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Guerra 1914-1918




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Trieste dal 1382 si pose sotto protezione dei duchi d'Austria, e per la città adriatica cominciò un periodo di grande prosperità da quando Carlo VI la dichiarò porto franco e stabilì  che tutte le mercanzie dirette nella Stiria e nella Carinzia dovessero far capo al suo porto. L'abolizione delle dogane fece accorrere un gran numero di mercanti, che incrementarono il benessere cittadino. Conquistata dai Francesi nel 1797, ceduta nello stesso anno all'Austria, divenne nel 1813 capoluogo amministrativo, poi la unirono al circondario di Gorizia e quindi ne fecero capoluogo del Kustenland (distretto del Litorale). Durante il XIX secolo con la formazione di grandi compagnie di navigazione, di assicurazione e di nuove industrie la città conobbe un otevole sviluppo economico. Dopo alcune autonomie Trieste nel 1869 formò provincia a sé. La città fu finalmente unita all'Italia al termine del primo conflitto mondiale (1918).  



L'apice della crisi mitteleuropea è stato certamente la prima guerra mondiale 

(1914-1918) che segnò la dissoluzione dell'impero asburgico. 

Ma analizziamo meglio questo primo conflitto mondiale:

CHI CONTRO CHI 

QUANDO E DOVE

PER CHE COSA

LA GUERRA 

LA PACE

CONSEGUENZE 

Trieste durante il SECONDO CONFLITTO MONDIALE 

(1939-1945) fu presidiata dalle armate hitleriane e vi fu fatto costruire

l'unico campo di concentramento italiano LA RISIERA DI SAN SABBA .


GLI SCHIERAMENTI

CHI

  • Germania
  • Austria-Ungheria
  • Impero ottomano (dal 31 0ttobre 1914)
  • Bulgaria (dal 6 settembre 1915)

CONTRO

CHI

  • Francia
  • Russia (fino al 1917)
  • Inghilterra
  • Belgio
  • Serbia
  • Montenegro
  • Giappone (dal 23 agosto 1914)
  • Italia (dal 24 maggio 1915)
  • Portogallo (dal 9 marzo 1916)
  • Romania (dal 27 agosto 1916)
  • Stati Uniti (dal 6 aprile 1917)
  • Grecia (dal 27 giugno 1917)
  • Cina (14 agosto 1917)

CARTA DELL'EUROPA


La scintilla che fece accendere il fuoco fu l'assassinio dell'arciduca ereditario d'Austria Francesco Ferdinando e della consorte, avvenuto il 28 giugno 1914 a Sarajevo per opera di due terroristi, sudditi austriaci ma di nazionalità serba. La guerra cominciò come conflitto solamente europeo ma si diffuse presto alle colonie possedute dagli stati coloniali e all'Asia.

OBIETTIVI dei BELLIGERANTI

Austria

La reazione austro-ungarica all'assassinio dell'arciduca fu sproporzionata al fatto in sé. E' più verosimile pensare che l'Austria-Ungheria mirasse a servirsi dell'incidente per risolvere una buona volta a suo favore la questione balcanica e liberarsi per sempre dell'ingombrante Serbia, ritenuta responsabile dell'instabilità della regione in quanto forza emergente nei Balcani. Il piano austro-ungarico, elaborato dal Conrad, prevedeva l'eliminazione rapida della Serbia e un attacco alla Russia dalla Galizia.

Germania

La Germania mirava a ridisegnare la mappa della supremazia politica, dal momento che il suo peso politico era inferiore al peso industriale, commerciale e finanziario che aveva acquistato negli ultimi decenni. Il governo di Berlino non credeva nella solidità dell'Intesa (Inghilterra, Francia e Russia) e dava per scontata la neutralità dell'Inghilterra, troppo impegnata nel difficile problema irlandese. Riteneva pertanto che l'occasione fosse propizia per battere la Duplice franco-russa e porre su salde basi la propria potenza mondiale. Il piano, che il generale von Moltke aveva ereditato dal suo predecessore von Schlieffen, affidava alle deboli forze di von Prittwitz nella Prussia Orientale e agli Austro-Ungarici l'incarico di contenere i Russi, mentre lo sforzo principale sarebbe stato operato immediatamente verso la Francia.

Inghilterra

Da secoli padrona indiscussa dei mari e dei commerci intercontinentali, l'Inghilterra era decisa a stroncare la crescente potenza imperiale tedesca.

Francia

La Francia sognava la rivincita contro la Prussia che la aveva umiliata nel 1870 e ancora di più rivoleva i territori dell'Alsazia e Lorena persi nel 1871. Il piano francese prevedeva un'offensiva generale in Lorena, partendo dai due lati delle fortificazioni di Metz.


Italia

L'Italia rimase neutrale durante il primo anno di guerra (si giustificò affermando che l'Austria e la Germania non erano state aggredite: le condizioni della Triplice Alleanza erano difensive e quindi non potevano essere applicate). Ma all'interno del paese si formarono vasti schieramenti favorevoli alla guerra e il governo si convinse che quella fosse l'occasione per ottenere importanti vantaggi territoriali. Prima di effettuare la scelta di campo, il capo del governo Antonio Salandra aprì trattative e cercò di acquisire elementi di valutazione sulla consistenza dei due schieramenti. Rifiutata l'offerta, austriaca, del Trentino in cambio della neutralità, l'Italia aprì trattative con Londra che si conclusero con la ratifica di un accordo segreto (25 aprile 1915). L'Intesa avrebbe finanziato con prestiti ingenti lo sforzo militare dell'Italia, dichiarandosi disponibile riconoscerle in caso di vittoria il Trentino, la Venezia Giulia, ma anche l'Alto Adige e la Dalmazia, l'egemonia sull'Adriatico e dunque una specifica influenza sull'Albania e sul Montenegro, oltre a eventuali concessioni coloniali in Turchia e in Africa a spese dell'Impero ottomano e della Germania.


Stati Uniti

Woodrow Wilson giustificò l'intervento degli USA con il motivo che la democrazia era ormai in pericolo ovunque e che la Germania aveva annunciato un attacco sottomarino indiscriminato contro tutte le navi dirette ai porti nemici, violando i diritti dei paesi neutrali.


Il 28 giugno 1914 l'Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco, venne ucciso con un colpo di pistola dallo studente slavo Gavrilo Princip, durante un corteo nelle strade di Sarajevo. Questo attentato arrivò in un clima già carico di minacce e fece scoppiare apertamente il conflitto tra l'Austria e la Serbia. L'Austria ritenne, infatti, che gli attentatori, in lotta per l'indipendenza del loro popolo, fossero stati aiutati dalla Serbia, favorevole all'emancipazione slava. 

La reazione austriaca all'attentato di Sarajevo del 28 giugno, mentre gli eserciti si mobilitavano e si incrociavano le iniziative diplomatiche, si concretizzò in un ultimatum presentato alla Serbia il 23 luglio successivo e incentrato sostanzialmente su tre richieste: immediata soppressione delle organizzazioni irredentistiche; divieto di ogni forma di propaganda antiaustriaca; apertura di un'inchiesta, relativa all'attentato, condotta da una commissione mista serbo-austriaca.

Il tono particolarmente duro, la natura stessa delle richieste che chiaramente si configuravano quale ingerenza negli affari interni della Serbia e apparivano tese a ridurre quello stato in una posizione di umiliante subordinazione nei confronti delle autorità di Vienna, nonché i tempi ristretti della scadenza per una risposta da parte del governo di Belgrado, 48 ore, non lasciavano dubbi circa la volontà di aggressione dell'Austria.

Il governo di Vienna non intendeva certo scatenare un conflitto 'mondiale' , il suo obiettivo era piuttosto di eliminare la minaccia che veniva alla sua politica espansionista nei Balcani occupando la Serbia. Le cose andarono diversamente. Gli avvenimenti non colsero di sorpresa i governi delle grandi potenze, tant'è che gli alti comandi militari già da tempo avevano predisposto i loro piani strategici. In fondo tutti gli stati coinvolti nel conflitto avevano un buon motivo per volerlo, se mai si trattava di convincere l'opinione pubblica della sua ineluttabilità, e documenti recenti sollevano inquietanti interrogativi sulle stesse dinamiche dell'azione terroristica.

La Serbia, quasi certamente incoraggiata dalla Russia, respinse l'ultimatum e la situazione precipitò rapidamente:

28 luglio

L'Austria, sostenuta dalla Germania, rifiuta la proposta di mediazione avanzata dall'Inghilterra, così come la convocazione di una conferenza a quattro (Germania, Gran Bretagna, Francia e Russia) e dichiara guerra alla Serbia.


30 luglio

La Russia proclama la mobilitazione generale (probabilmente nell'esclusivo intento di offrire il proprio sostegno alla Serbia ma senza arrivare alla guerra) che provocò l'immediata reazione della Germania che a sua volta dichiara la mobilitazione generale (secondo la maggioranza degli storici fu questo, in ultimo, l'avvenimento decisivo dello scatenamento del conflitto) e invia al governo di Mosca un ultimatum contenente la richiesta dell'immediata revoca della mobilitazione  russa.


1 agosto

Non avendo ricevuto risposta all'ultimatum, la Germania dichiara guerra alla Russia.


3 agosto

La Germania dichiara guerra alla Francia, dopo aver lanciato al neutrale Belgio un ultimatum quanto mai provocatorio, anch'esso peraltro respinto, contenente la minaccia di guerra nel caso non avesse acconsentito al passaggio dell'esercito tedesco.


4 agosto

La violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo da parte delle truppe tedesche vince le ultime esitazioni del governo inglese che dichiara guerra alla Germania.


31 ottobre

Mentre si consolidava il fronte occidentale e ad oriente la situazione si mostrava ancora fluida, la Turchia entra in guerra in appoggio degli imperi centrali. In questo modo veniva inferto un colpo non indifferente all'Intesa che vedeva compromessi i propri interessi in quella regione con la perdita del controllo degli stretti e l'apertura di nuovi fronti: quello russo-turco in Armenia e quelli anglo-turchi in Mesopotamia e in Egitto.



