Fine della
campagna d'Italia - La II Guerra Mondiale
La lunga, ostinata e
inattesa resistenza tedesca su tutti i fronti aveva ridotto gli inglesi e gli
americani molto a corto di munizioni d'artiglieria, e le loro dure esperienze
di guerra invernale in Italia li costrinsero a rinviare un'offensiva generale
sino a primavera. Ma l'aviazione alleata, al comando del generale Eaker e poi del
generale Cannon, sfruttò la propria superiorità di trenta a uno in spietati
attacchi contro le linee di rifornimento che alimentavano le armate tedesche.
Quella più importante, da Verona al Passo del Brennero, dove Hitler e Mussolini
solevano incontrarsi nei loro giorni migliori, rimase bloccata in molti punti
per quasi tutto il mese di marzo; altri passi furono spesso chiusi per
settimane di fila, e due divisioni in corso di trasferimento al fronte russo
subirono un ritardo di quasi un mese. I tedeschi avevano abbastanza munizioni e
rifornimenti, ma scarseggiava di carburante.
Le unità erano generalmente al completo di forza, e il loro morale era alto a
dispetto dei rovesci subiti da Hitler sul Reno e sull'Oder. Nell'Italia
settentrionale i tedeschi avevano ventisette divisioni, di cui quattro
italiane, contro il l'equivalente di ventitré attinte all'Impero britannico,
agli Stati Uniti, alla Polonia, al Brasile e all'Italia. L'Alto Comando tedesco
avrebbe avuto ben poco da temere se non fosse stato per il dominio aereo degli
Alleati, per il fatto che essi avevano l'iniziativa e potevano colpire dove più
gli piaceva, e per la sua mal scelta posizione difensiva, col largo Po alle
spalle. I tedeschi avrebbero fatto meglio a cedere l'Italia settentrionale e ritirarsi
sulle forti difese dell'Adige, dove avrebbero potuto fermarci con forze molto
più esigue, e mandar truppe altrove ad aiutare le loro armate soverchiate di
numero, oppure costituire un saldo fronte meridionale per la Ridotta Nazionale
nelle montagne del Tirolo, cui forse Hitler pensò come sua estrema trincea.
Ma una sconfitta a sud del Po voleva dire un disastro. Ciò dovette risultar
palese a Kesselring. Hitler ne fu naturalmente l'intralcio, e quando
Vietinghoff, che succedette a Kesselring, propose una ritirata tattica, fu
cosi' rimbeccato:«Il Fùhrer si aspetta, oggi come prima, la massima costanza
nell'adempimento della vostra attuale missione di difendere ogni pollice delle
zone nord-italiane adatte al vostro comando». Questo facilitò gli Alleati. Se
non potevano irrompere nel fianco adriatico e raggiungere rapidamente il Po,
tutte le armate tedesche sarebbero rimaste tagliate fuori e costrette alla
resa, e appunto a questo Alexander e Clark tesero i loro sforzi quando venne il
momento della battaglia finale. La conquista di Bologna, che aveva tanto
campeggiato nei piani autunnali degli Alleati, non fu più un oggetto
principale.Il piano era che l'8à armata, agli ordini del generale McCreery, si
aprisse un varco lungo la strada da Bastia ad Argenta, un passaggio stretto e
fortemente difeso, allagato da entrambe le parti ma conducente a terreno più
aperto. Quando ciò fosse bene avviato, la 5a armata del generale Truscott
doveva sferrare l'attacco dal montagnoso fronte centrale, passare a ovest di Bologna,
dare la mano all'8a armata sul Po, e insieme iniziare l'inseguimento fino
all'Adige. Le forze navali alleate avrebbero fatto credere al nemico che
fossero imminenti sbarchi anfibi sia sulla costa orientale sia su quella
occidentale. La sera del 9 aprile, dopo un giorno di attacchi aerei in massa e
cannoneggiamento, l'8a armata attaccò attraverso il fiume Senio, sulla scia del
V corpo e del corpo d'armata polacco. Il giorno 11 raggiunse il fiume
successivo, il Santerno. La brigata di avanguardia della 56a divisione e alcuni
Commandos effettuarono uno sbarco di sorpresa a Menate, cinque chilometri alle
spalle dei tedeshi,traghettati da un nuovo tipo di carro armato anfibio
porta-truppe detto "il Bufalo", che era venuto per mare da una base avanzata
nell'Adriatico.
