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Il comunismo in Russia
Negli anni della grande depressione e del fascismo trionfamte, mentre gli Stati dibattevano nelle spire della grande crisi, l'URSS, in virtù del suo stesso isolamento economico, non ne era affatto toccata, ma si rendeva protagonista di un gicantesco sforzo di industrializzazione forzata imposta da Stalin.
Questo vuol dire che indirizzo tutte le risorse disponibili allo sviluppo dell'industria, con l'obbiettivo di far compiere in pochi anni all'unione sovietica quel processo che in altri paesi aveva richiesto molti decenni. Stalin riteneva infatti che solo una grande potenza industriele e militare avrebbe permesso al paese si mantenere il regime comunista e di difendersi da aggressioni esterne.
Lo strumento utilizzato per raggiungere questo scopo fu la pianificazione economica: soppressa ogni forma di libertà economica, lo stato fissava dei piani in cui veniva deciso che cosa produrre, quanto produrre, in quali tempi e con quali mezzi, venne varato il piano quinquennale.
Venne abolita la proprietà privata, si attuùò la collettivizzazione forzata: i contadini furono costretti ad entrare in aziende cooperative (kolchoz) o statali (sovchoz) inserite in piani di produzione con l'obbligo di consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo stato. Questo incontrò l'opposizione dei piccoli e medi proprietari terrieri, i kulaki, ma anche dei contadini poveri che avevano sperato in una distribuzione di terre.
Stalin stroncò le opposizioni con unba durissima e sanguinosa politica di repressione e terrore: molte migliaia di persone furono deportati nei gulag cioè dei campi di concentramento in Siberia in cui erano costretti a lavori forzati in condizioni inumane.
L'industrializzazione fece crescere nuove città industriali, impianti, fabbriche, dighe e centrali idroelettriche di dimensioni mai viste.
Milioni di persone si spostarono dalle campagne alle città e lo sforzo di irreggimentare questa massa di nuovi lavoratori si concentrò sulla disciplina: rigidi orari di lavoro, punizioni, licenziamenti, passaporti interni per potersi muovere da una parte all'altra del paese.
Questo però non riuscì ad ottenere effetti positivi, le macchine spesso non funzionavano, mancavano di pezzi di ricambio e di assistenza, ovunque si creavano disservizi e ritardi.
Al termine del primo piano quinquennale la produzione dell'industria pesante era triplicata, ma l'agricoltura non aveva fatto passi importanti. Ci fu una grave carestia che uccise milioni di persone. Si svilupparono le industrie dei beni di consumo e edilizia, il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione era stato sacrificato all'obbiettivo di fare dell'URSS una grande potenza industriale e militare.
Parallelamente il potere di Stalin si fece dispotico e assoluto e l'attivirà della polizia segreta più capillatre e persecutoria. A essere presi di mira non furono solo gli oppositori accaniti ma la repressione e gli arresti colpirono anche chi esprimeva qualche critica.
Stalin emarginò tutti coloro che temeva non gli ubbidissero cecamente. Nel 36 iniziarono le grandi purghe. Una serie di processi portò alla condanna a morte o ai campi di concentramento o a campi di lavoro con accuse inventate dalla polizia.
Milioni furono i cittadini prelevati dalle loro abitazioni e inviati in Siberia senza possibilità di difendersi. Un clima di sospetto e terrore, l'abitudine alla delazione e alla denuncia si diffusero in tutto il paese.
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