L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

FRONTE OCCIDENTALE

L'Austria, d'accordo con la Germania, attribuendo al governo serbo la responsabilità dell'eccidio, indirizzò a Belgrado il 23 luglio un ultimatum con richieste inaccettabili. La risposta serba all'ultimatum (25 luglio), conciliante ma accompagnata dalla mobilitazione generale, non accontentò l'Austria che il 28 luglio dichiarò guerra alla Serbia (dichiarazione).

Dopo le mobilitazioni russa e austriaca, la Germania dichiarò guerra alla Russia (1° agosto alle ore 19,10) e alla Francia (3 agosto alle ore 18,45).

A sua volta la violazione della neutralità del Belgio e del Lussemburgo da parte delle truppe tedesche, vincendo le ultime esitazioni inglesi, provocò la dichiarazione di guerra della Gran Bretagna alla Germania (4 agosto).

Sul fronte navale il primo scontro fra navi tedesche e inglesi si ebbe presso Helgoland il 28 agosto, e la battaglia si risolse a favore dell'ammiraglio inglese Beatty.

Prima battaglia della Marna (settembre): i francesi con l'aiuto di un contingente inglese, riescono a bloccare su questo piccolo fiume non lontano da Parigi l'avanzata tedesca.

FRONTE ORIENTALE

I russi, forti della loro impressionante superiorità numerica, travolgono le linee austriache minacciando l'Ungheria e penetrando nella stessa Prussia. Sono però duramente battuti dai tedeschi: il generale von Hindenburg, succeduto a Prittwiz dal 22 agosto, annientò l'armata russa di Samsonov a Tannenberg (26-29), e, con la battaglia dei laghi Masuri (8-10 settembre), respinse Rennenkampf dalla Prussia Orientale con gravi perdite. Ai Russi andò meglio contro gli Austriaci che furono obbligati ad abbandonare la Galizia.

Mentre si consolidava il fronte occidentale e ad oriente la situazione si mostrava ancora fluida, il 31 ottobre la Turchia entra in guerra in appoggio degli imperi centrali. In questo modo veniva inferto un colpo non indifferente all'Intesa che vedeva compromessi i propri interessi in quella regione con la perdita del controllo degli stretti e l'apertura di nuovi fronti: quello russo-turco in Armenia e quelli anglo-turchi in Mesopotamia e in Egitto.

Nel Pacifico occidentale la squadra tedesca di crociera di von Spee inflisse una dura sconfitta al largo di Coronel (1° novembre) alla squadra inglese di Cradock, ma fu poi annientata alle Falkland (8 dicembre).

BILANCIO del 1914

Alla fine del 1914, il territorio tedesco era stato preservato dalla temuta invasione russa, anzi le truppe germaniche occupavano a occidente parte del Nord della Francia.
I Tedeschi persero a opera dei Giapponesi i possedimenti del Pacifico.
La Francia aveva fermato l'invasione tedesca, ma aveva perso parte del suo potenziale umano ed economico.

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

FRONTE OCCIDENTALE

Offensiva tedesca e controffensiva francese nella regione della Champagne, ambedue senza alcun esito. Attacco aereo tedesco su Londra coi dirigibili Zeppellin.

FRONTE ORIENTALE

L'alleanza della Bulgaria con gli Imperi centrali compromise la situazione degli Alleati nei Balcani; negli ultimi mesi dell'anno si ebbe così il crollo della Serbia, attaccata da due lati dai Bulgari e dagli Imperi centrali (ottobre-novembre).

Dopo alcune esitazioni il Falkenhayn decise di portare un colpo decisivo sul fronte orientale. Dal maggio all'agosto (battaglia di Gorlice-Tarnáw) le forze di Hindenburg e di Mackensen, appoggiate a sud da quelle austro-ungariche, con una potente azione di sfondamento costrinsero i Russi a evacuare Leopoli, Lublino e l'intera Polonia (Varsavia cadde il 5 agosto).

Fallisce il tentativo dell'Intesa di violare lo stretto dei Dardanelli controllato dalla Turchia.

FRONTE ITALIANO

L'Italia iniziò a metà febbraio trattative segrete con le potenze dell'Intesa, che si conclusero con la firma del patto di Londra (26 aprile). Il 23 maggio (con effetto dal 24) dichiarò guerra all'Austria-Ungheria.

Quattro successive battaglie sull'Isonzo non modificano il fronte.

BILANCIO del 1915

Da parte francese, tutti gli sforzi furono tesi alla liberazione del territorio nazionale, da conseguire mediante uno sfondamento del fronte nemico e la ripresa della guerra manovrata.

Il piano del generale Cadorna consistette nell'offensiva limitata al settore orientale, quello delle Alpi Giulie e dell'Isonzo, con obiettivi Trieste e Lubiana. Nessuno degli obiettivi che il comando supremo italiano si era prefisso venne raggiunto, però l'intervento italiano e l'atteggiamento offensivo subito assunto apportarono alla causa alleata un notevole contributo salvando l'esercito russo in ritirata nella Polonia da una schiacciante sconfitta e favorendo l'azione difensiva francese.

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

FRONTE OCCIDENTALE

Il generale francese Joffre decise di portare una serie di attacchi potenti e metodici sulla Somme, ma fu preceduto dal Falkenhayn il quale decise di colpire prima che scendessero in campo nuove truppe britanniche; egli scelse come obiettivo Verdun, che attaccò il 21 febbraio. La battaglia di Verdun (febbraio-dicembre) si risolse in un insuccesso strategico tedesco, perché Joffre, anche se con ritardo sui piani iniziali, poté lanciare, alimentandola per quattro mesi, la sua offensiva sulla Somme, che impedì ai Tedeschi di impegnare a Verdun tutti i mezzi inizialmente previsti. Le due battaglie, di Verdun (febbraio-ottobre) e della Somme (luglio-settembre) terminarono in un bagno di sangue (1.800.000 morti) e senza alcun risultato.

La guerra che nelle previsioni sarebbe dovuta durare pochi mesi, continuava da più di due anni. Lo sforzo produttivo dei diversi stati diventava sempre più pesante. I prezzi degli alimenti crescevano e le condizioni di vita si fecero sempre più difficili per le popolazioni.
Gli imperi centrali, inoltre, non potevano procurarsi facilmente le materie prime perché gli Inglesi controllavano i mari. Per spezzare questo accerchiamento, la Germania affrontò la marina inglese nella battaglia dello Jutland nel mare del Nord (maggio 1916). Ma la battaglia non bastò a sottrarre agli Inglesi il dominio dei mari. Allora i Tedeschi intensificarono la guerra sottomarina contro tutte le navi sospettate di portare rifornimenti agli avversari. I sommergibili tedeschi iniziarono ad affondare le navi mercantili e perfino quelle per il trasporto dei passeggeri. Particolare scalpore destò l'affondamento del transatlantico Lusitania, che causò la morte di un migliaio di persone.

FRONTE ORIENTALE

Dopo iniziali successi una nuova offensiva russa viene fermata dai tedeschi.

FRONTE ITALIANO

Nel contesto di Verdun, nel tentativo di impegnare gli avversari su più fronti, gli Italiani ed i Russi vennero sollecitati dagli alleati inglesi e francesi ad intervenire più attivamente nel conflitto.
Gli Italiani si impegnarono in un ennesimo attacco sull'Isonzo (quinta battaglia dell'Isonzo) che non portò, come negli altri casi, a risultati apprezzabili e convinse gli Austriaci, comandati dal generale Conrad, della possibilità di colpirli a fondo.

Gli Austriaci lanciarono una controffensiva che si sviluppò su di un fronte di 40 km, dalla Val Lagarina alla Valsugana. La controffensiva (maggio, luglio 1916), nota come Strafexpedition, ovverosia 'spedizione punitiva' contro l'antico alleato traditore (gli Italiani la chiamarono 'battaglia degli Altipiani'), ebbe come base operativa il Trentino e l'obiettivo di sfondare le linee italiane sull'altopiano di Asiago, così da puntare sulla Pianura Padana in direzione di Vicenza.
Nonostante i notevoli successi iniziali, tuttavia, gli Austriaci furono bloccati dalla strenua resistenza italiana che riuscì, pur arretrando, ad impedire che il nemico scardinasse completamente il suo sistema difensivo.

Nel frattempo, comunque, gli Austriaci erano impegnati anche sul fronte russo dove l'esercito dello zar era entrato in azione (4 giugno). Quest'ultima si era trasformata, inaspettatamente per gli Austriaci, in un clamoroso successo russo tanto che l'esercito asburgico aveva dovuto arretrare perdendo circa 400.000 uomini fatti prigionieri, e riuscendo a contenere l'avanzata dell'esercito dello zar solo grazie al rinforzo ricevuto dai Tedeschi.
Sul fronte italiano tutto ciò ebbe riflessi positivi, contribuendo in maniera decisiva al fallimento della spedizione punitiva, tanto che Cadorna, visti in difficoltà gli Austriaci, poteva sferrare una potente offensiva contro il saliente di Gorizia che fu conquistata il 9 agosto (6S battaglia dell'Isonzo).
Nell'autunno (settembre-novembre) si ebbero sul Carso triestino tre sanguinose offensive (7S, 8S, 9S dell'Isonzo) che si risolsero in battaglie di logoramento da entrambe le parti. Anche sul fronte italo-austriaco si ritornava alla guerra di trincea.

FRONTE MESOPOTAMICO

La rivolta araba contro i turchi, sostenuta dagli inglesi, è coronata da completo successo e lo sceicco Hussein è proclamato re d'Arabia (ottobre).

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

FRONTE OCCIDENTALE

Nuova offensiva prima francese e poi inglese, con paurosi costi umani e senza apprezzabili risultati.

La guerra sottomarina tocca il suo apice. Il primo febbraio i Tedeschi proclamano una guerra sottomarina totale: destinata a bloccare i rifornimenti ai paesi nemici e ad isolare economicamente l'Inghilterra, essa ebbe però l'effetto di provocare una sempre più risentita reazione degli Stati Uniti, i quali, duramente colpiti da questa misura nei loro commerci in rapida espansione per la forte richiesta proveniente dalle potenze dell'Intesa, dapprima ruppero le relazioni diplomatiche con la Germania (3 febbraio) e infine le dichiararono guerra (7 aprile).