Per il 14 c'erano buone notizie lungo tutto il fronte dell'8a armata. I
polacchi presero Imola. La divisione neozelandese attraversò il Sillaro. La 78a
divisione, puntando a nord, prese il ponte di Bastia e si unii agli attacchi
della 56a sulla strada di Argenta. I tedeschi sapevano bene che questa era la
loro cerniera critica e combatterono disperatamente. Quel giorno stesso la 5a
armata iniziò l'attacco centrale a ovest della strada Pistoia-Bologna. Dopo una
settimana di duri combattimenti, appoggiata dal peso massiccio dell'aviazione
alleata, sboccò dalle montagne, attraversò la strada principale a ovest di
Bologna e puntò a nord.Il 20 Vietinghoff, a onta del divieto di Hitler, ordinò
una ritirata. Egli riferii con molto tatto di «aver deciso di abbandonare la
politica di difesa statica per adottare una strategia mobile». Era troppo
tardi. Argenta era già caduta e la 6a divisione corazzata britannica si
lanciava su Ferrara. Bologna era minacciata dappresso a est dai polacchi e a
sud dalla 34a divisione americana. Fu conquistata il 21 aprile, e qui i
polacchi distrussero la famosa 1à divisione paracadutisti tedesca. La 5à armata
incalzava in direzione del Po, mentre l'aviazione tattica seminava il caos
sulle strade davanti al suo cammino. La sua 10à divisione americana alpina
varcò il fiume il 23, e il fianco destro dell'armata, costituito dalla 6a
divisione sudafricana, si saldò a quello sinistro dell'8a. Intrappolati alle
loro spalle rimanevano molte migliaia di tedeschi, che, preclusa la ritirata,
si riversavano nei campi di concentramento o venivano avviati alle
retrovie.L'offensiva fu un bell'esempio di sforzo terrestre e aereo combinato,
dove svolse in pieno la sua parte l'aviazione strategica e
tattica.Cacciabombardieri distrussero cannoni, carri armati e reparti tedeschi;
bombardieri leggeri e medi attaccarono le linee di rifornimento, e i
bombardieri pesanti britannici martellarono giorno e notte le installazioni
delle retrovie. Gli Alleati varcarono il Po su largo fronte alle calcagna del nemico.
Tutti i ponti stabili erano stati distrutti dalla loro aviazione, e i traghetti
e guadi provvisori venivano attaccati con tale effetto che il nemico cadde in
preda allo scompiglio. I resti che riuscirono a valicare il fiume, lasciandosi
dietro tutto l'equipaggiamento pesante, non poterono riorganizzarsi sull 'altra
riva. Le armate alleate li inseguirono fino all'Adige. I partigiani italiani
avevano a lungo molestato il nemico tra le montagne e nelle retrovie; il 25
aprile fu dato il segnale di un'insurrezione generale, ed essi effettuarono
attacchi estesi. In molte città grandi e piccole, specie Milano e Venezia,
s'impadronirono della situazione. Le rese in Italia nord-occidentale divennero
fenomeni di massa. Il presidio di Genova, forte di quattromila uomini, si
arrese a un ufficiale di collegamento britannico e ai partigiani. Il 27 l'8a
armata varcava l'Adige, puntando su Padova, Treviso e Venezia, mentre la 5a,
che già si trovava a Verona, si dirigeva a Vicenza e Trento, e la sua ala
sinistra si estendeva a Brescia e Alessandria.
La campagna navale, benché su scala molto più ridotta, era andata altrettanto
bene. In gennaio i porti di Spaiato e Zara erano stati occupati dai partigiani,
e forze costiere di queste basi molestavano la costa dalmata e aiutava- no la
costante avanzata di Tito. Nel solo mese di aprile si ebbero in mare almeno
dieci scontri, con danni fatali al nemico e nessuna perdita di navi
britanniche. La marina aveva operato su entrambi i fianchi durante le
operazioni finali. Sulla costa occidentale forze britanniche, americane e
francesi erano continuamente in azione, bombardando e molestando il nemico,
rintuzzando persistenti attacchi di naviglio leggero e sottomarini tascabili, e
spazzando mine nei porti liberati. Queste attività portarono all'ultima vera
azione di cacciatorpediniere in Mediterraneo. L'ex cacciatorpediniere jugoslavo
Premuda, catturato dagli italiani all'inizio della guerra, lasciò Genova la
notte del 17 marzo, insieme a due caccia italiani tutti con equipaggio tedesco,
e tentò di intercettare un convoglio britannico che salpava da Marsiglia
dirigendosi a Livorno. I caccia britannici Lookout e Meteor, di pattuglia al
largo della punta settentrionale della Corsica, ricevettero l'allarme e
attaccarono. Entrambe le navi italiane furono affondate, mentre quelle
britanniche non subivano perdite o danni. Quando le unità Alleate raggiunsero
l'Adige, i combattimenti in mare erano virtualmente cessati.