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I primi quarant'anni dello stato unitario
Molte forze politiche avevano preso parte all'unificazione dell'Italia ma quella che prese il sopravvento fu la corrente moderata e così la politica dello stato fu guidata dalla borghesia e dall'aristocrazia liberale. Le forze più arretrate si opponevano all'unificazione, temendo la modernizzazione della penisola. Una delle conseguenze fu l'esclusione delle masse contadine meridionali dalla vita politica. Inoltre per tentare di rafforzare l'unità si rinunciò alla formazione di uno stato federale a favore di uno stato accentrato. In realtà il nuovo stato sembrava quasi un ampliamento del regno di Sardegna infatti lo stesso Vittorio Emanuele II non cambiò il suo nome dopo esser diventato re d'Italia. La costituzione del Piemonte fu estesa a tutta la penisola insieme allo statuto albertino e alla legge elettorale piemontese che prevedeva il voto solo per gli uomini maggiorenni in grado di leggere e scrivere. Di conseguenza il regno d'Italia fu espressione solo di ceti ristretti che in genere appartenevano alla corrente moderata liberale. Ma l'unità non era per niente solida, anche perchè il pontefice si rifiutava di accettare ogni compromesso e considerava il re come un usurpatore. Inoltre il papa godeva dell'appoggio della Francia. In questa situazione morì Cavour e i suoi successori seguirono le sue orme formando la cosiddetta Destra storica. A questi si opponeva la Sinistra storia, erede dei democratici risorgimentali, sostenitori, tra le altre cose, del suffragio universale.
Completare l'unità riusciva difficoltoso a causa dell'opposizione di Napoleone III che sosteneva in pontefice, il quale rifiutava ogni compromesso. Inoltre la debolezza dell'esercito italiano non permetteva d'intraprendere una guerra contro l'Austria per liberare Venezia. Ma i democratici volevano ottenere Roma a tutti i costi così nel 1862 Garibaldi lasciò l'isola di Caprera, intenzionato a sbarcare in Calabria e puntare verso Roma. Ma, sotto pressione della Francia, Rattazzi fece fermare Garibaldi dall'esercito ed in seguito si dimise. Il suo successore stipulò un accordo con la Francia secondo il quale l'Italia avrebbe difeso lo Stato pontificio da eventuali attacchi esterni e, rinunciando a Roma, Firenze divenne capitale. Nel 1866 l'Italia cominciò una terza guerra d'indipendenza contro l'Austria, alleandosi con la Prussia, per tentare di liberare Venezia. Ma sia l'esercito che la flotta italiana furono sconfitti mentre la Prussia conseguì una vittoria con cui il Veneto tornava all'Italia. Nel 1867 Garibaldi tentò ancora una volta di recuperare Roma ma il re, temendo un intervento francese, lo fece arrestare. Solo nel 1870, dopo la sconfitta di napoleone da parte della Prussia, Roma fu liberata. Così il governatore attuale, Giovanni Lanza, inviò a Roma un contingente militare e così i bersaglieri entrarono nella città. Il papa si ritirò in Vaticano e nel 1871 Roma divenne capitale d'Italia. La chiesa comunque si rifiutò di riconoscere lo Stato italiano, proibì a tutti i cattolici di partecipare alla vita politica e scomunicò il re e il governo.
Col termine Destra storica non si indica la destra nel senso attuale del termine ma la corrente moderata liberale che ebbe molta importanza nel periodo dell'unificazione d'Italia. I governatori della destra storica dovettero affrontare numerosi problemi come per esempio il brigantaggio. Le bande erano formate sia da briganti che da cospiratori che da contadini che volevano una riforma agraria. Il governo represse con violenza questo fenomeno sempre più dilagante. In seguito si rinunciò ad una politica liberale e le province furono affidate al controllo di un prefetto che divenne responsabile dell'operato dei comuni. X quanto riguarda la politica economica, furono abbattute le barriere doganali e fu ingrandita la rete ferroviaria. Un altro problema a cui la Destra storica dovette far fronte fu quello del deficit causato dalle guerre d'indipendenza. Per porvi rimedio non bastò vendere i beni della Chiesa ma fu necessario imporre nuove tasse, tra cui quella molto osteggiata sul macinato che causò nuove insurrezioni dei contadini. Comunque finalmente nel 1875 il debito pubblico fu risanato ma nonostante questo la Destra storia fu battuta alle successive elezioni per il malcontento causato durante il suo governo.