FRONTE ORIENTALE

Nel marzo (febbraio secondo il calendario russo) il regime zarista russo viene rovesciato e sostituito da una repubblica il cui governo provvisorio, guidato dal socialrivoluzionario Kerenskij, decide di proseguire la guerra.
Questo avvenimento fu accolto con favore dalle forze dell'Intesa, che si attendevano dal nuovo governo, ristabilito il consenso popolare, risultati militari più brillanti. Tuttavia ciò non accadde e fu invece la Germania ad approfittarne, penetrando profondamente nel territorio russo.

I bolscevichi che assumono il potere in ottobre, mentre l'abbandono dal fronte da parte dei soldati russi diventava ormai un fenomeno di massa, firmano la pace con gli imperi centrali (Pace di Brest-Litovsk, 3 marzo 1918), che prevedeva da parte del governo rivoluzionario la cessione alla Germania della Polonia e dei paesi baltici, mentre l'Ucraina diventava indipendente.
La debolezza delle linee russe e poi la pace permisero dunque ad Austria e Germania di spostare truppe sul fronte occidentale e su quello italiano.

FRONTE ITALIANO

Il 24 ottobre gli Austriaci - ormai liberi dalla pressione russa e appoggiati dai Tedeschi - sfondano le linee di difesa italiane a Caporetto (ora in territorio sloveno). Le truppe italiane dovettero ripiegare, ma tale ripiegamento divenne in breve tempo un'autentica rotta, in cui gli avversari poterono facilmente penetrare il Italia per 150 Km, causando la perdita di circa 400.000 uomini tra morti, feriti e prigionieri, con armi e materiali.

La sconfitta ebbe immediate ripercussioni politiche; venne formato un nuovo governo (ottobre 1917-giugno 1919) sotto la guida di Vittorio Emanuele Orlando (1861-1952); sul piano militare si procedette alla chiamata alle armi dei 'ragazzi del '99' (i giovani che nel 1917 avevano 18 anni) e alla sostituzione del generale Cadorna col generale Armando Diaz (1861-1928).
Sotto il comando di Diaz venne approntata una nuova linea difensiva sul fiume Piave che riuscì a bloccare l'avanzata dei nemici (12 novembre).

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

FRONTE OCCIDENTALE

La Germania avvertiva sempre più che il blocco economico le impediva di sostenere uno sforzo bellico troppo prolungato; da qui l'inevitabile esigenza di passare ancora una volta all'offensiva nella primavera del 1918. Il 21 marzo l'esercito tedesco lancia una nuova offensiva nelle Fiandre e nella Champagne (marzo-aprile) con largo impiego di gas nervini (l'yprite utilizzato per la prima volta nel maggio 1915 sul fronte di Ypres, in Belgio). Il maresciallo Ludendorff riuscì ad impedire la congiunzione dello schieramento inglese con quello francese. La quinta armata inglese fu travolta e, nel maggio, l'esercito tedesco raggiunse nuovamente la Marna dove tuttavia fu ancora volta fermato.

Dopo la seconda battaglia della Marna (15 luglio), gli alleati franco-inglesi, sostenuti dagli statunitensi, passarono al contrattacco battendo per la prima volta in modo clamoroso i Tedeschi nella battaglia di Amiens (8-11 agosto) e facendo esplodere anche in campo tedesco la rivolta contro una guerra così rovinosa.

In Germania ormai maturava la resa definitiva, dopo che il governo tedesco aveva sperato in una pace di compromesso. Per facilitare tale disegno Ludendorff (il quale deteneva il comando supremo dell'esercito assieme con Hindenburg) aveva invitato inutilmente l'imperatore Guglielmo secondo a dimettersi.

Il 9 novembre anche a Berlino veniva proclamata la repubblica, mentre il nuovo governo presieduto dal socialdemocratico Ebert, iniziava le trattative che portarono l'11 novembre alla firma dell'armistizio di Réthondes.

La prima guerra mondiale finiva: era costata 10.000.000 milioni di morti.

FRONTE ITALIANO

Contemporaneamente, l'esercito austriaco riprese la sua offensiva in Italia (15 giugno): fermato nella zona di Asiago e del Grappa, esso valicò il Piave, occupò il massiccio del Montello, ma non riuscì a mantenersi sulla riva opposta del fiume e, dopo dieci giorni di estenuanti battaglie, fu costretto a ritornare al di là del Piave.

Le truppe italiane passano all'attacco sul Grappa e sul Piave, superando a Vittorio Veneto gli austriaci in gravi difficoltà (ottobre).

FRONTE ORIENTALE

Ormai le possibilità di resistere per gli imperi centrali erano del tutto compromesse: la Bulgaria, loro alleata, il 29 settembre 1918, attaccata da un esercito franco-serbo era costretta alla resa; l'Austria era al suo interno in rapida dissoluzione, in seguito alla proclamazione della indipendenza da parte di Ungheria, Cecoslovacchia e Jugoslavia benché si fosse tentato inutilmente di arginare le rivendicazioni di autonomia con la trasformazione della monarchia in una federazione di stati indipendenti (17 ottobre 1918).

Nel frattempo la Turchia subiva in Medio Oriente l'iniziativa degli inglesi e dei loro alleati arabi, mentre l'emergere di spinte nazionalistiche decretava la dissoluzione dell'Austria-Ungheria, accelerata dalla vittoriosa offensiva italiana di Vittorio-Veneto (24 ottobre 1914) diretta dal generale Diaz. L'8 novembre a Monaco di Baviera un'insurrezione operaia proclamava la repubblica; il 9 lo stesso accadeva a Berlino; fra il 9 e il 10 Guglielmo secondo fuggiva in Olanda; l'11 novembre 1918 , una delegazione tedesca firmava l'armistizio a Rethondes. Il 3 l'Austria si era arresa all'Italia (armistizio di Villa Giusti nei pressi di Padova); l'11 novembre, Carlo I d'Asburgo abdicava aprendo la via alla costituzione di nuovi stati nazionali. L'Austria diveniva una repubblica.

GLI ARMISTIZI e LA PACE

Bulgaria

Prima a deporre le armi fu la Bulgaria, il 29 settembre 1918: dovette evacuare immediatamente i territori serbi e greci ancora invasi, smobilitare e espellere tutti gli agenti tedeschi, ed infine consegnare all'esercito dell'Intesa alcuni centri strategici.


Turchia

Il 30 ottobre fu la volta della Turchia, con l'armistizio di Mudros


Austria

L'Austria-Ungheria chiese l'armistizio all'Italia, che fu firmato il 3 novembre, a Villa Giusti a Padova.


Germania

L'11 novembre i delegati tedeschi firmarono l'armistizio di Rethondes, per il quale la Germania si impegnava a evacuare tutti i territori finora occupati, a dichiarare nulli i trattati di Brest Litovsk e di Bucarest, a consegnare il materiale da guerra e la flotta.



I 14 punti
di Wilson

L'8 gennaio il presidente Wilson enumerò i quattordici punti ai quali si sarebbe ispirata la sua azione nella futura conferenza per la pace.


La pace con la Germania

Il trattato di pace con la Germania, Versailles 28 giugno 1919, non fu negoziato ma imposto:

  • obbligo di rifondere alle potenze vincitrici tutti i danni subiti dai territori e dai cittadini in conseguenza della guerra: la cifra stabilita fu di 132 miliardi di marchi oro da estinguere in trent'anni (non fu applicato);
  • la restituzione alla Francia dell'Alsazia e della Lorena;
  • il distacco del bacino minerario della Saar, affidato per quindici anni all'amministrazione della Francia;
  • l'annessione dei distretti di Eupen e di Malmédy al Belgio;
  • la restituzione dello Schleswig settentrionale alla Danimarca;
  • la cessione alla Polonia del territorio chiamato il 'corridoio polacco', che permetteva alla Polonia di avere uno sbocco al mare;
  • la città di Danzica era dichiarata città libera sotto il controllo internazionale;
  • la perdita di tutte le colonie, spartite tra Francia e Gran Bretagna, ad eccezione dell'Africa Sud Occidentale data all'Unione del Sudafrica e di alcuni territori in Estremo Oriente concessi al Giappone;
  • la riduzione del proprio esercito a 100.000 uomini;
  • la consegna della flotta all'Inghilterra;
  • la smilitarizzazione perpetua della Renania;
  • l'impegno a fornire materie prime ai paesi vincitori a condizioni vantaggiose con la concessione unilaterale di facilitazioni doganali;
  • l'annullamento del Trattato di Brest-Litovsk con la Russia, il che sottrasse alla Germania i territori baltici ed altri strappati alla Romania: nacquero in tal modo le repubbliche di Lituania, Estonia, Lettonia e Finlandia.

La pace con l'Austria

Il trattato di Saint-Germain en Laye del 10 settembre 1919 con l'Austria vera e propria e il trattato di Trianon il 4 giugno 1920 con l'Ungheria:

  • Nascita di nuovi stati: la repubblica d'Austria, il regno di Ungheria, la repubblica della Cecoslovacchia, il regno dei Serbi, Croati e Sloveni (Jugoslavia), la repubblica di Polonia, la repubblica di Lituania, la repubblica di Estonia, la repubblica di Lettonia, la repubblica di Finlandia;
  • La restituzione da parte dell'Ungheria alla Romania della Transilvania;
  • La Polonia riunì a sé le province polacche un tempo sotto l'Austria;
  • L'Italia ottenne le terre irredente, come era stabilito nel patto di Londra, cioè il Trentino e l'Alto Adige fino al Brennero, Trieste e l'Istria.

La pace con l'Ungheria

Il trattato del Trianon del 4 giugno 1920 stabiliva la nascita dello stato indipendente ungherese che tuttavia dovette cedere territori alla Jugoslavia, alla Romania e alla Polonia.


La pace con la Bulgaria

Il trattato di Neuilly del 27 settembre 1919 con la Bulgaria: essa dovette rinunciare allo sbocco sul mare Egeo e cedere la Macedonia alla Jugoslavia e alla Grecia.


