fatto che basava la sua politica sulla violenza ed era diventato promotore di continui disordini.
Giacomo Matteotti nacque il 22 maggio 1885 e viveva in una famiglia piuttosto agiata. Alla morte dei genitori, essendo rimasto l'unico erede dopo la prematura scomparsa dei fratelli, divenne milionario per una grossa eredità lasciatagli. Per i mezzi finanziari dei quali disponeva, poté studiare regolarmente e largamente, conseguendo la laurea in giurisprudenza presso l'università di Bologna e quindi compiendo parecchi viaggi in Europa per il completamento della sua istruzione universitaria e per l'apprendimento del francese e dell'inglese, che parlava correntemente. Personalmente era, come si dice, un uomo "tutto di un pezzo", ma, politicamente, non era assolutamente classificabile: era un uomo di sinistra che sconfinava a destra, e un uomo di destra che sbandava a sinistra. Dopo la laurea fu prima sindaco di Villamarzana e poi consigliere provinciale di Rovigo. Nel 1914 gli venne affidata una mozione da presentare nel congresso del partito ad Ancona e da contrapporre ad un'altra con la quale Benito Mussolini, allora socialista, proponeva che dal partito stesso fossero espulsi i massoni.
Scoppiò la prima guerra mondiale e, come per quella di Libia, Matteotti si dichiarò contrario, ma lo fece con linguaggio così populistico e violento che si guadagnò un processo per grida sediziose. Chiamato alle armi e ritenuto soggetto pericoloso venne dapprima spedito dal fronte alla Sicilia e poi, una volta congedato, decise di impegnarsi politicamente. Fu eletto deputato e quindi nominato segretario del partito socialista unitario che all'epoca era guidato da tre personaggi privi d'incisività e di voglia di fare: Claudio Treves, Filippo Turati ed Emanuele Modigliani. Matteotti prese il partito nelle sue mani e cercò di tirarlo fuori dallo stato di abbandono in cui si trovava. Fu lui che scrisse "Un anno di dominazione fascista", un opuscolo che costituì la bestia nera dei fascisti per una puntigliosa elencazione, con tanto di nomi, cognomi e località, delle violenze che erano state compiute in un anno di governo. Divenne ben presto la voce protagonista dell'opposizione: nella tornata del 1921 durante un discorso, dopo essere stato più volte interrotto, disse - Volete che vi parli piuttosto delle migliaia di lire che il ministero Nitti ha dato per far trionfare le vostre liste elettorali? -. Divenne sì il protagonista dell'opposizione ma non si rese conto di essere "un generale senza esercito". Diverse volte in parlamento si rivolse al Duce con appellativi del tipo " pagliaccio; uomo debole e violento." e ben presto ottenne una quanto mai pesante risposta da un articolo sul "Popolo d'Italia": - " .quanto a Matteotti, volgare mistificatore, notissimo vigliacco e pregevolissimo ruffiano, sarà bene che egli si guardi. Che se dovesse capitargli di trovarsi, un giorno o l'altro, con la testa rotta (ma proprio rotta) non sarà certo in diritto di dolersi dopo tanta ignobiltà scritta e sottoscritta" - Alle elezione del 1924 il fascismo conquistò la maggioranza ma immediatamente si alzarono voci di dissidio: - " le elezioni politiche del 1924 diedero quel risultato che non sorprese nessuno, dati anche i mezzi usati per far votare all'ultima ora i morti e gli assenti, in divisa di militi e perfino di balilla. Noi Magistrati, che dovemmo fare da presidenti dei seggi elettorali, ne sappiamo qualcosa e ricordiamo le minacce alle nostre persone e i pericoli corsi" -.
A questo punto Matteotti decise di intervenire alla tornata del 30 maggio:
Dal discorso di Matteotti alla Camera:
Presidente - " Ha chiesto di parlare l'onorevole Matteotti. Ne ha facoltà"
Matteotti - ".noi contestiamo i risultati delle elezioni politiche.mentre per la legge elettorale la milizia attiva avrebbe dovuto astenersi, essendo in funzione, in molti si sono recati alle urne."
Farinacci - " erano i balilla! Non miliziani! "
Matteotti - " è vero onorevole Farinacci, in molti luoghi hanno votato i balilla !"
Matteotti -" .dicevo dunque che mentre abbiamo visto numerosi di questi militi in ogni città, gli elenchi degli obbligati all' astensione depositati presso i comuni, erano ridicolmente ridotti a tre o quattro persone per ogni città per dare l'illusione dell'osservanza di una legge apertamente violata."
Voci dalla destra - ". avete solo paura."
Matteotti - ". forse in Messico si usa fare le elezioni non con le schede ma con il coraggio davanti le rivoltelle."
Greco - " .è ora di finirla, voi svalorizzate il governo."
Matteotti -" .la presentazione delle liste deve avvenire in ogni circoscrizione mediante un documento notarile a cui vanno apposte dalle trecento alle cinquecento firme. Ebbene, onorevoli colleghi, in sette circoscrizioni su quindici le operazioni notarili che si compiono privatamente nello studio di un notaio, fuori della vista pubblica e di quelle che voi chiamate provocazioni, sono state impedite con violenza."