Così nel 1876 la Sinistra storica salì al governo con Depretis come guida. Il suo programma comprendeva l'abolizione della tassa sul macinato, l'estensione del diritto di voto e dell'obbligo di frequenza a scuola. Infatti tali riforme furono attuate: il diritto di voto fu esteso dal 2 al 7% della popolazione e l'obbligo di frequenza a scuola fu esteso al biennio elementare. Per quanto riguarda la politica estera, fu stipulato un patto di difesa detto Triplice alleanza tra Italia, Germania e Austria e fu dato inizio al colonialismo, con l'intenzione di aumentare il prestigio della penisola di fronte agli stati esteri e di fornire lavoro ai disoccupati. Negli ultimi mesi della sua vita Depretis passò al protezionismo per difendere le industrie dalla depressione ma i costi della crisi gravarono sulla popolazione che insorse in nuove proteste.
Nel 1887 Crispi divenne presidente del consiglio. Appena salito al governo egli decise di rafforzare il potere esecutivo e quindi la figura del presidente del consiglio e grazie ai numerosi consensi che aveva in parlamento riuscì ad essere contemporaneamente presidente del consiglio e ministro degli esteri e degli interni. Nel 1888 rese elettive le cariche di sindaco nei grandi comuni e di presidente della provincia. Nel 1889 promulgò il nuovo codice penale che aboliva la pena di morte sostituendola con l'ergastolo. Nel 1890 istituì delle organizzazioni di sostegno per i bisognosi, contrastando quindi quelle ecclesiastiche. Rafforzò la triplice alleanza, avviò la penetrazione in Somalia e fondò la prima colonia italiana, l'Eritrea. Il suo governo, però, cadde nel 1891 e l'anno dopo salì al potere Giolitti. Questi fu molto tollerante nei confronti dei Fasci siciliani, un movimento d'ispirazione democratica e socialista che voleva dar voce anche ai contadini e agli operai. Questa cosa fece si che Giolitti perdesse molti consensi tra la borghesia e così nel 1893 dovette dimettersi. Seguì ancora una volta Crispi che subito sciolse i Fasci siciliani e dichiarò fuori legge il partito socialista. Crispi inoltre tentò un'espansione coloniale in Etiopia ma la serie di sconfitte ottenute segnò la fine del suo governo.
Per quanto riguarda lo sviluppo industriale della penisola italiana, questo fu reso possibile dall'accumulazione del capitale finanziario che si era avuto nei primi 20 anni dell'unità. Inizialmente la trasformazione dell'Italia in paese industriale fu molto lenta e comunque il principale settore d'occupazione restava quello tessile. Poi negli ultimi decenni dell'800 aumentò il reddito pro capite e nelle campagne molti contadini furono costretti a trasferirsi in città poiché superò gli equilibri tra produzione e fabbisogno. Ma alcuni fattori impedivano il decollo industriale come la mancanza di materie prime, infatti l'Italia era priva di carbone, fondamentale per l'industrializzazione, e la mancanza di un sistema finanziario che potesse sostenere le imprese. Fu intorno al 1887 che alcuni imprenditori iniziarono a dare il via allo sviluppo industriale. Più tardi iniziarono a nascere anche settori fino ad allora estranei alla penisola come quello meccanico, infatti nel 1899 a Torino fu fondata la prima fabbrica automobilistica italiana: la FIAT
Il primo vero partito ben organizzato in Italia fu quello Socialista nato a Genova nel 1892. Inizialmente il partito era ispirato ad ideali anarchici ma visti il fallimenti dei moti insurrezionali fu fondato il partito operaio italiano che scelse di partecipare alla vita politica e di usare quindi metodi legali. Questo partito però fu sciolto quasi subito da Crispi e la stessa sorte toccò, successivamente, al Partito Socialista, il quale però continuò la sua attività. Poi verso la fine del secolo il papa Leone XIII si mostrò molto aperto rispetto ai suoi predecessori e invitò i cattolici a partecipare alla vita politica per impedire le ingiustizie del capitalismo. I cattolici formarono anche diverse leghe che però erano viste con sospetto dai prefetti governativi.
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