La pace con la Turchia

In base al trattato di Sèvres, 10 agosto del 1920, la Turchia:

  • perse l'Arabia, la Mesopotamia, la Siria (posta sotto mandato francese) e la Palestina (mandato inglese);
  • dovette cedere alla Grecia la Tracia e l'Anatolia meridionale con la zona di Smirne (mantenne sul suolo europeo la sola città di Istanbul);
  • l'Irak fu posto sotto il mandato inglese;
  • dovette accettare il controllo internazionale degli stretti.

La Società delle Nazioni

La Società delle Nazioni, auspicata da Wilson, prese vita nell'aprile 1919 (approvazione dello Statuto). Nel gennaio 1920 ci fu a Ginevra la prima sessione. Gli Stati Uniti, tuttavia, dopo esserne stati i promotori con il presidente Wilson non entrarono a farne parte, per il voto contrario del Congresso.


CONSEGUENZE ECONOMICHE

Dappertutto, tranne che negli Stati Uniti, l'economia era sconvolta: gli impianti produttivi erano completamente distrutti l'agricoltura era stata privata delle sue migliori forze lavorative i beni di necessità scarseggiavano soprattutto nelle grandi città i prezzi aumentavano mentre i salari erano bloccati per legge c'era il problema della riconversione industriale dalla produzione bellica a quella civile.

Dalla guerra l'Europa uscì in condizioni di grande instabilità politica ed economica. Le trasformazioni provocate dalla guerra , le gravi perdite di vite umane e di beni materiali avevano sconvolto non solo le potenze vinte ma anche quelle vincitrici. La Germania era prostrata: le dure condizioni di pace che le erano state imposte avevano favorito una grave crisi economica, alimentando anche un forte desiderio di rivincita. Anche la Francia, l'Inghilterra e l'Italia erano in una situazione di grande debolezza economica e pesantemente indebitate con gli Stati Uniti, i quali erano ormai la principale potenza economica del mondo. Per alcuni anni l'economia dei paesi europei fu in seria difficoltà; la produzione era inferiore alla domanda, i prezzi aumentavano, il potere d'acquisto dei salari diminuiva, mentre cresceva il numero dei disoccupati: le industrie infatti, come anche le campagne, non erano in grado di assorbire tutta la manodopera costituita da coloro che erano tornati dal fronte.

Le gravi difficoltà economiche erano accentuate dal fatto che le industrie erano state trasformate in impianti in grado di produrre quasi esclusivamente materiale bellico; dopo la guerra fu perciò necessario riconvertire gli impianti per la produzione civile. Ciò tuttavia richiedeva tempo ed investimenti: per questo, alla fine della guerra, parecchie industrie fallirono, mentre altre riuscirono gradualmente a riconvertire la loro produzione. La difficile situazione portò a un aumento delle tensioni sociali: scioperi e agitazioni si verificarono un po' dappertutto in Europa. Aumentarono i partiti dei lavoratori e le organizzazioni sindacali che a volte provocarono dei veri e propri tentativi di rivoluzione contro i governi.

Gli Stati Uniti erano i veri vincitori della guerra e in poco tempo diventarono la maggior potenza mondiale. Grazie al calo produttivo dell'Europa, i commerci statunitensi prosperarono in tutti i mercati mondiali; le esportazioni di prodotti industriali ed agricoli aumentarono notevolmente e ciò favorì un clima di fiducioso ottimismo in tutto il paese.

CONSEGUENZE SOCIALI

Al termine della guerra, ai quasi 10 milioni di vittime cadute sui campi di battaglia, ai militari, ai prigionieri, si aggiunsero i devastanti effetti delle malattie epidemiche, conseguenza delle privazioni alimentari e igieniche imposte dal conflitto tanto ai combattenti, quanto alla popolazione civile. Tra il 1918 e il 1920 si diffuse anche oltre i confini europei l'epidemia di 'spagnola'.

Durante la guerra la grande borghesia e gli affaristi avevano accumulato grandi ricchezze e ora si inaspriva l'avversione delle masse popolari nei confronti di queste classi e delle forze politiche, le cui riforme non avevano portato buon frutto.

La guerra aveva determinato profondi mutamenti nella società. Innanzitutto aveva sottolineato il decisivo contributo femminile alla vita del paese nei settori più diversi: dalla produzione industriale all'assistenza sanitaria, dall'insegnamento all'impiego nella pubblica amministrazione e nella guida di migliaia di ditte agricole e artigianali. Dal fronte poi i soldati tornavano con una mentalità diversa, modificata dall'esperienza vissuta nella 'città militare', dal confronto tra tradizioni e costumi diversi, dalla consuetudine alla discussione e alla solidarietà con gli altri compagni, dalla speranza ad una maggiore giustizia sociale. Del tutto al di fuori delle previsioni dei governi e dei diplomatici dell'anteguerra, queste grandi masse di cittadini irruppero sulla scena politica. Dopo essere stati inquadrati per tre, quattro anni nei reparti e nelle trincee, essi erano ora ben decisi a far sentire la loro voce nelle scelte politiche fondamentali.

CLASSE SOCIALE

TENDENZA POLITICA

Operai dell'industria, braccianti agricoli e salariati.

Partiti socialisti e formazioni anarchiche.

Ceti intermedi: piccoli proprietari o piccoli borghesi.

Associazioni che rivendicavano il superamento dei tradizionali ordinamenti istituzionali.

Grandi proprietari industriali e agrari, antica aristocrazia, gerarchie militari, quadri superiori delle burocrazie statali.

Area della conservazione.

CONSEGUENZE CULTURALI

Lo stile di vita americano si impose come un modello trionfante di benessere e di progresso e influenzò notevolmente anche la società europea, che ne adottò molte mode ed abitudini: il ballo del charleston, la musica jazz, il whisky diventarono per la gioventù europea i simboli della modernità.

Trieste durante il SECONDO CONFLITTO MONDIALE 

(1939-1945) fu presidiata dalle armate hitleriane e vi fu fatto costruire

l'unico campo di concentramento italiano LA RISIERA DI SAN SABBA

DA IMPIANTO INDUSTRIALE
A FABBRICA DEGLI ORRORI.

L'insieme di edifici dello stabilimento per la pilatura del riso, divenuto tristemente famoso per essere l'unico campo di sterminio sul territorio italiano, venne costruito nel 1913 nel quartiere periferico di San Sabba a Trieste. Gli edifici non più adibiti ad uso industriale, vennero requisiti ed utilizzati all'occupatore nazista come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo 1'8 settembre 1943 con il nome di Stalag 339. Verso la fine di ottobre, sempre del 1943, esso venne strutturato come Polizeihaftlager (letteralmente campo di detenzione di polizia), destinato sia allo smistamento dei deportati in Germania ed in Polonia, sia come deposito e smistamento dei beni razziati, nonché successivamente per la detenzione ed eliminazione di partigiani, detenuti politici ed ebrei.

Subito dopo l'ingresso della Risiera, in una specie di sottopassaggio,  si affaccia la prima stanza posta alla sinistra di chi entra era chiamata 'cella della morte',  in quei locali angusti venivano ammucchiati i prigionieri, che giungevano dalle carceri o che venivano catturati in rastrellamenti non solo a Trieste, ma anche in Veneto ed in Slovenia e destinati ad essere eliminati nel giro di poche ore. Secondo testimonianze dei pochi sopravvissuti, spesso i prigionieri venivano a trovarsi in quelle celle assieme a cadaveri destinati alla cremazione. Al pianterreno dell'edificio si trovavano, i laboratori di sartoria e calzoleria, dove venivano impiegati i prigionieri. Sempre nello stesso plesso erano ospitate le camerate per gli ufficiali e i militari delle SS ma anche le diciassette minuscole celle, in ognuna delle quali venivano stipati fino a sei prigionieri, in tali angusti locali, partigiani, politici, ebrei, aspettavano per giorni, talvolta per settimane, il compiersi del loro drammatico destino. Nelle prime due celle venivano torturati i prigionieri e spogliati di ogni loro avere, qui sono stati rinvenuti migliaia di documenti d'identità che venivano sequestrati non solo ai detenuti ed ai deportati, ma anche ai lavoratori inviati al lavoro coatto (tutti questi documenti, prelevati dalle truppe jugoslave che per prime entrarono nella Risiera furono trasferiti a Lubiana, dove sono attualmente conservati presso l'Archivio della Repubblica di Slovenia). Le porte e le pareti delle celle erano ricoperte di graffiti  e scritte andate purtroppo perdute. Ne restano a testimonianza i diari dello studioso e collezionista Diego de Henriquez, (attualmente appartenenti alle Collezioni de Henriquez), che ne fece un'accurata trascrizione. In un altro edificio a quattro piani venivano rinchiusi in camerate, gli ebrei e i prigionieri civili e militari, anche donne e bambini, destinati alla deportazione in Germania nei campi di Dachau, Auschwitz, Mauthausen, verso un tragico destino che solo pochi hanno potuto evitare.

