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Il colonialismo e la spartizione dell'Africa
Durante il XIX secolo molti stati europei si lanciarono in una frenetica gara per la spartizione dei continenti sottosviluppati, in primo luogo l'Africa e l'Asia. Tra le cause principali per lo scoppio del colonialismo c'era l'esasperato sentimento di nazionalismo tra le potenze europee e la necessità di conquistare nuovi territori da sfruttare per trarne vantaggi economici. Gli stati industrializzati per aumentare la propria potenza si servivano dell'economia delle aree non industrializzate, ridotte al loro servizio. Inoltre le terre conquistate servivano per farvi emigrare coloro che nella madre patria erano disoccupati. Gli uomini che abitavano le terre colonizzate erano ridotti alla schiavitù e venivano considerati dei selvaggi di razza inferiore. L'uomo bianco, considerato di razza superiore rispetto alle altre, aveva il diritto di imporre la propria cultura, le proprie idee politiche ed economiche: ci civilizzare al meglio secondo le proprie tradizioni anche le popolazioni "primitive", "selvagge".
La prima mossa colonialistica in Africa fu fatta dalla Francia la quale acquisì la Tunisia (1881) e dall'Inghilterra che conquistò l'Egitto (1882). La Germania si impossessò del Togo, del Camerun e di alcune aree dell' Africa meridionale. Con la conferenza di Berlino, si decise che lo stato del Congo apparteneva a Leopoldo II (re del Belgio) e le aree che davano accesso al mare (del Congo) erano riconosciute come colonie francesi e portoghesi. Nella conferenza di Berlino, inoltre, si concluse che ogni stato europeo poteva conquistare con la violenza una parte di territorio africano, a patto che si sarebbero avvisate le altre potenze, così da poter evitare scontri internazionali.
La Francia occupò quasi tutta la zona nord-occidentale del continente, il Madagascar, una parte del Congo che si affacciava sul mare e un frammento della Somalia.
L'Inghilterra che era partita dall'Egitto si spinse verso sud impadronendosi del Sudafrica poi della Nigeria ed infine della Costa d'Oro e di una parte della Somalia.
L'Italia in questo periodo non ebbe un ruolo rilevante. Dopo aver acquistato nel giugno del 1882 la baia di Assab, sulla costa meridionale del Mar Rosso, nel febbraio del 1885 il governo italiano inviò i primi contingenti dell'esercito in quella che avrebbe formato la futura colonia Eritrea, stanziandosi poi in Somalia e ponendo le basi per la successiva avanzata in Abissinia (ora Etiopia); ma la pronta reazione delle truppe abissine costrinse inizialmente alla resa. Dopo questa prima sconfitta l'Italia subì, il 1 marzo 1896, la pesante disfatta di Adua, nella quale caddero sul campo circa 7.000 uomini. Il 26 ottobre 1896 fu conclusa la pace di Addis Abeba, con la quale l'Italia rinunciava alle sue mire espansionistiche in Abissinia. Infine, quando i contrasti tra gli imperi coloniali erano diventati fortissimi, l'Italia strappò con una guerra la Libia all'impero ottomano (1911-1912). L'impresa italiana in Libia segnò l'ultima tappa della conquista europea dell'Africa prima della guerra mondiale.
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