Matteotti - " .volete i singoli fatti? Eccoli: ad Iglesias il collega Corsi stava raccogliendo le trecento firme e la sua casa è stata incendiata.a Melfi è stata impedita la raccolta delle firme con la violenza.in Puglia fu bastonato perfino un notaio.a Genova, i fogli con le firme già raccolte furono portati via dal tavolo su cui erano stati firmati."
Aldo-Mai - " .ma questo nei ricorsi non c'e'."
Matteotti - " .ma voi sapete benissimo come una situazione ed un regime di violenza non solo determinino i fatti stessi, ma impediscano spesse volte la denuncia e il reclamo formale.dicevo dunque che ai candidati non fu lasciata nessuna libertà di esporre liberamente il proprio programma, il proprio pensiero in contraddittorio con quello del Governo fascista.i candidati erano impediti di circolare nelle loro circoscrizioni ."
Una voce - " .avevano paura."
Turati - " si avevamo paura! Avevamo paura come quando nella Sila c'erano i Briganti!
Matteotti -" .non solo non potevano circolare, ma molti di essi non potevano neppure risiedere nelle loro città, nelle loro abitazioni. Qualcuno che decise di rimanere al suo posto, ne vide dopo poco le conseguenze. Molti non accettavano la candidatura perché sapevano che accettare avrebbe voluto dire non aver più lavoro, cambiare città, emigrare all'estero.un'altra importante garanzia per lo svolgimento di una libera elezione era quella della presenza e del controllo dei rappresentanti di ciascuna lista, in ciascun seggio. Ma, voi sapete che nella maggior parte dei casi i seggi erano controllati e presieduti quasi totalmente da aderenti al partito dominante."
Teruzzi - " .si vergogni onorevole Matteotti! Lei non sa quel che dice."
Matteotti - ".io posso documentare e far nomi.coloro che ebbero la ventura di votare e di raggiungere le cabine, ebbero dentro le cabine, la visita di coloro che erano incaricati di controllare i loro voti. per tutte queste ragioni, e per le altre che dinanzi alle vostre rumorose sollecitazioni rinunzio a svolgere, ma che voi ben conoscete perché ciascuno di voi n' è stato testimonio per lo meno.per queste ragioni noi domandiamo l'annullamento in blocco della elezione di maggioranza.noi domandiamo che venga preso tale provvedimento e domandiamo alla Giunta che investighi sui metodi usati in quasi tutta Italia.voi che avete in mano il potere, voi che avete in mano la forza, voi che vantate la vostra potenza dovreste essere in grado di fare osservare la legge da parte di tutti.voi che avete il potere non continuate a tenere la nazione divisa in padroni e sudditi, poiché questo sistema provoca certamente la rivolta e la licenza."
Questo discorso durò oltre tre ore a causa delle continue interruzioni e alla fine quando la gente si complimentò con Matteotti per il coraggio avuto nel prendere questa particolare posizione, il giovane socialista diceva a tutti: " .adesso, preparatevi a recitare il mio elogio funebre.".
Aveva trentanove anni e mancavano undici giorni alla sua morte. Giacomo Matteotti uscì di casa alle 16 del 10 giugno e non torno più.
Secondo Amerigo Dumini, principale indiziato per l'omicidio, le cose andarono cosi: " stavano percorrendo il lungotevere quando qualcuno gridò a gran voce disse: " Guardate c'e' Matteotti". Al grido l'automobile si fermò. Era una lancia blu a sei posti. Da essa scesero alcuni uomini, vestiti con cura, mentre l'autista rimaneva al suo posto, e si disposero in fila da quattro sul marciapiede. Dalla direzione opposta stava per giungere l'onorevole. Matteotti che procedeva a passo svelto, facendo risuonare la suola dei tacchi, quando si ritrovò davanti a loro, i quattro si aprirono per permettergli di passare.quando l'onorevole si accorse della trappola era troppo tardi.un pugno nello stomaco, uno in testa e venne portato nell'auto che di gran fretta abbandonò il luogo del sequestro.. Matteotti mentre veniva messo nella macchina esclamò con un filo di voce: "La lezione, la lezione che mi hanno promesso.".
Giacomo Matteotti, a soli trentanove anni, conobbe cosa voleva dire battersi per la verità e per la libertà. Il 16 agosto del 1924 il corpo senza vita fu rinvenuto in un bosco a nord di Roma. L'assassinio del deputato socialista fu un delitto stupidissimo, ma anche eccezionale per le conseguenze che ebbe: dal punto di vista politico, innescò una reazione a catena, che doveva essere la causa di morte del fascismo e finì, invece, per essere la ragione del suo trionfo; dal punto di vista giuridico, dette luogo a due processi separati, l'uno con esito totalmente opposto all'altro: nel primo tenuto a Chieti e passato alla storia come "processo beffa", poco mancò che gli imputati fossero assolti e ricevessero una medaglia al valore; nel secondo tenutosi a Roma nel 1947, essi furono condannati all'ergastolo, commutato in trent'anni di reclusione prima ed in una quasi surreale scarcerazione dopo, in base ai condoni elargiti per delitti dovuti a causali politiche.
Dal punto di vista umano lasciò un ricordo incancellabile per il cinismo con il quale fu recepito, gestito e sfruttato: nessun uomo morì più inutilmente di Matteotti e nessuno fu più abbandonato di lui.
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