Nel cortile interno della Risiera in prossimità delle celle, sull'area oggi contrassegnata da una piastra metallica, sorgeva l'edificio destinato alle eliminazioni, la cui sagoma  è ancora visibile sul fabbricato centrale. All'interno di questo edificio vi era il forno crematorio. L'impianto era interrato, vi si accedeva attraverso una scala metallica ed un canale sotterraneo, il cui percorso è oggi pure segnato dalla piastra d'acciaio e univa il forno vero e proprio alla ciminiera. Sull'impronta metallica della ciminiera sorge oggi una scultura costituita da tre profilati metallici che simboleggiano la spirale di fumo che usciva dal camino. I nazisti, dopo essersi serviti, fino al marzo 1944, dell'impianto del preesistente essiccatoio, lo trasformarono in forno crematorio  secondo il progetto di Erwin Lambert, un vero 'esperto' nella costruzione di forni crematori, La risiera così fu in grado di incenerire un numero maggiore di cadaveri. Questa nuova struttura venne collaudata il 4 aprile 1944, con la cremazione di settanta cadaveri di ostaggi fucilati il giorno prima nel poligono di tiro di Opicina. Nella notte fra il 29 ed il 30 aprile dopo oltre un anno di utilizzo intensivo l'edificio del forno crematorio e la ciminiera vennero fatti saltare con la dinamite  dai nazisti in fuga per eliminare le prove dei loro crimini, secondo una prassi seguita in altri campi al momento del loro abbandono. Tra le macerie del forno furono rinvenute ossa e ceneri umane raccolte in sacchi di quelli usati per il cemento. Tra le macerie fu inoltre rinvenuta una mazza di ferro, la cui fotografia è ora esposta nel Museo, dato che l'originale è stato trafugato nel 1981, utilizzata per uccidere i prigionieri. Venivano usati diversi tipi di esecuzione, le ipotesi sono varie e probabilmente tutte fondate: strangolamento, gassazione in automezzi appositamente attrezzati, colpo di mazza alla nuca o fucilazione. Non sempre però il prigioniero moriva subito, per cui il forno ingoiò anche persone ancora vive, le cui grida venivano coperte dal fragore di motori, da latrati di cani appositamente aizzati, o da musiche. Il fabbricato di sei piani, ora occupato dal Museo, fungeva da caserma con gli alloggi per i militari germanici, per quelli ucraini e per le milizie italiane. L'edificio oggi  adibito al culto, senza differenziazione di credo religioso, al tempo dell'occupazione serviva da autorimessa per i mezzi delle SS.

In quel locale stazionavano anche i neri furgoni delle SS con lo scarico collegato all'interno mediante un tubo rimovibile, usati per la gassazione delle vittime. All'esterno, a sinistra nel piccolo edificio, ora adibito ad abitazione del custode, vi era il corpo di guardia e l'abitazione del comandante. A destra, nella zona attualmente sistemata a verde, esisteva un altro edificio a tre piani, con uffici, alloggi per sottufficiali e per le donne ucraine. Secondo calcoli effettuati sulla scorta delle testimonianze, il numero delle vittime cremate in Risiera è oscillante tra le tre e le cinquemila persone. Ma un numero ben maggiore di prigionieri sono passati dalla Risiera e smistati nei lager o al lavoro obbligatorio. Gente di nazionalità , credo religioso e politico diverso furono accomunati da un destino crudele, bruciarono nella Risiera o vennero deportati per un viaggio quasi sempre senza ritorno.

II GUERRA MONDIALE 


GLI SCHIERAMENTI

Chi

Germania

Italia (dal 10 giugno 1940 all'8 settembre 1943)

Romania, Finlandia e Ungheria (dal giugno 1941)

Giappone (dal 1941)


Contro Chi

Inghilterra

Francia

Stati Uniti (dal 1941)

Italia (dall'8 settembre 1943)

URSS


Questi elencati sono solamente i più importanti perché in totale gli Stati belligeranti furono addirittura 61 contro 36 e le battaglie, dure e sanguinose, non si svolsero soltanto e prevalentemente sui fronti europei ma infuriarono anche nel Pacifico, in Asia e in Africa.

Cominciata come un conflitto circoscritto all'Europa, la seconda guerra mondiale si allargò fino a fondersi con uno scontro in Estremo Oriente, diventando una guerra globale di proporzioni immani che non si limitò ai paesi belligeranti (la maggior parte delle grandi potenze ed un gran numero di piccoli stati) ma ebbe grandi ripercussioni anche sui paesi neutrali. La guerra cominciò in Europa il 1° settembre 1939, quando la Germania iniziò l'invasione della Polonia, e finì il 2 settembre 1945 con la resa del Giappone, avvenuta formalmente a bordo della corazzata USA «Missouri» nella baia di Tokyo.

I due maggiori teatri delle operazioni furono l'Europa, compresa la costa del nord Africa ed il nord Atlantico e l'Asia, più particolarmente il Pacifico centrale e sud-occidentale, la Cina, la Birmania ed il Giappone.


OBIETTIVI dei BELLIGERANTI

La guerra che i nazisti scatenarono nel 1939 fu una lotta per il potere mondiale: i regimi nazista e fascista di Germania, Italia e Giappone attaccarono le democrazie occidentali e il comunismo sovietico per il possesso dei mercati mondiali ma alla guerra non furono estranei motivazioni ideologiche: la guerra fu anche lotta tra opposte ideologie: totalitarismo e democrazia.

Causa prossima della guerra fu l'invasione della Polonia (1° settembre 1939). Hitler aveva preteso dalla Polonia la cessione di Danzica e di un 'corridoio' che permettesse la congiunzione della Prussia occidentale alla orientale. La Polonia respinse l'ultimatum e la Germania, aspettandosi che ancora una volta le potenze europee avrebbero accettato il fatto compiuto, come era successo per l'annessione dell'Austria e dei Sudeti, occupò Danzica e varcò le frontiere polacche. Questa volta Francia ed Inghilterra, legate da un patto di alleanza militare alla Polonia, reagirono e appena due giorni dopo (3 settembre) dichiararono guerra alla Germania.

CARTA POLITICA DELL'EUROPA

Nel 1939 la democrazia in Europa sopravviveva solo in pochi stati: Francia, Cecoslovacchia, Gran Bretagna, Paesi scandinavi e Finlandia. Al centro, una striscia continua che tagliava l'Europa in due parti, stanno Italia e Germania, cioè i paesi dell'Asse. Numerosi sono i paesi non schierati ma retti da governi autoritari: Portogallo, Spagna, Yugoslavia, Bulgaria, Romania, Grecia, Ungheria, Polonia, Lituania, Lettonia, Estonia. Infine, all'estremo est, l'Unione Sovietica

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA


In marzo la Germania occupa l'Austria e successivamente si rivolge verso la Cecoslovacchia, per impossessarsi dei centri metallurgici e siderurgici più importanti dell'Europa centro-orientale. Nonostante un recente accordo tra Gran Bretagna, Francia, Italia e Germania, i tedeschi occupano tutta la Cecoslovacchia.

In aprile l'Italia attacca l'Albania; la corona albanese passa a Vittorio Emanuele III. 

In maggio Italia e Germania  firmano un patto d'acciaio che prevedeva l'intervento militare automatico a fianco dell'alleato che fosse entrato in guerra. Firmando il patto, l'Italia, che era del tutto impreparata ad una guerra di grandi dimensioni, era in balìa dell'aggressivo espansionismo tedesco, che sembrava inevitabilmente portare alla guerra.

In agosto Germania e Unione Sovietica firmano un patto di non aggressione: la Germania si assicurava la neutralità dell'URSS sul fronte orientale in cambio della spartizione della Polonia.

Il primo settembre la Germania attacca a sorpresa la Polonia puntando direttamente a conquistare Varsavia: i carri armati e gli aerei tedeschi liquidarono le forze polacche in meno di un mese. La Gran Bretagna e la Francia intervennero dichiarando guerra alla Germania.

Il governo di Mosca decise di intervenire (17 settembre), e, forte dell'avanzata delle sue truppe nella Polonia orientale, pretese la propria parte nella spartizione del paese

Patto tripartito tra Germania, Italia e Giappone (27 settembre)

Mentre subentrava un certo stallo generale, tanto che i Francesi e i Tedeschi si fronteggiavano dietro le rispettive linee di difesa praticamente senza combattere («drole de guerre», la strana guerra), nell'inverno del 1939-1940 l'Armata rossa continuò, avanzando, a consolidare il proprio fronte: occupò la Lituania, la Lettonia e l'Estonia, regioni di confine ritenute indispensabili per la sicurezza dell'Unione Sovietica, sempre per lo stesso motivo fu deciso l'attacco alla Finlandia (dicembre 1939-marzo 1940).

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

Sopraggiunta la primavera, il 9 aprile riprese l'iniziativa tedesca con l'attacco alla Danimarca (occupata senza difficoltà) e alla Norvegia (definitivamente caduta solo il 10 giugno); in questo modo la Germania coinvolse la Scandinavia nel conflitto nel puro interesse di accerchiare la Gran Bretagna. Mentre l'esercito tedesco stava completando l'invasione della Norvegia, Hitler decise di attaccare la Francia. L'operazione militare venne condotta con notevole abilità tattica (« Piano Manstein »): le truppe tedesche invasero Belgio ed Olanda e puntarono poi su Parigi. Dal 10 maggio l'attacco tedesco si concentrò sulle Ardenne circondando gli eserciti francese, inglese e belga. Il corpo di spedizione inglese e parte dell'esercito francese furono salvati dall'annientamento a Dunkerque, dove vennero reimbarcati per l'Inghilterra.

L'Olanda e il Belgio deposero le armi rispettivamente il 15 e il 28 maggio. Il fronte francese fu completamente scompaginato (5-9 giugno) sulla Somme e poi sull'Aisne; il 10 giugno Hitler entrò a Parigi ed il 22 la Francia fu costretta a cedere le armi firmando (a Compiègne) l'armistizio con la Germania e con l'Italia (24 giugno). Desideroso di 'sedersi al tavolo dei vincitori' quando sembrava che la guerra dovesse finire, Mussolini aveva deciso proprio il 10 giugno di entrare in guerra ordinando l'immediato attacco dell'Italia alla Francia, peraltro con risultati poco apprezzabili, essendosi risolto nell'occupazione di alcune zone lungo il confine italo-francese. La Francia veniva divisa in due parti: a Nord sotto la diretta occupazione tedesca, a Sud sotto il controllo di un governo collaborazionista con sede a Vichy e con a capo il maresciallo Pétain.

Tra agosto e settembre, sull'onda del successo conseguito in Francia, i Tedeschi tentarono la mossa decisiva: lo sbarco sulle coste britanniche (l'operazione venne chiamata 'Leone marino'). Ma lo scontro che ne seguì, noto come la 'battaglia d'Inghilterra', segnò il primo fallimento tedesco, tanto che il 17 settembre Hitler si trovò costretto a rinviare a tempo indeterminato ogni ulteriore tentativo in proposito e a limitarsi ad un'azione di bombardamento sulle città inglesi. Che non durò a lungo, a causa dell'accanita resistenza da parte della Royal Air Force la Luftwaffe dovette alla fine desistere dagli attacchi aerei in massa. Fallì anche il tentativo di attaccare Gibilterra dall'entroterra perché Berlino non riuscì a convincere il generalissimo Franco ad accettare la richiesta di far passare le truppe tedesche sul territorio spagnolo.

