Gli Stati Uniti dal 1870 al 1914

La società americana

La classe dirigente degli Stati Uniti era costituita dagli uomini d'affari; la logica dominante era quella del capitalismo. I sindacati perseguivano finalità strettamente economiche, senza mettere in discussione il "sistema"; una vera e propria opposizione a quest'ultimo fu invece condotta dal partito populista, che aveva la sua base sociale negli operai non qualificati e nei contadini dell'Ovest.

La società americana era estremamente composita. Quasi tutti avevano la possibilità di promozione sociale, tranne i negri, gli Indiani e le minoranze di razza gialla.

La politica imperialistica

Lo sviluppo economico e demografico e la necessità di nuovi sbocchi per la eccedente produzione agricola e industriale si accompagnarono ad una nuova politica estera, che entrava in sintonia con gli imperialismi contemporanei.

L'imperialismo statunitense, che consisté nella maggior parte dei casi in forme di controllo economico e politico più che nell'acquisizione di domini diretti, portò:

alla conquista delle Filippine, di Portorico, delle isole Hawaii e delle isole Samoa;

al controllo delle Antille e di Cuba;

alla politica della "porta aperta" nei confronti della Cina (1899);

alla costruzione del Canale di Panama (1903-15).

Il Giappone dall'800 all'inizio del 900

Il Giappone presentava, ancora alla metà dell'800, una struttura feudale a caste chiuse. Il mikado (imperatore) era venerato come un dio, ma era privo di effettivi poteri. Questi erano invece detenuti dallo shogun, eletto dai grandi feudatari (daymio). I piccoli nobili (samurai) costituivano una casta guerriera al servizio dei signori. Al di sotto stavano i mercanti, gli artigiani e i contadini. Il Giappone era chiuso al commercio europeo.
Nel 1853 gli Stati Uniti imposero con la forza al Giappone l'apertura di alcuni porti al commercio e la concessione di speciali privilegi ("trattati ineguali"); analoghe concessioni ottennero anche Inghilterra, Francia e Russia. Ciò determinò una reazione nazionalista, che portò alla guerra civile (1864-68). Lo shogun fu costretto ad abdicare e il potere fu interamente restituito all'imperatore Mutsuhito che, durante il suo regno, portò la capitale a Tokio e promosse una vera e propria rivoluzione dall'alto: fu abolito il feudalesimo e proclamata l'uguaglianza di tutti di fronte alla legge; fu data ai contadini la proprietà delle terre da loro coltivate; fu favorito il decollo dell'industria; fu concessa una Costituzione. Si verificò un grande sviluppo tecnologico e della modernizzazione delle forze armate.

Con la guerra contro la Cina ('94-95), il Giappone acquistò la Corea, l'isola di Formosa e la base di Port Arthur; con la guerra russo-nipponica (1904-05) il Giappone sconfisse la Russia (che voleva costringerlo ad accontentarsi dell'isola di Formosa): per la prima volta una potenza europea fu sconfitta da un paese extraeuropeo.