Nel frattempo l'Italia aveva accresciuto il proprio raggio di azione attaccando gli Inglesi nel Mediterraneo (Malta) e in Africa (Sudan e Somalia inglese, agosto 1940). Tuttavia i successi conseguiti furono assai modesti e rivelarono ampiamente l'inefficienza e l'impreparazione del nostro esercito. Allo stesso modo l'attacco condotto dall'Italia alla Grecia (28 ottobre 1940) si tradusse in un nulla di fatto.

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA


Sollecitata dagli insuccessi dell'esercito italiano che stavano traducendosi in una pericolosa disfatta, la Germania fu costretta ad intervenire in soccorso del proprio alleato: vennero pertanto inviate truppe tedesche sia in Africa, sotto il comando del generale Erwin Rommel che riuscì a riconquistare la Cirenaica (marzo-aprile) ma non l'Etiopia, sia, dopo l'occupazione della Romania, nei Balcani, dove conseguirono la conquista della Bulgaria, della Grecia (capitolata il 21 aprile) e dell'isola di Creta.

Agli inizi di giugno le truppe tedesche e italiane conquistano la Yugoslavia, la Grecia e la Bulgaria; la Croazia, retta da una dittatura fascista, acquistava autonomia e la Slovenia passava all'Italia. Si chiudeva la prima fase del conflitto (la «guerra lampo»): l'asse aveva il predominio totale nei Balcani e nell'Europa centrale; l'Inghilterra aveva invece conservato il controllo dell'Africa. 

Il 21 giugno, ripudiando il «patto di non aggressione» del 1939, la Germania, nella speranza di convincere la Gran Bretagna a trattare la pace per unirsi contro il comune nemico sovietico, attacca l'Unione Sovietica («piano Barbarossa»). Il 'piano Barbarossa' prevedeva, in coerenza con i dettami della 'guerra lampo', il rapido annientamento della resistenza nemica. Aiutate dalla Romania, dalla Finlandia e dall'Ungheria, le truppe dell'Asse invasero l'Unione Sovietica occupando in pochi mesi la Bielorussia, l'Ucraina, la Crimea (carta dell'Europa). Tentarono anche di spingersi fino a Mosca e a Leningrado ma i Russi resistettero e le truppe dell'Asse si trovarono l'esercito sovietico di fronte e la guerriglia partigiana nelle retrovie.

In agosto Inghilterra e Stati Uniti fissano in una Carta atlantica i principi democratici della lotta contro il nazismo.

Verso la fine dell'anno, in un momento in cui il potenziale militare statunitense, quasi inesistente nel 1940, era ancora lontano da un soddisfacente grado di efficienza, il Giappone, deciso ad eliminare ogni concorrenza sul Pacifico, attacca violentemente la base navale di Pearl Harbour nelle Hawaii, dove si trovava la maggior parte della flotta degli Stati Uniti che furono così trascinati nel conflitto. L'11 dicembre anche Italia e Germania dichiarano guerra agli Stati Uniti.

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA


I successi giapponesi nei primi mesi di guerra furono straordinari: nel giro di pochi mesi essi riuscirono ad occupare vastissimi territori. Grazie ad una serie di operazioni aeronavali i Giapponesi conquistarono le Filippine, la Malesia (gennaio) e Singapore (febbraio) che divennero basi d'attacco per la conquista dell'Indonesia effettuata fra gennaio e marzo e facilitata dall'annientamento delle forze navali alleate (battaglia del mar di Giava). Ma già ad agosto la loro massima espansione era raggiunta. Gli Alleati reagirono con forza ed efficacia; la loro controffensiva a Guadalcanal (agosto) segnò la fine dell'avanzata giapponese (Carta del Pacifico).

Vinti i Tedeschi nella 'battaglia dell'Atlantico', gli Anglo-Americani volsero il loro impegno in Africa. L'offensiva alleata, sotto il comando del generale inglese Montgomery, culminò nella vittoriosa battaglia di El Alamein (23 ottobre, 3-4 novembre). Agli Italo-Tedeschi sconfitti non rimase che ripiegare perdendo rapidamente il controllo dell'intera Africa.

L'8 novembre gli Alleati sbarcano in Marocco e in Algeria. Dopo una breve fase di resistenza fittizia, le truppe francesi di Vichy dell'Africa settentrionale si schierarono a fianco degli Alleati e marciarono verso la Tunisia (13 novembre).

La reazione di Hitler fu immediata: l'11 novembre la Wehrmacht invase la zona meridionale della Francia, già sotto il controllo del governo di Vichy, mentre forze italiane occupavano Nizza e la Corsica; il 27 novembre il cosiddetto esercito francese d'armistizio fu sciolto e la flotta francese di Tolone si autoaffondò per non cadere nelle mani dei tedeschi.

Nel frattempo, il tremendo scontro russo-tedesco, protrattosi per tutto l'anno entrava nella fase decisiva: dopo aver bloccato l'offensiva generale tedesca lanciata nel mese di giugno i Sovietici erano passati al contrattacco impegnando duramente i Tedeschi a Stalingrado (luglio 1942-febbraio 1943).

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA


Il 1943 fu il primo anno di guerra in cui le forze dell'Asse si trovarono in difficoltà a causa delle reazioni degli alleati e dello sviluppo della resistenza popolare in tutti i paesi occupati. Contro l'oppressione insostenibile del nazifascismo, in tutta Europa sorgono movimenti di lotta clandestina che si coagulano nella Resistenza armata dei singoli Paesi occupati: in Polonia insorge eroicamente il ghetto di Varsavia;; in URSS l'esercito regolare è appoggiato dai partigiani; in Jugoslava il comandante Tito guida la riscossa contro le truppe tedesche; la Grecia resiste a ben tre eserciti invasori (tedesco, italiano, bulgaro); in Francia le formazioni clandestine vengono unificate sotto la direzione del generale De Gaulle, fuoriuscito in Inghilterra. Ovunque la Resistenza assume l'aspetto di una lotta di popolo, trasformandosi talvolta in rivolta sociale, talaltra in guerra civile (tra partigiani e collaborazionisti).

A gennaio gli Italo-Tedeschi sono costretti ad abbandonare la Libia; in marzo gli Anglo-Americani, dopo aver occupato l'Algeria e il Marocco, penetrano in Tunisia; a maggio tutto il Nord Africa è nelle loro mani. 

A febbraio viene completata la conquista di Guadalcanal nell'Oceano Pacifico e a Stalingrado i Sovietici infliggono una pesantissima sconfitta ai Tedeschi costringendoli alla resa (2 febbraio). Era l'inizio della disfatta. Nonostante i tentativi compiuti i Tedeschi non riuscirono più a raggiungere alcun successo significativo sul suolo russo, trascinando nella tragedia della ritirata (foto) i loro alleati.

Due mesi dopo la conquista dell'Africa, il 10 luglio gli Alleati sbarcano in Sicilia e respingono le forze italo-tedesche dall'isola dopo oltre un mese di combattimenti; quindi passano in Calabria (2-3 settembre) mentre l'Italia si arrendeva senza condizioni (8 settembre). La mattina del giorno seguente all'armistizio di Cassibile gli Anglo-Americani operano uno sbarco a Salerno. Ai primi di ottobre gli Alleati entrano a Napoli (dove nel frattempo i Napoletani, insorti, avevano cacciati i Tedeschi) ma la loro avanzata verso il Nord è bloccata sul Garigliano e il Sangro, sulla 'Linea Gustav', un fronte che aveva in Cassino il principale centro di resistenza.

Nel mese di luglio in Italia si verificano avvenimenti decisivi: caduta di Mussolini (23-25 luglio), costituzione di un governo diretto dal maresciallo Badoglio, richiesta agli Alleati dell'armistizio (firmato a Cassibile il 3 settembre e reso pubblico l'8). Iniziava per l'Italia un periodo particolarmente travagliato. L'armistizio, infatti, venne comunicato alla popolazione e all'esercito senza che si fornissero nel contempo quelle indicazioni operative indispensabili a fronteggiare la nuova situazione creatasi. Nel caos più assoluto, con l'esercito allo sbando, il 9 settembbre il re e Badoglio abbandonarono Roma per trasferirsi a Sud, mentre i Tedeschi, da tempo attenti all'evoluzione della situazione italiana, si accingevano ad occupare il paese, annientando nel sangue ogni resistenza.

Nel frattempo Mussolini, arrestato il 25 luglio a Roma, viene trasferito prima all'isola di Ponza, poi alla Maddalena e infine a Campo Imperatore sul Gran Sasso, dove il 12 settembre fu liberato con un'ardita azione dal colonnello tedesco Skorzeny e trasferito in Germania. Poco dopo Mussolini, sotto la protezione dei Tedeschi, costituiva nell'Italia settentrionale, a Salò, un nuovo stato fascista che assunse il nome di Repubblica Sociale Italiana con capitale a Salò sul Lago di Garda (23 settembre).

Il governo Badoglio, dopo aver firmato il 29 settembre a Malta un nuovo armistizio ('armistizio lungo'), dichiara guerra alla Germania il 13 ottobre e un mese dopo viene riconosciuto dagli Alleati come cobelligerante.

La Bulgaria capitola subito dopo che il suo territorio era stato attaccato dall'Armata rossa (5-6 settembre). Romania e Bulgaria si schierano contro il Reich.

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

Tedeschi e Giapponesi sono costretti ad arretrare su tutti i fronti.In Italia gli Alleati, che avevano operato uno sbarco in forze ad Anzio (22 gennaio), dovettero condurre una lunga e accanita battaglia per occupare il settore di Cassino e ottenere così la rottura del fronte (maggio). La loro avanzata proseguì poi verso Roma, raggiunta tra il 4 e il 5 giugno, Livorno (19 luglio) e Firenze (agosto), ma i Tedeschi costituirono una nuova linea di difesa più a nord, la cosiddetta «linea gotica», a ridosso della quale le operazioni ebbero un periodo di stasi durante l'inverno.

Nella notte tra il 5 e il 6 giugno del 1944 le truppe alleate, poste sotto il comando del generale americano Eisenhower, affrontarono i Tedeschi sul fronte normanno e il 26 agosto il generale De Gaulle entra trionfalmente a Parigi. Alla fine di settembre la Francia e il Belgio erano quasi del tutto liberati. Il 16 dicembre von Rundstedt lanciò l'ultima controffensiva della Wehrmacht nelle Ardenne, che venne affiancata da attacchi tra la Saar e il Reno.

L'ANDAMENTO DELLA GUERRA

Ormai era il crollo: presa tra due fuochi, ad Ovest dagli Anglo-Americani e ad Est dai Sovietici, la Germania si difese con accanimento ma senza alcuna possibilità di successo. L'Armata Rossa, dopo aver occupato Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, entrava in Germania ed Austria: Vienna cadeva il 13 aprile. Gli Alleati superarono il Reno in più punti (marzo), proseguendo rapidamente la loro avanzata verso il cuore della Germania, che, sottoposta a durissimi bombardamenti aerei, era ormai ridotta allo stremo. I Francesi si impadronirono di Stoccarda e gli Americani invasero la Baviera e raggiunsero Monaco (29 aprile).

In Italia, dopo la stasi invernale, il generale Clark e il maresciallo Alexander lanciarono un'offensiva generale su tutto il fronte che portò le truppe alleate a raggiungere i principali centri dell'Italia settentrionale dove il 25 aprile il generale Cadorna, comandante militare del CLNAI, aveva ordinato l'insurrezione generale delle forze partigiane, che a partire dalla fine del 1943 avevano impegnato sempre più seriamente i Tedeschi e i fascisti.

La resa delle forze tedesche avvenne per gradi: a Caserta (29 aprile) per le truppe in Italia e Austria; a Luneburgo (4 maggio) per quelle in Vestfalia, Danimarca e Olanda; a Reims, infine, la resa incondizionata nelle mani dei comandanti in capo alleati, firmata il 7 maggio e confermata l'8 maggio a Berlino dal governo dell'ammiraglio Donitz, succeduto a Hitler che si era suicidato il 30 aprile.

L'Europa centrale si riorganizzò: l'Austria proclamò la propria indipendenza (14 maggio), il governo Benes rientrò a Praga (10 maggio) ma dovette riconoscere l'annessione da parte dell'URSS della Russia subcarpatica (che era cecoslovacca nel 1938). Sorsero inoltre numerose altre difficoltà: questione di Trieste tra la Iugoslavia di Tito e l'Italia per il possesso della città e delle zone circostanti (aprile-maggio); rivolte in Algeria (maggio); ritorno di Pétain in Francia (26 aprile) dove fu arrestato in attesa del processo (23 luglio - 15 agosto); movimenti antifrancesi in Siria e nel Libano, favoriti dalla tensione che oppose i governi di Londra e Parigi su tale questione; crisi dinastica in Belgio.

Rimaneva aperto il fronte asiatico, dove i Giapponesi resistevano oltre ogni previsione. Per piegare la resistenza del Giappone e dunque riaprmiare milioni di vite, questa fu la motivazione ufficiale alla quale va tuttavia aggiunta la volontà di dimostrare soprattutto all'URSS la superiorità militare raggiunta (lo scenario è ormai da 'guerra fredda'), il nuovo presidente degli Stati Uniti, Harry Truman (1884-1972), decise di usare la nuova tremenda arma nucleare di recente fabbricazione.

Il 6 agosto 1945 una bomba atomica radeva quasi completamente al suolo Hiroshima causando la morte di oltre 90.000 persone; il 9 agosto era la volta di Nagasaki. Il giorno avanti, l'8 agosto, l'Unione Sovietica dichiarava guerra al Giappone, aprendo le ostilità in Manciuria e in Corea. Gli effetti delle bombe atomiche furono devastanti anche sul morale dei Giapponesi: le ostilità vennero sospese il 16 agosto e la capitolazione fu firmata il 2 settembre a bordo della corazzata «Missouri» nella rada di Tokyo.

Si chiudeva finalmente la seconda guerra mondiale: aveva causato circa 50 milioni di morti, oltre a un numero imprecisato di feriti, di dispersi e atroci conseguenze, a quel momento difficilmente valutabili, soprattutto per gli scampati di Hiroshima e Nagasaki.

GLI ARMISTIZI E LA PACE

Il 14 agosto 1941 Roosevelt e Churchill sottoscrissero una Carta Atlantica che avrebbe dovuto costituire la base delle trattative di pace, che ritenevano prossime.

Il Presidente degli Stati Uniti d'America e il Primo ministro, Sig. Churchill, in rappresentanza del Governo di Sua Maestà Britannica nel Regno Unito, essendosi riuniti a convegno, ritengono opportuno render noti taluni principi comuni della politica nazionale dei rispettivi Paesi, sui quali essi fondarono le loro speranze per un più felice avvenire del mondo.

Primo

I loro Paesi non aspirano a ingrandimenti territoriali o d'altro genere.


Secondo

Essi non desiderano mutamenti territoriali che non siano conformi al desiderio, liberamente espresso, dei popoli interessati.


Terzo

Essi rispettano il diritto di tutti i popoli a scegliersi la forma di governo sotto la quale intendono vivere; e desiderano vedere restituiti i diritti sovrani di autogoverno a coloro che ne sono stati privati con la forza.


Quarto

Fermo restando il rispetto dovuto ai loro attuali impegni, essi cercheranno di far sì che tutti i paesi, grandi e piccoli, vincitori e vinti, abbiano accesso, in condizioni di parità, ai commerci e alle materie prime mondiali necessarie alla loro prosperità economica.


Quinto

Essi desiderano attuare fra tutti i popoli la più piena collaborazione nel campo economico, al fine di assicurare a tutti migliori condizioni di lavoro, progresso economico e sicurezza sociale.


Sesto

Dopo la definitiva distruzione della tirannia nazista, essi sperano di veder stabilita una pace che offra a tutti i popoli i mezzi per vivere sicuri entro i loro confini e dia affidamento che tutti gli uomini, in tutti i paesi, possano vivere la loro vita liberi dal timore e dal bisogno.


Settimo

Una simile pace dovrebbe permettere a tutti gli uomini di navigare senza impedimenti oceani e mari.


Ottavo

Essi sono convinti che, per ragioni pratiche nonché spirituali, tutte le nazioni del mondo debbano addivenire all'abbandono dell'impiego della forza. Poiché nessuna pace futura potrebbe essere mantenuta se gli Stati che minacciano, e possono minacciare, aggressioni al di fuori dei loro confini, continuassero a impiegare armi terrestri, navali ed aeree, essi ritengono che, in attesa che sia stabilito un sistema permanente di sicurezza generale, è indispensabile procedere al disarmo di quei paesi. Analogamente, essi aiuteranno e incoraggeranno tutte le misure praticabili al fine di alleggerire il peso schiacciante degli armamenti per tutti i popoli amanti della pace.


Yalta e Potsdam

La fine delle ostilità non fu seguita a breve distanza dai trattati di pace; quelli che vennero stipulati furono datati in periodi molto successivi:

Trattati di Parigi del 10 febbraio 1947 per Italia, Romania, Bulgaria, Ungheria e Finlandia;

Trattato di San Francisco dell'8 settembre 1951 per il Giappone (a cui non partecipò l'URSS);

Trattato di Stato del 15 maggio 1955 per l'Austria.

Gli accordi di Yalta e Potsdam

I vincitori sovietici, americani e inglesi si incontrarono a Yalta (4-12 febbraio) e a Postdam (17 luglio - 2 agosto) per discutere l'organizzazione dell'Europa, e in particolare del futuro della Germania, dopo la fine del conflitto.

Gli accordi stabilivano l'influenza parziale o totale dell'URSS nei paesi dell'Europa orientale (Polonia, Romania, Bulgaria, Ungheria, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Albania) che l'Armata rossa aveva liberato dalla dominazione tedesca, mentre l'Italia e la Grecia, con tutte le altre nazioni occidentali, sarebbero dovute rimanere sotto l'influenza alleata.

La carta d'Europa mutò profondamente. Le maggiori annessioni furono realizzate dall'Unione Sovietica la quale aggiunse alle terre occupate tra il 1939 e il 1940 (Galizia, Estonia, Lettonia e Lituania) la Polonia orientale. Quale compenso per tale perdita il nuovo governo polacco ricevette dalla Germania l'ampia fascia territoriale comprendente importanti centri quali Stettino e Breslavia nonché Danzica e il suo territorio, ad eccezione di Konigsberg passata all'Unione Sovietica con il nome di Kaliningrad (da M.J. Kalinin, tra il 1922 e il 1946 uno dei massimi responsabili del governo sovietico). L'Italia dovette cedere l'Istria e parte della Venezia Giulia alla Iugoslavia; l'Austria e la Cecoslovacchia riottennero l'indipendenza. La Germania (carta), privata di una buona parte dei territori sul confine orientale (Prussia orientale, Pomerania e Slesia, cedute alla Polonia), venne divisa in due repubbliche, la Repubblica Federale Tedesca e la Repubblica Democratica Tedesca, mentre Berlino (carta) risultò a sua volta divisa fra gli ex alleati in quattro settori (foto

A Yalta inoltre si stabilì la creazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), erede della Società delle Nazioni e retta da un consiglio di sicurezza composto da Cina, Francia, Inghilterra, URSS, USA, con il compito di tutelare la stabilità degli assetti esistenti e la pace.

LE CONSEGUENZE POLITICHE

Lo scenario mondiale del dopoguerra fu caratterizzato dalla presenza di due grandi blocchi di paesi, ordinati al loro interno secondo modelli di riferimento forniti dalle due superpotenze, l'URSS ad est e gli USA a ovest (carta). Nell'area soggetta all'egemonia sovietica (campo socialista) si impose la dittatura dei partiti comunisti filo-russi: le leve dell'economia erano centralizzate dallo stato, divenuto unico proprietario delle grandi imprese; la grande proprietà fondiaria era stata smantellata e la terra era stata distribuita ai contadini riuniti in cooperative. A una più o meno ampia serie di misure assistenzialistiche, si unì il ferreo controllo dell'opinione pubblica attraverso il monopolio dei mezzi d'informazione e dell'educazione dei giovani sottratta alla Chiesa.

Nell'area soggetta agli Stati Uniti (mondo libero) prevalse la democrazia rappresentativa parlamentare, a meno che non si temessero minacce per l'ordine sociale esistente; l'economia fu ispirata ai principi libero-scambisti, nella completa tutela della proprietà privata e della libera iniziativa imprenditoriale.

LE CONSEGUENZE ECONOMICHE

Considerando che l'economia inglese e quella francese, nonostante la vittoria, erano state enormemente danneggiate dalla guerra, solo gli Stati Uniti emergevano fra le nazioni occidentali con il loro strapotere economico.

Un accordo raggiunto a Bretton Woods negli Stati Uniti nel 1944 tra i membri della vecchia Società delle Nazioni delegò al dollaro, di cui Washington assicurava la convertibilità in oro, la funzione di moneta di riferimento su cui commisurare il valore delle rispettive divise nazionali.

Il governo di Washington varò, nei primi mesi del 1947, un piano di interventi economici che fu chiamato Piano Marshall dal nome del segretario di stato: lo scopo di questa operazione era di aiutare la ricostruzione nei paesi devastati dal conflitto, ma i suoi obiettivi politici erano ben più ambiziosi.

Anche l'URSS si era elevata a potenza di primo piano, esercitando la propria egemonia sull'Est europeo, incrementando rapidamente la propria produzione industriale, costruendo un notevole apparato militare, inseguendo nella ricerca scientifica i paesi occidentali, diventando polo di riferimento per molti popoli dell'Asia e dell'Africa.

I COSTI UMANI

MORTI e DISPERSI


Il bilancio della seconda guerra mondiale fu terrificante: 55 milioni di morti, di cui 40 nella sola Europa. Il bilancio è ancora più tragico se consideriamo che più della metà delle vittime era costituita da civili. Questa allarmante proporzione, mai verificatasi in precedenza, è connessa in parte all'adozione di nuova tecniche distruttive, soprattutto i bombardamenti aerei che colpivano indiscriminatamente obbiettivi militari e civili, in parte al carattere di guerra partigiana e di rivolta politica e morale contro la barbarie nazista assunto dal conflitto. Le perdite umane furono certamente il più grave danno provocato dalla seconda guerra mondiale, ma non l'unico.

Nazionalità

Soldati

Civili

Americani



Inglesi



Francesi



Belgi



Olandesi



Norvegesi



Tedeschi



Italiani



Austriaci



Cecoslovacchi



Ungheresi



Jugoslavi



Greci



Bulgari



Rumeni



Polacchi



Finlandesi



Sovietici



Neozelandesi



Australiani



Cinesi



Giapponesi



Totale



Totale Generale

L'OLOCAUSTO

Il termine 'Olocausto' si riferisce al periodo dal 30 Gennaio 1933, quando Hitler divenne Cancelliere della Germania, all'8 Maggio 1945, la fine della guerra in Europa, in questo periodo furono milioni le persone soppresse dalla follia razziale nei confronti non solo degli ebrei . Pur essendo impossibile accertare l'esatto numero di vittime ebree, le statistiche indicano che il totale fu di oltre 5.860.000 persone. La maggior parte delle autorità generalmente accettano la cifra approssimativa di sei milioni a cui si devono sommare 5 milioni circa di civili non ebrei uccisi. In tutto quindi, ma la cifra precisa ha ben poca importanza, oltre 10 milioni di persone furono uccise dall'odio nazionalsocialista. Tra i gruppi assassinati e perseguitati dai nazisti e dai loro collaboratori, vi erano: zingari, serbi, membri dell'intellighenzia polacca, oppositori della resistenza di tutte le nazionalità, tedeschi oppositori del nazismo, omosessuali, testimoni di Geova, delinquenti abituali, o persone definite 'anti sociali', come, ad esempio, mendicanti, vagabondi e venditori ambulanti. La maggior parte delle persone soppresse passarono per i campi di sterminio, che erano campi di concentramento con attrezzature speciali progettate per uccidere in forma sistematica. Storicamente il partito nazista prese la decisone di dare avvio alla cosiddetta 'SOLUZIONE FINALE' (Endl slung), in realtà molti ebrei erano già morti a causa delle misure discriminatorie adottate contro di loro durante i primi anni del Terzo Reich, ma lo sterminio sistematico e scientifico degli ebrei non ebbe inizio fino all'invasione, da parte della Germania, dell'Unione Sovietica nel Giugno 1941. Per i nazisti ebreo era: chiunque, con tre o due nonni ebrei, appartenesse alla Comunità Ebraica al 15 Settembre 1935, o vi si fosse iscritto successivamente; chiunque fosse sposato con un ebreo o un'ebrea al 15 settembre 1935 o successivamente a questa data; chiunque discendesse da un matrimonio o da una relazione extraconiugale con un ebreo al o dopo il 15 settembre 1935. Vi erano poi coloro che non venivano classificati come ebrei, ma che avevano una parte di sangue ebreo e venivano classificati come Mischlinge (ibridi). I Mischlinge venivano ufficialmente esclusi dal Partito Nazista e da tutte le organizzazioni del Partito (per esempio SA, SS, etc.). Benché venissero arruolati nell'esercito tedesco, non potevano conseguire il grado di ufficiali. Era inoltre proibito loro di far parte dell'Amministrazione Pubblica e svolgere determinate professioni (alcuni Mischlinge erano, in ogni caso, esonerati in determinate circostanze). Gli ufficiali nazisti presero in considerazione la possibilità di sterilizzare i Mischlinge, ma ciò non fu sempre attuato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i Mischlinge di primo grado rinchiusi nei campi di concentramento, furono tradotti nei campi di sterminio. Ma il Terzo Reich considerava nemici non solo gli ebrei, ma anche, zingari, oppositori politici, oppositori del nazismo, Testimoni di Geova, criminali abituali, e 'anti-sociali' In sostanza ogni individuo che poteva essere considerato una minaccia per il nazismo correva il rischio di essere perseguitato, ma gli ebrei erano l'unico gruppo destinato ad un totale e sistematico annientamento. Per sottrarsi alla sentenza di morte imposta dai Nazisti, gli ebrei potevano solamente abbandonare l'Europa occupata dai tedeschi. Secondo il piano Nazista, ogni singolo ebreo doveva essere ucciso. Nel caso di altri 'criminali' o nemici del Terzo Reich, le loro famiglie non venivano coinvolte. Di conseguenza, se una persona veniva eliminata o inviata in un campo di concentramento, non necessariamente tutti i membri della sua famiglia subivano la stessa sorte. Gli ebrei, al contrario, venivano perseguitati in virtù della loro origine familiare indelebile. La spiegazione dell'odio implacabile dei nazisti contro gli ebrei nasceva dalla loro distorta visione del mondo che considerava la storia come una lotta razziale. Essi consideravano gli ebrei una razza che aveva lo scopo di dominare il mondo e, quindi, rappresentava un ostacolo per il dominio ariano. Secondo la loro opinione, la storia consisteva, quindi in uno scontro che sarebbe culminato con il trionfo della razza ariana, quella superiore: di conseguenza, essi consideravano un loro preciso obbligo morale eliminare gli ebrei, dai quali si sentivano minacciati. Inoltre, ai loro occhi, l'origine razziale degli ebrei li identificava come i delinquenti abituali, irrimediabilmente corrotti e considerati inferiori, la cui riabilitazione era ritenuta impossibile.
Non ci sono dubbi che ci furono altri fattori che contribuirono all'odio nazista contro gli ebrei e alla creazione di un'immagine distorta del popolo ebraico. Uno di questi fattori era la centenaria tradizione dell'antisemitismo cristiano, che propagandava uno stereotipo negativo degli ebrei ritenuti gli 'assassini di Cristo', inviati del diavolo e praticanti di arti magiche. Altri fattori furono l'antisemitismo politico e razziale della seconda metà del XIX secolo e la prima parte del XX secolo, che considerava gli ebrei come una minaccia per la stabilità sociale ed economica. La combinazione di questi fattori scatenò la persecuzione, certamente nota a tutti i tedeschi e lo sterminio degli ebrei da parte dei nazisti che fu in qualche modo celato dagli stessi esecutori.

IL COSTO IN VITE UMANE

Il Lavoro Rende Liberi


Hitler aveva deciso di cancellare il popolo ebreo dalla faccia della terra, commettendo con fredda decisione il più sistematico genocidio della storia, e così fece, creando i campi di concentramento, come la Risiera di San Sabba a Trieste (unico lager Italiano). In essi vennero rinchiusi prigionieri politici, oppositori di ogni genere, zingari, omosessuali, e Ebrei. I più deboli vennero uccisi nelle camere a gas, a cominciare dalle donne e dai bambini. Morirono sei milioni di ebrei.

I NUMERI DELL'OLOCAUSTO mappa in base ai calcoli del comitato anglo-americano dell'aprile 1946

Germania (confini del 1937)


Austria


Cecoslovacchia


Danimarca (per lo più rifugiati in Svezia)


Francia


Belgio


Olanda


Lussemburgo


Norvegia


Italia


Jugoslava


Grecia


Bulgaria


Romania


Ungheria


Polonia


Unione Sovietica


Totale


Dedotte le persone disperse


Totale persone uccise



HIROSHIMA E NAGASAKI

IL COSTO IN VITE UMANE

La prima bomba atomica all'Uranio, lanciata sopra il centro di Hiroshima, incenerì 12 chilometri quadrati della città causando la morte di 100 mila uomini e altrettanti feriti, quasi tutti condannati a essere colpiti dal cancro;

la seconda bomba atomica, al plutonio, lanciata sopra Nagasaki provocò 40.000 morti e 70.000 ustionati gravi, anch'essi destinati a lunga agonia.

Ai morti e feriti vanno aggiunte le devastanti conseguenze genetiche su migliaia di migliaia di altre persone, su animali e piante dei territori circostanti prodotte dalle esplosioni nucleari.

Nube Atomica su Hiroshima nell' 08/1945





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